SAILER Johann Michael

 

SAILER Johann Michael

Nato il 17-11-1751 a​​ Aresing,​​ Baviera, morto il 20-5-1832 a​​ Regensburg.​​ Studiò teologia a​​ Ingolstadt​​ e venne ordinato sacerdote nel 1775. Si oppose sempre più a una scolastica formalista ed estranea al mondo, alla formazione di un ghetto cattolico, a una apologetica zelante. S. voleva mettersi al servizio di una teologia e di una corrispettiva pastorale, che si nutrono di S. Scrittura, di liturgia e di Padri della Chiesa, e che fanno conoscere a persone di tutti i livelli sociali e di tutte le età “la salvezza di Dio che in Gesù Cristo è apparsa nel mondo”. Perciò compose anche numerosi scritti ascetici.

Come professore di (etica e di) teologia pastorale a​​ Dillingen​​ S. ebbe la possibilità — su richiesta del vescovo-principe di​​ Augsburg​​ — di esporre le sue idee circa questa nuova disciplina:​​ Vorlesungen aus der Pastoraltheologie, 3​​ vol.​​ (München, 1788-89, 1820-214. Ediz, ital.:​​ Pheologia pastoralis,​​ Parma, 1872-1874).​​ Il suo è il primo tentativo di elaborare la pastorale a partire dallo spirito della S. Scrittura e della tradizione vivente della Chiesa (“Padre della moderna teologia pastorale”). La sua​​ Katechetik​​ comprende due vol. (18204). Le diverse edizioni documentano il progressivo chiarirsi della propria posizione, come pure l’avversione nei confronti delle concezioni problematiche dell’ → illuminismo. L’educazione cristiana è feconda soltanto se si può radicare nel terreno di una vita cristiana. Al primo posto nella C. si trova quindi “l’essere del catechista”, poi viene la​​ percezione,​​ poi la​​ presentazione concreta​​ della (vita di) fede, e soltanto dopo tutto questo la​​ penetrazione razionale.​​ Per i piccoli viene in primo posto la narrazione (soprattutto quella biblica). Come catechismo è sufficiente il​​ JAinimus​​ di → Canisio; inoltre si devono utilizzare diversi libri (scolastici) di concezione storica (biblica). Occorre sempre verificare se la C. è su misura del fanciullo. Ci vuole pertanto una adeguata divisione secondo gruppi di età. Va rispettato anche lo specifico del luogo della C. (scuola, chiesa, C. privata). In linea di principio bisogna esprimere un giudizio scettico riguardo ai catechismi, poiché non sono in grado di offrire ciò che è decisivo: il “modello vivo”, lo “spirito vivo della verità”.

Le implicanze pedagogiche vengono ampiamente illustrate da S. in​​ tìber Erziehung fiir Erzieher​​ (Miinchen, 1807), libro che scrisse a Landshut, dove, fra l’altro, insegnò anche catechetica. L’uomo cristiano deve essere educato verso la maturità nella fede. Occorre spezzare la chiusura cognitivo-razionalistica in favore di una educazione che forma “la testa e il cuore” (cognitiva e affettiva) e promuovere l’uomo etico in modo che il suo ethos sia radicato nella religione, trovando in essa fondamento e meta. A questo fine S. sfrutta le migliori acquisizioni dell’illuminismo e della pedagogia contemporanea (per es. J. J. Rousseau, J. H. Pestalozzi), ripensate nello spirito del giovane romanticismo: primato della vita, concretezza intuitiva, didattica su misura del fanciullo, “metodo socratico” moderato.

Da tutte le parti, da cattolici e da protestanti, S. fu bollato, e anche lodato, come “illuminista” o come “reazionario ecclesiale”. Ciò nonostante divenne canonico del Duomo, dal 1821, poi vescovo di Regensburg, e in questo modo il “nobile S.” potè continuare meglio la pastorale che aveva sempre esercitato con zelo. Molti allievi in Germania, Austria e Svizzera insegnarono e lavorarono nel suo spirito (fra altri Chr. von → Schmid). Certo, una generazione più tardi la neoscolastica ottenne la vittoria (→ Deharbe), fino​​ a ehe​​ nel nostro secolo la​​ teologia​​ di S. fu riscoperta come​​ una fonte​​ zampillante.

Bibliografia

G. Fischer, J. M.​​ Sailer​​ und​​ J. H. Pestalozzi,​​ Freiburg, 1954; K.​​ Gastgeber,​​ Gotteswort durch​​ Menschenwort,​​ Wien, 1964; J.​​ Hofmeier,​​ Seelsorge und Seelsorger,​​ Regensburg, 1967; A.​​ Regenbrecht,​​ J. Ai. Sailers​​ «Idee der​​ Erziehung»,​​ Freiburg, 1961; H.​​ Schiel,​​ J. Ai. Sailer. Leben​​ und Briefe,​​ 2​​ Bände,​​ Regensburg, 1948-1952; G. Schwaiger – P. Mai (ed.),​​ J. M. Sailer​​ und​​ seine​​ Zeit,​​ Regensburg, 1982; F.​​ Weber,​​ Geschichte des Katechismus​​ in​​ der Diözese Rottenburg von der Aufklärungszeit bis zur Gegenwart,​​ Freiburg, 1939.

Eugen Paul

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SAILER Johann Michael

SAINT-SULPICE

SAINT-SULPICE

La tradizione dei catechismi di Saint-Sulpice di Parigi incomincia con il fondatore del seminario e della compagnia di Saint-Sulpice, Jean Jacques Olier. Parroco dal 1642 al 1652 della parrocchia del medesimo nome, allora enormemente estesa e con molta popolazione, famosa per “il numero e la gravità degli scandali” che vi si commettevano (C. Hamel), Olier decide di dividerla in 12 quartieri: 12 catechismi vengono quindi affidati ai seminaristi più grandi, che in questo modo accolgono ben presto 4000 fanciulli. Per la prima comunione, due catechismi speciali raggruppano nella chiesa tutti i candidati: uno di due mesi, per la prima comunione a Pasqua; l’altro di sei settimane, per la prima comunione a Pentecoste. Vengono pure organizzati nella chiesa, tre volte per settimana durante la quaresima, un catechismo per gli inservienti; un altro per i mendicanti, con elemosina all’uscita, più consistente per chi ha risposto meglio; un altro, tutti i venerdì dell’anno, per gli anziani; e altri ancora.

Sotto i successori di Olier i catechismi si sviluppano ulteriormente: l’accento è messo via via sulla C. di massa, raggruppando un numero imponente di fanciulli. Nel sec. XVIII incominciano i catechismi di perseveranza: perseveranza-giovani e perseveranza-ragazze, per coloro che hanno fatto la prima comunione. Dopo la Rivoluzione i catechismi riprendono molto presto. Il loro irradiamento va molto al di là di Parigi. Non soltanto vengono lungamente formati nelle aule di catechismo della parrocchia tutti i seminaristi di Saint-Sulpice, ma numerosi sacerdoti di Francia o dell’estero vengono in visita o vi fanno un tirocinio. Nel 1832 esce il libro di Faillon,​​ La Méthode de Saint-Sulpice dans la direction des catéchismes,​​ che spiega e codifica un’esperienza di due secoli: “Non vi sono due buoni metodi per fare il catechismo... in realtà ve ne è uno solo: quello di Saint-Sulpice, diventato celebre in tutto il mondo, che ha prodotto frutti ammirevoli ovunque sia stato applicato” (mons. Dupanloup).

Infatti, in questo metodo tutto è previsto affinché un catechismo riesca bene. Ci vuole anzitutto un ambiente, una cappella dove i fanciulli abbiano posti fissi ben dislocati. In questo quadro in cui tutto è ambientazione sacra, ordine, gerarchia, l’adunanza, di almeno due ore, deve svolgersi secondo uno scenario minuziosamente previsto, in sei tempi: 1) Interrogazione sul testo del manuale diocesano; 2) Recitazione di una pagina del Vangelo o di un capitolo del piccolo catechismo di​​ ​​ Fleury che narra la storia sacra;

3) Resoconto delle annotazioni, cioè delle analisi dell’istruzione dell’adunanza precedente, che i volontari hanno redatto a casa;

4) Istruzione, cioè, dopo un canto appropriato, spiegazione della lezione recitata all’inizio dell’adunanza; 5) Omelia sul Vangelo del giorno; 6) Avvisi su eventuali mancanze dei fanciulli, sulle feste della settimana, su qualche pratica essenziale della vita cristiana. Senza dubbio un certo livellamento era inevitabile, quando per es. un parroco di campagna, volendo applicare il famoso metodo, si trovava solo di fronte a un minuscolo gruppetto di fanciulli, invece di averne 300 o 400 riuniti attorno a 10 o 12 catechisti a Saint-Sulpice. Però è impossibile negare l’immenso fervore che si è sviluppato nella pratica del catechismo.

Per assicurare una perseveranza sempre più difficile in un mondo che sfugge alla Chiesa, la formula di Saint-Sulpice (e altrove) ha dovuto creare una nuova ambientazione: i catechismi inseriti nelle “opere” funzioneranno fino agli anni 1950-1960; ciascuna “opera” ha i propri svaghi, le sue feste, il suo luogo di culto... In questo modo, secondo il modello di Saint-Sulpice, i catechismi hanno occupato un grandissimo (forse troppo grande?) posto nella pastorale dei tempi moderni.

 

Bibliografia

Cantiques de Saint-Sulpice,​​ Paris, Haronval, 1829;​​ Cantìques de St.-Sulpice. Manuel des catéchismes de Vere communion et de persévérance,​​ Paris, Poussièlgue, 1859; J.​​ Colomb,​​ The Catechetical Method of Saint-Sulpice,​​ nel vol. G.​​ S. Sloyan​​ (ed.),​​ Shaping the Christian Message,​​ New York, Macmillan, 1958, 91-111; E. M.​​ Faillon,​​ Histoire des catéchismes de St.-Sulpice,​​ Paris, Gavone, 1831; In.,​​ Méthode de St.-Sulpice dans la direction des catéchismes,​​ Paris, Lecoffre, 1832;​​ Id.,​​ Vie de Mr. Olier,​​ Paris, Poussièlgue, 1841.

Elisabeth Germain

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SAINT-SULPICE

La tradizione dei catechismi di Saint-Sulpice di Parigi incomincia con il fondatore del seminario e della compagnia di Saint-Sulpice, Jean Jacques Olier. Parroco dal 1642 al 1652 della parrocchia del medesimo nome, allora enormemente estesa e con molta popolazione, famosa per “il numero e la gravità degli scandali” che vi si commettevano (C. Hamel), Olier decide di dividerla in 12 quartieri: 12 catechismi vengono quindi affidati ai seminaristi più grandi, che in questo modo accolgono ben presto 4000 fanciulli. Per la prima comunione, due catechismi speciali raggruppano nella chiesa tutti i candidati: uno di due mesi, per la prima comunione a Pasqua; l’altro di sei settimane, per la prima comunione a Pentecoste. Vengono pure organizzati nella chiesa, tre volte per settimana durante la quaresima, un catechismo per gli inservienti; un altro per i mendicanti, con elemosina all’uscita, più consistente per chi ha risposto meglio; un altro, tutti i venerdì dell’anno, per gli anziani; e altri ancora.

Sotto i successori di Olier i catechismi si sviluppano ulteriormente: l’accento è messo via via sulla C. di massa, raggruppando un numero imponente di fanciulli. Nel sec. XVIII incominciano i catechismi di perseveranza: perseveranza-giovani e perseveranza-ragazze, per coloro che hanno fatto la prima comunione. Dopo la Rivoluzione i catechismi riprendono molto presto. Il loro irradiamento va molto al di là di Parigi. Non soltanto vengono lungamente formati nelle aule di catechismo della parrocchia tutti i seminaristi di Saint-Sulpice, ma numerosi sacerdoti di Francia o dell’estero vengono in visita o vi fanno un tirocinio. Nel 1832 esce il libro di Faillon,​​ La Méthode de Saint-Sulpice dans la direction des catéchismes,​​ che spiega e codifica un’esperienza di due secoli: “Non vi sono due buoni metodi per fare il catechismo... in realtà ve ne è uno solo: quello di Saint-Sulpice, diventato celebre in tutto il mondo, che ha prodotto frutti ammirevoli ovunque sia stato applicato” (mons. Dupanloup).

Infatti, in questo metodo tutto è previsto affinché un catechismo riesca bene. Ci vuole anzitutto un ambiente, una cappella dove i fanciulli abbiano posti fissi ben dislocati. In questo quadro in cui tutto è ambientazione sacra, ordine, gerarchia, l’adunanza, di almeno due ore, deve svolgersi secondo uno scenario minuziosamente previsto, in sei tempi: 1) Interrogazione sul testo del manuale diocesano; 2) Recitazione di una pagina del Vangelo o di un capitolo del piccolo catechismo di → Fleury che narra la storia sacra;

3) Resoconto delle annotazioni, cioè delle analisi dell’istruzione dell’adunanza precedente, che i volontari hanno redatto a casa; 4) Istruzione, cioè, dopo un canto appropriato, spiegazione della lezione recitata all’inizio dell’adunanza; 5) Omelia sul Vangelo del giorno; 6) Avvisi su eventuali mancanze dei fanciulli, sulle feste della settimana, su qualche pratica essenziale della vita cristiana.

Senza dubbio un certo livellamento era inevitabile, quando per es. un parroco di campagna, volendo applicare il famoso metodo, si trovava solo di fronte a un minuscolo gruppetto di fanciulli, invece di averne 300 o 400 riuniti attorno a 10 o 12 catechisti a Saint-Sulpice. Però è impossibile negare l’immenso fervore che si è sviluppato nella pratica del catechismo.

Per assicurare una perseveranza sempre più difficile in un mondo che sfugge alla Chiesa, la formula di Saint-Sulpice (e altrove) ha dovuto creare una nuova ambientazione: i catechismi inseriti nelle “opere” funzioneranno fino agli anni 1950-1960; ciascuna “opera” ha i propri svaghi, le sue feste, il suo luogo di culto... In questo modo, secondo il modello di Saint-Sulpice, i catechismi hanno occupato un grandissimo (forse troppo grande?) posto nella pastorale dei tempi moderni.

Bibliografia

Cantiques de Saint-Sulpice,​​ Paris, Haronval, 1829;

Cantiques de St.-Sulpice. Manuel des catéchismes de 1ère communion et de persévérance,​​ Paris, Poussièlgue, 1859; J. Colomb,​​ The Catechetical Method of​​ Saint-Sulpice,​​ nel​​ vol. G. S. Sloyan (ed.),​​ Shaping the​​ Christian Message,​​ New York, Macmillan, 1958, 91-111;​​ E.​​ M. Faillon,​​ Histoire des catéchismes de St.-Sulpice,​​ Paris,​​ Gavone,​​ 1831; In.,​​ Méthode de St.-Sulpice dans la direction des catéchismes,​​ Paris, Lecoffre, 1832; In.,​​ Vie de Mr. Olier,​​ Paris, Poussièlgue, 1841.

Elisabeth Germain

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