RICONCILIAZIONE

RICONCILIAZIONE

Manlio Sodi

 

1. Una scelta provocata dalle urgenze del quotidiano

1.1. Il ciclo della vita (naturale, familiare e sociale)

1.2. Quale metodologia?

2. Anno liturgico: itinerario «anche» penitenziale?

2.1. Quaresima

2.2. Avvento

2.3. Per un’educazione permanente

3. Celebrazioni penitenziali e sacramento della penitenza

3.1. Valore educativo della celebrazione penitenziale

3.2. L ’incontro sacramentale con il «Dio, ricco di misericordia»

4. Conclusione

 

Se c’è un sacramento che più di ogni altro sia lungo i secoli come soprattutto nel nostro tempo fa problema, questo è il sacramento del perdono. Lungo i secoli si nota un’oscillazione piuttosto ampia tra la dimensione personale e quella comunitaria, con conseguenze fortissime nella struttura ritualecelebrativa. Nel nostro tempo permane l’istanza dell’oscillazione, ma accanto e prima ancora di questa emerge una complessa problematica che coinvolge il perché di questo sacramento e di conseguenza le modalità della sua «celebrazione».

Numerose inchieste attuate o in consonanza con la riforma liturgica postconciliare o prescindendo completamente da essa convergono su un dato di fatto: la riconciliazione come sacramento fa problema soprattutto perché spesso non si pone neppure come un problema. In ambito giovanile poi tutto questo emerge in modo ancora più chiaro e circostanziato. Qui la problematica che si aggancia al discorso più ampio circa l’eclissi del senso del peccato e quindi della riconciliazione, sembra concentrarsi specialmente attorno a tre grandi aree: quella del senso dello sbaglio umano e il suo rapporto con il peccato religioso; quella del senso della riconciliazione umana e religiosa; e quella propria del sacramento della riconciliazione. Ciascuno di questi tre settori a sua volta racchiude una vasta gamma di implicanze, come si può costatare, ad esempio, dall’ampia ricerca sociologica di E. Rosanna (cf bibliografia). Di fronte a una situazione che in genere continua a rimanere «critica» come si pone l’operatore di pastorale giovanile? La lettura della situazione spinge a fare​​ un rilievo​​ e a trovare poi​​ una strategia globale e articolata​​ che permetta un cammino educativo a tutto campo.

— Il rilievo scaturisce in modo abbastanza immediato dalla radiografia della situazione. Ci si è chiesti perché il plurisecolare edificio della «confessione» si è sfaldato in brevissimo tempo; quali sono i fondamenti che non hanno retto ai venti della secolarizzazione (e a tutto ciò che ha ruotato attorno ad essa)? Qualcuno si è domandato se la Chiesa che faceva ressa attorno al confessionale era una Chiesa sempre e davvero penitente o ricercava un’assicurazione di perdono senza un’interiore conversione. Ma allora quel «crollo» non è stato una rovina provvidenziale tale da spingere ad una nuova costruzione di Chiesa più autentica nel suo atteggiamento penitente? (cf l’editoriale e in genere tutto il fascicolo di​​ Rivista Liturgica​​ 70-4, 1983, 491-577).

— Una situazione così poco ottimista, ma reale, oggi chiama in causa gli operatori pastorali per impostare una strategia globale e articolata che tenga conto di un cammino educativo modellato su itinerari di fede diversificati. È solo a questo punto che s’inserisce il discorso propriamente celebrativo-sacramentale che — forse — è ancora alla ricerca di una struttura rituale da adeguarsi alle più diverse situazioni.

In questa linea tentiamo di impostare un discorso che, partendo da situazioni e urgenze del quotidiano, faccia leva sugli appuntamenti caratteristici di quel grande itinerario di fede qual è l’anno liturgico, per convergere poi sulle celebrazioni penitenziali e su quelle specificamente sacramentali.

 

1.​​ Una scelta provocata dalle urgenze del quotidiano

Occasioni e appuntamenti di «riconciliazione» sono realtà che s’incontrano a ogni piè sospinto nella vita di ogni giorno. Legati al rapporto con la natura (ecologia), con le altre persone (carità-giustizia) e con Dio (religione) questi momenti non sono evidenziati per situarli in un​​ prima​​ o in un​​ dopo​​ celebrativo-sacramentale, ma come situazioni da collocare nella linea del​​ contemporaneamente.​​ In altri termini, a livello educativo pastorale è un chiamare in causa la dimensione inventiva della pastorale perché accanto a quella assecondativa, risponda meglio al progetto di ri-comprensione dell’evento sacramentale.

È possibile dunque partire dalle esperienze e dalle urgenze del quotidiano per valorizzarle come tappe di un cammino verso il sacramento? È metodologicamente corretto partire dal «ciò che distrugge l’uomo è peccato» per arrivare alla comprensione che «il peccato è ciò che distrugge l’uomo»? Quando si riflette su certe radiografie della situazione, il discorso di riconciliazione appare orientato soprattutto a collocare premesse adeguate per giungere poi al segno specificamente sacramentale. Non per nulla la lettura prevalente del termine​​ riconciliazione,​​ in ambito giovanile, è in chiave di ricomposizione profana delle rotture, sia a livello individuale che collettivo.

 

1.1. Il ciclo della vita (naturale, familiare e sociale)

Le occasioni legate al ciclo della vita umana si aprono fondamentalmente su due versanti: quello che coinvolge il ciclo dell’ecosistema e quello che chiama in causa il rapporto interpersonale ulteriormente specificato in ordine alla famiglia e alla società.

 

1.1.1. La prospettiva apocalittica del​​ The day after​​ non appartiene al mondo della fantasia: è legata a ipotesi fondate. Ma quella situazione «limite» non può trascurare la continua rottura che la tecnologia dell’uomo provoca in seno alla natura, e questo sia nell’infinitamente grande come nell’infinitamente piccolo.

La visione biblica del Genesi che vede la natura affidata da Dio all’uomo e la riconferma di questa prospettiva nell’attuale fede orante della Chiesa che ringrazia il suo Signore che ha dato origine all’universo per effondere il suo amore su tutte le creature, e ha affidato l’intero cosmo alle mani operose dell’uomo perché nell’obbedienza a lui eserciti il dominio su tutto il creato (cf Preghiera eucaristica IV) — e senza dimenticare che la costruzione del Regno comporterà un giorno «nuovi cieli e terra nuova» —, sono un termine di confronto forte di fronte ad ogni violenza che pone in contrasto l’uomo con la natura nei suoi più diversi elementi.

Cosa comporta un cammino di riconciliazione tra l’uomo e la natura perché l’uomo sia più persona proprio perché più in sintonia con tutto ciò che lo circonda? Lo stesso discorso dei gruppi ambientalisti non può essere il «formulario» di un esame di coscienza per ritrovare la verità di un culto che l’uomo è chiamato a celebrare nelle più diverse realtà della sua vita, a cominciare dall’universo?

 

1.1.2. Le occasioni legate al ciclo della vita familiare sono numerose, tanto da sorpassare il limite di un semplice elenco. A titolo esemplificativo:

— una​​ nuova nascita​​ che allieta una famiglia porta a riflettere sul mistero della vita e quindi su tutto ciò che costituisce un attentato ad essa (dai suoi primi momenti fino all’età in cui con maggior difficoltà si continua a sperare «vigilanti nell’attesa...»);

—​​ l’ingresso​​ ufficiale​​ nella maggiore età​​ costituisce per il giovane il momento delle assunzioni delle prime responsabilità di fronte a sé stesso e agli altri; un appuntamento che chiama in causa la disponibilità, l’accoglienza, l’ascolto dell’esperienza altrui, la generosità, l’impegno...;

— il momento del​​ fidanzamento​​ comporta un clima di festa, di fiducia, di speranza, di augurio; in ambito pastorale la riflessione-confronto non potrà eludere il tema dell’amore e delle chiusure all’amore in tutte le più diverse prospettive; la scoperta e l’accettazione dell’altro in vista di una definitiva condizione di vita, di affetti, di ideali, di progetti; — lo sviluppo di questo itinerario prosegue con l’appuntamento del​​ matrimonio,​​ e più ancora quando la​​ sofferenza,​​ la​​ malattia​​ e la​​ morte​​ bussano alla porta della vita e fanno sperimentare la situazione di limite, di impotenza e di rottura dell’uomo.

 

1.1.3. Molteplici sono le occasioni che annualmente si ripresentano nel contesto della convivenza sociale. Durante l’anno civile si presentano alcuni appuntamenti particolari sui quali il giovane gioca la sua identità perché li vive come esperienza forte (anche se spesso in modo superficiale) del suo cammino. Possono essere appuntamenti legati al calendario dell’anno civile o di quello sociale, sportivo...; legati alle tappe cronologiche di sviluppo del giovane stesso, o legati a quel particolare tessuto di rapporti quale s’instaura nel gruppo (di lavoro, di svago, di ricerca religiosa, di impegno socio-politico o filantropico, di interesse culturale...). Una festa, una ricorrenza, un particolare appuntamento chiamano in causa in modo esplicito o meno atteggiamenti di «riconciliazione».

In questo contesto può essere collocato anche l’anno scolastico-accademico. L’operatore pastorale come può educare il giovane a vivere questa realtà con atteggiamento «riconciliato»? Si tratterà di vedere lo studio come sforzo di superamento di un non-sapere che rende l’uomo «schiavo» di un’ideologia, di tecnologie fine a sé stesse, della natura... Un impegno intellettuale, dunque, affrontato per superare il «peccato» dell’incompetenza professionale. In questo senso lo stimolo della «ricerca» deve costituire come un atteggiamento permanente, anche quando sembra che tutto risulti chiaro. Solo così anche il giovane collabora alla costruzione della storia di ogni giorno cercando di colmare la sete d’infinito che racchiude in sé.

 

1.2. Quale metodologia?

Questa varietà di situazioni interpella l’operatore di pastorale giovanile stimolandone la creatività. Ogni occasione che incide più o meno fortemente nella vita del giovane rapportato alla natura, al gruppo, alla famiglia... è propizio per iniziare o continuare un «confronto» tra la situazione reale e quella che «dovrebbe essere» se confrontata con il progetto liberante del Dio della vita.

Il problema allora si pone a livello metodologico: come passare dall’elemento umano (o naturale) al progetto cristiano per superare ogni forma di «rottura»? Il movimento può essere duplice:

— si può riflettere su tutti gli aspetti positivi e negativi di una certa situazione, messi a confronto con la crescita integrale della persona..., per far poi vedere come questi elementi possono contribuire alla piena realizzazione della persona se illuminati e trasfigurati dalla parola del Dio della vita e in quella prospettiva attuati;

— si può partire direttamente dal contenuto del messaggio di salvezza per confrontare le attese umane con quello che è il progetto originario del Dio della Bibbia che rende l’uomo più persona liberandolo per Cristo nella Chiesa.

In definitiva si tratta di valorizzare le «occasioni» per educare le singole coscienze e il gruppo a vivere in atteggiamento di continua «riconciliazione» (= in atteggiamento di verità) con sé stessi, con gli altri, con la natura, con Dio; per continuare quella ricomposizione profana delle rotture che è base e premessa per una «ricomposizione» con Dio, dal momento che le motivazioni del bisogno di riconciliarsi con sé stessi e con Dio per molti giovani sono in genere di carattere più funzionale che vitale.

 

2.​​ Anno liturgico: itinerario «anche» penitenziale?

Con il dinamismo che gli è proprio, con la sua struttura e contenuti, l’anno liturgico offre all’operatore di pastorale giovanile un punto di riferimento privilegiato per attuare una pastorale attenta alla dinamica sacramentale. L’educatore sa che questa struttura costituisce come un grande itinerario di fede; e nel volgere di ogni anno viene riproposta e «celebrata» con metodologie appropriate la grande avventura di fede del popolo di Dio.

In questo senso si può parlare dell’anno liturgico come di un quadro di riferimento globale per un itinerario educativo della coscienza. A questo obiettivo risponde la particolare disposizione contenutistica del Lezionario come strumento che racconta una storia di salvezza; e l’annuale celebrazione del mistero di Cristo richiama e continuamente rinvia

— per una sua piena accettazione e attuazione — anche a scelte di conversione e di riconciliazione.

L’operatore pastorale ha ben noti gli appuntamenti privilegiati per guidare il giovane in quel difficile cammino di conformazione al progetto di vita cristiana annunciato e celebrato nel corso dell’anno. Tra i vari, se ne sottolineano due che coincidono con i periodi di intensa preparazione alla Pasqua e al Natale.

 

2.1. Quaresima

Il duplice carattere battesimale e penitenziale di questo periodo costituisce da sempre nell’esperienza ecclesiale l’imprescindibile punto di riferimento per una revisione di vita che, in vista della celebrazione del sacramento della riconciliazione, può essere incentrata attorno a questi elementi:

— come Cristo, anche il giovane è tentato nel deserto della vita; risulta vincitore solo nell’accettazione del progetto di libertà del Padre e nel dominio di ogni seduzione;

— come Cristo, anche il giovane è destinato ad un futuro di «gloria»; ma tale compimento si realizza solo passando attraverso la passione delle sofferenze e difficoltà tipiche dell’esodo di ogni giorno;

— solo Cristo è l’acqua che può dissetare ogni tipo di arsura del giovane; l’acqua viva della fede porta il cristiano ad una continua purificazione perché possa celebrare nel suo cuore la liturgia della vita;

— illuminato dalla fede ricevuta nel Battesimo, il giovane s’impegna a vivere come figlio della luce, a vincere le tenebre del male sia nelle scelte di vita che nelle situazioni che lo circondano;

— risorto dalla morte del peccato, il giovane alimenta e perfeziona la propria adesione al Cristo, per camminare nello Spirito, verso il Padre.

Sono queste le tematiche che il giovane vive e approfondisce, lungo l’itinerario delle cinque tappe «eucaristiche» quaresimali, come una revisione di vita per poter giungere con cuore purificato a celebrare la Pasqua del Signore.

 

2.2. Avvento

Con la caratteristica di venuta e di attesa, l’Avvento è il tempo in cui il giovane è richiamato e continuamente rinviato a un atteggiamento di «vigilanza» in attesa del Signore. È questo il tempo in cui il senso della speranza gioca tutte le sue carte nella vita del giovane aperto agli eventi e alle attese della propria esistenza, della società, del mondo. Quali atteggiamenti può suggerire questo tempo che offre una situazione privilegiata per incontri e confronti sia a livello personale che di gruppo? Se osserviamo — alla luce del Lezionario — le quattro tappe dell’Avvento, vediamo emergere altrettante linee di «riconciliazione»:

— vigilanza nella fede, nella preghiera, e disponibilità a riconoscere i «segni» della venuta del Signore in tutte le situazioni della vita, premessa di quella seconda venuta che Egli realizzerà alla fine dei tempi;

— abbandono degli sbandamenti per vie tortuose e «conversione» verso tutto ciò che costruisce l’uomo;

testimonianza di vita gioiosa che si apre a carità attenta e paziente, a tutte quelle iniziative attraverso cui si costruisce il Regno di Dio nel cuore di ogni persona;

— tensione verso quella «povertà di spirito» che permette di riconoscere la presenza e l’azione del Cristo che continuamente viene nella storia per permearla del suo progetto di vita.

 

2.3. Per un’educazione permanente

I due periodi d’intensa preparazione alla Pasqua e al Natale non sono isolati dal resto dell’itinerario di fede e di vita qual è l’anno liturgico. Ci sono molti altri appuntamenti legati allo svolgersi della vita ecclesiale di ogni comunità o gruppo... C’è comunque l’insieme degli elementi simbolici e rituali di ogni celebrazione eucaristica che offre all’operatore pastorale un campo di azione sempre aperto, sia in domenica, sia durante la settimana quando un’eucaristia celebrata in gruppo giovanile può ritrovare freschezza, spontaneità e verità.

II semplice elenco di questi elementi costituisce solo un richiamo di ciò che è possibile sottolineare, con metodologie appropriate, secondo le circostanze e i destinatari:

accoglienza degli altri e incontro reciproco sono il primo passo per fare assemblea santa; ma richiedono, per essere veri, il superamento di ogni forma di chiusura, di egoismo...;

— riconoscersi peccatori di fronte a Dio, ai fratelli, alla natura — nell’atto penitenziale

— può rimanere solo un atteggiamento esteriore se di fatto non è realizzato con il pensiero, con la parola e in ogni scelta di vita;

Dio purifica il suo popolo anche nella proclamazione-ascolto della sua Parola, dove gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e i mezzi per conformarvisi e viverne;

— è un elemento del simbolo della fede la professione di «un solo battesimo per il perdono dei peccati»;

— nella Preghiera eucaristica il vertice dei riferimenti alla conversione culmina nel significato e valore di quel «calice... versato... per tutti in remissione dei peccati»;

— la preghiera del Signore pone la condizione del perdono accanto alla richiesta: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori...».

Il capitolo «anno liturgico» si presenta dunque ricco di occasioni poste in mano all’operatore pastorale perché possa educare il giovane ad una costante verifica-confronto di scelte di vita sia a livello personale che comunitario. Ogni occasione può essere «privilegiata» quando è valorizzata al momento opportuno come risposta all’interrogativo del giovane o quando è presentata essa stessa come interrogativo-proposta.

In tutto questo cammino, strumento privilegiato e termine di confronto pressoché esclusivo sarà il​​ Lezionario​​ festivo e feriale: è il suo contenuto che caratterizza l’insieme dell’anno liturgico; sarà pertanto la sua «proposta» — opportunamente adattata secondo le persone e le circostanze — a guidare e sostenere il cammino di conversione e di riconciliazione del giovane.

 

3.​​ Celebrazioni penitenziali e sacramento della penitenza

Al vertice di questo cammino di conversione e di riconciliazione si colloca il momento tipicamente sacramentale. A livello di itinerario educativo si possono considerare insieme due momenti celebrativi: la celebrazione penitenziale come tappa di educazione alla celebrazione del sacramento.

 

3.1. Valore educativo della celebrazione penitenziale

Le celebrazioni penitenziali possono costituire un momento forte per educare la coscienza del giovane fino al suo incontro con Cristo nel sacramento. Il valore educativo di tali celebrazioni risulta chiaro, specialmente in forza dell’annuncio della Parola di salvezza e della sua capacità di convertire i cuori, di ravvivare lo spirito e la virtù della penitenza. Ma solo un impegno pastorale talvolta un po’ coraggioso può rendere effettive tutte le potenzialità in esse racchiuse.

Le circostanze in cui possono essere messe in atto simili celebrazioni sono numerose, ma nella prassi spesso sono disattese. Gli orientamenti pastorali del​​ Rituale​​ pongono l’accento soprattutto nei tempi di Quaresima e Avvento; ma le occasioni possono essere molteplici, specialmente quando si percorre un itinerario specifico all’interno del gruppo giovanile (animatori, catechisti, associazioni varie...).

Quali contenuti evidenziare? Con quale metodo attuarli?

I contenuti saranno determinati o suggeriti dalle circostanze più diverse. L’importante è che nel predisporre la celebrazione si tenga conto delle condizioni di vita dei partecipanti, del modo di esprimersi tipico del linguaggio giovanile e quindi delle possibilità recettive dei destinatari. Ciò comporta una scelta adeguata di «testi» adatti e la valorizzazione di «segni» che in forza del loro rapporto con la vita e con la storia della salvezza, facilitino il dialogo tra Dio e il gruppo attraverso il cuore di ogni partecipante.

La metodologia farà leva su quelle stesse modalità che i giovani valorizzano per operare

— a loro modo — la riconciliazione, in modo da aprirli ad una riconciliazione più totale perché pone Dio (e non solo l’io-tu) come perno:

— riconciliarsi con gli altri implica dialogo, il coraggio di fare il primo passo, porre in atto opere di giustizia e di pace...;

— riconciliarsi con Dio richiede colloquio, confidenza, riconciliazione con sé stessi e con il prossimo, richiesta di perdono, preghiera...;

— riconciliarsi con sé stessi significa ammettere lo sbaglio, ripensare certe posizioni date per acquisite, superare l’errore, riflettere sulla causa dello sbaglio...

 

3.2. L’incontro sacramentale con il «Dio, ricco di misericordia»

II momento sacramentale si colloca come un vero e proprio traguardo all’interno di una strategia che caratterizza l’itinerario della penitenza e riconciliazione cristiana; è un traguardo, ma è anche una tappa, un momento di questa crescita progressiva verso la totalità dell’incontro con il Dìo della vita. Un’educazione alla celebrazione di questo sacramento non potrà mai considerarsi conclusa, perché l’intima conversione del cuore è impegno costante per ogni fedele.

Due sono le forme ordinarie per celebrare la riconciliazione nella Chiesa:

— Il​​ Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale è​​ quello che contribuisce a mettere maggiormente in luce la dimensione comunitaria del peccato e quindi del sacramento. Il​​ Rituale​​ ricorda che i feleli «ascoltano tutti insieme la Parola di Dio, che proclama la sua misericordia e li invita alla conversione, confrontano la loro vita con la parola stessa, e si aiutano a vicenda con la preghiera. Dopo che ognuno ha confessato i suoi peccati e ha ricevuto l’assoluzione, tutti insieme lodano Dio per le meraviglie da lui compiute a favore del popolo che egli si è acquistato con il sangue del Figlio suo»​​ (Premesse,​​ n. 22).

Per l’insieme dei suoi elementi, questa forma celebrativa ha la capacità di facilitare — attraverso una liturgia della Parola valorizzata in tutti i suoi elementi — l’educazione ad una coscienza di riconciliazione o, in altri termini, al «senso del peccato» che la prassi pastorale dice essere oggi radicalmente modificato e frammentato specialmente in ambito giovanile. Aspirazioni tipiche del giovane, come la tendenza a verificarsi, a mettersi in questione, a prendersi in mano, a ricominciare con volontà, a voler riprendere quota..., possono trovare il loro logico compimento specialmente all’interno di questa forma celebrativa, valorizzando al massimo la proposta del Lezionario.

— Il​​ Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti​​ costituisce la forma più ordinaria di celebrazione del sacramento. Ma come vedono i giovani questo momento?

Le indagini sociologiche ci dicono che il giovane in genere vede la realtà intima di questa forma sacramentale più come un momento di dialogo che non la ripetizione abitudinaria di una lista di peccati. Di conseguenza, lo scopo del sacramento risulta più a carattere psicologico consolatorio, perché fa riflettere sugli sbagli, dà serenità, libera e mette in pace... in una parolasicurezza invece che portare al miglioramento di sé, al perdono e alla riconciliazione.

Una lettura pastorale di una tale situazione richiama l’attenzione soprattutto sulla dimensione dialogica tra il singolo e il «proprio» Dio. Può essere questo il punto per un confronto con la parola di Dio attraverso cui l’esigenza di dialogicità è ricondotta a quell’originaria e sempre attuale prospettiva così espressa in​​ Es​​ 19,5-6: «Se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà tra tutti i popoli... Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa».

 

4.​​ Conclusione

In ambito giovanile gli itinerari educativi in ordine al sacramento della riconciliazione possono essere diversificati, tanta è la varietà di situazioni personali e di gruppo in cui il giovane vive oggi la sua avventura della vita. Quanto sopra delineato si presenta solo come una traccia o un’ipotesi di lavoro che richiede la messa in opera di strategie su misura dei destinatari.

Il problema si pone principalmente a questo livello: come educare alla conversione e alla conversione permanente? Ad un primo livello sembra che la problematica si concentri sul momento rituale. Ma il problema non è nel rito. È un fatto innegabile che la struttura rituale di questo sacramento risulti la più verbale di tutti, e questo facilita la​​ routine.​​ Consapevole, forse, di questa realtà, il​​ Rituale​​ sottolinea l’attenzione pastorale che deve essere accordata alle «celebrazioni penitenziali» dove la dimensione rituale può trovare — anche come elemento educativo — uno sviluppo improntato alla più ampia creatività. Il rito comunque può risultare anche «secondario». Il punto essenziale di un itinerario sacramentale sta in un lavoro di catechesi e di educazione degli atteggiamenti costitutivi del sacramento stesso, l’esigenza cioè di conversione, di cambiamento di rotta e soprattutto di pentimento che è l’elemento chiave del sacramento. A questo punto il rito parla e opera efficacemente se la parola di Dio è accolta come Parola liberante che chiama a conversione e che trova accoglienza nelle pieghe più diverse dell’animo e quindi dell’agire umano.

A livello di pastorale giovanile s’impone ad ogni svolta generazionale una rievangelizzazione della riconciliazione. Una evangelizzazione che passa attraverso l’educazione delle «mediazioni»:

— Il punto di partenza e di arrivo è costituito dalla​​ Parola​​ che illumina e dà vita; da essa tutto prende orientamento; essa opera ciò che annuncia nella misura in cui il giovane l’accoglie e la celebra con atteggiamenti di vita. La stessa formula del perdono ne è una sintesi in quanto «indica che la riconciliazione del penitente viene dalla misericordia del Padre; fa vedere il nesso fra la riconciliazione del penitente e il mistero pasquale di Cristo; sottolinea l’azione dello Spirito Santo nella remissione dei peccati; mette in luce infine l’aspetto ecclesiale del sacramento per il fatto che la riconciliazione con Dio viene richiesta e concessa mediante il ministero della Chiesa»​​ (Premesse,​​ n. 19).

— L’attenzione ai​​ concelebranti​​ chiama in causa il giovane anzitutto che è alla ricerca di sé stesso; l’esperienza dell’abbraccio misericordioso del Padre è l’esperienza di un ritrovamento della propria identità come persona nel suo essere intimo più profondo. La mediazione ecclesiale del presbitero inoltre costituisce il punto-cerniera che assicura con certezza l’esperienza di un incontro con Dio che salva e che accoglie nella misericordia. Ad un terzo livello, infine, si pone l’intera comunità ecclesiale che «in quanto popolo sacerdotale, è cointeressata e agisce, sia pure in modo diverso, nell’attuale opera di riconciliazione, che dal Signore le è stata affidata...» (Premesse, n. 8).

— La​​ piena e consapevole partecipazione​​ alla realizzazione dell’evento sacramentale si basa sulla certezza che «per mezzo del sacramento della Penitenza il cristiano muore e risorge con Cristo, e viene così rinnovato nel mistero pasquale» (Rituale, n. 44). Il momento sacramentale s’inserisce pertanto in questa storia di salvezza, come la tessera di un mosaico in cui il volto di Cristo glorioso è in via di completamento fino alla parusia. La partecipazione ad un simile evento chiama in causa la messa in opera di un insieme di elementi tali da rendere la celebrazione gioiosa e festiva, che sottolinei la gratuità e l’accoglienza, la semplicità e la consapevolezza del dono ricevuto.

— La riscoperta della​​ soddisfazione​​ sarà tanto più vera ed efficace quanto più influirà sulla vita del giovane spingendolo ad essere sempre più generoso nel servizio di Dio e dei fratelli in modo che la sua vita diventi «sacramento», sia cioè come una visibilizzazione efficace di quell’azione misericordiosa con cui il Padre ci salva; azione che spinge ad assumere concrete responsabilità nell’attuazione del regno di Dio e nell’attuazione di rapporti di giustizia costruiti quotidianamente in modo che ogni riconciliato si senta riconciliatore e sia accolto come tale.

L’insieme di questo cammino non appare pertanto come la tensione verso un’«assoluzione» che metta la coscienza a posto! Al contrario il giovane è progressivamente educato a celebrare il sacramento del perdono per confessare la gratuità del dono con cui Dio investe la sua vita; per essere sempre più Chiesa, membro di un popolo che lotta contro il male e l’infelicità dell’uomo; per convalidare in modo efficace una fraternità ristabilita; per porre in essere una carità recuperata e pronta ad agire con rinnovata energia nel costruire riconciliazione lungo i sentieri del tempo e nelle più diverse situazioni della vita.

 

Bibliografia

La celebrazione della Penitenza cristiana, Marietti, Casale M., 1981; Biazzi A.,​​ Parola di Dio e celebrazione individuale della Penitenza, Paoline, Cinisello B. 1985; Colombo G.,​​ I segni della fedeltà di Dio. La Riconciliazione e l’Unzione dei malati, LDC, Leumann 1986;​​ La Penitenza. Studi biblici, teologici e pastorali. Il nuovo rito della Riconciliazione, LDC, Leumann 1976; Lodi E.,​​ Lasciatevi riconciliare. Penitenza: itinerario di iniziazione cristiana, Paoline, Roma 1983; Pianazzi G. - Triacca A. M. (a cura di),​​ Valore e attualità del sacramento della Penitenza, LAS, Roma 1974; Rosanna E.,​​ Quale Riconciliazione per i giovani? Ricerca sociologica, LDC, Leumann 1985; Santantoni A.,​​ La Penitenza. Una pagina di storia antica utile per i nostri giorni, LDC, Leumann 1983; Sodi M.,​​ Per una pastorale del sacramento della Riconciliazione, in Midali M. - Tonelli R. (a cura di),​​ Giovani e Riconciliazione, LAS, Roma 1984, pp. 267-290; Venturi G.,​​ Verso la libertà. La Riconciliazione, cammino pasquale. Celebrazioni per ambienti e gruppi giovanili, LDC, Leumann 1986.

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