UMANESIMO CRISTIANO

1.​​ Se per U. intendiamo il progetto e l’inveramento dell’uomo, che ne soddisfi le esigenze e ne realizzi le potenzialità dandogli il senso e il gusto della vita, la prima intuizione è che la fede cristiana, in quanto “lettura profetica” della realtà (fatta cioè con gli occhi del più competente, il Dio creatore-redentore), sia la proposta più autentica e più completa: “La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane” (GS 11). E nel “Verbo fatto carne” abbiamo la più affascinante esemplarità: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (GS 41). Vocazione incarnata di un Dio-Amore, l’uomo prende coscienza della positività e bontà di tutto il suo essere, quale realtà unitaria in una triplice dimensione​​ fisica​​ (corpo-spazio-tempo),​​ spirituale​​ (sentimenti-intelligenza-volontà), “soprannaturale” (vita divina-”grazia”); coglie nel rapporto dialogico col suo Creatore la decisiva responsabilità delle proprie scelte e l’altissima dignità della propria avventura umana destinata a non esaurirsi nel tempo; scopre la sua missione di farsi dono del Padre ai fratelli per costruire una convivenza terrena fondata sulla verità, giustizia, amore e libertà (cf GS 26); in quanto essere essenzialmente sociale si sente sempre chiamato nel suo crescere e nel suo agire all’inscindibile duplice impegno personale e comunitario.

2.​​ L’U. cristiano non è antropocentrico: pur ritenendo la persona un assoluto (quale convergenza e finalità della creazione, che subordina a sé tutto il resto), non afferma che è l’Assoluto come se “l’uomo (fosse) per l’uomo l’essere supremo” (Marx) in radicale autonomia anche da Dio. Proprio in quanto​​ creatura,​​ l’uomo fonda nel suo singolare rapporto con Dio sia il proprio inalienabile valore di persona escludente ogni sua strumentalizzazione a “mezzo per”, sia l’operosa umiltà di una libertà che si​​ autodetermina​​ verso fini percepiti come valori offerti ma non autocreati. In quanto creatura​​ redenta,​​ l’uomo si sente arricchito per la reintegrazione nel progetto del Padre, con una comprensione più penetrante e sicura del significato di sé, del cosmo, della storia, e con un potenziamento della sua volontà nel conseguire le mete intraviste. Però nel definire questa azione della “grazia” — secondo che la si configuri o come “aiuto” che si aggiunge alla natura o come orientamento/capacità che trasforma e divinizza la natura — si decide la possibilità di sostenere o meno l’esistenza e i contenuti di uno specifico U. cristiano (problema analogo a quello dell’esistenza e specificità di una “filosofia cristiana”).

3.​​ Comunque, non si potrà desumere direttamente ed esclusivamente dalla fede il comportamento concreto del cristiano, sempre situato nella storia e condizionato dalle culture (paradigmatica la GS 45: “La Chiesa dà aiuto al mondo e da esso molto riceve”). Perciò nell’affermare o negare un U. cristiano occorrerà grande equilibrio, perché le varie posizioni, talvolta apparentemente contraddittorie, infine non fanno che accentuare reali esigenze del “mistero cristiano”, presentandolo così in modo unilaterale più per urgenze educativo-pastorali e per l’obiettiva difficoltà di esprimere adeguatamente la trasformatrice irruzione del divino nell’umano che non per disistima o rifiuto esplicito dell’ortodossia richiesta dalla teologia, debitrice sempre ad una mediazione filosofica (pluralistica) e sovente preoccupata di far tacere l’avversario di turno piuttosto che far parlare la rivelazione.

Si comprenderà allora l’istanza teocentrica dell’umanesimo integrale​​ di Maritain (preoccupato di superare la presunta opposizione tra creatura e creatore); quella scombussolante dell’evoluzionismo integrale​​ di​​ Teilhard​​ de Chardin (preoccupato di superare le concezioni del mondo medievali, in maggiore aderenza alla mentalità contemporanea); quella disarmante di J. M.a​​ González-Ruiz,​​ per il quale​​ il cristianesimo non è un umanesimo​​ (preoccupato di non coartare e sclerotizzare la perenne novità evangelica in una determinata cultura). Finché si rivolgono a tutto l’uomo e ad ogni uomo, rimarranno “proposte cristiane”.

Bibliografia

Y. Labbé,​​ Humanisme et théologie.​​ Pour un​​ preambule​​ de la foi, Paris, Cerf, 1975; H. de Lubac,​​ Athéisme​​ et sens de l’homme,​​ ivi, 1968; J. Maritain,​​ Umanesimo integrale,​​ Torino,​​ Borla,​​ 19694; B. Mondin,​​ Umanesimo cristiano.​​ Saggio sulle implicanze culturali della fede, Brescia, Paideia, 1980; S. Nicolosi,​​ Umanesimo,​​ in​​ Dizionario di spiritualità dei laici,​​ vol. II, Milano, Ed. O.R., 1981, 349-354;​​ L'umanesimo cristiano oggi,​​ in «Aquinas» 21 (1978) n. 1;​​ L'umanesimo messo in questione,​​ in “Concilium” 9 (1973) n. 6.

Mario Montani

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