PREADOLESCENTI (Catechesi dei)

1.​​ Teoria e prassi della CdP.​​ La CdP costituisce un fatto recente nella storia della C., connesso con lo sviluppo della società, soprattutto occidentale, e con la nuova situazione di Chiesa in un mondo secolarizzato. Le prime significative teorizzazioni sulla CdP hanno origine in Francia nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale (J. Colomb 1957, Babin-Bagot 1962, J. Bournique 1963). A partire dallo stesso periodo si sviluppa anche in altri paesi l’interesse per la C. di questa età (L. Csonka 1964), si moltiplicano esperienze e si approntano sussidi, fino ad arrivare a catechismi nazionali per i preadolescenti (Germania, Spagna, Italia). Tutta questa attenzione per la CdP ha trovato un’autorevole conferma nel DCG del 1971: “È necessario che i direttori nazionali distinguano la preadolescenza, l’adolescenza e la giovinezza” (n. 183).

L’arco di età​​ alla quale si rivolge la CdP non ha la stessa ampiezza nelle varie nazioni: alle volte è riferita alla “scuola media” (11-14 anni in Italia e Spagna; 10-14 anni in Germania), altre volte alla fase dei cambiamenti biopsicologici che seguono la fanciullezza (10-13 anni nel Direttorio USA del 1977, n. 179); oppure alla tradizione cat. locale (il periodo successivo alla C. della → “Comunione solenne” in Francia, 12-14 anni). . ...

Quando si tengono presenti i fattori biologici e psicologici dello sviluppo, si riconosce un evidente anticipo delle ragazze sui ragazzi.

2.​​ Motivazioni e significato della CdP.​​ Le ragioni a favore della CdP sono molteplici. Si tratta di un’età da evangelizzare e catechizzare. Sempre più si incontrano nei paesi occidentali ragazzi che non hanno ricevuto una seria evangelizzazione. Anche per i ragazzi “evangelizzati” si fa urgente la necessità di una adeguata C. Il “vestito” confezionato per l’età precedente è divenuto “troppo stretto”. Il preadolescente, infatti, allarga le proprie conoscenze e interessi “in tutte le direzioni”, si fa un’idea propria sulle cose, si interroga sul senso della vita, comincia a ragionare e a voler decidere autonomamente. Scuola e mass-media riversano su di lui una quantità di informazioni mai prima conosciute, suscitano interrogativi e stimolano atteggiamenti critici e realistici, offrono occasioni di esplorazione e di confronto.

Le nuove conoscenze e le nuove esperienze (gruppo dei coetanei, identificazione con persone adulte “significative”) favoriscono il sorgere di un proprio “progetto di vita”. “Nasce la soggettività” (DCG 83). Che sia un “progetto con Dio dentro”, che non allontani il ragazzo dalla comunità ecclesiale (anzi favorisca un nuovo “protagonismo”), che “si apra alla crescita in lui di tutto ciò che egli è per natura e per grazia” (Gianetto-Giannatelli 1972), che si formi una nuova base per il sistema dei valori, precedentemente identificato con le persone per lui significative, a partire dall’ambiente familiare, questi appaiono i​​ compiti prioritari​​ della CdP.

La C. di questa età è per larga parte connessa con i problemi di carattere educativo. C. ed educazione, nella preadolescenza, devono saper “camminare insieme” (cf RdC 188; CT 58).

3.​​ Torme e realizzazioni della CdP.​​ Il preadolescente è generalmente invitato a varie forme di C.: nella scuola riceve un insegnamento religioso (almeno come proposta facoltativa), le associazioni e i movimenti sono solleciti ad offrirgli un’esperienza di fede, le parrocchie estendono, almeno nelle intenzioni, la C. a tutti i ragazzi battezzati, come preparazione al sacramento della confermazione, oppure come itinerario post-crismale (cf CEI,​​ Evangelizzazione e sacramenti,​​ nn. 86-92). Un problema chiaramente avvertito è quello del coordinamento di queste differenti forme di C. e della loro caratterizzazione (RdC 158).

L’IR nella scuola​​ si caratterizza in riferimento alle mete e ai metodi propri dell’ambiente scolastico e si qualifica per un particolare impegno culturale; è aperto al confronto e al dialogo con altri saperi e visioni della vita (RdC 154).

In Italia, i nuovi programmi di religione per la scuola media (DPR, 6-2-1979) propongono una scansione annuale dei contenuti (1° anno: la riscoperta del progetto cristiano, incentrato sulla persona di Gesù Cristo; 2° anno: gli elementi costitutivi dell’esistenza cristiana: parola, sacramenti, comunità; 3° anno: l’agire cristiano come “vita nello Spirito Santo”), secondo una linea antropologica e cristocentrica, cognitiva e documentaria (ricorso alle fonti bibliche e postbibliche), appellante e partecipativa. Tale “proposta” di IR vuole coinvolgere l’attivismo del preadolescente e aiutarlo a formulare il suo “progetto di vita”.

La CdP​​ nella comunità ecclesiale​​ si pone problemi antichi e nuovi. Già J. Colomb aveva indicato (1957) alcune​​ piste​​ per la programmazione della CdP: pista biblica e dottrinale, storica (storia della Chiesa), parrocchiale (la Chiesa d’oggi), dell’attualità. Le esperienze successive hanno sottolineato altre dimensioni della CdP, come quella antropologica ed educativa (ad es., il catechismo spagnuolo “Con vosotros està”, 1976). Negli ultimi anni si è avvertito chiaramente il problema dei “luoghi” dove realizzare la CdP (cf​​ Texte de référence...,​​ 1980), e del suo carattere “catecumenale” (Gianetto 1983). Si riprende così una proposta che J. Colomb aveva fatto già nel 1948: in una società scristianizzata, la C. ecclesiale deve essere riorganizzata come un autentico catecumenato per i tempi moderni (Pour un catéchisme efficace,​​ 1948, 23-27).

Le associazioni e i movimenti​​ accolgono il piano di C. proposto dalla Chiesa a livello nazionale (Direttori, catechismi), e lo integrano nel proprio progetto educativo unitario, come momento di scoperta e di espressione della fede, secondo obiettivi coerenti e metodi congeniali all’associazione (per l’Italia: ACR, Agesci, ecc.).

4.​​ Per una metodologia della CdP.​​ La metodologia raccoglie in sintesi i diversi elementi emersi dall’esperienza cat., li organizza in uno schema coerente e capace di orientare l’azione, rende ragione delle scelte compiute, alla luce delle conoscenze scientifiche in gioco e delle sperimentazioni che si sono poste in atto per verificare la validità delle ipotesi formulate (DCG 112c; → Catechetica).

Gli elementi da considerare nella metodologia della CdP sono: lo studio del​​ soggetto​​ nel suo ambiente (i fattori di tipo psicologico e sociologico che influiscono su di loro); l’approfondimento dei​​ fini​​ e degli​​ obiettivi;​​ la determinazione dei​​ procedimenti​​ in coerenza con la situazione dei soggetti e il perseguimento dei fini, nonché i criteri per un​​ controllo​​ costante dei risultati (valutazione). Uno sviluppo particolare hanno i problemi connessi con il​​ linguaggio​​ della fede, la scelta e l’organizzazione dei suoi​​ contenuti.

a)​​ Lo studio del preadolescente​​ non è sufficientemente tematizzato nella ricerca scientifica attuale di carattere psicologico e sociologico. Generalmente il preadolescente viene considerato nell’ambito della pubertà (Jersild 1971, Quadrio 19823). Elementi utili per lo studio del preadolescente si ricavano dalle ricerche sullo sviluppo morale (Arto 1984) e di psicologia della religione (Milanesi-Aletti 19742).

Negli ultimi anni sono state condotte alcune ricerche empiriche sulla preadolescenza (Giannatelli-Gianetto 1972 e Rivista “Note di pastorale giovanile”, 1983-1984), limitate però a problemi settoriali. L’universalizzazione e validità dei risultati è fortemente condizionata al tempo e alle modalità della loro realizzazione.

b)​​ Finalità e obiettivi della CdP.​​ Si tratta di finalità e mete di tipo globale, a lunga scadenza, e di obiettivi più concreti, prossimi nella realizzazione, collegati tra loro “a catena condizionale” fino al conseguimento delle finalità più remote e generali. Sono considerate​​ mete​​ della CdP: le conoscenze religiose da allargare e approfondire, gli atteggiamenti di fede da interiorizzare, i comportamenti coerenti da assumere (CEI,​​ Itinerario per la vita cristiana,​​ 1984).

Mete di “conoscenza”: scoperta del concetto di sé, del mondo e degli altri “con Dio dentro”; prima sistemazione delle conoscenze religiose “attorno a un centro vivo, ben assimilato e operante” (RdC 56), Gesù Cristo; accostamento alle fonti e ai segni della fede (Bibbia, liturgia, testimonianza della Chiesa).

Mete di “atteggiamento”; personalizzazione della vita cristiana (vita di preghiera e partecipazione liturgica, ecc.), senso di appartenenza ecclesiale (generalmente in crisi in questa età) e di partecipazione attiva alla vita della comunità (“protagonismo” dei ragazzi nella comunità).

Mete di “comportamento”:​​ critica dei valori inconsciamente assunti nell’età precedente, educazione alle prime scelte personali e della coscienza morale, promozione di un comportamento coerente e responsabile in un clima di fiducia e speranza, nel quale comincia a prendere forma un “progetto di vita” personale, “con Dio dentro”, non centrato su di sé, ma di tipo oblativo (Gatti 1985).

c)​​ Il linguaggio e l’organizzazione dei contenuti della CdP.​​ Il catechismo tedesco del 1955 si era posto esemplarmente il problema del principio unificante e della strutturazione organica dei contenuti della fede per i preadolescenti in ambiente scolastico.

Il catechismo spagnolo del 1976 compie un interessante tentativo di coniugare insieme i temi di carattere biblico-teologico con quelli di tipo psicologico-esistenziale (ricerca di identità, esperienza di relazione con gli altri e del cambiamento). Non sembra però che si sia giunti a fissare una criteriologia generale che adotti quella del DCG del 1971 (nn. 37-46) per la CdP. Gli sforzi compiuti nei catechismi nazionali e nei testi didattici non mancano di originalità e di un sincero sforzo di adattamento. Ciò che è deficitario, è l’elaborazione scientifica. Un’analoga considerazione va fatta per il problema del linguaggio cat. Si sono sottolineate le esigenze della pluralità dei linguaggi (verbali e non verbali), le opportunità offerte dal linguaggio biblico e liturgico, la suggestione e la concretezza della comunicazione audiovisiva e delle forme narrative e simboliche (Texte de référence,​​ 1980), ecc. Tuttavia mancano verifiche scientifiche e sufficientemente estese nei vari paesi.

d)​​ Procedimenti e metodi.​​ Alcune opzioni metodologiche per la CdP sembrano consolidate da una più che decennale esperienza (Metodo di Monaco) e dagli orientamenti assunti dai progetti educativi e dalla legislazione scolastica nelle nazioni europee. Il metodo induttivo e l’attivismo risultano particolarmente adatti per questa età. Si sono poi valorizzati il lavoro di gruppo, le varie forme di creatività, la “pedagogia dell’eroe” o dei “modelli viventi”. Nei recenti catechismi nazionali per i preadolescenti si cerca di operare una sintesi dei vari metodi: cognitivi ed educativi, di partecipazione ecclesiale e di promozione umana. Si è introdotto il metodo curricolare, la pedagogia per obiettivi, la didattica dei documenti, ecc., in considerazione degli aspetti cognitivi della C., le tecniche di animazione e dinamica di gruppo, per favorire una relazione positiva tra i catechizzati e l’educatore, e nel gruppo stesso dei preadolescenti. Si propongono itinerari di educazione alla fede, considerando la CdP come un momento decisivo per l’iniziazione cristiana (cf CEI,​​ Itinerario per la vita cristiana,​​ p. 103).

Una nuova attenzione viene rivolta alle​​ formule cat. della fede​​ (cf​​ Messaggio Sinodo 1977,​​ n. 9; CT 55).

Bibliografia

AGESCI,​​ Dalla promessa alla partenza. Progetto unitario di catechesi,​​ Milano, Ancora 1983; A. Arto,​​ Crescita e maturazione morale. Contributi psicologici per una impostazione evolutiva e applicativa,​​ Roma, LAS, 1984; Azione Cattolica Ragazzi,​​ Progetto ACR,​​ Roma, AVE, 1981; P. Babin – J. P. Bagot,​​ Orientations pédagogiques pour une catéchèse de préadolescents de milieu scolaire,​​ Paris, Marne, 1962; J. Bournique et al.,​​ La pedagogia dell’eroe,​​ Leumann-Torino, LDC, 1964; CEI,​​ Vi ho chiamato amici. Il Catechismo dei ragazzi/1,​​ Roma, CEI, 1982; J. Colomb,​​ Au soufflé de l’Esprit. Pour l’enseignement religieux des ieunes de 12-17 ans,​​ Paris, 1957; Conférence Episcopale​​ Française,​​ La catéchèse des enfants. Texte de référence...,​​ Paris, Centurion, 1980. Trad. ital.:​​ Direttive per l'iniziazione cristiana dei fanciulli,​​ Leumann-Torino, LDC, 1981; G. Costi et al.,​​ La catechesi dei preadolescenti. Problemi e indicazioni,​​ Bologna, EDB, 1979; L. Csonka,​​ Catechesi ai preadolescenti,​​ in P. Braido (ed.),​​ Educare,​​ vol. III,​​ Zürich,​​ PAS-Verlag, 1964, 396-434; DKV,​​ Grundlagenplan fiir den katholischen Religionsunterricht im 7. bis 10. Schuljahr. Revidierter Zielfelderplan,​​ Miinchen, DKV, 1984; G. Gatti,​​ L'educazione morale e l’educazione alla fede,​​ Leumann-Torino, LDC, 1985; U. Gianetto,​​ Il catechismo dei ragazzi. Riflessioni e indicazioni per l’uso pratico,​​ ivi, 1983; In. – R. Giannatelli,​​ La Catechesi dei ragazzi.​​ 1.​​ Psicosociologia, mete, contenuti, opzioni metodologiche,​​ ivi, 19732; G. Milanesi – M. Aletti,​​ Psicologia della religione,​​ Leumann-Torino, LDC, 19742; G. Petter,​​ Problemi psicologici della preadolescenza e dell'adolescenza,​​ Firenze, Nuova Italia, 19711; A. Quadrio,​​ Psicologia dell’età evolutiva,​​ Milano, Vita e Pensiero, 19823;​​ Religione nella scuola media,​​ Leumann-Torino, LDC, 1979; UCN,​​ Itinerario per la vita cristiana. Linee e contenuti del progetto catechistico italiano,​​ ivi, 1984.

Roberto Giannatelli

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​​ In rapporto​​ Adì attività missionaria,​​ la P. fa riferimento agli atti preparatori all’accoglienza del Vangelo: superamento degli ostacoli, approfondimento dell’esperienza, apertura al trascendente, ecc. Spesso coincide con la​​ pre-evangelizzazione​​ o ne costituisce un momento integrante. Uno dei suoi più decisi propugnatori, Alfonso M. Nebreda, distingue nel cammino verso la fede e il battesimo tre tappe: pre-evangelizzazione, evangelizzazione e catechesi propriamente detta. Le due prime formano il “pre-catecumenato », e al suo

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