SACRAMENTI

SACRAMENTI

Achille Triacca

 

1. Chiavi di lettura dei sacramenti

1.1. Chiave di lettura classica

1.2. Chiave di lettura sacramentale o simbolica

1.3. Chiave di lettura storico-salvifica

1.4. Chiave di lettura personalista

1.5. Chiave di lettura verbale

1.6. Chiave di lettura liberatrice

1.7. Chiave di lettura unitaria

1.8. Chiave di lettura pneumatologica

2. Per un appropriato approfondimento pastorale

2.1. No agli estremismi

2.2. Si al meglio

3. Indicazioni progettuali

3.1. I sacramenti «punti» della fede in crescita

3.2. Isacramenti «tappe» di un diuturno itinerario spirituale

3.3. I sacramenti «luogo» della pedagogia cristiana

3.4. I sacramenti «attuazione» della storia della salvezza nel fedele

3.5. Isacramenti «crocevia» della teologia vissuta

3.6. Isacramenti «luogo di incontro» del divino con rumano

 

Nello sviluppo e nella maturazione della «personalità cristiana» i sacramenti hanno sempre occupato un posto rilevante in quanto costituiscono delle mete da raggiungere e una sorgente ispiratrice di molteplici itinerari educativi.

Purtroppo il loro studio e, di conseguenza, la catechesi e la pastorale nei loro riguardi hanno privilegiato determinate accentuazioni, risultando così notevolmente parziali. Fortunatamente le visuali sacramentarie fatte proprie dal Vaticano II hanno aperto ampi orizzonti e posto le basi per far loro recuperare un rinnovato mordente.

Attualmente sono ormai superati gli stadi di una loro comprensione sia puramente​​ moralistica​​ centrata cioè sulle condizioni per una valida e lecita celebrazione e partecipazione, sia quasi esclusivamente​​ strumentalistica​​ che li concepisce come semplici mezzi di santificazione, sia strettamente​​ rubricistica​​ perché prevalentemente interessata a una loro aulica celebrazione.

Oggi la teologia liturgico-sacramentaria si avvale dei seguenti apporti di altre discipline teologiche: di quelli biblici attinenti la storia della salvezza; di quelli teologici riguardanti il deposito della fede in continua crescita; di quelli liturgici concernenti la salvezza attuata nell’oggi celebrativo; di quelli antropologici relativi al fatto che i sacramenti sono espressione della fede della comunità ecclesiale.

Ciò ha reso possibile individuare diverse chiavi di lettura dei sacramenti stessi; il che è utile non tanto e non solo per una loro migliore comprensione, quanto piuttosto per compiere un’analisi valutativa del vissuto ecclesiale e per prospettare una loro più efficace celebrazione e partecipazione, diretta alla crescita di una professione della fede, che sia nutrita appunto da una più partecipata celebrazione della fede inerente a una pratica sacramentaria compiuta in verità.

 

1.​​ Chiavi di lettura dei sacramenti

È ovvio che non si riesca a dire tutto quanto si dovrebbe, quando si enfatizza un solo aspetto della complessa realtà dei sacramenti. Effettivamente, tentando di offrirne una comprensione che favorisca ulteriori approfondimenti, si può ritenere che nel nostro secolo si sono alternati non poche chiavi di lettura che, per un verso, sono​​ tutte buone​​ e, per un altro,​​ tutte inadeguate,​​ perché variamente parziali.

Il fatto non ha mancato dal suscitare un certo senso di «malessere» in campo operativo nei confronti dei sacramenti. Tale malessere si esprime in una vasta gamma di modalità, che vanno dalla​​ disaffezione,​​ la quale porta all’abbandono della loro celebrazione e partecipazione, a un’accentuazione​​ che sfocia in un sacramentalismo esasperato non lontano da una celebrazione e partecipazione ripetitiva, rutinaria, quasi meccanica.

Gli accenni schematici che qui si fanno circa tali chiavi di studio si prefiggono almeno un duplice intento: 1. quello di puntualizzare le visuali che, se pur parziali, racchiudono aspetti validi; 2. quello conseguente di aiutare il lettore a operare una sintesi personale del meglio espresso da tali visuali. Si tenga poi presente che l’elenco proposto qui di seguito è solo indicativo e non esaustivo.

 

1.1. Chiave di lettura classica

Questa chiave di lettura si riferisce in modo preferenziale alla nota definizione di sacramento: «segno efficace della grazia istituito da Gesù Cristo per salvarci», e indugia a mettere in risalto gli effetti rapportati e-o rapportabili al sacramento stesso. Specialmente in seguito alle polemiche suscitate dalla riforma protestante, essa privilegia gli effetti del sacramento cioè la vita di grazia ovvero la vita trinitaria nelle persone dei fedeli.

A motivo poi di una visuale tuziorista mutuata dalla morale sacramentaria, essa si sofferma ad analizzare i costitutivi del segno sacramentale (= elemento e parola,​​ alias​​ materia e forma), le persone direttamente interessate ai sacramenti ( = soggetto e ministro), nonché i requisiti per la loro celebrazione valida e lecita, e per la loro fruttuosa recezione. Si tratta di una visuale ortodossa ma parziale almeno perché l’accento posto sugli elementi costitutivi del sacramento espone facilmente al rischio di considerarli avulsi dal loro contesto vero e proprio, quello della celebrazione intesa come evento storico salvifico operante nella comunità cristiana.

 

1.2. Chiave di lettura sacramentale​​ o​​ simbolica

Quest’altra chiave analizza i sacramenti a partire dalla categoria della «sacramentalità», che notoriamente è applicabile, a diversi livelli di appropriazione o di analogia, a differenti realtà storico-salvifiche, quali il mondo, l’uomo, la Chiesa e prima ancora Cristo stesso, immagine visibile dell’invisibile Dio (Col 1,15).

Alla base si trova l’umanità di Cristo. In Lui la dimensione umana e visibile, i suoi eventi e le sue parole ne rivelano la realtà divina. Tale sacramentalità è partecipata alla Chiesa e, di conseguenza, coinvolge i sacramenti ad essa affidati dal suo Signore. In effetti, in essi operano insieme l’umano e il divino, il visibile e l’invisibile in modo unitario o in sinergia, nel senso che l’aspetto umano visibile è segno e strumento dell’azione invisibile di Dio.

Oltre a mettere in risalto la sacramentalità «diffusa», espressa in modo particolare nei sacramenti e compresa secondo le attuali aperture antropologiche, questa visuale enfatizza un’altra categoria fondamentale, quella di «simbolo». Vi ricorre per spiegare l’essenza del sacramento, confrontando appunto il contenuto del simbolo con quello del sacramento inteso in modo classico. Ciò consente di evidenziare la convergenza e la diversità tra il simbolo (il cui studio può essere fatto con un approccio filosofico, psicologico, fenomenologico, specie di fenomenologia della religone...) e il sacramento che ingloba le potenzialità espressive del simbolo.

I sacramenti sono così intesi come espressione simbolica dell’esperienza di fede, come mediazioni simboliche dell’incontro del fedele con Dio e dei fedeli tra loro, come autoespressione simbolica della Chiesa.

Questa prospettiva di studio valorizzata in sede sacramentaria aiuta a riscoprire che l’uomo sta al centro della celebrazione dei sacramenti. Anzi rende maggiormente comprensibile il fatto che l’Uomo-Dio, Gesù Cristo, è il sacramento originario o fontale; inoltre il fatto che la comunicazione tra il ministro e l’assemblea celebrante con il ministro principale, il Signore Gesù appunto, costituisca l’evento di salvezza: la celebrazione assembleare, infatti, è essa stessa una mediazione che ricorre alla parola e al rito simbolico come a mezzi espressivi e comunicativi, senza dei quali si corre il rischio di vanificare il sacramento.

Si è in presenza di una visuale grandiosa che ha consentito di recuperare la dimensione simbolica dei sacramenti e di superare l’«impasse» della prospettiva precedente, perché fa esplicito riferimento al contesto cristico ed ecclesiale considerato luogo proprio dei sacramenti. Tuttavia questa visuale è esposta al pericolo di creare confusione tra differenti livelli di sacramentalità e di livellare la realtà complessa sottesa a tale categoria interpretativa.

 

1.3. Chiave di lettura storico-salvifica

Le categorie biblico-liturgiche utilizzate da quest’altra chiave interpretativa sono quelle indicate sinteticamente dalle formule: «segni della nuova alleanza» e «memoriale del mistero-pasquale». Anzi tale chiave di lettura suppone una concezione dinamica della storia, che è essenzialmente storia di salvezza. Inoltre evidenzia il carattere radicalmente storico della sacramentalità cristiana e, quindi, dei sacramenti.

Questi sono giustamente considerati come concretizzazioni storiche dell’iniziativa della Trinità che passa da Cristo alla Chiesa e, in essa, ai singoli fedeli. In altri termini, essi si trovano all’estremo opposto della ritualità magica comune alle varie religioni, perché sono eventi dell’incontro di Cristo Signore con il credente, diretti a far sì che questi realizzi in sé stesso il piano di salvezza progettato da Dio (= economia salvifica o​​ mysterium)​​ per ciascuno dei suoi figli dispersi, chiamati a formare un’unica persona in Cristo (cf​​ Gv​​ 11,5 ls).

Questa visuale è senza dubbio illuminante e stimolante per la pastorale sacramentaria, ma corre sul filo tagliente dell’esclusività. In effetti se non è presa nel suo insieme, facilmente si falsificano i dinamismi dei sacramenti, relegandoli a frutti di condizionamenti socioculturali, divenuti oggi ormai obsoleti.

 

1.4. Chiave di lettura personalista

Questa chiave di lettura prende le mosse da realtà indicate dai seguenti termini: incontro, comunicazione, personificazione...

Applicati ai sacramenti, essi mettono in risalto l’alterità e l’uguaglianza dei partecipanti alla celebrazione, ciò che li accomuna e ciò che li diversifica, i rapporti di comunicazione o di non-comunicazione, Pofferta-recezione del dono oppure il suo rifiuto...

Il fatto che i sacramenti sono, nella Chiesa, punti salienti dell’incontro dei fedeli con Cristo ne illumina in modo particolare la​​ dimensione cristologica​​ rapportandola alla presenza operativa del Signore Gesù. Egli opera lungo l’arco della storia, trascende i limiti di una mera corporeità; nei sacramenti agisce come ministro principale del proprio incontro con i suoi e come garante del loro incontro con il Padre nello Spirito. Egli sollecita coloro che si riconoscono suoi fedeli nella celebrazione sacramentaria a seguirlo nel loro vissuto quotidiano (​​ =​​ sequela).

In questa visuale anche la​​ dimensione ecclesiale​​ dei sacramenti viene evidenziata con connotazioni precise. Infatti ogni celebrazione è fatta​​ nella​​ Chiesa,​​ per la​​ Chiesa,​​ in comunione con la​​ Chiesa,​​ in favore della​​ Chiesa e cioè della concreta assemblea in cui occupano un posto particolare i partecipanti e, in primo luogo, il ministro con gli altri ministranti. Anzi il condividere la stessa fede, il sentirsi solidali con tutti i chiamati alla salvezza (l’umanità intera) sprona alla missionarietà cioè a impegnarsi nell’edificare il corpo di Cristo, il popolo di Dio, l’umanità nuova in Cristo.

Questa visuale accentua con fondatezza il fatto che i sacramenti sono pure espressione della vita della comunità ecclesiale. Tuttavia, qualora venisse considerata Tunica valida, priverebbe la comprensione dei sacramenti dell’apporto delle altre prospettive che si stanno esaminando.

 

1.5. La chiave di lettura verbale

Quest’altra chiave interpretativa si concentra sullo studio della linguistica, essendo preoccupata di identificare soprattutto come funziona la comunicazione per mezzo del linguaggio e ciò per comprendere meglio l’efficacia del sacramento.

Nel compiere questa operazione si avvale dell’apporto della filosofia del linguaggio (specie dell’area di lingua tedesca) e persegue un obiettivo maggiormente ecumenico rispetto alle chiavi di lettura finora esposte. Riferendosi allo stretto legame tra parola e realtà, questa visuale pone in luce il fatto che il linguaggio sacramentario è efficace o, come si dice, è performativo, cioè realizza ciò che esprime.

In questo modo si recupera, per altra via, la comprensione del modo in cui il sacramento opera ciò che significa, in quanto la parola unita al rito diventa comunicativa di ciò che intende realizzare.

È questa una prospettiva abbastanza interessante, ma che attende ulteriori approfondimenti specie in relazione alle questioni antropologiche legate al linguaggio performativo.

 

1.6. La chiave liberatrice

Già ventilata una trentina d’anni fa, questa visuale è stata collocata in primo piano dalla cosiddetta teologia della liberazione, specialmente dell’area latino-americana. Le categorie da essa utilizzate sono quelle di liberazione, libertà, creatività...

Va oltre la prospettiva simbolica da cui prende le mosse e cerca di approfondire in che modo i sacramenti sono simboli di libertà, eventi liberatori, luogo di cristiana contestazione delle ingiustizie che Cristo, presente tra i suoi, condanna oggi, come condannò ieri. Se compiuta in modo autentico, la celebrazione dei sacramenti è punto di incrocio delle coordinate costituite da Cristo, dalla Chiesa e dai cristiani: è luogo dove i poveri di Dio riscoprono di essere i privilegiati dalla bontà concreta delle Persone divine che sono schierate dalla loro parte, per impegnarli ad abbattere le divisioni create dall’uomo, ma non volute né da Dio né dai seguaci di Cristo, perché con i loro atteggiamenti e comportamenti devono essere segni credibili delle tenerezze divine.

Tale celebrazione, inoltre, mentre edifica la Chiesa promuovendo la compartecipazione espressa dall’esperienza dei credenti ispirata dal vangelo, aiuta efficacemente a riunire le persone, a coinvolgerle insieme nel realizzare il progetto rivelato da Dio in Cristo, ravvisabile nella solidarietà delle persone umane tra loro e con la Trinità.

Questa visuale è, almeno in parte, sicuramente nuova e consente di ricordare che la stessa vita divina nei fedeli, per un culto in Spirito e verità, è diretta a donare la libertà dei figli di Dio: libertà liberante, che ha bisogno d’essere ogni giorno sempre più liberata da molteplici forme oppressive fino a raggiungere l’età matura in Cristo (cf Ef 4,13).

Se non la si pone sul candeliere come l’unica luce, questa chiave interpretativa proposta dalla più sana teologia della liberazione favorirà l’approfondimento delle virtualità contenute nei sacramenti, destinate a essere rese vitali nella celebrazione dei medesimi.

 

1.7. La chiave di lettura unitaria

Nell’intento di superare le visuali parziali che caratterizzano in vari modi le vedute finora esaminate e di recuperare una visione unitaria della sacramentaria, si sente oggi sempre più l’urgenza di vivacizzare lo studio dei sacramenti e la loro pratica pastorale, inquadrandoli in una cornice in cui si contempli sia il​​ prima​​ celebrativo che il​​ dopo​​ celebrativo, mentre si approfondisce il​​ durante​​ celebrativo avvalendosi degli apporti delle categorie interpretative menzionate e di altre ancora. Reagendo a impostazioni che, soffermandosi sul durante celebrativo, studiano la sola essenza metafisica o, al più, l’essenza fisica dei sacramenti, questa visuale si preoccupa di sottolinearne invece le linee portanti. Esse coinvolgono l’intera vita del fedele (e anche del catecumeno, che desidera esserlo), in modo da renderla una degna preparazione alla celebrazione. Così nell’azione liturgica si celebra in verità la vita di fede e si attua il «mistero». In tale modo il mistero percorre tutto il cammino che va dalla vita alla celebrazione per rifluire nella vita. A sua volta il​​ dopo​​ celebrativo mentre inserisce ciò che si celebra nel vissuto quotidiano, colmando lo iato tra rito e vita, diventa il​​ prima​​ di una successiva celebrazione.

Le categorie impiegate da questo modo di vedere sono quelle di mistero, azione liturgica​​ (alias​​ celebrazione), vita, coniugate con quelle di «memoriale»​​ (anamnesis),​​ partecipazione​​ (methexis),​​ presenza ed azione di Cristo e della Chiesa in forza della presenza invocata dello Spirito Santo​​ (epiclesis).

Questa visuale facilita indubbiamente un’impostazione adeguata sia della catechesi che della pastorale sacramentaria. Essa aiuta a percepire la verità dei sacramenti ricorrendo a tutte le angolature con cui se ne può affrontare lo studio e recependone il meglio. Naturalmente anch’essa può essere fraintesa da coloro che si avvicinano ai sacramenti con precomprensioni proprie di determinate scuole filosofiche, teologiche e antropologiche, notoriamente insensibili alle aperture da essa prospettate.

 

1.8. La chiave pneumatologiea

Partendo dal postulato secondo cui senza lo Spirito Santo non si ha celebrazione, questa visuale sottolinea che i sacramenti sono un’immagine o icona della presenza operativa dello Spirito del Signore risorto. Senza di Lui essi sarebbero vuota ritualità. Compiuta con Lui, la loro celebrazione rende presente, nell’oggi, la salvezza: in effetti, il memoriale liturgico degli eventi del Signore Gesù (vita, passione, morte e risurrezione) ne attualizza l’efficacia salvifica.

Nell’evento celebrativo, i riti e i gesti, il linguaggio e la parola, le cose e le azioni, pur rimanendo realtà umane, divengono segni efficaci della presenza di Cristo, che agisce nei sacramenti tramite il suo Spirito, in modo che in essi si attui l’iniziativa del Padre. Animati dallo Spirito Santo, i partecipanti alla celebrazione, in qualità di soggetti attivi a titoli differenti, non sono semplicemente persone umane, ma fedeli. In breve, la celebrazione considerata in tutte le sue componenti diventa il luogo di un’autentica esperienza religiosa, cristiana ed ecclesiale attuabile e attuata dalla presenza misteriosa, ma reale e operativa, dello Spirito Santo. Tanto è vero che ogni celebrazione, memoriale nel tempo del mistero pasquale, è manifestazione pentecostale dell’unico Spirito. Egli agisce nella vita del fedele, perché quanto precede e quanto segue la celebrazione trovi il suo vertice e la sua sorgente nella celebrazione stessa.

In questo modo la vita (di ciascun fedele nella Chiesa e della Chiesa in ogni fedele) viene compenetrata e animata dalla dimensione della santificazione per conseguire la pienezza della vita cultuale nello Spirito.

Sembra che valorizzando le ultime due visuali, più facilmente si possa giungere a delineare un concreto progetto di teologia sacramentaria. Da essa, debitamente arricchita delle nuove acquisizioni anche se parziali, potrebbero trarre vantaggio non solo gli «addetti ai lavori», ma la stessa azione pastorale.

 

2.​​ Per un appropriato approfondimento pastorale

Si sa che nell’ultimo ventennio non sono purtroppo mancate strumentalizzazioni dei sacramenti, ad es. perché letti in una determinata chiave politica o secolarizzante... Il seguito dell’esposto non intende affatto avventurarsi in ulteriori loro strumentalizzazioni (tentazioni cui sono facilmente esposti operatori pastorali meno avveduti). Si limita piuttosto a segnalare alcuni punti, salienti e certi, che possono facilitare un loro appropriato approfondimento pastorale.

 

2.1. No agli estremismi

Nessun vero e autentico approfondimento dei sacramenti, specialmente in vista di una loro pratica pastorale, può far sue visuali parziali, ancorché buone. Ci si scosterà allora dalle posizioni di coloro che li relegano al solo ambito della storia della salvezza e li escludono dalla storia umana-profana. Lo richiede una sana visione antropologica propria dei sacramenti, la cui celebrazione deve innervarsi nell’umano, in modo che il divino vi si possa più facilmente «incarnare». La lunghezza d’onda del divino postula che l’umano entri in sintonia con esso. Il sacramento rimane pur sempre un evento umano-divino o teantropico, analogamente al tedrismo di Cristo, Verbo incarnato, Dio-Uomo. Similmente l’approfondimento in chiave pastorale dei sacramenti illumina la stessa teologia sacramentaria, perché la stimola a elaborare chiavi interpretative che favoriscano l’eliminazione progressiva dello iato tra «rito» e «vita», ereditato da un passato non troppo recente. Ciò sarà conseguibile con l’aiuto dell’operatore pastorale che sappia promuovere un equilibrio, da riconquistare, tra «fede» e «sacramento» ovvero tra «evangelizzazione» e «celebrazione». D’altra parte, come la sacramentaria ha tratto vantaggio di recente dalle acquisizioni della cultura contemporanea, specialmente nell’analisi del sacramento inteso come segno secondo gli apporti delle scienze antropologiche, così le istanze pastorali hanno stimolato la sacramentaria ad abbandonare configurazioni liturgiche piuttosto evasive nei confronti dell’impegno cristiano nella storia umana.

Si aggiunga che le fratture tra sacro e profano esasperate da note correnti di pensiero che provocarono nella sacramentaria laceranti contrasti, sotto l’incalzare del vissuto si sono progressivamente ricomposte.

Tra l’altro, essendo tutta permeata di economia salvifica, la sacramentaria postula una teologia della storia e un’antropologia cristiana che risultano provocatorie nei confronti del linguaggio liturgico. Per essere conforme alle proprie finalità, esso esige una comunicazione vera e autentica della gestualità, della ritualità, dei segni, delle parole, delle cose che fanno parte della celebrazione.

Più ancora, le istanze pastorali sollecitano le stesse persone interessate alla celebrazione, a diversi titoli di partecipazione, a essere trasparenti e veritiere nei loro atteggiamenti e comportamenti. Questo non può non allettare i giovani che, a ragione, stimolano gli altri alla trasparenza e all’impegno, ad essere cioè più semplici, più schietti, più coerenti nella vita con quanto celebrano nei sacramenti.

Non è il caso di proseguire nella diagnosi degli estremismi nell’area della sacramentaria, che la prassi pastorale, con le sue esigenze ed urgenze, ha aiutato ad eliminare. Può essere invece utile ricordare che tale prassi ha stimolato la sacramentaria a dire sì ad attuazioni pratiche e a comprensioni teoriche che la migliorano.

 

2.2. Sì al meglio

In effetti, le diverse teologie aggettivate (teologia biblica, teologia patristica, teologia conciliare, teologia magisteriale...) come le teologie al genitivo (teologia del mondo, teologia della speranza, teologia della liberazione...), se da un lato hanno ricevuto nuovi lumi dalla più genuina teologia sacramentaria, dall’altro hanno positivamente influenzato le aperture della sacramentaria, facendola passare al filtro della teologia pastorale. Pungolata da istanze spontanee o riflesse che sollecitano adeguamenti pratici, essa ha stimolato e continua a stimolare un discorso critico (quasi per insoddisfazione endogena) circa il tessuto ecclesiale, in vista di un più autentico vissuto ecclesiale.

La teologia pastorale svolge un servizio critico nella Chiesa e per la Chiesa, ispirandosi a determinate visioni teologiche, frutto di scelte cristologiche, pneumatologiche, ecclesiologiche e antropologiche. Nel caso dei sacramenti, queste si avvalgono degli apporti delle scienze umane, ma senza permettere alla sacramentaria (e alla stessa teologia pastorale) né di configurarsi in un’antropologia religiosa che le dissolva in una fusione confusionaria con essa, né di modellarsi sulle scienze umane che le riduca a semplice capitolo di psicologia o di sociologia del fenomeno religioso cristiano.

Inoltre la teologia sacramentaria, sempre passando al filtro della teologia pastorale, fa appello a una corretta e costante cooperazione sia con i soggetti che con i responsabili ultimi dell’azione ecclesiale, diventando in tal modo una teologia viva, vivace e vitalizzante. Infatti, mentre, da una parte, si è sempre rivelata tavola di prova e di collaudo delle diverse teologie aggettivate e del genitivo, dall’altra, si è progressivamente arricchita delle stimolazioni critiche in atto.

Senza dire poi che, nel configurarsi come teologia pastorale dei sacramenti, diventa il crocevia in cui può essere validamente valutato l’orientamento della vita cristiana. In questo senso è possibile suggerire alcune indicazioni progettuali.

 

3.​​ Indicazioni progettuali

Di loro natura, queste indicazioni sono suscettibili di modifiche, dovendosi adeguare a situazioni concrete e, nel caso nostro, a destinatari giovani (soggetti dei sacramenti, partecipanti alla celebrazione), anche con adattamenti consoni alla loro età evolutiva (preadolescenza, adolescenza, giovinezza).

Per camminare sul sicuro, si possono richiamare qui, in sintesi, le linee comuni a tutti i sacramenti, utili per un progetto il più adeguato possibile sia alla realtà dei sacramenti che alla situazione dei loro destinatari.

Si presta particolare attenzione all’eucaristia, alla penitenza o riconciliazione, sacramenti che i giovani in quanto fedeli sono chiamati a «frequentare» (si diceva una volta), a «partecipare» (si dice oggi) secondo determinati ritmi.

Con ciò non si vuole disattendere il fatto che la comune vocazione battesimale-cresimale si dovrà esprimere in quella matrimoniale o ministeriale o verginale: tappe che chiamano in causa rispettivamente i sacramenti del matrimonio e dell’ordine, e i sacramentali della consacrazione della verginità e della professione religiosa.

Le linee in esame si rivelano altrettanti criteri per elaborare progetti pastorali con cui vivificare il​​ prima​​ celebrativo dei sacramenti, in vista di una loro più autentica celebrazione, perché capace di smuovere e fomentare dal di dentro la​​ vita​​ dei giovani ovvero il loro​​ dopo​​ celebrativo. Raggiunta l’età adulta dal punto di vista cronologico e psicologico..., essi potranno far ricorso alle stesse linee che sono portanti per la vita di ogni cristiano maturo.

Le seguenti indicazioni progettuali, assai schematiche e puramente indicative, vanno integrate con i contenuti delle voci indicate nel sentiero​​ pastorale dei sacramenti',​​ potrebbero essere considerate sia singolarmente sia complessivamente, prendendole insieme tutte o più di una; sono quelle ritenute più plausibili e, intuitivamente, più pratiche e realizzabili.

Sono ricavate dalla natura stessa dei sacramenti, ma trovano un loro riscontro nel vissuto ecclesiale, anche giovanile, che ad esse si ispira.

 

3.1. I sacramenti «punti» della fede in crescita

In fase di programmazione (e poi di verifica) pastorale si potrebbero ipotizzare differenti progetti di azione in conformità con i dinamismi della fede comuni a ogni sacramento.

Senza dubbio, dato che il sacramento ha il suo punto di riferimento privilegiato nella fede, non si potrà fare a meno di porre l’azione pastorale al servizio della crescita della persona nella fede.

Ciò consiglia di orientare dinamicamente le potenzialità del giovane verso un sincero e perseverante impegno coerente con la fede vissuta e celebrata. D’altro canto, l’intervento pastorale punterà sui contenuti dei sacramenti, in modo da risultare strutturato fondamentalmente e primariamente sulle movenze proprie dei singoli sacramenti di volta in volta chiamati in causa.

 

3.2. I sacramenti «tappe» di un diuturno itinerario spirituale

La celebrazione dei sacramenti è punto d’incontro di diversi itinerari educativi, le cui coordinate si intersecano attorno ad alcune costanti quali:

— la preminenza della parola di Dio;

— la fede suscitata da tale parola proposta, accolta, approfondita, vissuta e celebrata;

— la conversione intesa come fede operativa sempre in atto.

 

3.3. I sacramenti «luogo» della pedagogia cristiana

La celebrazione del sacramenti, compiuta in verità, potenzia la comunione di ideali e di responsabilità sociale (= dimensione comunitario-ecclesiale dei sacramenti), i legami di amicizia ( = dimensione comunionale), l’impegno cristiano nel privato e nel pubblico ( = dimensione antropologico-soprannaturale).

Tutto ciò offre prospettive promettenti per modelli di vita appetibile, gradualmente, per ogni età computata in senso cronologico, psicologico e spirituale.

 

3.4. I sacramenti «attuazione» della storia della salvezza nel fedele

Anche in reazione a visuali parziali, il progressivo recupero in campo pratico-pastorale dei sacramenti intesi come «mysterium», cioè come storia salvifica in atto, apre ampie possibilità di progettare un’azione liturgico-pastorale che incida in profondità nella coscienza cristiana dei giovani.

 

3.5. I sacramenti «crocevia» della teologia vissuta

I contenuti della teologia sono quelli stessi celebrati dai sacramenti. Un’appropriata celebrazione dei sacramenti è allora un terreno fecondo per farne radicare e sviluppare le accentuazioni catechetiche.

In effetti, i sacramenti che provengono da Cristo ne significano e realizzano pur sempre la sua presenza operativa (= cristocentrismo), che è finalizzata a portare fratelli e sorelle al Padre ( = finalità dei sacramenti), proprio mentre sono manifestazione dello Spirito Santo, creatore di comunione tra i fedeli. Di conseguenza, nell’azione pastorale, essi costituiscono eventi privilegiati per edificare, consolidare e purificare la comunità cristiana.

 

3.6. I sacramenti «luogo di incontro» del divino con l’umano

Valorizzando le aperture antropologiche della teologia corrente, la teologia sacramentaria passando al filtro dell’azione pastorale (e viceversa) riscopre i sacramenti come luogo privilegiato per potenziare la situazione esistenziale del fedele: le sue aspirazioni verso Dio trovano in essi il massimo della loro risposta compatibile con la propria condizione di viatore. La progettazione pastorale saprà allora valorizzare le virtualità in essi contenute.

 

Bibliografia

Liturgia e teologia sacramentaria, in Rivista Liturgica, (3-1988); Marsili S.,​​ Sacramentaria, in Nuovo Dizionario di Liturgia, Paoline, Roma 1988; Ruffini E.,​​ Sacramenti, in Dizionario Teologico Interdisciplinare, Marietti, Casale Monferrato 1977;​​ Sacramenti, in Bollettino bibliografico curato dalla Rivista Liturgica, LDC, Leumann (dal 1970 in poi); Tettamanzi D.,​​ Sacramenti, in Dizionario Enciclopedico di Teologia Morale, Paoline, Roma 1981.

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