STORIA DELLA SALVEZZA
1. Nella sua esplicita formulazione SdS rispecchia un’origine recente (cf 3), ma il suo contenuto è antico quanto la religione biblico-cristiana. Di qui la complessità di senso nell’uso cat., valendo ora come prospettiva generale (la storia come area del farsi della salvezza) e ora come categoria didattico-pedagogica per organizzare in modo storico, addirittura cronologico, gli eventi della rivelazione (avanti Cristo, Venuta di Cristo, tempo della Chiesa, compimento escatologico). E ancora — fattore più importante — a SdS sottostanno, prò o contro, concezioni ideologiche di filosofia e teologia della storia, chiaramente legate al tempo in cui sono nate, e da cui la stessa C. e i catechismi poterono e possono essere influenzati. Per cui diventa indispensabile chiarire prima tale sfondo di pensiero, per poi fissare l’attenzione sulla rilevanza specificamente cat. di SdS.
2. È abituale dire che il pensiero biblico è costitutivamente dinamico, non statico, attento non tanto alle essenze quanto all’agire e agli avvenimenti. Di fatto la Bibbia, dall’inizio alla fine, testimonia la convinzione che fra il popolo e il Dio salvatore sta un rapporto storico (cf le confessioni di fede come Di 6,20-23; 26,1-11; Gs 24,1-13; Ne 9,7-25). Dalle grandi composizioni teologiche dello Jahvista, Elohista, Sacerdotale radunate nel Pentateuco (e analogamente nel corpo Deuteronomistico e Cronístico e nei libri profetici) emerge una organica concezione storico-salvifica: “L’azione di Dio con l’umanità tende continuamente alla salvezza. Anche se egli deve punire la sua colpa con terribili castighi, veri e propri giudizi di Dio nel tempo, egli apre contemporaneamente nuove vie di salvezza” (R. Schnackenburg). La creazione paradisiaca e il peccato, Àbramo e la scelta di Israele, la liberazione dall’Egitto e l’alleanza al Sinai, l’esilio, la venuta di Gesù, ecc. sono eventi fondanti e insieme fanno da tipo della SdS. La dinamica promessa-compimento, e non una esatta e sempre uguale periodizzazione degli avvenimenti (apocalittica), costituisce il cuore della SdS.
I profeti sottolineano marcatamente che Dio stesso è alla guida della storia (Ir 7,9) e che il presente è in tensione verso il futuro escatologico, decisivo per la salvezza. Il NT, nella predicazione di Gesù e della Chiesa, accoglie la concezione di SdS, proclamando in Gesù morto e risorto l’inizio decisivo e irreversibile del compimento escatologico della salvezza (Mc 1,14-15; → Regno di Dio), aprendo un tempo intermedio (il tempo della Chiesa, cf Luca) e indicandone la consumazione definitiva nella Parusia del Signore. Contemporaneamente, sia Paolo che Giovanni, nella più pura linea profetica e soprattutto in obbedienza a Gesù di Nazaret, premono per una comprensione esistenziale di SdS, come kairós di grazia che avviene ora in chiara correlazione con la risposta libera dell’uomo (2 Cor 6,2; Rm 3,21; 1 Cor 10,11...; Gv 3,16-21).
3. Era inevitabile che l’eredità biblica di SdS si trasmettesse con il proprio accento qualitativo, come esperienza concreta e anche temporale della → salvezza, e come descrizione oggettiva dei contenuti di essa (mirabilia Dei). Con il Vaticano Il, il ritorno alla sorgente della Bibbia e dei Padri determina l’orientamento storico-salvifico come essenziale nella spiegazione anche cat. della fede (cf OT 16; CD 44). Ma oggi parlare di SdS è assai più che risuscitare semplicemente la comprensione della historia salutis delle origini. Vi è il fatto nuovo del confronto con le concezioni via via emergenti di storia, nell’idealismo, nel positivismo, nel marxismo (non per niente il termine SdS appare per la prima volta come struttura di pensiero in J. Ch. K. von Hofmann nel sec. XIX) non assimilabile immediatamente con la concezione biblica. O. Cullmann e R. Bultmann rispecchiano le due posizioni, rispettivamente più oggettiva e più esistenziale, di SdS, con ulteriore diversità di accenti fra i vari autori. Per questo vi è chi preferisce parlare di mistero della salvezza nella storia.
In ogni caso va qui ricordato un insieme di questioni che nascono da una rinnovata sensibilità storica, sia in forza del nominato rinnovamento biblico-teologico, sia per una appassionata attenzione alle condizioni concrete di oppressione, di non sviluppo di tante persone. Di qui gli interrogativi che influiscono sul pensare e fare C.: quale rapporto sta fra salvezza e storia (se e come la storia sia epifania e verifica della salvezza), quali sono i segni dei tempi e quale valore dare ad essi; se e come abbia validità, ad es., una C. di liberazione determinata dalla omonima teologia; come realizzare una C. in dialogo con l’esperienza concreta; se e come le grandi religioni sono segno di salvezza; quale rapporto sta fra i linguaggi dell’unica Parola di Dio, cioè fra la Bibbia, la Tradizione vivente, i segni del cosmo, dell’uomo, della storia, ecc. (→ Parola di Dio).
4. È da aspettarsi che la C., all’interno dello stesso mondo biblico, mantenga la caratteristica fondamentale di → narrazione sviluppata dalla SdS (cf Es 12,14s; Dt 6,20s; Rm 1,1-7; 1 Cor 15,3-5). Lo stesso vale nel periodo dei Padri (→ Agostino, De Catechizandis rudibus). E quando con l’origine dei catechismi nel sec. XVI si fa dominante una C. di tipo scolastico atemporale, → C. Fleury (1683) riafferma la centralità della SdS, e nei paesi tedeschi si giunge a porre la “storia biblica” (storia sacra) come contenuto stabile, sia pure accanto al catechismo dottrinale. Il rinnovamento biblico del sec. XX vede nella C. kerygmatica (→ Catechismo Cattolico, 1955) la massima espressione della C. secondo la SdS. Ma in forza della problematica biblica e teologica che il concetto portava con sé (v. sopra, 2), non mancarono critiche, anche da un punto di vista pedagogico-didattico.
M. C. Boys, in uno studio critico del cosiddetto periodo kerygmatico (→ C. kerygmatica) e dell’uso della categoria di SdS, denuncia con forza: la riduzione delle plurime espressioni storico-salvifiche della Bibbia in quella unica della periodizzazione di diverse tappe temporali; la ristrettezza del concetto di rivelazione attinta soltanto dalla storia, escludendo la portata rivelativa del corpo sapienziale; l’emarginazione della dimensione antropologica nel processo di comunicazione. Di conseguenza va ripensata la presenza e l’uso di SdS nella C. Essa deve restare quale prospettiva fondamentale, per cui la C. deve apparire come narrazione dei mirabilia Dei nella storia di ieri, di oggi e di domani, quindi come C. del dialogo di Dio con l’uomo, C. del kairós salvifico, ossia degli interventi che Dio nel suo Spirito opera con novità nella storia, C. dell’incarnazione e del cristoccntrismo, C. della dialettica dinamica fra salvezza e iniquità nella storia, C. in tensione escatologica verso il compimento della SdS (A. Darlapp).
In quanto invece categoria che presenta in una determinata sequenza le vicende storiche dalla creazione alla parusia, bisogna, specialmente nella C. specifica della Bibbia, non bloccare il Libro Sacro sull’unica categoria della periodizzazione temporale, dimenticando le molteplici espressioni di SdS utilizzate dall’uomo biblico, e grazie alle quali deve restare possibile un approccio alla Bibbia non solo per tappe temporali (creazione, peccato, promessa, alleanza, attesa, adempimento), ma anche per via storico-genetica, per temi, per costanti, per personaggi, per libri, per tradizioni...
Bibliografia
C. M. Boys, Riblical Interpretation in Religioni Education. X Study of the Kerygmatic Era, Birmingham, Alabama, Religious Education Press, 1980; O. Cullmann, Cristo e il tempo, Bologna, Il Mulino, 1965; Io., Il mistero della redenzione nella storia, ivi, 1966; A. Darlapp, Teologia fondamentale della storia della salvezza, in Mysterium Salutis, vol. I, Brescia, Queriniana, 1967, 33-221; P. De Surgy, Le grandi tappe del mistero della salvezza, Leumann-Torino, LDC, 1963; F. Festorazzi, Il significato di storia della salvezza, nel vol. Introduzione alla storia della salvezza, ivi, 1973, 15-34.
Cesare Bissoli