INDIFFERENZA RELIGIOSA
1. Al posto dell’ateismo militante e aggressivo di una volta è oggi subentrata largamente l’ind. rel. Essa si diffonde molto rapidamente nell’Europa occidentale ed è diventata un fenomeno globale della società. Lo si può documentare con alcuni dati statistici. Una inchiesta del 1970 fra i cattolici italiani rivelò che soltanto il 5% si dichiarava ateo, mentre il 55% si dichiarava indifferente (S. Burgalassi). Il 33% delle persone interrogate dal settimanale tedesco “Der Spiegel” nel 1979 dichiarò che il significato della religione nella loro vita era poco rilevante, mentre un 10% consideravano la religione come totalmente irrilevante. Stando ai risultati di una ricerca demoscopica del 1981 sul rapporto della gioventù tedesca nei confronti della religione, il 60% della giovane generazione la considera come relitto di tempi passati, incapace di offrire un vero aiuto per risolvere i problemi e gli interrogativi di oggi. Rifacendosi a un’inchiesta fra i giovani francesi di 20-40 anni, D. J. Piveteau considera 1’85% di questi come appartenenti al gruppo dei religiosamente indifferenti. Egli è del parere che nei fanciulli francesi questo processo inizia già verso la fine del 10° anno di vita. Ammesso pure che il fenomeno della ind. nei confronti della religione sia difficile da cogliere in statistiche, non è certo possibile trascurare i risultati di queste inchieste, tanto più che indicano tendenze convergenti nella maggior parte dei paesi europei. Essi caratterizzano una crisi profonda e ampiamente diffusa della religione, e pertanto pongono alla trasmissione della fede oggi problemi totalmente nuovi e finora sconosciuti.
2. Il fenomeno dell’apatia religiosa presenta volti diversi e va affrontato in maniera differenziata. Occorre distinguere tra indifferenza nei confronti dell’istituzione ecclesiale (“Gesù sì – Chiesa no”) e nei confronti della fede cristiana. L’indifferenza può anche riguardare qualsiasi forma di religione e di metafisica, e nello stesso tempo andare di pari passo con un elevato impegno (sociale e/o politico) nel mondo, per es. nei movimenti umanistici. “Alcuni tanto esaltano l’uomo che la fede in Dio ne risulta quasi snervata”, afferma la GS 19.
L’indifferente può in generale attribuire alla religione una funzione sociale, per es. nell’ambito caritativo, però per l’impostazione della sua vita personale la fede in un qualche potere trascendente non è più rilevante. Ha fatto l’esperienza che anche senza un legame religioso o una motivazione religiosa del proprio agire si può vivere. Altri invece negano perfino questa funzione sociale della religione e la rifiutano come superflua e inutile. La forma estrema si presenta come indifferenza totale, caratterizzata da “una fondamentale apatia spirituale” (A. Liégé); non è limitata al solo ambito spirituale, ma si chiude di fronte a qualsiasi problema del senso della vita. Si accontenta della piccola felicità ed è orientata fondamentalmente sulla soddisfazione momentanea della ricerca del piacere.
Di fronte al pluralismo sociale e ideologico di oggi e alla caotica oSerta di significati non si pone nemmeno più il problema della verità. Ci si accontenta dei compiti che sono richiesti nel momento presente, e si rinuncia a prospettive di più lungo respiro. Da questa ind. rel. più o meno riflessa, si distingue l’atteggiamento agnostico, quale è rappresentato oggi dalla maggioranza dei filosofi e scrittori occidentali. Qui l’indifferentismo rel. si affaccia sotto forma riflessa. Questo pensiero moderno è stato caratterizzato in modo classico da J. Améry: “Desidero sapere chi è Dio? Mi spiace... no. In fondo la domanda non mi riguarda. Mi trovo pienamente d’accordo con Claude Lévy-Strauss, il quale ha dichiarato: “Personalmente non si pone per me il problema di Dio. Trovo sopportabile passare la mia vita nella consapevolezza che non sarò mai in grado di spiegare la totalità dell’universo”“ (Widersprüche, Stuttgart, 1971, 23). In questo ateismo è sconcertante il fatto che non vuol nemmeno più provocare, di modo che la fede non si senta più provocata.
3. Questa assenza apparentemente totale di Dio nel nostro mondo, e anche nella vita dei singoli, costituisce in realtà la suprema sfida per la fede e per la trasmissione della fede. Di fronte al progredire dell’apatia rel. si rivelano inefficienti le convalidate strategie della trasmissione pastorale e cat. Un semplice cambiamento di tattica pastorale o di metodi cat. è assolutamente inadeguato di fronte ai nuovi compiti, che non si possono più risolvere con i mezzi tradizionali. È necessario che l’intera teologia cambi i suoi paradigmi; questo compito non può essere scaricato sulla sola teologia pratica. Ci muoviamo in una problematica nuova, in cui soltanto a tastoni possiamo fare i primi passi. Senza pretendere la completezza, si possono comunque indicare alcuni settori e compiti.
1) Quando K. Rahner afferma che “l’unico vero e radicale agnosticismo” consiste nell’”incondizionato abbandono di se stesso alla incomprensibilità di Dio”, risulta urgentissima la trasmissione di una valida immagine di Dio, che si sostiene anche in presenza delle critiche che scaturiscono dalla sofferenza e dal male. Invece di parlare di Dio come se ne sapessimo tutto, occorre entrare nella scuola della “teologia negativa” e rispèttare il mistero di Dio. Non già il dominatore onnipotente e onnisciente dell’universo, ma il Dio che solidarizza con l’uomo nella im-potenza dell’amore sulla croce, si fa ascoltare dall’uomo d’oggi. Il “Dio crocifisso” deve nuovamente tornare al centro dell’attenzione; poiché sulla croce si è rivelato come Dio che ha com-passione.
2) Esperienze elementari, quali l’ansia, la speranza, la gioia, l’amore, la libertà, ma anche l’esperienza della routine quotidiana, che evoca sicurezza, devono essere verificate sotto il profilo della trasparenza, di modo che nel mezzo della vita quotidiana si apra una porta su un altro mondo (mistagogia dell’esperienza religiosa). Nella vita dei giovani si possono scoprire “tracce degli annunciatori”, per es. nel loro entusiasmo per lo sport, nell’esperienza estatica della musica, nella disponibilità all’impegno sociale e politico, nella ricerca del lontano... Nel colloquio con i giovani è necessario aiutarli prudentemente a vedere questa nascosta dimensione del profondo, presente in questi fenomeni apparentemente così immediati.
3) Per mezzo di esercizi di silenzio e di concentrazione, nonché di varie forme di meditazione, è possibile esercitare nuovamente la possibilità dello stupore, cosicché qualcosa del carattere misterioso delle cose si lasci intravedere. Aprendo in questo modo i sensi, l’uomo contemporaneo potrà nuovamente aprirsi al problema del senso della sua esistenza, e scoprire che esso non si esaurisce nel momento presente, ma desidera la totalità della realtà (compito di una didattica del → simbolo).
4) Fantasia e creatività vanno educate, di modo che tutto l’uomo possa svilupparsi ed essere interpellato negli strati profondi dell’esistenza. In questo contesto diventano particolarmente rilevanti il gioco, la danza, la festa, la celebrazione. Le comunità e i gruppi cristiani devono nuovamente offrire esperienze di celebrazioni veramente riuscite, in cui l’uomo riesca a dire sì al fondamento divino della realtà. Una convinta cultura della festa esprime precisamente la radice cultuale della festa e della celebrazione; contemplazione e impegno sociale o politico non si escludono, ma si condizionano reciprocamente (cf Taizé).
5) Ci si lamenta molto spesso della inefficacia del cristianesimo nel tempo moderno. Questa, fra l’altro, potrebbe anche essere connessa con il fatto che il → linguaggio religioso non aderisce all’esperienza, essendo largamente fossilizzato in cliché linguistici. Occorre enunciare nuovamente la fede sviluppando un “gioco linguistico” che si faccia ascoltare dall’uomo contemporaneo e mediante il quale si apra un nuovo accesso alla Parola di Dio. Il problema posto da Bonhoeffer nel suo diario della prigione: “Come possiamo parlare di Dio senza religione, cioè senza i presupposti culturali della metafisica e della interiorità...?” è finora rimasto senza risposta. Il nostro linguaggio religioso deve nuovamente mettere le radici nella terra. Nello stesso tempo però deve anche prendere il lettore e l’ascoltatore sottraendolo alla banalità e alla logica del quotidiano e condurlo al confine, dove “incomincia l’ineffabile” (W. Willems). Il linguaggio religioso, essendo metaforico, è imparentato con il linguaggio della poesia. Una sensibilità per il linguaggio poetico può anche aprire al linguaggio religioso.
6) La crescente mancanza di interesse per la ricerca del → senso della vita rende anche problematica l’offerta cristiana di tale senso, e mina radicalmente il fondamento di qualsiasi religione. Da questo fatto scaturisce la necessità di un ecumenismo delle religioni mondiali, poiché ogni religione si vede minacciata nella propria esistenza. Le grandi religioni devono entrare in dialogo tra loro, e cercare in che modo possano reagire insieme di fronte a questa sfida del tutto nuova. Ancora più urgente si rivela la collaborazione tra le Chiese cristiane, che non si possono più permettere il lusso di guerre confessionali da trincea.
7) Gruppi cristiani che rifiutano l’adattamento conformistico allo spirito dell’epoca, e cercano di vivere radicalmente a partire dallo spirito del Vangelo, colpiscono l’attenzione dei “fratelli non credenti” e suscitano la curiosità. La loro testimonianza può essere un segnale per il loro ambiente e diventare un segno di speranza. Anche dal singolo cristiano può scaturire una forza di attrattiva, quando la sua fede lo stimola alla pratica dell’amore. L’uomo che è religiosamente indifferente può forse essere risvegliato dalla sua apatia e dal suo letargo incontrando testimoni della trascendenza. In tal modo il muro dell’indifferenza può essere superato.
Bibliografia
R. Bleistein, Hinwege zum Glauben, Wüxzburg, Echter Verlag, 1973; L’indifferenza religiosa, in “Concilium” 19 (1983) 5, 1-165; Pastorale (dell'ateismo), ibid. 3 (1967) 3, 1-172; D. J. Piveteau, Les jeunes, l'athéisme et la catéchèse, in “Lumen Vitae» 38 (1983) 183-191; K. Rahner, Glaubensbegründung in einer agnostischen Welt, in Schriften zur Theologie, vol. XV, Zürich, 1983, 133-138; Le “religieux”: indifférences et attraits, in “Catéchèse” 24 (1984) n. 96; R. Sauer, Religiöse Erziehung auf dem Weg zum Glauben, Düsseldorf, Pattnos, 1976, spec. 57-90; H. R. Schlette (ed.), Der moderne Agnostizismus, Düsseldorf, Patmos, 1979; J. Schmidt, Desinteresse am Religionsunterricht? Ein Text zur Messung der religiösen Ansprechbarkeit von Schülern, Einsiedeln, Benziger Verlag, 1982; Segretariato per i non credenti, L’indifferenza religiosa, Roma, 1978; J. F. Six, L'incroyance et la foi ne sont pas ce qu’on croit, Paris, 1979; K. H. Weger, Der Mensch vor dem Anspruch Gottes. Glaubensbegründung in einer agnostischen Welt, Graz, 1981.
Ralph Sauer