LINGUAGGIO BIBLICO
Nella prospettiva cat. il LB interessa in quanto è mediazione necessaria per la comprensione della Parola di Dio nella fonte della Bibbia. Vi interferiscono concretamente problemi riguardanti la traduzione del testo sacro, l’identificazione delle forme linguistiche, l’interpretazione semantica e strutturale, e naturalmente la didattica della B. Noi qui ce ne occuperemo toccando alcuni aspetti fondamentali con attenzione alla prassi di insegnamento della B.
1. LB indica più un compito posto dalla moderna problematica linguistica e filosofica (de Saussure: langue-langage-parole; Wittgenstein: “gioco linguistico”) che non una grandezza definita nell’ambito di una ricerca oggettiva. La lingua della B. è l’ebraico (e aramaico) contenuto soltanto in essa, come pure il greco koiné dell’ellenismo. Le antiche traduzioni ne sono improntate dal punto di vista lessicale e sintattico. Con ebraismi, la versione dei LXX; con ebraismi e grecismi, la Volgata.
Modernamente si discute se le traduzioni della B. debbano essere piuttosto fedeli al testo originale o invece di tipo comunicativo (E. Nida, C. Buzzetti). Ci sta sotto l’idea che non è il lettore/uditore che deve apprendere la lingua biblica, ma che la B. vada espressa in una lingua a cui è abituato il moderno lettore/uditore. Conseguentemente avviene che il ridirla, ad es., nell’italiano attuale, fa sì che non si impari più a conoscere il LB, o solo parzialmente. Se si vuole invece che esso riesca efficace occorrerà che il traduttore riesprima il testo originale il più fedelmente possibile, e l’uditore/lettore si applichi alla comprensione del LB, adattandovi il suo pensare, sentire e agire. Ne vale la pena, poiché la lingua biblica impronta di sé la liturgia cristiana, la teologia, anzi la letteratura europea. Oltre a ciò, fa da ponte verso la cultura giudaica e islamica.
2. Chi vuol comprendere la B., deve capirne la lingua. La traduzione non dovrebbe facilitare troppo l’accesso alla B. Il lessico estraneo, anzitutto, le proprietà specifiche delle proposizioni e delle forme letterarie minori come pure i maggiori generi letterari possiedono un potenziale semantico che va perduto, se il LB assume lo stile della comunicazione moderna. Questa tende per sé a consumare la lingua. Nella B. invece non c’è nulla che si possa consumare in fretta. Poiché gli scritti biblici sono stati fissati nell’arco di circa un migliaio di anni e trasmessi oralmente in uno spazio ancora maggiore, c’è da chiedersi se si può parlare in generale di LB come di una unità. Certamente esiste qualcosa che permane attraverso il canone della B. M. Buber vede nella “ciclicità di paroleguida” (parole o gruppi di parole dal suono uguale o simile) “la potente visione sinottica della B.” dell’AT. Tale ciclicità deve arrivare alla coscienza anzitutto dal punto di vista acustico. Essa ha avuto il sigillo proprio di una tradizione orale. Sulla base delle paroleguida, Buber scopre anche il ritmo della lingua biblica. La tradizione orale conserva pure in sé la inseparabile unità di “forma e figura”, di “modo di dire e di ciò che è da dirsi”. Significato e lingua non si possono qui separare.
Lungo il migliaio di anni di codificazione scritta dei libri biblici sembrano essersi affermate le seguenti caratteristiche del LB:
a) La B. parla in termini epici-concreti. Essa riferisce di un accaduto che si mantiene desto ed efficace mediante la → narrazione. Poiché è il concreto ad essere raccontato, il LB si oppone all’astrazione o alla generalizzazione. Alla B. riesce così totale 1’”occultamento” nel testo narrativo, che non c’è da attendersi in esso la coscienza concomitante del narratore, per cui non si può ricorrere ad una spiegazione psicologizzante. Una interpretazione psico-analitica dovrebbe rendersi conto di possedere una comprensione dei simboli che si trova a notevole distanza dalla lingua biblica. Non si parla mai della psicologia di Abramo, o di Mosè, o di Gesù! L’uditore viene così immediatamente coinvolto in ciò che il linguaggio epico esprime che gli si impone l’identificazione con l’accaduto (di allora), a meno che non vi si sottragga rifugiandosi nella superficialità di un ascolto e di una lettura distratti e frettolosi. Le “parole-guida” esprimono il peculiare tratto di questo linguaggio epico.
Facciamo un breve esempio con Gn 22,6-8 (Abramo sacrifica Isacco): “Così tutti e due se ne andavano insieme. Isacco parlò ad Abramo suo padre. Egli parlò: Padre! Egli parlò: Eccomi, figlio mio. Egli parlò: Qui vi sono il fuoco e la legna, ma dove è l’agnello per il sacrificio? Abramo parlò: Dio si provvederà l’agnello per il sacrificio, figlio mio (provvede = vede per sé, sceglie da sé). Così tutti e due se ne andavano insieme”. La piccola unità viene prima di tutto incorniciata da tre parole identiche del testo ebraico. È evidente la preoccupazione che si realizzi un buon ascolto. Ma già i LXX, e con essi la Volgata, hanno rotto l’unità del quadro. Si esamini la traduzione di questo testo in qualsiasi lingua! Mentre dei due si dice per due volte che “vanno”, per cinque è detto che “parlano”. Il primo parla all’altro e l’altro al primo. Isacco dice per due volte: “Padre”, e Abramo proferisce due volte: “Figlio mio”. Nell’andare e parlare, e durante la comunicazione così confidenziale, viene posta al centro la misteriosa risposta del padre alla domanda concreta del figlio.
Chi non percepisce qui la ripetizione e la consonanza non sarà afferrato dal ritmo del dire e quindi non penetrerà in ciò che viene detto. Qualsiasi traduzione che non faccia risuonare ciò, danneggia quanto affermato. Uno sguardo al NT mostra che sia il messaggio del Regno di Dio del Gesù dei sinottici sia il Vangelo di Giovanni influiscono sull’ascoltatore con parole-guida e ripetizioni. :b) Gn 22 mostra pure il carattere dialogico del LB. Emerge dalla struttura dell’ebraico. Questa lingua non conosce infinitivi e pone in primo piano l’agente, in quanto costruisce il verbo a partire dalla terza persona singolare. In questo modo viene sottolineato il carattere di ciò che sta per accadere, del dato di fatto, ponendolo in relazione a chi parla. Di qui si capisce che l’uomo possa gridare a Dio nel suo bisogno o ringraziarlo pieno di riconoscenza e di gioia, anche se non lo può vedere né udire, e nessuna relazione verso di lui si possa nettamente circoscrivere.
c) Il tratto così sovente espresso, ed ancor più implicito, della lode (e dialetticamente, dello scongiuro) fonda il carattere dossologico del LB.
d) Sarebbe insufficiente catalogare ciò dogmaticamente o eticamente secondo le regole della logica aristotelica. Il LB esprime sempre qualcosa di più delle formule dogmatiche o morali. Esso possiede una radicale pretesa spirituale ed etica-. “Ama con tutto il cuore” (Dt 6,4; Mc 12,30 par.).
e) In quanto linguaggio simbolico (mito, allegoria, parabola), il LB evita di racchiudere concettualmente Dio che è incontenibile, sfuggendo così al sospetto di non-senso, di cui la moderna filosofia del linguaggio accusa il parlare di Dio per concetti (H. Zirker, Sprachanalytische Religionskritik und das Erzählen von Gott, in: Erzählen für Kinder – Erzählen von Gott, hrsg. v. W. Sanders – K. Wegenast, Stuttgart, Kohlhammer, 1983, 3343). Chi parla simbolicamente non ha intenzione di definire. Ma questo modo non definitorio è proprio quello adatto a parlare dell’Infinito.
3. I tratti della lingua biblica ora accennati entrano nel programma di → didattica biblica. L’abilitazione all’ascolto viene fondata attraverso la forma del narrare nella scuola elementare e primaria. Dialogo e dossologia determinano la preghiera cristiana, come pure il rapporto sociale fra cristiani, e la liturgia. L’esigenza radicale chiama all’amore e alla giustizia, e oggi alla liberazione degli oppressi, e promette la salvezza escatologica, nella misura in cui non si riesce oggi a realizzare tale giustizia. La simbolica del parlare preserva da una falsa ortodossia, per il raggiungimento della quale l’inquisizione bruciava la gente. Dove si parla simbolicamente si sfugge a una sicurezza che provoca scismi ed eresie. La lingua simbolica infine, in quanto lingua occultante, evidenzia pure il silenzio davanti a Dio come polo del LB.
Bibliografia
L. Alonso Schökel, La parola ispirata, Brescia, Paideia, 1967; V. Bertalot, Tradurre la Bibbia, Leumann-Torino, LDC, 1980; M. Buber, Die Schrift und ihre Verdeutschung, in Werke, vol. 2, Schriften zur Bibel, München, Kösel, 1964, 1093-1186; C. Buzzetti, La Parola tradotta, Brescia, Morcelliana, 1973; H. K. Miskotte, ABC della Bibbia, Brescia, Queriniana, 1981.
Günter Stachel