MONDO DEL LAVORO

1.​​ Una crescita storica: documenti ufficiali, scuole specifiche.​​ Tutte le encicliche sociali — specialmente quelle dell’ultimo periodo — sono materiale utile per una C. del mondo del lavoro. È importante però stabilire immediatamente un taglio (una chiave interpretativa) per evitare un equivoco. Troppi credono infatti che per evangelizzare i lavoratori si debba “parlare del sociale”: e così si commette una nuova ingiustizia, emarginando i lavoratori dai contenuti globali del Vangelo.

Se si presentano solo i primi capitoli della​​ Laborem exercens​​ si fa molta pre-evangelizzazione: si supplisce alle carenze del passato (il tempo del non-dialogo, della Chiesa “dall’altra parte”); ci si accredita (finalmente anche la Chiesa dice certe cose!); si seminano nuovi valori etici per orientare l’agire economico-politico-sindacale (l’affermazione dei “tre primati” contro il diffuso economicismo). Però solo a partire dall’ultimo capitolo “Elementi per una spiritualità del lavoro” si aiutano i lavoratori ad avvicinarsi a Dio tramite il lavoro e la lotta per la giustizia. Si svolge cioè quel “particolare compito della Chiesa” che aiuta gli uomini del lavoro ad avvicinarsi a Dio creatore e redentore, a partecipare al suo piano salvifico nei riguardi dell’uomo e del mondo e ad approfondire l’amicizia con Cristo, “assumendo mediante la fede, una viva partecipazione alla sua triplice missione” (n. 24).

Partendo dalla scaletta della 5a​​ parte della LE crediamo di poter affermare che la C. per/con il mondo del lavoro deve riuscire a far percepire e gustare, nel profondo, cosa voglia dire:

— essere con-creatori per realizzare il piano di Dio nella storia (Gn​​ 2,28);

— valorizzare il riposo come spazio interiore per l’uomo e per Dio (Eh​​ 4,1);

— apprezzare lavoro – professionalità – riuscita, ma senza eccessive preoccupazioni (Mt​​ 6,25);

— lavorare “in pace e volentieri come per il Signore e non per gli uomini” (Col​​ 3,23); — impegnarsi per la giustizia e il progresso nella prospettiva del Regno (GS 35);

— accettare la fatica del lavoro, in Cristo crocifisso e risorto, come “bene nuovo” (Lc​​ 9,25).

Una C. che cammina su queste piste dovrebbe riuscire a tradurre in linguaggio comprensibile e convincente l’esortazione conclusiva dell’enc. sul lavoro: “Il cristiano che sta in ascolto della parola del Dio vivo, unendo il lavoro alla preghiera, sappia quale posto occupa il suo lavoro non solo nel progresso terreno, ma anche nello sviluppo del Regno di Dio» (n. 27).

Il​​ Catechismo degli Adulti —​​ sembra a noi — è forse il testo più autorevole e completo per rispondere a questa esigenza. Dal discorso del Regno annunciato da Cristo (I parte), a quello dello Spirito che salva la storia personale e collettiva attraverso la Chiesa (II parte), fino alla descrizione del cammino concreto del cristiano per il ritorno al Padre (III parte), c’è un messaggio non lontano dalla cultura media della gente della società industriale. Evidentemente si tratta di contenuti da interiorizzare per tradurli poi in linguaggio corrente, nei gruppi di lavoratori, nelle omelie, nei bollettini parrocchiali, nelle assemblee in fabbrica (qualora sia consentito partecipare e parlare).

Non sono da dimenticare altri contributi qualificati offerti da “addetti ai lavori”. Ha fatto scuola, a suo tempo, il volume curato da Quadri e Bonicelli,​​ Spiritualità cristiana, lavoro e azione sociale.​​ Partendo dall’esperienza aclista, i due futuri vescovi, dopo una premessa biblico-teologica, proponevano un cammino articolato di vita cristiana su questi due filoni: lavoro e vita spirituale, problemi di vita spirituale nell’azione sociale. Il messaggio iniziale s’è poi sviluppato e approfondito in un pullulare di dispense e ciclostilati (prodotti dalla sede nazionale ACLI e da quelle locali). I corsi di teologia per militanti (cf bibl.), messi in opera negli anni ’68-’7O, hanno segnato forse uno dei momenti più significativi della catechizzazione del Movimento dei lavoratori cristiani.

Maestri ad alto livello (fonti a cui attingere) erano i vari Chenu, de Lubac, Congar, prima guardati con sospetto e poi diventati esperti conciliari. Però il catecheta che ha maggiormente influito nella situazione italiana è stato certamente il vescovo-operaio mons. Ancel: con giornate di riflessione, corsi di esercizi, opere originali o tradotte dal francese, egli ha letteralmente orientato operatori e militanti italiani del settore. Il suo volume​​ Per una lettura cristiana della lotta di classe​​ (1977) non è solo il suo testamento spirituale: è soprattutto una summula del suo pensiero e delle sue esperienze di evangelizzazione tra gli operai.

Anche la Pastorale del Lavoro ha prodotto alcune riflessioni di sintesi significative specialmente nel Convegno nazionale​​ 11 lavoro è per l’uomo​​ (1984). La GiOC (Gioventù operaia cristiana, particolarmente attiva nel Piemonte) continua su queste linee, facendo tesoro anche degli insegnamenti del fondatore mons. Cardijn e diffondendo il suo pensiero attraverso un giornale e una rivista (cf bibl.). Nell’ultimo periodo ha avuto un certo influsso la produzione polacca nata negli ambienti di Solidarnosc (Tischner 1981). Anche le esperienze dell’America Latina — specialmente quelle più attente alla Bibbia che all’analisi sociale — sono ricche di spunti per la nostra realtà (Mesters 1972, 1974).

2.​​ Metodo e contenuti.​​ Al di là delle teorizzazioni (Pagani 1971) sembra che il metodo più congeniale alla cultura operaia (dei lavoratori in genere) sia quello induttivo: si parte dalla vita – si arriva al Vangelo – per tornare ancora alla vita. Anche quando si studia in modo sistematico un libro della Bibbia, il Catechismo degli Adulti, un’enciclica, un testo di Ancel, non si può prescindere dal fatto che — aperta la riflessione di gruppo — qualcuno ti porti immediatamente sul fatto capitato – letto – sentito in quel giorno. Senza fare un toccasana di questo metodo — non si può infatti dimenticare che tutti siamo sotto il giudizio diretto della Parola che piove dall’alto e non ritorna al cielo senza aver portato i suoi frutti

(cf​​ Is​​ 55,10) — è certo che esso aiuta a leggere la storia (in piccolo e in grande) con occhio diverso; ad acquisire “la mentalità del Signore” nel valutare gli avvenimenti; a superare infine la dissociazione fede-vita. Produce anche un linguaggio diverso che abbatte molte barriere linguistiche. Eventuali pericoli di traduzione moralistica della vita cristiana in campo sociale (presenti anche ieri in certi testi della cosiddetta “dottrina sociale della Chiesa” e oggi in certe produzioni della “teologia della liberazione”) potranno essere superati con un incontro costante con tutto il disegno di Dio rivelato in Cristo.

Per organizzare a livello mentale le cose da trasmettere pare sempre attuale la scaletta suggerita da Ancel:

a)​​ Aver presente​​ il peccato che pesa sul mondo operaio-.​​ “Bisogna partire di qui, perché qui li troviamo!”, dice argutamente. Si affrontano — o si dimostra di tenerli sempre presenti — i vari aspetti delle ingiustizie sociali di ieri e di oggi, senza demagogia ma con serenità evangelica. “Dio non è indifferente rispetto all’ingiustizia che pesa su di loro: Dio non è un complice, è nemico delle cose ingiuste!”.

b)​​ Non trascurare​​ il peccato della classe operaia:​​ sentono anche loro il peso dell’egoismo dei compagni di lavoro; le difficoltà derivanti dall’imborghesimento della vita, dalla paura, dalla sfiducia globale; i danni per la loro crescita causati dalla disunione e dalla mancanza di solidarietà.

c)​​ Aiutare a​​ riconoscere il proprio peccato personale:​​ perché c’è anche nei lavoratori la tentazione del fariseo, di Nicodemo, di Pietro, come pure di Giuda.

d)​​ Portarli a scoprire​​ il valore religioso dell’impegno per la giustizia:​​ “È volontà di Dio che gli uomini si uniscano per introdurre la giustizia nel mondo. Non possiamo dire sul serio il “Padre nostro” senza impegnarci affinché sia fatta la sua volontà in terra come è fatta nel cielo”.

e)​​ Aiutarli ad​​ incontrare Cristo:​​ non solo “il lavoratore come gli altri” o “il servitore degli altri” o “il povero tra i poveri”, ma soprattutto il salvatore e liberatore nel profondo attraverso la Parola, i sacramenti, la Chiesa (Ancel 1973).

Si tratta di liberare da schemi ideologici mondani le liturgie, che spesso non sono celebrate nella vita della gente che lavora e che ha problemi di occupazione, di casa, di scuola, di stipendio; le omelie – catechesi, che spesso sono chiacchierate insignificanti per l’uomo che deve affrontare la vita quotidiana con grinta; il ruolo profetico della Chiesa, che odora troppo di preoccupazioni equilibriste “per stare con tutti”, dimenticando che la Chiesa è di tutti, ma “a partire dagli ultimi” o semmai dai penultimi.

In prospettiva sarebbero tutte da valorizzare le analisi e le linee di tendenza presentate dal massiccio lavoro di Inglehart che ha fatto, in epoche diverse e in modo comparato, uno studio dei valori emergenti: dalla concezione “lavoristica” (centralità del “sottomettere la terra” ) si passa a quella “fruitiva”​​ (centralità del “le cose sono belle”). Da questa rivoluzione strutturale e culturale potrà essere rimessa in discussione non solo la nostra qualità della vita ma anche — almeno in parte — la nostra C.

Bibliografia

J. Alfaro,​​ Teologia del progresso umano,​​ Assisi, Cittadella, 1969; A. Ancel,​​ Per l’apostolato tra i lavoratori,​​ Trento, Ed. Curia, 1973; Id.,​​ Cinque anni con gli operai,​​ Firenze, Vallecchi, 1964; In.,​​ Per una lettura cristiana della lotta di classe,​​ Brescia, Queriniana, 1977; In.,​​ Discepoli secondo il Vangelo,​​ Bologna, EDB, 1985; CEI,​​ Signore da chi andremo,​​ Roma, 1981; M. D. Chenu,​​ Spiritualité du travail,​​ Liège, 1947; Id.,​​ Per una teologia del lavoro,​​ Torino, Boria, 1964; Id.,​​ Teologia della materia,​​ ivi, 1964; L. Civardi – P. Pavan (ed.),​​ Il lavoro. Enciclopedia,​​ Roma, 1963;​​ Cultura religiosa e movimento operaio,​​ Roma, ACLI, 1971 (da “Studi sociali”: sintesi dei 59 corsi biennali di teologia per militanti realizzati dalle ACLI); “Esperienze e riflessioni di cristiani nel mondo operaio” (Torino, Ed. GIOC, 1985, riv. bimestrale);​​ Fede e militanza operaia,​​ Torino, Ed. GIOC, 1983;​​ Fede e società industriale,​​ Roma, ACLI, 1969; Giovanni Paolo II,​​ Lahorem exercens,​​ Roma, 1981; R.​​ Inglehart,​​ La rivoluzione silenziosa,​​ Milano, Rizzoli, 1983;​​ Lavoro e religione,​​ in “Concilium” 16 (1980), n. 1 (anticipa molte tematiche di “Laborera​​ exercens”);​​ Il lavoro è per l’uomo,​​ Roma, AVE, 1984 (Commissioni di lavoro 1-2-3);​​ Il libro del militante aclista,​​ Roma, ACLI, 1955 (varie ed.); H. de Lubac,​​ Pour​​ une​​ Église servante et pauvre,​​ Paris, 1963; C. Mesters – B. Maggioni,​​ Incontri biblici,​​ Assisi, Cittadella, 1974; C. Mesters,​​ Dio, dove sei?,​​ Brescia, Queriniana, 1972; C. Pagani,​​ Preti e lavoratori in dialogo,​​ Milano, Ancora, 1971; S. Quadri,​​ Spiritualità cristiana. Lavoro e azione sociale,​​ Roma, ACLI, 1957; G. Thils,​​ Teologia delle realtà terrene,​​ Alba, Ed. Paoline, 1968; Id.,​​ Teologia della storia,​​ Roma, Ed. Paoline, 1967; J. Tischner,​​ Etica della solidarietà,​​ Bologna, CSEO, 1981; Id.,​​ Il pensiero e i valori,​​ ivi, 1981; K. V. Truhlar,​​ Il lavoro cristiano: per una teologia del lavoro,​​ Roma, Herder, 1966.

Giuseppe Grosselli

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