PRIMA COMUNIONE
Studieremo la storia della PC prima del XX sec., gli sviluppi assunti dopo il decreto Quam singulari, i problemi e le difficoltà d’oggi.
1. La storia: prima del XX sec. Abbiamo numerose testimonianze, che si fanno poi esplicite nel sec. IV, attestanti che nei primi cinque secoli della nostra era l’Eucaristia veniva data anche ai bambini appena battezzati, qualunque fosse la loro età. Da altri documenti appare che venivano ammessi alla comunione anche in seguito, ogni volta che erano presenti alla celebrazione dell’Eucaristia. Si continuò fino alla metà del sec. XII, ma essendosi la comunione dei fedeli (e quindi dei fanciulli) fatta sempre più rara, la legislazione ecclesiastica dovette intervenire per imporre la comunione almeno a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Quando poi il Concilio Lateranense IV (1215) stabilì nel can. 21 che l’obbligo della confessione e comunione pasquale iniziava all’”età della discrezione”, pose fine (in pratica, senza che lo si intendesse direttamente) alla prassi della comunione battesimale (e di quelle successive) dei bambini. Essa rimase solo in Oriente.
Per “età della discrezione” si intendevano, quasi unanimemente, i sette anni. Ma la prassi successiva tende a protrarre questo termine, e in numerosi sinodi del XIII e XIV secolo si parla concordemente dei quattordici anni, mentre altri sinodi proibiscono di amministrare l’Eucaristia prima dei sette anni, insistendo invece sull’obbligo della confessione a partire da quella età. La tendenza dei teologi era di ammettere i fanciulli all’Eucaristia verso i 10-11 anni.
Il Concilio di Trento, nella sessione XIII (1551), ripropone l’obbligo della comunione pasquale, senza precisare quale sia l’età della discrezione. Il Catechismo Romano (1565) nella parte II, cap. IV, n. 63, lascia al padre e al confessore il giudizio per l’ammissione dei fanciulli all’Eucaristia. I sinodi locali successivi stabiliscono l’età intorno ai 10-14 anni, con qualche rara eccezione in cui si accetta anche una età inferiore. Con l’avvento del Giansenismo, soprattutto in Francia, si giunge a ritardare la comunione fino ai 19-20 o anche ai 27-28 anni. È stato detto che alla vigilia della rivoluzione francese la comunione dei fanciulli era quasi scomparsa. Ne parlavano solo i Sinodi o i libri di morale, che rimanevano lettera morta. Nel sec. XIX, durante la Restaurazione, si ritorna alle posizioni dei secoli precedenti.
Quanto alla celebrazione della PC (sembra che il termine non sia anteriore al XVII secolo), essa si confondeva nei primi secoli con quella del battesimo.
Poi per molti secoli la PC dei fanciulli o adolescenti si fece dovunque senza particolari cerimonie. Essa veniva ricevuta privatamente o nell’ambito della “comunione pasquale” della parrocchia. Una solennizzazione collettiva sembra avere inizio solo verso la fine del sec. XVII o all’inizio del XVIII, per prendere sempre maggior rilievo verso la metà del XVIII e soprattutto nel XIX secolo (→ Comunione solenne). Per ciò che riguarda la preparazione dottrinale, molti catechismi, durante questi secoli, tendono a suddividersi in tre manuali (di cui il secondo è destinato a chi si prepara alla prima comunione): così è del catechismo del Casati (1765), che conserva ancora questa tripartizione nella sua trasformazione in quello di Pio X del 1905. Una descrizione impressionante dei catechismi e del ritiro di PC, come venivano attuati nei primi decenni dopo la rivoluzione francese, ci è conservata nel 2° volume de L’opera per eccellenza di mons. Dupanloup (ediz. italiana, Parma, Fiaccadori, 1870, 65-242). Egli parla di “catecumenato dell’Eucaristia”.
2. La prima metà del sec. XX. Facendo seguito ad alcune risposte già date dalla S. Sede nella seconda metà del sec. XIX, il papa Pio X, agli inizi del XX, emanò attraverso le SS. Congregazioni rispettivamente del Concilio e dei Sacramenti, il decreto Sacra Tridentina Synodus (20-12-1905) sulla comunione frequente e anche quotidiana, e il decreto Quam singulari (8-8-1910) sull’ammissione dei fanciulli alla PC fin dall’inizio dell’uso di ragione, e cioè “poco su poco giù, circa i 7 anni”. Essi vennero riconfermati dal CJC del 1917 (can. 854) e dai papi seguenti. Il 20-12-1928, Pio XI distribuì in S. Pietro la PC a più di cento bambini dai 5 agli 8 anni. Veniva richiesta una “preparazione conveniente”, che però dal punto di vista delle conoscenze richiedeva un minimo: “Apprendere, secondo la capacità, i misteri necessari di necessità di mezzo, e saper distinguere il pane eucaristico dal pane comune che nutre il corpo”. Questa preparazione dottrinale si poteva dare, secondo alcune risposte ufficiose (per es. de “Il Monitore Ecclesiastico” di Roma 23 [1911-1912] 83-84), anche oralmente, in un giorno solo, senza bisogno di particolari testi cat.
L’educazione religiosa dei bambini già comunicati doveva poi continuare con la formazione cat. e la frequenza alla penitenza e all’Eucaristia. Alle diocesi di Francia, e poi anche a quelle di Germania, venne concesso di organizzare una “Comunione solenne” verso i 12-14 o 9-10 anni, permettendo però che i fanciulli accedessero all’Eucaristia fin dall’inizio dell’uso di ragione, “in forma privata” (risposte della S. Congregazione dei Sacramenti del 7-12-1910, n. 1857, e del Papa nell’udienza del 17-11-1910 all’Arciv. di Colonia). Il Sinodo diocesano milanese XLV, del 1951, prescriveva, al n. 289, par. 1, un’istruzione della durata di un intero mese, o meglio di tutta la Quaresima, e consigliava, al n. 146, par. 4, di “far precedere a questa pia festa, come a conclusione di un Catecumenato, un breve corso di Esercizi Spirituali e la rinnovazione dei Voti Battesimali, insieme con la promessa di frequentare, pure dopo, le spiegazioni del catechismo”.
Il Sinodo Romano I, del 1960, riafferma, nel can. 418, che “i fanciulli, appena raggiunto l’uso di ragione, sono tenuti a ricevere la S. Comunione” e prescrive, nel can. 423: “I fanciulli siano convenientemente preparati alla PC. Questa preparazione si compirà in tre periodi. Nel primo periodo, della durata di sei mesi, i fanciulli comunicandi vengono iniziati nella pratica della vita cristiana, con la recita delle preghiere, l’assistenza alla Messa festiva, la Confessione e l’esercizio di quelle virtù che sono particolarmente necessarie alla loro età. Nel secondo periodo si tenga un corso speciale di istruzione cat. quotidiana di almeno due mesi. Nel terzo periodo, cioè immediatamente prima del giorno della S. Comunione, si faccia un ritiro spirituale, possibilmente chiuso, per la durata di almeno tre giorni”.
Attorno alla PC e alla comunione frequente dei fanciulli si sviluppò tutta una serie di iniziative per l’educazione eucaristica dei fanciulli stessi. Pioniere in questo campo fu, tra gli altri, il sacerdote belga E. Poppe, propugnatore del “metodo educativo eucaristico”.
3. Sviluppi più recenti. Con il progredire del movimento liturgico, si venne a sottolineare di più sia il collegamento della PC con il sacrificio eucaristico (mutando il nome di “prima comunione” con “Messa di prima comunione»; cf Della Torre 1962), sia il suo nesso con gli altri sacramenti della iniziazione cristiana, facendola precedere da una specie di catecumenato. In altri casi si sottolineò la responsabilità dei genitori, con iniziative per la “preparazione della PC in famiglia”. In Germania all’inizio degli anni ’60 una serie di articoli della rivista “Katechetische Blätter”, da cui sorse poi un libro curato da A. Exeler (cf bibl.), riprende la storia dell’ammissione all’Eucaristia (che anche in Germania si cominciò a festeggiare verso l’inizio del XVIII sec. per influsso delle missioni popolari e fu portata, per ragioni pedagogiche, al termine dell’obbligo scolastico) per insistere sulla comunione precoce e sulla sua preparazione nella famiglia, con l’aiuto degli insegnanti.
Una sperimentazione e un orientamento, diffusisi dopo il Concilio Vaticano II, che tendevano a spostare la prima confessione dopo la PC, venne considerata conclusa da un addendum aggiunto al DCG del 1971, in cui si affermava: “La Santa Sede giudica doversi conservare la vigente consuetudine della Chiesa di premettere la confessione alla PC” (DCG, Addendum, n. 5). Il CJC del 1983 ribadisce questa presa di posizione (can. 914), sottolineando insieme sia l’età precoce della PC (che però si proibisce di dare ai bambini che non hanno raggiunto l’uso di ragione), sia lo stretto legame con gli altri sacramenti dell’iniziazione (can. 842, par. 2, mentre poi dimentica di farlo parlando separatamente della C. ad essi preparatoria nel can. 777).
Nelle riviste a indirizzo pastorale si discute animatamente sull’abito della PC e in genere sugli sviluppi profani che la festa di PC tende ad assumere, svisandone il genuino carattere religioso nella mentalità dei fanciulli e delle famiglie.
4. Difficoltà e problemi attuali. Da un’inchiesta attuata nelle diocesi di Roma e del Lazio nel 1984 è risultato che si tende oggi, in queste Chiese locali (come in molte altre) a far precedere una preparazione biennale alla PC e altri due anni per la confermazione. Diversi pastoralisti osservano però che in tal modo si finalizza ancora troppo la C. alla ricezione del sacramento, invece di evidenziare che ambedue (C. e sacramenti) sono finalizzati alla “vita cristiana” (come è detto nel sottotitolo dei nuovi Catechismi per l’Italia) in un processo unitario di iniziazione cristiana che comprende elementi cat., sacramentali, comunitari e comportamentali.
C’è anche chi propone di superare il termine “prima comunione”: la C. e l’educazione cristiana non preparino a una “prima comunione” ma a una “vita di comunione”, sostenuta e potenziata dalla frequente e convinta ricezione del sacramento dell’Eucaristia. Si tende anche superare l’ammissione alla PC in gruppo ad una età prefissata uguale per tutti. Si tratterebbe di istituire una “catechesi permanente”, indirizzata alla “vita cristiana”, lungo la quale i fanciulli a piccoli gruppi, man mano che si ritengono preparati, vengono ammessi ai sacramenti della penitenza, confermazione ed Eucaristia, salvo poi ad organizzare anche una festa, una specie di comunione solenne, ogni anno nel periodo pasquale.
Bibliografia
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Ubaldo Gianetto