SCIENZA E FEDE
1. La chiarificazione dei concetti di S. e F. è l’indispensabile premessa per seriamente cogliere e valutare il loro reciproco rapporto, sia in linea di principio sia in sede storica, poiché qui più che altrove imperversano il genericismo, i preconcetti e la “retorica delle conclusioni”.
Per F. (cristiana) s’intende l’accettazione della persona e dell’insegnamento di Gesù Cristo, rivelazione definitiva di Dio, resosi credibile con la sua vita morte e risurrezione, e continuato “sacramentalmente” nella Chiesa, la cui missione è di custodire, difendere e proporre, in maniera autoritativa e adeguata ad ogni epoca storica, il contenuto della Rivelazione. Il termine S. è stato riempito lungo i secoli di contenuti molto differenti, la cui disamina supera le possibilità di questo intervento. Comunque l’epistéme greca (= “conoscenza vera”, che ricerca essenze, cause e princìpi) e la scientia latino-medioevale (= “scire per causas”, anch’esso scopo ultimo della filosofia) sono le accezioni più lontane da quella odierna, per la quale bisogna piuttosto rifarsi alla rivoluzione galileiana: l’invenzione di un nuovo tipo di sapere “accanto” a quello filosofico, che rinunciava a indagare le essenze per interessarsi solo di alcuni fenomeni circoscritti (quantitativi) ed esprimere in “leggi” la costanza dei rapporti matematici del loro comportamento.
Iniziò così il prestigioso cammino della “scienza moderna”, che per l’imponenza dei risultati conseguiti venne ritenuta da molti l’unico tipo di sapere autentico da estendere a tutti gli aspetti della realtà (cf positivismo e “scientismo”). Però nuove scoperte dell’ultimo secolo (geometrie non-euclidee, teoria della relatività, meccanica quantistica, ecc.) hanno a loro volta rivoluzionato questa “scienza classica” provocandone la crisi (cf neopositivismo) che l’ha resa consapevole della propria limitatezza e inadeguatezza, pur continuando a ritenere che l’unica conoscenza valida siano i meno pretenziosi enunciati scientifici, in quanto solo essi sono verificabili empiricamente. Oggi, infine, c’è larga convergenza nel non più attribuire alla S. una competenza-capacità risolutiva universale e nel riconoscerla un tipo di sapere circoscritto, fallibile, ipotetico, autocorreggibile.
2. In teoria, tutti i conflitti (avvenuti e possibili) sono risolubili se S. e F. sanno evitare malintese autocomprensioni e indebite invasioni nel campo altrui, dimenticando di essere entrambe dei saperi parziali. La teologia (= esposizione sistematica della F.) ha provocato incresciosi conflitti quando impose come patrimonio rivelato presunte informazioni scientifiche della Bibbia, e quando — per “integrismo” — deduce unicamente dalla Rivelazione il comportamento concreto dell’uomo. Altrettanta conflittualità ha generato la S., sia quando negava il carattere di vera conoscenza a saperi (metafisica e F.) non fondati sul proprio presunto infallibile metodo empirico-matematico (cf positivismo); sia quando pretendeva di essere l’unica risposta esaustiva a tutti i problemi dell’uomo (cf “scientismo”); sia quando contestava (sempre alla metafisica e alla F.) la possibilità di raggiungere verità-valori certi, perché, fattasi consapevole dei propri limiti (cf neopositivismo), continuava a ritenersi l’unico tipo di sapere consentito all’uomo.
In pratica, non dobbiamo meravigliarci troppo di tali contrasti, giudicando la storia passata con la più matura mentalità di oggi, perché, al di là delle intemperanze e meschinità umane, “non è poi tanto facile stabilire fino a che punto delle concezioni riguardanti la struttura e l’origine del cosmo non entrino direttamente in gioco nel modo di concepire la dipendenza del mondo da Dio, il rapporto particolare esistente fra Dio e l’uomo, la natura specifica dell’uomo: tutti argomenti assolutamente centrali proprio alla F. religiosa strettamente intesa” (E. Agazzi). E non è nemmeno tanto facile contenere il risentimento di fronte a chi spaccia come teorie scientifiche sicure delle semplici (provvisorie) ipotesi di lavoro. E riconosciamo pure tranquillamente che la S. ha stimolato la teologia per una comprensione più chiara e approfondita della natura della Rivelazione (le cui verità sono “in ordine alla nostra salvezza”: DV 11), e la teologia ha stimolato la S. a prendere coscienza degli inevitabili limiti di ogni sapere e particolarmente delle sue aporie.
3. Oggi la F. lascia completamente alla S. il compito di indagare quanto è accertabile con criteri empirici, riconoscendole la legittima autonomia metodologica, che non ha mezzi per interloquire sul patrimonio specifico della Rivelazione; è convinta che non ci sarà mai reale contrasto, “perché le realtà profane e le realtà della F. hanno origine dal medesimo Dio” (GS 36); lungi dal temerlo, cerca addirittura un confronto e un dialogo costruttivo con la S., poiché “troppo grande sarebbe il danno se la Chiesa non pronunciasse risposte che non incontrano le domande che oggi si pone l’uomo» (Giovanni Paolo II). Quanto al problema se la S. contemporanea (che abitua a rinunciare alla ricerca delle “cause prime”, delle “spiegazioni ultime”) e il conseguente progresso tecnico (spinta alla fiducia nelle capacità umane e a diminuire il senso di limitatezza dell’uomo) insidino in qualche modo il sentimento religioso, da una parte si deve ammettere che la “mentalità tecnico-scientifica” non è uno stimolo immediato al divino (cf GS 19), soprattutto se si insiste nel ritenere Dio un tappabuchi dei vuoti rimasti nella conoscenza e potenza umane; dall’altra parte le meraviglie che la S. scopre e descrive (non... crea!), ma soprattutto l’incompetenza da essa proclamata sull'orizzonte di una interrogazione universale del “senso” della realtà, diventano sollecitazione nuova (rispetto alla “natura”) a cercare in qualche “fede” quelle certezze di cui l’uomo ha bisogno per impostare la vita.
Bibliografia
E. Agazzi, art. Scienza, in Dizionario di spiritualità dei laici, Milano, Ed. O.R., 1981, vol. II, 268-272; Id. (a cura di), Storia delle scienze, 2 vol., Roma, Città Nuova, 1984; E. Brovedani, Mentalità scientifica e riflessione teologica, in “Aggiornamenti sociali” 32 (1981) 5, 333-350; G. De Rosa, Fede cristiana, tecnica e secolarizzazione, Roma, La Civiltà Cattolica, 1970; H. Fries, Fede e sapere scientifico, in Sacramentum Mundi, vol. III, Brescia, Queriniana, 1975, 758-768; W. Kasper, Introduzione alla fede, ivi, 1973; J. Ladrière, I rischi della razionalità. La sfida della scienza e della tecnologia alle culture, Torino, SEI, 1977; R. Liebig, Fede e scienza in dialogo. La scienza rivelatrice di Dio, Leumann-Torino, LDC, 1972; E. Medi, Il mondo come lo vedo io, Roma, Studium, 1974.
Mario Montani