MEMORIZZAZIONE
Da diversi secoli, e fino a tempi recentissimi, fare C. consisteva nel far imparare a memoria un esteso (e talora estesissimo) catechismo ufficiale a base di domande e risposte. Data la facilità che i fanciulli hanno per la memoria verbale, per troppo tempo si ebbe l’illusione che essi “conoscessero” la fede solo perché avevano memorizzato delle formule. Gli studi sullo sviluppo conoscitivo del fanciullo hanno messo in chiaro che egli si trova in una fase intuitiva e concreta, non ancora familiare con il linguaggio astratto, e che una memorizzazione di questo tipo è inadatta per una reale comunicazione dei contenuti della fede. Era da preferire un metodo più concreto e induttivo, ma la tradizione era così radicata che durò fino ai giorni nostri. Solo negli anni ’60 e ’70 del nostro secolo è venuto il “rigetto” della memoria, una reazione che è andata probabilmente all’eccesso opposto.
Una posizione equilibrata è giunta a maturazione nel Sinodo dei Vescovi del 1977 sulla C. Anzi, si è operato un approfondimento interessante e nuovo: lo studio della relazione tra memorizzazione e “memoria” del popolo di Dio. La proposizione 19a dei Padri sinodali afferma: “Desideriamo che nell’azione cat. si coltivi un sano equilibrio tra l’esercizio della memoria e la stessa memoria della fede, cioè la memoria del popolo di Dio, il “memoriale” che rende sempre presente e celebra nella liturgia le meraviglie operate da Dio”. Nella proposizione 14a si afferma che occorre “sapere anche a memoria le principali verità e le preghiere fondamentali”.
La CT infine invita a “riequilibrare assennatamente la funzione della riflessione e della spontaneità del dialogo e del silenzio, di lavori scritti e della memoria”, e aggiunge: “Una certa memorizzazione delle parole di Gesù, di importanti passi biblici, dei Dieci Comandamenti, delle formule di professione di fede, dei testi liturgici, delle preghiere fondamentali, delle nozioni-chiave della dottrina (→ formule catechistiche)... lungi dall’essere contraria alla dignità dei giovani cristiani, o dal costituire un ostacolo al dialogo personale col Signore, è una reale necessità... La cosa essenziale è che questi testi memorizzati siano al tempo stesso interiorizzati, compresi a poco a poco nella loro profondità, per diventare sorgente di vita cristiana personale e comunitaria” (CT 55).
Bibliografia
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Ubaldo Gianetto