MIRACOLO
1. Nella C., e in generale nell’annuncio della fede, il tema dei M. ha avuto largo spazio: M. in genere, M. di Gesù e della Bibbia in particolare, tradizionalmente intesi come argomento apologetico (validità della rivelazione, prova della divinità di Cristo...). Quattro sono gli ordini di problemi catechisticamente non sempre ben risolti: esegetico, ossia corretta comprensione storica, letteraria, teologica dei M. biblici; teologico, ossia comprensione del valore di rivelazione (segno) del M. nella religione cristiana, assieme alla sua portata apologetica; problema specifico: il rapporto con una concezione scientifica del mondo; pedagogico-religioso, ossia la collocazione del suo significato nella formazione della personalità cristiana, contro ogni concezione magica o viceversa esclusivamente razionalistica del rapporto fede e vita; didattico, ossia una efficace comunicazione dei racconti di M. in rapporto alle diverse modalità di espressione nelle fonti e in rapporto allo sviluppo evolutivo.
Bisogna riconoscere che recentemente qua e là nella prassi cat. si è cercato di espungere e di minimizzare almeno per certe fasi dell’età la trattazione dei M., forse per bonificare una mentalità miracolistica prescientifica, deresponsabilizzante, in grave dissidio con una visione secolare e adulta dell’uomo.
2. Si può dire che dopo il Vaticano II due fattori favoriscono una trattazione più approfondita, serena e fruttuosa del M.: la comprensione del M. come → “parola di Dio”, nell’economia globale della rivelazione, con una percezione criticamente più solida del dato biblico; il superamento o almeno la limitazione di una mentalità scientista autosufficiente nella spiegazione dei fenomeni, cui corrisponde un’apertura di interessi per il potenziale umano del M., come forza di cambio sconvolgente la condizione prigioniera dell’uomo, con non piccola rilevanza politica. È indispensabile che tutti gli aspetti siano tenuti presenti, biblico-teologico e antropologico, fusi insieme in un saggio processo pedagogico-didattico. Di tutto ciò diamo qui alcune sottolineature, attente alla mediazione catechistica.
3. Dal punto di vista biblico-teologico. Noi conosciamo l’impasse provocata dalla concezione spesso usata di M. come “rottura o eccezione alle leggi della natura”.
a) Un primo, fondamentale compito sarà di mettere in luce la diversità di visione del mondo naturale presso l’uomo moderno (sistema funzionalmente chiuso e quindi controllabile, pur con diverse incognite, comprensione razionale, accostamento pragmatico) e presso l’uomo biblico (sistema aperto, come luogo di rivelazione, che domanda la penetrazione della fede e un atteggiamento religioso di ascolto). Il M., che anche per la Bibbia resta sempre un evento clamoroso di Dio per il bene dell’uomo, si colloca così oltre il gioco delle leggi della natura, ossia per sé prescindendo, ma nemmeno negando, che si tratti di un fatto secondo o contro le possibilità naturali del momento. Di conseguenza il M. per la Bibbia spinge al riconoscimento di Qualcuno che parla all’uomo, è segno Col semeion sono i termini preferiti) che invita ad entrare nel mistero di Dio. Si fa rivelazione.
b) Il M. va dunque letto nel contesto di → rivelazione. Allora è facile appurare che la Bibbia conosce delle stagioni di M., relative a tempi fondamentali della → storia della salvezza: esodo (Es, Nm, Gs, Gdc), Elia e Eliseo (1 Re 17 – 2 Re 9), al tempo di Gesù e della prima comunità (Vangeli, Atti). In funzione del messaggio di tali momenti essenziali va compresa la testimonianza dei M., ciascuno secondo la sua portata.
c) Certamente i M. di Gesù sono i più significativi. Essi — come gli altri del resto — vanno compresi secondo l’intenzione originale (per Gesù sono segni profetici del → Regno, cf Ali 8-9), ma anche nella elaborazione dei redattori. Letterariamente sono racconti modellati secondo un genere letterario diversificato: guarigioni, esorcismi, M. di legittimazione (Afe 2,1-12), M. dono (Afe 6,33-44), M. salvataggio (Afe 4,35-51), secondo schemi stereotipi utili alla predicazione più che alla cronaca esatta. Ciò non toglie il fondamento storico, soprattutto per i M. evangelici, appurabile secondo i comuni criteri di storicità, pur non presentandosi come reportages minuziosi. Teologicamente approfondiscono il messaggio di Gesù secondo l’angolatura specifica dell’evangelista. In Giovanni sono considerati segni del mistero personale di Cristo. Assumono quindi una valenza sacramentale e spirituale. In quanto poi sono manifestazione dell’amore di Dio che in Gesù incontrano l’uomo come tale (Ai 10,38) esprimono il forte spessore umano di liberazione e di speranza personale e collettiva. La prassi di Gesù in questo modo prolunga l’evento dell’esodo e adempie i grandi annunci messianici dei profeti.
4. Chiaramente l’accoglienza del M. come parola di Dio esige una giustificazione ragionevole, quanto più sono forti le conseguenze di fede. Solo così può esprimersi rettamente la forza apologetica del M., affermata dal Vaticano I (DS 1790).
Le domande della ragione riguardano la possibilità di M. (nel senso inteso dalla Bibbia), con particolare riguardo ai dati di scienza; l’effettivo accadimento di M. (nella Bibbia e fuori di essa, nell’antichità e nel presente); la comprensione delle fonti che ne parlano; il significato per l’esistenza e crescita dell’uomo; la storia degli effetti prodotti dalla fede dei M. (della Bibbia). L’ampiezza di trattazione è determinata dai bisogni e capacità di comprensione degli uditori.
5. La mediazione cat. tiene conto dei dati qui esposti. In particolare, senza rinunciare a parlare in tutte le età dei M. della Bibbia, dei Vangeli in particolare, come segni di rivelazione ( — il kerygma di cui sono portatori), essa mira ad una esposizione pienamente organica nell’età giovanile e adulta. Ciò esige sempre una educazione della domanda, esplicitando precomprensioni latenti, suscitando interrogativi legittimi, rettificando pregiudizi infondati, precisando l’oggetto di studio che riguarda anzitutto i M. come l’intende la Bibbia e, alla sua luce, la fede della Chiesa, aprendo alla simpatia verso un evento che è pur sempre segno forte dell’amore di Dio per l’uomo e di protesta per la condizione angosciosa della sua vita.
Si cercherà pure di operare una fondamentale distinzione fra linguaggio “meraviglioso” di cui la Bibbia si serve per esprimere la partecipazione altrimenti ineffabile di Dio alla storia dell’uomo (ad es;, scene di annunciazione e di apparizione) e i racconti di M. che hanno una loro consistenza fenomenica, secondo la testimonianza delle fonti. Come pure non mancherà un cenno sulla verità e il senso dei M. postbiblici (v. Lourdes, santi...), totalmente relativo al senso dei M. biblici.
Infine, in rapporto all’educazione della fede, si ricorderà il valore relativo del M. biblico. È grande, ma come segno fra i tanti, se è vero che al centro dell’annùncio cristiano sta un Crocifisso, e che il M. supremo della risurrezione di Cristo sconfina nel mistero assoluto di Dio. Un incontro con i M. biblici deve far maturare una comprensione della religione cristiana non come arsenale di eccezioni (miracolismo), ma come regola — confermata appunto dall’eccezione -— di uno stile di fedeltà profonda e di ampiezza smisurata che Dio ha verso l’uomo nell’apparente immodificabilità del suo travagliato cammino nel tempo.
Bibliografia
6. Bissoli, I miracoli di Gesù, Leumann-Torino, LDC, 1980; J. Colomb, Les miracles de l’Évangile dans la catéchèse, in “Vérité et Vie” 25 (1971-72) 666, 3-17; X. Léon-Dufour, I miracoli di Gesù, Brescia, Queriniana, 1980; Le miracle dans la catéchèse, in “Catéchistes” 14 (1963) 53, 1-104; A. Weiser, I miracoli di Gesù, Bologna, EDB, 1980.
Cesare Bissoli