NEOKANTISMO PEDAGOGICO

 

NEOKANTISMO PEDAGOGICO

Si denomina n., o anche​​ neocriticismo,​​ la corrente fautrice di una ripresa di motivi kantiani nella seconda metà del sec. XIX, dopo l’esaurimento dell’idealismo di Fichte, Schelling ed Hegel. Il motto «torniamo a Kant!» fu dovuto all’opera di Liebmann,​​ Kant e gli epigoni​​ (1865), che constatava come gli interpreti romantici e quelli positivistici del criticismo fossero andati entrambi fuori strada rispetto alla fedeltà al pensiero autentico del fondatore.

1. Per garantire questa fedeltà occorreva anzitutto rifarsi ai testi. Nacque una agguerrita scuola di «filologi kantiani» che ebbe il suo organo nella rivista «Kantstudien» (fondata nel 1896, più volte interrotta e ripresa fino ai nostri giorni) e sfociò in una apposita società, la «Kantgesellschaft» (fondata nel 1904). Furono intraprese nuove edizioni più accurate con un imponente apparato di commenti, a cura di A. Riehl, E. Cassirer e altri.

2. In verità, salvo il riferimento ai testi, le interpretazioni di​​ ​​ Kant continuarono a svilupparsi su linee divergenti: soprattutto su due, una di tipo​​ psicologistico​​ che vedeva le forme a priori come risultati dell’evoluzione della specie ormai divenuti innati nell’individuo; e una di tipo​​ metafisico,​​ che vedeva nelle forme a priori qualcosa di più, radicato in un fondamento trascendentale se non addirittura trascendente alla maniera di Platone. Le conseguenze educative erano diverse, giacché la prima doveva privilegiare i processi di sviluppo endogeni, e la seconda i processi di formazione esogeni. In sostanza, sotto l’ombrello del n., si sono avvicendate parecchie correnti, unite peraltro dal rifiuto della concezione del mondo fisico come l’unico mondo (sostenuta invece dai monisti e materialisti) e dal pari rifiuto dell’assorbimento panlogistico nello spirito universale (sostenuto dagli idealisti e neoidealisti). In questo senso il n. ha favorito le posizioni pluralistiche e spiritualistiche; soprattutto ha ribadito una netta divisione tra​​ fenomeni​​ e​​ noumeni.​​ Non si possono confondere oggetti sensibili e oggetti intelligibili, e ancor meno essere e dover essere,​​ fatti​​ e​​ valori.​​ Dopo incontri con lo​​ ​​ storicismo, gli ultimi sviluppi hanno preso vie nuove, e si fondono oggi con le correnti della​​ ​​ fenomenologia e della​​ ​​ ermeneutica. Oltre ad alcuni pensatori indipendenti come​​ ​​ Paulsen, le due scuole di Marburgo e di Heidelberg hanno espresso il nerbo del n. Sono appartenuti alla prima H. Cohen,​​ ​​ Natorp, E. Cassirer e molti loro allievi che hanno soprattutto cercato di esplorare le molte forme che può assumere l’a priori attraverso il giudizio riflettente, oltre a quelle strettamente categoriali. Alla seconda W. Windelband e H. Rickert che hanno cercato di definire una tipologia dei valori, che pur essendo a priori e inderivabili dai meri fatti, però in essi si calano e si attuano attraverso le forme della cultura e della storia.

3. È dalla partecipazione ai valori di vero, bello, buono, santo, giusto, utile, sano (e di compassione, simpatia, cooperazione, comprensione, pace, ecc.) che prendono rilievo i cosiddetti beni di civiltà (Kulturwerte)​​ che annoverano i prodotti dell’arte e della scienza, del diritto e del lavoro dell’uomo. Nei confronti di questi si svolge la formazione culturale (Bildung)​​ che fa l’uomo «colto» ossia coltivato, educato in senso intellettuale e morale.

Bibliografia

si veda la​​ Grande antologia filosofica,​​ Milano, Marzorati, 1975, vol. XVII, 613-685 (vasta bibl. sugli sviluppi e la critica del kantismo a cura di V. Verra); Gigliotti G.,​​ Il neocriticismo tedesco,​​ Torino, Loescher, 1983; Besoli S. - M. Ferrari - L. Guidetti (Edd.),​​ N. e fenomenologia: logica,​​ psicologia,​​ cultura e teoria della conoscenza.​​ Atti del convegno internazionale, L’Aquila, 29-31 marzo 2001, Macerata, Quodlibet, 2002; Guidetti L.,​​ L’ontologia del pensiero: il nuovo n. di Richard Honigswald e Wolfgang Cramer, Ibid., 2004.

M. Laeng

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NEOKANTISMO PEDAGOGICO

NEOSCOLASTICA PEDAGOGICA

 

NEOSCOLASTICA PEDAGOGICA

«N.» è termine concettualmente e storicamente connesso con il termine​​ ​​ «Scolastica». In generale, si accreditano alla n.p. autori che nei secoli XIX e XX in ambito cattolico hanno trattato i problemi teorici e metodologici dell’educazione posti dal pensiero e dalla prassi moderna, mediante la riassunzione innovativa di principi e idee che si rifacevano alle grandi scuole filosofiche e teologiche medioevali e in particolare a s.​​ ​​ Tommaso d’Aquino: non pochi, infatti, soprattutto al seguito dell’enciclica​​ Aeterni Patris​​ di Leone XIII (4 agosto 1879) hanno identificato la n. con il neo-tomismo, seppure non sempre rigorosamente e univocamente interpretato. Inoltre, alcuni hanno associato l’ascendenza n. o neotomistica a svariate forme di personalismo spiritualista, tra cui alcune fondate anche in antropologie ispirate a una metafisica dell’essere di matrice aristotelico-tomista.

1. Pertanto le posizioni individuali non risultano, sempre omogenee tra loro; tuttavia, nel confronto tra antico e moderno, appaiono sostanzialmente solidali sui seguenti punti: a) l’inserzione della​​ pedagogia​​ o delle​​ ​​ scienze dell’educazione nel quadro epistemologico classico, aristotelico-tomistico, con particolare sottolineatura della funzione fondante e normativa della​​ filosofia realista dell’educazione;​​ b) l’introduzione nel sistema delle scienze dell’educazione, da parte di non pochi, anche della​​ pedagogia sperimentale​​ quale aspetto legittimo e fecondo della ricerca scientifica in campo educativo; c) il confronto critico con alcune filosofie di volta in volta dominanti, in particolare con il​​ positivismo​​ generatore del «naturalismo pedagogico», e coll’idealismo​​ immanentista che fagocita totalmente il «pedagogico» nella filosofia; d) l’apertura alle nuove scienze dell’uomo, in particolare alla sociologia e alla psicologia, pur preservando la riflessione pedagogica da ogni deriva nel​​ sociologismo​​ e nello​​ psicologismo​​ e rivendicando la necessaria fondazione della pedagogia sulla filosofia: «Ogni pedagogia è basata su una filosofia della vita. Ogni verace pedagogia sulla filosofia totale della vita. La vera pedagogia sulla vera filosofia della vita» (De Hovre,​​ Le Catholicisme, 5); e) l’equilibrata valutazione filosofico-teologica e la giusta valorizzazione metodologica dell’attivismo​​ (​​ Dévaud); f) il rifiuto critico del nazionalismo e dello statalismo in campo educativo e scolastico; g) l’apertura dell’educazione e della riflessione pedagogica al «religioso», raggiunto con la ragione o con la fede nella «rivelazione» e la conseguente ipotesi di una esplicita​​ ​​ teologia dell’educazione​​ quale parte essenziale di un compiuto sistema di scienze dell’educazione; h) la discussione dei temi relativi alla laicità, al pluralismo e alla conflittualità nell’ambito della scuola e delle altre istituzioni educative, entro corretti rapporti tra le principali agenzie educative: Stato, Chiesa, società, famiglia; i) l’approfondimento innovativo delle classiche «antinomie pedagogiche» – autoeducazione ed eteroeducazione, autorità e libertà, educazione intenzionale e educazione funzionale –, integrando e superando le posizioni di matrice rousseauiana, marxiana, deweyana; 1) l’insistenza nel ricondurre la molteplicità delle dimensioni educative al nucleo centrale costituito dalla formazione alla libertà nella responsabilità morale: «l’educazione è in primo luogo opera di formazione morale» (Mercier,​​ Principes d’éducation chré­tienne,​​ 13).

2. Il movimento neoscolastico, infatti, riconosce come uno dei suoi protagonisti, anche sotto il profilo pedagogico, D. J. Mercier (1851-1926), fondatore dell’Institut Supérieur de philosophie​​ (1882) presso l’Università cattolica di Louvain, autore anche del denso studio citato,​​ Principes d’éducation chrétienne​​ (1912). Gli si avvicina con analogo vigore speculativo, spiccata modernità e personale sforzo di ripensamento innovativo​​ ​​ Maritain. Tra molti altri pedagogisti di indirizzo neoscolastico, talora in senso neotomistico oppure con varianti personalistiche, si distinguono:​​ ​​ Casotti (Maestro e scolaro. Saggio di filosofia dell’educazione, 1930); Fr. De Hovre (1884-1950), autore di un lucido​​ Essai de philosophie pédagogique​​ (1927); F. Olgiati (1886-1962),​​ Primi lineamenti di pedagogia cristiana​​ (1924); G. Nosengo (1906-1968),​​ La persona umana e l’educazione​​ (1948); R. Blanco y Sánchez (1861-1936),​​ Teoría de la educación​​ (1930); J. Zaragüeta y Bengoechea (1883-1974),​​ Pedagogía fundamental​​ (1942); G. Di Napoli (1910-1980),​​ II concetto di educazione. Lineamenti di filosofia pedagogica​​ (1952); N. Petruzzellis (1910-1988),​​ I problemi della pedagogia come scienza filosofica​​ (1945);​​ ​​ Sinistrero,​​ Sulla problematica dell’educazione, in «Salesianum» 9 (1947) 386-399; 10 (1948) 79-102;​​ ​​ Corallo,​​ La pedagogia della libertà. Saggio di pedagogia generale​​ (1948, 1951); A. Agazzi,​​ I​​ problemi dell’educazione e della pedagogia​​ (1978).

Bibliografia

De Hovre F.,​​ Le Catholicisme,​​ ses pédagogues,​​ sa pédagogie,​​ Bruxelles,​​ Dewit, 1930; Olgiati F. (Ed.),​​ Indirizzi e conquiste della filosofia n.,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1934; Braido P.,​​ La teoria dell’educazione e i suoi problemi,​​ Zürich, PAS-Verlag, 1968; Coreth E. - W. M. Neidl - G. Pfliegersdorfer (Edd.),​​ La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX,​​ vol. II,​​ Ritorno all’eredità scolastica,​​ a cura di G. Mura e G. Penzo, Roma, Città Nuova, 1994; Mari G.,​​ Razionalità metafisica e pensiero pedagogico, Brescia, La Scuola, 1998; Coreth E.,​​ Antropologia filosofica, Brescia, Morcelliana, 2004.

P. Braido

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NEOSCOLASTICA PEDAGOGICA

NEOTOMISMO

 

NEOTOMISMO

Il movimento tradizionalista creato da J. de Maistre, L. de Bonald e il primo Lammenais domina tutta la prima metà del XIX secolo. Resta ancora potente dopo il 1850, perché favorito dalla reazione politica e sociale che segue alle rivoluzioni del 1848. Certo, inizialmente questo movimento era ostile a ogni razionalismo, in particolare ai grandi scolastici medievali, accusati di essersi lasciati sedurre dall’aristotelismo. Questo severo giudizio si attenua dopo il 1850 e il tradizionalismo diventerà alleato oggettivo del rinnovamento tomista.

Apparso fin dall’inizio del secolo in alcuni seminari dell’Italia, in particolare a Piacenza, alimentato da un’ondata romantica per il medioevo, questo ritorno al tomismo trova partigiani sempre più numerosi: in Germania, attorno a J. Clemens, H. Plassmann, C. von Schàzler, A. Stockl e soprattutto padre Kleutgen; nella Spagna attorno a padre Gonzàlez; in Francia attorno al sac. d’Hulst; in Belgio attorno a padre Lepidi e all’università di Lovanio; assai più in Italia tra i gesuiti, i padri Sordi (Serafino e Domenico) e Taparelli, e in modo del tutto particolare il piccolo gruppo che fin dalla sua fondazione, nel 1849, dirige “La Civiltà Cattolica”: padri Liberatore, Mazzella, Cornoldi. A Napoli viene lanciata una accademia tomista per opera di G. Sanseverino, incoraggiato dal suo vescovo, amico del card. Pecci, che nel 1878 diventa papa Leone XIII.

Questi, durante il suo episcopato a Perugia (1846-1877), è fortemente interessato al rinnovamento tomista. Fin dall’inizio del suo pontificato egli pubblica l’enciclica “Aeterni Patris” (4-8-1879) in cui spiega che vi è stretta connessione tra la deplorevole situazione politica e sociale del mondo cristiano e le funeste dottrine sparse da molto tempo dai filosofi. Bisogna quindi “tornare, in tutte le scuole cattoliche, alla filosofia cristiana in accordo con il pensiero di san Tommaso”. Il tomismo è presentato come​​ controveleno​​ nei confronti delle dottrine sovversive della famiglia e della società, e come quintessenza di ciò che gli autori scolastici hanno insegnato di buono.

La Gregoriana e l’università di Lovanio (con il sac. Mercier) saranno i due poli del rinnovamento tomista. Bisogna però riconoscere che nei seminari e negli scolasticati un esclusivismo attaccato più alla lettera che allo spirito di san Tommaso ha potuto andare di pari passo con l’abuso dell’argomento di autorità e una misconoscenza della filosofia e delle scienze moderne.

La restaurazione del tomismo da parte di Leone XIII appoggia la crescente autorità e centralità romana promulgata nel Vaticano I. Parallelamente, è proprio la concezione di una Chiesa potente e gerarchica che la pastorale di allora e il metodo deduttivo in catechesi promuovono fortemente. Il Vaticano I distingueva, per unirli, l’ordine della ragione e l’ordine della fede. Anche 1’”Aeterni Patris” riconosce la consistenza propria della filosofia, però afferma che in caso di conflitto apparente tra filosofia e teologia, solo la Chiesa può essere arbitro. Anche i catechismi distinguono verità naturali e verità soprannaturali che noi dobbiamo credere senza poterle comprendere. Sulla base della filosofia tomista, Leone XIII intende promuovere un rinnovamento globale della società, postulando un ordine naturale, immutabile, oggettivo, di cui in pratica la Chiesa è la più efficace custode. Pastorale e C. “funzionano socialmente” in questo senso: hanno insegnato il rispetto dell’autorità che viene da Dio, l’armonia tra le classi di cui le disuguaglianze appartengono anch’esse all’ordine naturale. L’enciclica “Rerum novarum” attribuisce alla natura umana le inevitabili disuguaglianze, ma anche il diritto dell’operaio a un giusto salario.

In questo modo la restaurazione autoritaria del tomismo, anche se potè apparire come una volontà di bloccare le innovazioni, si inserisce tuttavia in un movimento più ampio di azione sociale; nell’ambito intellettuale, essa promuove le ricerche storiche e filosofiche.

Bibliografia

R. Aubert,​​ Aspects divers du néo-thomisme sous le pontificai de Leon XIII,​​ nel vol.​​ Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII,​​ Roma, 1961, 133-248; L. De Raeymaeker,​​ Le Cardinal Mercier et l'Institut Supérieur de philosophie de Louvain,​​ Louvain, 1952;​​ L’enciclica Aeterni Patris.​​ Atti dell’VIII congresso tomistico internazionale, Roma 1980, 3 vol., Roma, Ed. Vaticana, 1981; L. Foucher,​​ La Philosophie catholique en France au XIX' siede,​​ Paris, Vrin, 1955; P. Orlando,​​ Il Tomismo a Napoli nel secolo XIX.​​ La scuola dei Sanseverino, vol. I:​​ Fonti e documenti,​​ Roma, Univ. Lateranense, 1968; In. et al.,​​ Saggi sulla rinascita del Tomismo nel secolo XIX,​​ Città del Vaticano, 1974; P. Thibault,​​ Savoir et pouvoir. Philosophie thomiste et politique clericale au XIX' siede,​​ Quebec, Univ. Lavai, 1972.

Elisabeth Germain

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NEOTOMISMO

NEOUMANESIMO PEDAGOGICO

 

NEOUMANESIMO PEDAGOGICO

Orientamento culturale e pedagogico ted. fiorito fra la fine del XVIII e la prima metà del XIX sec. incentrato sull’idea del primato formativo della cultura classica in quanto espressione ideale insuperata di umanità.​​ 

1.​​ Contenuti.​​ Il n. presenta diverse componenti e comprende nel suo seno differenti autori di grande importanza e significatività – Lessing, Goethe, Herder, Schiller, von Humboldt, Schleiermacher, Wolff – , che appaiono tutti, sia pur nella varietà dei loro contributi e dei loro apporti, tesi ad affermare, di contro al predominio dell’​​ ​​ Illuminismo razionalistico di stampo francese, una nuova idea di​​ ​​ Umanesimo e, conseguentemente, un nuovo principio formativo. Dall’impianto illuministico viene ripreso il principio dell’universale, ma esso viene sottratto all’equivalenza con una astratta razionalità di tipo scientifico-concettuale per essere coniugato con le istanze dell’immediatezza individuale e storica. Nasce, in questo modo, l’idea dell’universale-concreto, e quindi della possibilità di ritrovare in una espressione ben individualizzata ed esistente di attività (identificata, a seconda dei vari autori, nella poesia, nel​​ ​​ gioco, nella storia, nella religione) o di civiltà (idealtipica la grecità classica) le «forme» assolute nelle quali l’umanità ha impresso la sua caratteristica impronta. Esistono, quindi, delle forme originarie ideali che, attraverso la formazione (Bildung),​​ devono essere riproposte per divenire il fondamento educativo del nuovo umanesimo. Sul piano metodologico, il n. presenta due fondamentali diramazioni: la prima si muove in direzione soprattutto storica ed estetica, mentre la seconda, che ispirerà le riforme degli studi liceali ed universitari pressoché in tutto l’Occidente, segue un orientamento di tipo filologico-letterario. In sostanza, con una pedagogia degli «ideali» da conquistare convive una pedagogia dei «modelli» da imitare, che, sul piano scolastico, ha finito col prevalere.

2.​​ Riprese e limiti.​​ Nel nostro sec. le più dirette riprese delle posizioni del n. si sono avute in Germania attraverso la riproposizione della​​ ​​ paideia greca come ideale pedagogico ed in Italia nel quadro dell’idealismo assoluto gentiliano, che ha sostanzialmente mutuato dalla tradizione humboldtiana l’assetto del sistema dell’istruzione nazionale. Connessioni con la mentalità neoumanistica si possono trovare anche nelle formulazioni essenzialistiche della pedagogia americana (v. ad es. il Progetto Paideia). Il nodo critico fondamentale è costituito dalla difficoltà di sciogliere le esigenze del n. in una visione realmente universale in senso democratico e popolare dello sviluppo. Ugualmente cruciale è l’analisi delle derive che lo hanno portato a sfociare in alterazioni di carattere nazionalistico e statalistico contrarie, alla fin fine, agli stessi assunti di partenza.

Bibliografia

Blättner F.,​​ Storia della pedagogia moderna e contemporanea,​​ Roma, Armando, 1961, 183-196; Leser H.,​​ Il problema pedagogico,​​ voll. III (388-576) e IV, Firenze, La Nuova Italia, 1965; De Pascale C. (Ed.),​​ Il problema dell’educazione in Germania: dal n. al Romanticismo,​​ Torino, Loescher, 1979; Adler M. J.,​​ Il​​ progetto Paideia,​​ Roma, Armando, 1985; Gennari M.,​​ Storia della Bildung, Brescia, La Scuola, 1995.

C. Scurati

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