REVISIONE DI VITA

1.​​ L’origine.​​ Il metodo della RdV, comunemente individuato dai tre verbi che ne fissano i passaggi metodologici: vedere-giudi – care-agire, ha la sua origine negli anni ’40 per opera dell’Abbé Cardijn, fondatore della JOC (Gioventù operaia cattolica a carattere internazionale). Nei Circoli di Studio della JOC la RdV è il momento consacrato dai militanti all’esame del loro cristianesimo nella vita di ogni giorno. Tale metodo si diffuse in molti Paesi, non solo di espressione francese, a causa dell’espansione mondiale della JOC e trovò larga udienza in altri Movimenti di Azione Cattolica. Anche in Italia ebbe una sua significativa attualizzazione negli anni ’60, soprattutto perché fu reinterpretato con accentuazioni cat. (G. Negri 1962). In alcuni documenti anche la Gerarchia ecclesiastica ha fatto implicite allusioni alla funzionalità metodologica della RdV. Infatti, anche se nei documenti del Concilio Vaticano II non s’incontra esplicitamente l’espressione “revisione di vita”, vi sono però alcuni testi che parlano chiaramente di “vedere-giudicare-agire”, mentre altri con l’affermazione “interpretare gli avvenimenti alla luce della fede” si riferiscono indirettamente alla RdV classica (AA 29). L’espressione “vedere-giudicare-agire” è ripresa anche dall’enciclica​​ Mater et Magistra​​ e dal​​ Messaggio ai giovani​​ di Paolo VI (8-12-1965). Non è fuori luogo, quindi, affermare che il metodo della RdV corrisponde agli orientamenti teologici e pastorali della Chiesa (cf GS; AA; RdC).

2.​​ Presupposti teologici.​​ La RdV è un​​ modo concreto di vivere la propria fede nella vita di ogni giorno,​​ cioè “un discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui (la Chiesa) prende parte assieme agli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza di Dio e del suo disegno” (GS 11); inoltre “sempre e dovunque riconoscere Dio nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo, cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, giudicare rettamente del vero senso e valore dei fatti” (AA 4). In questa ottica lo scopo della RdV non è tanto quello di convertire gli altri, ma di​​ convertire noi stessi​​ all’autenticità della fede. Ora lo sguardo di fede vuol dire ricercare la presenza e l’intenzione di Dio nei fatti, nelle situazioni esistenziali, nelle persone. Fare questa ricerca significa in pratica fare della teologia dell’avvenimento o della storia, significa cioè cogliere in modo dinamico il piano di salvezza del Creatore e del Salvatore che si manifesta in una​​ presenza cosmica​​ di Dio nel tempio della natura; in una​​ presenza di Dio nell’uomo,​​ in ogni uomo, in quanto persona intelligente e libera, oggetto di conoscenza e di amore umano; in una ulteriore​​ presenza di Dio nella comunità​​ del suo popolo; e infine ancora in una​​ presenza di Dio per la grazia​​ nel singolo cristiano e nella Chiesa.

3.​​ Presupposti metodologici.​​ Il metodo della RdV può essere quindi collocato nei modelli cat. di tipo esistenziale o antropologico. Infatti il suo imprescindibile punto di partenza è la reale​​ situazione di vita,​​ vista però dinamicamente nell’intreccio di due dimensioni tra loro compenetranti (GS 40): una dimensione di natura​​ esperienziale,​​ raggiungibile con i sensi, i sentimenti, la ragione; l’altra di natura​​ rivelata,​​ perché inverata dallo sguardo di fede, e che si identifica con Dio, presente e operante in noi e negli avvenimenti umani. Il metodo della RdV è correttamente applicabile in un piccolo gruppo e in un particolare clima di affiatamento comunitario. È indispensabile la presenza di un animatore che, oltre a orientare la “revisione” con discrezione e secondo le regole basilari della → dinamica di gruppo, abbia una buona capacità di “lettura sapienziale” della Bibbia (Antico e Nuovo Testamento). Tale capacità, anche se in grado minore, e una sufficiente dimestichezza nell’uso del Vangelo, è richiesta anche ai partecipanti al gruppo. I passaggi metodologici della RdV hanno assunto nell’esperienza cat. italiana varie denominazioni: vedere-giudicare-agire; vedere-capire-collaborare ; incontro-verifica-impegno ; realtà sperimentata – realtà trasfigurata nella fede – realtà trasformata nella carità. In ogni modo, anche nella differente denominazione dei momenti tecnici del metodo della RdV ciò che importa è di partire dal​​ concreto-visibile​​ (fatti e situazioni di vita...), interpretato alla luce del​​ concreto-invisibile​​ (Dio presente e operante nel fatto, Dio che propone il suo piano di salvezza e invita alla collaborazione...), reso operante nel​​ concretovissuto​​ (impegno alla conversione personale ed elaborazione comunitaria di progetti per modificare in positivo la situazione di partenza).

Bibliografia

P. Barrau – G. Matagrin,​​ Agir en verità,​​ Paris, Ed. Ouvrières, 1960; M. Bellet et al.,​​ L’avvenimento,​​ Roma, AVE, 1967; J. Bonduelle,​​ La revisione di vita. Situazione attuale,​​ ivi, 1967; A. Maréchal,​​ La revisione di vita,​​ Milano, Nuova Favilla, 1963; G. Negri,​​ La “révision de vie” come metodo catechistico,​​ in “Orientamenti Pedagogici” 9 (1962) 66-82; G. Negri – R. Tonelli,​​ Linee per la revisione di vita,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971; C. Perani,​​ La revisione di vita strumento di evangelizzazione,​​ ivi, 1969;​​ La revisione di vita per sacerdoti,​​ Bologna, EDB, 1968.

Claudio Bucciarelli

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