SENSO

Nel linguaggio comune, il termine, specie al plurale, fa riferimento all’organo e agli organi recettori delle stimolazioni provenienti dall’ambiente esterno («s. esterni») o dal vissuto interno («s. interni»). Spesso è usato come sinonimo di percezione, di sensibilità, di sensualità, di sentimento, di sensazione psichica, di coscienza o di consapevolezza di sé e delle proprie azioni; o anche per indicare la capacità soggettiva, intellettuale, morale e spirituale di percepire valori e di assumere atteggiamenti particolari (come nelle espressioni «s. della verità», «s. della giustizia», «s. dell’onore», «s. dell’amicizia», «s. del bello»); o ancora come modo soggettivo di affrontare e risolvere questioni di vita pratica (come nelle espressioni: «s. pratico», «buon s.»,​​ ​​ «s. comune», «s. della misura»). A livello linguistico sta ad indicare il contenuto semantico, cioè il significato di una frase o di un discorso. Ma a livello di linguaggio sociale va sempre più prendendo piede un’accezione esistenziale del termine, per cui sta a dire la ragion d’essere, la spiegazione e la motivazione profonda di azioni e modi di essere in generale. Qui si baderà soprattutto a queste due ultime accezioni del termine. Ma è subito da dire che a questo livello – come viene sottolineato dalla riflessione fenomenologico-esistenzialista e dalla pratica terapeutica – il termine s. e il suo sinonimo «significato» veicolano una forte carica ideale ed emozionale (specie nelle espressioni «s. della vita», «s. dell’agire» e «sistema / i o quadri di significato»).

1.​​ Significato e s.​​ In logica si discute se il significato si debba restringere alla denotazione od estensione di un termine (cioè ai referenti reali o immaginari a cui si applica) o se includa anche la connotazione (o intenzione o comprensione) del termine, cioè le informazioni proprie alla realtà fisica o immaginaria indicata. Chi distingue significato e s. lo fa equiparando il significato con la denotazione e il s. con la connotazione. Il significato assolverebbe infatti ad una funzione d’interpretante nei confronti della realtà indicata dal termine (dice cosa è in sé o nei suoi possibili rapporti con altre realtà). Oppure si parla di significatività ad indicare la corrispondenza positiva tra soggetto parlante, termine e ciò a cui si riferisce (referente); mentre si parla di s. ad indicare la coerenza logica del termine all’interno di una proposizione o di un discorso. In ogni caso è abbastanza comune vedere il significato ed il s. all’interno dell’interrelazione dinamica di soggetto, oggetto e simbolo; tra mondo della soggettività, mondo degli oggetti (reali o pensati) e mondo dei concetti. Qualcosa di simile vale per il significato ed il s. dell’azione. Qui la significatività starebbe ad indicare una correlazione positiva tra il soggetto agente, l’azione posta in atto e la realtà verso cui si produce; mentre si parlerebbe di s. ad indicare il quadro o l’orizzonte concettuale, ideale e valoriale (in ted.​​ Sinn),​​ entro cui è possibile fissare determinati significati (in ted.​​ Bedeutungen)​​ espressi dall’azione individuale e comunitaria. Il s., come il valore, più che un dato in sé e per sé, implica una presa di coscienza che coglie o conferisce significato umano a quanto accade o a ciò, a colui o a coloro, con cui si entra in rapporto. Per tal motivo la fenomenologia parla dell’uomo come «donatore di s.». Nella stessa linea si può assumere la stimolazione biblica dell’uomo che «dà il nome» ad animali e cose. Peraltro l’esperienza comune ci mostra che spesso più che inventare, si tratta di accogliere, di acconsentire o di assumere significati provenienti dall’alterità presente o dal patrimonio tradizionale della cultura sociale.

2.​​ La ricerca del s. come istanza educativa.​​ Quando si parla di ricerca di s. a livello esistenziale, si vuol indicare in generale il bisogno di un quadro globale di valori, cui far riferimento e su cui basarsi nell’agire individuale e collettivo. La terapia psicoanalitica, come quella esistenziale e logoterapeutica, hanno messo in luce che le malattie mentali o le​​ ​​ nevrosi spesso sono riferibili a situazioni di vita in cui non si riesce a cogliere o conferire un s. alla propria esistenza o a vedere un futuro umano per il mondo in cui si vive. A livello di vita quotidiana e di pratica educativa la ricerca di s. diventa in concreto: a) aspirazione di una professionalità che non solo superi l’alienazione del lavoro, ma permetta un sicuro e flessibile inserimento nell’esistenza sociale adulta; b) ricerca di una cultura che dia quadro e risorse conoscitive per l’azione personale e per l’esperienza di partecipazione sociale; c) ricerca di una valida piattaforma relazionale che permetta di vincere la chiusura individualistica e di gruppo, e dia la sensazione positiva di poter avere buone relazioni con gli altri, di essere capace di amare ed essere amato, di sentirsi inserito e partecipare attivamente alla vita comunitaria sociale; d) infine, ad un livello più generale, essa sta ad esprimere la profonda aspirazione a vedere che la vita vale la pena di essere vissuta, che c’è almeno una qualche corrispondenza tra quanto si crede o si vuole e il volume di impegno e di azione che si mette in atto; o che non tutto muore o si perde di quanto si è e ci si apre ad essere. Sentire che il bisogno di s. è esaudito, dipende anzitutto dalla constatazione vissuta di farne esperienza concreta. Per questo, anche dal punto di vista educativo, rimane indubbiamente prioritaria e insostituibile la ricerca di luoghi, spazi e momenti in cui sia effettivamente attualizzabile un minimo di autorealizzazione, di riconoscimento personale, di efficacia storica, di comunanza di intenti, di concretizzazioni partecipate di valore: pena la fuga nella devianza, nella trasgressività distruttiva, nella malattia psicosomatica, nella sfiducia verso qualsiasi indicazione progettuale.

3. Ricerca di s.: le condizioni teoriche.​​ Nell’attuale clima di crisi, di innovazione, di​​ ​​ pluralismo culturale e ideologico, di globalizzazione della vita e della produzione, è pur vero che la ricerca di s. richiede anche un impegno di tipo teorico-pedagogico che aiuti la comprensione dei concetti-chiave che sono alla base della decisione e dell’agire umano: i concetti di razionalità, di libertà, di valore e d’impegno etico.

3.1.​​ La razionalità.​​ Le ideologie del recente passato sono entrate in crisi. È facile correre il rischio di essere presi nelle maglie della logica tecnologico-informatica o di abbandonarsi all’istinto, agli impulsi personali, alle opinioni soggettive o di gruppo, a fughe nell’irrazionalismo, nel fondamentalismo, nell’integralismo intollerante e dominativo. Per uscire da queste polarizzazioni estremizzate, forse occorrerà riguadagnare un tipo di razionalità – e parallelamente di scientificità e di tecnologia – che siano «a misura d’uomo»; occorrerà aiutare a saper integrare i molteplici modi con cui si conosce (impulsi, sensi, intelligenza, intuizione, operatività tecnica); a saper coniugare ragionevolmente i contributi della cultura, dell’arte, della fede con quelli della scienza e della tecnica; a non fissarsi sui dati di fatto, ma a cogliere il possibile, l’ulteriore, il futuribile; a dar spazio a ciò che è proprio, ma insieme anche a ciò che è diverso, facendosi capaci di tolleranza, di pluralismo, di flessibilità storica; a pensare «glocalmemte», vale a dire tenendo sempre presente, pur distinguendoli, il locale, il nazionale, l’internazionale, il monidale, l’umano.

3.2.​​ La libertà.​​ Necessità di varia natura (soggettive, istituzionali, burocratiche, culturali, ecc.) e contingenze le più disparate ed imprevedibili, sembrano costringere da ogni parte la soggettiva voglia di​​ ​​ libertà, che nonostante ciò rimane insopprimibile. Di fronte a ciò sarà da aiutare a formarsi un concetto realistico e comprensivo di libertà. Come affermava​​ ​​ E. Mounier la libertà umana non è assoluta, ma sempre «sotto condizione». È simultaneamente un dato di fatto e un compito per cui impegnarsi individualmente e socialmente, affinché possa esprimersi in forme storiche almeno un po’ adeguate alle aspirazioni. È sempre e simultaneamente libertà e liberazione, libertà da, libertà di, libertà per, libertà incarnata, con-libertà, intrinsecamente riferita alla persona individuale, ma pure alla comunità e alla realtà del corpo sociale nella sua globalità ed entità popolare.

3.3.​​ La qualificazione etica.​​ L’agire umano sembra costretto entro il dovere, norme, regole di condotta, conformismo sociale; o all’opposto si vuole agire solo per il piacere, secondo quanto si sente e si vuole in un dato momento, senza costrizione alcuna, nell’assoluta spontaneità. Anche a questo livello occorrerà guadagnare un modo corretto di intendere l’agire buono e valido, che aiuti a capire che è bene, che è umanamente dignitoso, che è bello fare o non fare qualcosa, comportarsi o non comportarsi in un certo modo: per la vita personale e per quella di tutti, per l’esistenza presente e per quella che dal passato si protende verso un futuro «di più di umanità» per tutti e ciascuno. In tal modo, tra un’etica del dovere e un’etica del piacere, diventa possibile pensare ad un’etica del valore: presente nella vita propria ed altrui, intravisto con la propria ragione (illuminata dalla cultura e magari dalle indicazioni di fede), voluto in libertà e per cui vale la pena impegnarsi e dedicarsi. Ovviamente un tal modo di vedere pone l’agire umano in un processo dinamico – non privo di incertezze e errori – che, a partire dalla situazione esistenziale in cui ci si trova, cerca di evitare il male, ricerca fattivamente l’umanamente possibile a sé e agli altri, e di lì si protende verso «l’umanamente degno» per tutti.

3.4.​​ Verità e valore.​​ In tale impegno e modo dinamico di essere, diventano fondamentali per la crescita dell’intelligenza e della libertà la ricerca conoscitiva e l’apertura valoriale. Infatti la​​ ​​ verità non si scopre in un momento e non si possiede come un monopolio privato ed esclusivo. È più grande delle possibilità di ognuno e si scopre mano a mano. Sotto questo profilo si viene a cogliere la dignità dell’opera sociale di alfabetizzazione, di istruzione, di orientamento, di educazione. Altrettanto è da dire per il concetto di valore (​​ valori), comprensibile sinteticamente come ulteriorità e come più d’umanità verso cui ci si apre e si protende nella vicenda storica, spesso su indicazioni dei bisogni e delle aspirazioni profonde, oppure ascoltando oltre le ragioni della mente quelle del «cuore» (Pascal) e arrivando ad attuazioni storiche che rispettino i diritti di tutti e di ognuno.

4.​​ Il​​ s. e i s.​​ L’orizzonte di valore è precisato nella sua faccia sociale e storica dai principi della Costituzione del proprio Paese e dalle Dichiarazioni internazionali dei diritti dell’uomo e dei diritti del fanciullo, ed è aperto a pluralistiche giustificazioni ed approfondimenti. Ciò è tanto più evidente oggi in un clima culturale e storico segnato dal mutamento, dalla trasformazione, dalla multicultura, da tendenze internazionalistiche ed altre all’opposto localistiche, etniche, confessionali. L’ammissione della legittimità del pluralismo valoriale mostra la necessità del dialogo e del confronto. Con ciò non si toglie la condivisione ideale e il convergere, pur nella diversità dei singoli, dei gruppi e delle istituzioni sociali, su progetti sociali comuni, ricercando appunto la dignità della persona, i diritti dell’uomo, l’uguaglianza, la libertà, la giustizia, il rispetto e la promozione del bene comune, o – come oggi si prova a fare – lavorando per l’ecologia, la moralità sociale, la pace, nell’ambito di una convivenza nazionale, internazionale e mondiale effettivamente democratica.

5.​​ Il​​ s. dell’educazione.​​ Un concetto di libertà come dato e come compito, una concezione della vita come sviluppo solidale, una visione sociale in cui far rientrare il diritto / dovere di crescita e di qualificazione umana individuale e comunitaria, possono essere utili a dare sbocco positivo alla questione: «ha s. educare?», «ha s. educarsi, formarsi?». Infatti non è subito evidente che l’educazione e la formazione siano senz’altro un valore. Più specificamente si richiede che si risolvano questioni quali il rapporto tra soggettività e oggettività, tra individualità e socialità, tra spontaneità e istituzionalità, tra naturalezza e civilizzazione, tra fattualità e possibilità, tra datità e progettualità, tra privato e pubblico. Resta comunque, a livello di pratiche educative, che aiutare la ricerca di s. è parte integrante del lavoro formativo per il consolidamento della personalità individuale e della buona qualità della vita comunitaria; e, specie per gli adolescenti e i giovani, è fattore di sostegno nella strutturazione dell’identità personale, culturale sociale e professionale.

Bibliografia

De Mauro T.,​​ S. e significato,​​ Bari, Laterza, 1971; Fromm E.,​​ Avere o essere,​​ Milano, Mondadori, 1977; Frankl V. E.,​​ La sofferenza di una vita senza s.,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1982; Gadamer H. G.,​​ La ragione nell’età della scienza,​​ Genova, Il Melangolo, 1982; Nanni C.,​​ L’educazione tra crisi e ricerca di s.,​​ Roma, LAS, 1990; Adler A.,​​ Il s. della vita,​​ Novara, De Agostini, 1990; Laeng M.,​​ Educazione alla libertà,​​ Teramo, Giunti e Lisciani,​​ 31992; Mari G.,​​ Oltre il frammento. L’educazione della coscienza e le sfide del postmoderno,​​ Brescia, La Scuola, 1995; Malavasi P.,​​ Etica e interpretazione pedagogica,​​ Ibid., 1995; Sallis Z.,​​ Il s. della vita, Roma, Edicart, 2006.

C. Nanni

image_pdfimage_print