LUBIENSKA DE LENVAL Hélène

 

LUBIENSKA DE LENVAL Hélène

Hélène Lubienska de Lenval, nata nel 1895, d’origine polacca, morì a Bruxelles il​​ 23-81972,​​ nel 77° anno della sua vita. Aveva espresso la sua opposizione verso ogni biografia che la riguardasse dicendo: “L’intera mia vita è nella mia opera”. Noi cerchiamo di rispettare il suo desiderio.

Amica di M. →​​ Montessori,​​ L. percorse, nel corso della sua riflessione sull’educazione e sulla C., alcune tappe originali che la condussero dalla pedagogia profana verso quella che ella chiamò “la pedagogia sacra”. Inizialmente era rimasta sedotta dall’attenzione e dall’ardore di lavoro dei “nuovi fanciulli” delle classi montessoriane. Si interrogava sulle cause di questi atteggiamenti poco comuni negli scolari. La Montessori attribuiva la concentrazione e la gioia dei suoi allievi alla “libertà” che regnava nelle sue classi. “Questa interpretazione non mi è mai parsa soddisfacente”, scriveva più tardi L. La spiegazione che stava cercando le venne da altra parte. “L’ambiente favorevole elaborato da M. Montessori è costituito da due elementi propri alla tradizione monastica, vale a dire: il​​ silenzio e​​ il lavoro​​ individuale​​ (o lo sforzo personale)”.

L. aveva scoperto la base su cui fondare il suo apporto personale nell’ambito dell’educazione. Ella insistette sulla attitudine dei fanciulli alla​​ contemplazione​​ naturale, apparentata con la ispirazione poetica. Più tardi la sua intuizione si precisò. Due altri elementi della vita monastica, la​​ solennità​​ e la​​ salmodia,​​ le sembrarono eminentemente educativi, e li introdusse nella sua pedagogia religiosa “Ecco cosa ci vuole per il fanciullo, non la fretta, né la immobilità. (...) Le lezioni solenni non si dimenticano mai. Feci della solennità una regola: ogni attività, soprattutto la lezione di religione, sia una vera celebrazione. Per ciò che riguarda la salmodia, essa ha di particolare che la sua parola non serve per esprimere il pensiero discorsivo, ma per farlo tacere”.

Più tardi ella precisò le “correlazioni” fra la Scrittura, la liturgia e la lezione di religione. “La pedagogia sacra deve destare l’interesse per Dio, fissare l’attenzione su Dio e suscitare l’attenzione per Dio”. Il metodo ricercato — uno spirito — era la trasposizione della pedagogia di Dio nella Bibbia nei confronti di Abramo, Mosè, il popolo eletto, i profeti, in corrispondenza con le vie tracciate dalla liturgia. Tutto ciò è spiegato nel suo importante opuscolo​​ Pédagogie sacrée​​ (“Bible et Vie chrétienne”, 1962, n. 47; trad. ital.:​​ Pedagogia sacra,​​ Leumann-Torino, LDC, 1967). La Bibbia vissuta attraverso il gesto, in unione con la preghiera di Cristo che vive nella liturgia, conduce i fanciulli verso il silenzio interiore.

La sacra pedagogia è stata praticata da numerosi gruppi, di fanciulli e adulti. La liturgia solenne, la salmodia accompagnata da gesti, la messa “in movimento” intesa come azione sacra, sono le espressioni che vengono richieste ai partecipanti, e che esigono da loro una vera conversione. Si spiega così la difficoltà di trovare dei continuatori capaci di vivere tale pedagogia interamente biblica e liturgica. In una ultima lettera circolare, “Urgences” (del 1972), L. ritorna sull’urgenza per la sacra pedagogia di staccarsi da una teologia diventata unicamente speculativa; poiché la C. richiede assai più: “Il silenzio del corpo: la flessibilità; il silenzio dell’anima: distacco dal discorso; il silenzio dello spirito: diventare orecchio teso verso lo Spirito”.

Bibliografia

Le citazioni di questo articolo sono da​​ La​​ contemplation​​ silencieuse chez les enfants,​​ in “Nova et​​ Vetera”​​ (Fribourg, 1955). “Bible et Vie Chrétienne”, nn. 1-94,​​ rispecchia​​ il​​ suo cammino.

Tra una dozzina di opere importanti e numerosi art. sulla C. consultare soprattutto:​​ L’Éducation du sens religieux,​​ Paris, Spes, 1946;​​ L’Éducation du sens liturgique,​​ Paris, Cerf, 1952; 1960​​ (trad, it.:​​ L'educazione del senso liturgico,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1953);​​ Le​​ silence, à l’ombre​​ de la parole,​​ Tournai,​​ Casterman,​​ 1954; 1965;​​ La liturgie​​ du geste,​​ ivi, 1956​​ (trad, it.:​​ La liturgia del gesto,​​ Catania, Ed. Paoline, 1958);​​ L’Éducation​​ de​​ l’homme​​ conscient,​​ Paris, Spes, 1956​​ (trad, it.:​​ L’educazione dell’uomo cosciente,​​ Roma,. Ed. Paoline, 1959);​​ L’univers biblique où nous vivons.​​ Tournai,​​ Casterman,​​ 1958;​​ Trêve de Dieu,​​ ivi,​​ 1959;​​ Les liturgies Orientales,​​ Colmar, Alsatia, 1963​​ (trad, it.:​​ Le liturgie​​ orientali,​​ Roma, Coletti,​​ 1965);​​ Lire les psaumes en Hébreu,​​ Paris, Ed. Universitaires, 1966.

Bernadette​​ Lorenzo

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LUBIENSKA DE LENVAL Hélène

LUDICITÀ

 

LUDICITÀ

Dal lat.​​ ludus,​​ ovvero​​ ​​ gioco, divertimento, passatempo. Insieme al significato di manifestazione pubblica a carattere religioso (ludi),​​ il termine indica, nell’antica Roma, la scuola e, conformandosi in​​ ludimagister,​​ il​​ ​​ maestro di scuola.

1. Accreditato da tale originaria accezione, primeggia, come intrinseco allo «stato» ludico, il carattere educativo. La l. si lega a un modo di vivere nella quotidianità, nonché a una modalità di rapporto dell’uomo con il mondo. «Ludico» non è semplicemente un atteggiamento o un comportamento sotteso all’attività di gioco, sebbene a questa la l. si connetta più frequentemente che ad altre manifestazioni ed espressioni umane. Nello sviluppo di molteplici esperienze culturali proprie dell’uomo, dal mito al culto, dalla rappresentazione estetica al linguaggio, è rintracciabile un​​ fattore ludico.​​ Processi, dinamiche ed essenze ludiche pervadono l’universo umano. Si potrà concludere che anche gli animali giocano, ma solo l’uomo è ludico.

2. La l. richiama qualità formative per il soggetto di qualsiasi età. Gioia e creatività, armonia e libertà sono racchiuse in essa. Le connotazioni della l. si saldano al vissuto personale piuttosto che a codici sociali, mentre le denotazioni riflettono prioritariamente i caratteri tipici del gioco. La l. è in grado di permeare, con le sue caratterizzazioni, l’esperienza di vita di ciascun essere umano, facendosi «semantica» personale e sociale. In tal senso, la stessa cultura può essere colta​​ sub specie ludi,​​ mentre l’uomo si appropria dell’attributo​​ ludens.​​ Accanto all’educazione che tiene conto della perfettibilità dell’homo​​ sapiens​​ e​​ faber,​​ si delineano quindi processi educativi volti al suo connaturale essere​​ ludens.​​ Nel lavoro e nel tempo libero, nello sport e nel gioco, la persona che partecipi ludicamente trae da se stessa valenze formative. Inoltre, la l. sostiene e incentiva il rapporto con l’altro in famiglia, a scuola e nella società, senza permettere che questa relazione si esaurisca in un semplice incontro casuale.

3. La partecipazione ludica e il vissuto ad essa correlato non possono essere imposti né limitati da necessità o ritualità quotidiane. Non sono individuabili ambiti esistenziali circoscritti spazio-temporalmente, ove la l. si esprima in modo preferenziale. L’infanzia vive spontaneamente tutto ciò che la sua natura le offre; la l. ne guadagna in termini di autenticità, creatività, originalità. L’adulto, al contrario, tende a falsificare la sua stessa essenza umana quando reprime la propria espressività ludica esaurendola in rari momenti di gioco. La l. è in grado di pervadere ogni linguaggio, inventando e realizzando molteplici fenomenologie.

Bibliografia

Huizinga J.,​​ Homo ludens,​​ Amsterdam, Pantheon Akademische, 1939;​​ Rahner H.,​​ Der spielende Mensch,​​ Einsiedeln, Johannes, 1952; Fink E.,​​ Spiel als Weltsymbol,​​ Stuttgart, Kohlhammer,​​ 1960;​​ Caillois R.,​​ Les jeux et les hommes. Le masque et le vertige,​​ Paris, Gallimard, 1967;​​ Moltmann J.,​​ Die ersten Freigelassenen der Schöpfung. Versuche über die Freude an der Freiheit und das Wohlgefallen am Spiel,​​ München, Kaiser,​​ 1971 (trad. it.:​​ Sul gioco.​​ Saggi sulla gioia della libertà e sul piacere del gioco,​​ Brescia, Queriniana, 1988); Kaiser A.,​​ Antropologia pedagogica della l., Brescia, La Scuola, 1996.

A. Kaiser

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LUDICITÀ

LUMEN VITAE

 

LUMEN VITAE

Il​​ Centro​​ “Lumen Vitae”​​ venne fondato nel​​ 1935 a Lovanio,​​ sotto​​ il​​ titolo​​ Centre Documentaire Catéchétiqué.​​ Il​​ Centre International d’Étude de la Formation religieuse “Lumen Vitae”​​ ha sede​​ in Rue Washington,​​ 184186,​​ B-1050 Bruxelles.​​ Dal​​ 1948​​ è costituito come “Association sans but lucratif” (A.S.B.L.)​​ di diritto belga.​​ Il​​ primo presidente fu Georges → Delcuve. Il Centro pubblica la​​ Revue internationale​​ de la​​ formation religieuse​​ “Lumen Vitae”. La rivista è trimestrale; ogni numero è dedicato a un tema principale; si pubblica in due edizioni, una francese e una inglese, a partire dal 1946. Padre Pierre → Ranwez, assistito dal padre A. Godin, fondò nel 1955 la​​ École Supérieure Catéchétiqué.​​ Si tratta di una scuola catechetica del vicariato francofono dell’agglomerato bruxellese, che forma insegnanti di religione e responsabili della formazione religiosa per le scuole e per le parrocchie. L’E.S.C. offre un ciclo di tre anni di studio, che dà diritto al diploma legale di “agrégé​​ de​​ l’enseignement religieux”​​ per la scuola elementare e il ciclo inferiore della scuola secondaria. Per il ciclo superiore della scuola secondaria, l’E.S.C. offre un certificato di studi complementari per i candidati che possiedono già l’abilitazione per l’insegnamento delle materie profane. Questo istituto offre anche numerose attività di formazione permanente per gli insegnanti di religione e per i formatori religiosi di ogni specie. Tali giornate di formazione permanente sbocciano spesso nella pubblicazione di “dossiers”, in cui si fa il dialogo con le istanze contemporanee applicandole alle problematiche cat. Il secondo dipartimento d’insegnamento del Centro Lumen Vitae è costituito dall’IwrZz/«/​​ International de​​ Catéchèse​​ et de Pastorale.​​ Padre G. Delcuve, con la sua équipe, organizzò nel 1956 un congresso ad Anversa, al quale parteciparono 450 catechisti provenienti dal mondo intero. Dai voti dei partecipanti è nato nel 1957​​ l’Année​​ catéchétique​​ internationale.​​ Dopo un anno di sperimentazione il padre Delcuve assunse il rischio di fondare​​ l’Institut​​ International de​​ Catéchèse​​ et de Pastorale.​​ L’istituto offre una formazione nell’ambito della teologia pratica. Le linee portanti della formazione sono: formazione teologica; iniziazione alle analisi di pastorale e di C. per mezzo delle scienze appropriate; l’iniziazione a molteplici forme di pratica. Dal 1957 l’Istituto attira studenti di tutti i continenti. È affiliato all’Università cattolica di Lovanio, e offre la licenza in C. e pastorale. Il​​ Centre​​ International​​ d’Études​​ de la​​ Formation Religieuse​​ “Lumen Vitae”​​ è membro della​​ Conférence des​​ OIC​​ a partire dal 1952. Il riconoscimento del Centro come Organizzazione Internazionale Cattolica da parte della Santa Sede data dal 1951, ed è stato riconfermato nel 1972. Il Centro dispone di una biblioteca e di un centro di documentazione a livello internazionale. Nel 1956 ha fondato la​​ Commission internationale​​ de​​ psychologie religieuse​​ (affiliata alla​​ Société internationale​​ de​​ psychologie religieuse).​​ Questa Commissione offre un premio quinquennale in psicologia religiosa. Il Centro dispone pure di un dipartimento per la pubblicazione di manuali e di libri.

Bibliografia

J. Bouvy,​​ Le​​ Centre​​ International​​ d’Etudes​​ de la​​ Formation Religieuse​​ Lumen Vitae,​​ in “Lumen Vitae” 35 (1980) 61-68; J. Pélissier,​​ Le​​ Centre​​ International “Lumen Vitae”,​​ in “Lumen Vitae” 15 (1960) 209-222.

André Knockaert

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LUMEN VITAE

LUOGHI DELLA CATECHESI

 

LUOGHI DELLA CATECHESI

Si chiamano LdC tutte quelle realtà o ambiti​​ dove,​​ di fatto o di diritto, si svolge l’attività cat.

I documenti della C., la letteratura cat. e la stessa esperienza indicano generalmente come LdC: la famiglia, la scuola, la comunità ecclesiale (spec. la parrocchia), le associazioni, i gruppi, i movimenti e i mezzi di comunicazione sociale. In un senso più largo, si può intendere per LdC anche quei​​ momenti​​ o​​ occasioni​​ dove è possibile svolgere opera di C., come per es. le celebrazioni liturgiche, le forme di religiosità popolare, incontri, ritiri, ecc. (si vedano le voci corrispondenti). Ognuno dei LdC ha le sue caratteristiche, possibilità e problemi in ordine alla realizzazione della C. (e per questo si rimanda alle singole voci). Lungo la storia, è anche possibile osservare tempi e luoghi dove appare preponderante l’importanza di qualcuno dei L. citati, come la scuola, o la famiglia, o la parrocchia, ecc. Nella situazione contemporanea, possiamo raccogliere alcune​​ istanze​​ e​​ problemi​​ che si riferiscono in modo particolare al tema globale dei LdC.

1.​​ È generale la convinzione che il luogo per eccellenza e il punto di riferimento essenziale per la C. è la​​ comunità cristiana:​​ “Il luogo o ambito naturale della C. è la comunità cristiana» (Messaggio Sinodo ‘77,​​ 13). Con ciò si vuol indicare non solo uno​​ spazio​​ concreto come luogo privilegiato di C., ma anche un​​ criterio​​ generale di discernimento: soltanto quelle realtà e ambiti che sono comunità o espressione della comunità cristiana possono legittimamente essere considerati L. della C.

2.​​ In collegamento con l’esigenza comunitaria, si sottolinea anche spesso l’urgenza e convenienza della C.​​ in gruppo​​ e della C.​​ di gruppo.​​ “Il gruppo assume un’importanza sempre crescente nella C.” (DCG 76). Per le sue possibilità di ordine pedagogico e pastorale (in quanto luoghi di apprendimento e di interiorizzazione) e per la sua valenza ecclesiale ( in quanto possibile esperienza di comunità) il gruppo costituisce per la C. un ambito privilegiato di realizzazione (cf​​ La C. de la​​ comunidad,​​ 283-285).

3.​​ Alla luce delle nuove esigenze della C. rinnovata e soprattutto del criterio comunitario, sono oggi oggetto di ripensamento, e qualche volta vengono anche messi in questione, alcuni L. tradizionali della C., come per es.:

— la​​ famiglia​​ che, nella sua riaffermata dignità di “chiesa domestica”, si vorrebbe più impegnata e corresponsabile nell’opera della C. (ma non senza contrasti e perplessità);

— la​​ parrocchia,​​ che “deve restare l’animatrice della C. e il suo luogo privilegiato” (CT 67), ma che sperimenta oggi una forte crisi ed è, in ogni caso, bisognosa di profonda trasformazione (cf​​ La C. de la​​ comunidad,​​ 269);

— la​​ scuola,​​ soprattutto quella pubblica e/o statale, che in molti contesti non appare più come luogo adatto per una C. in senso proprio (ciò che ha portato alla progressiva distinzione tra C. e IR);

— le​​ associazioni​​ e​​ movimenti,​​ luoghi tradizionali e benemeriti di C., cui oggi si chiede spesso di superare una certa tendenza all’isolazionismo e allo spirito di “setta”;

— i​​ mezzi di comunicazione sociale,​​ che offrono indubbiamente nuove insospettate possibilità, ma anche non pochi motivi di perplessità, spec. i grandi mezzi di comunicazione di massa (mass-media).

4.​​ D’altra parte c’è il fatto promettente dell’emergere di​​ nuovi luoghi​​ per la C.:

— anzitutto le nuove​​ piccole comunità​​ (cf​​ Messaggio Sinodo ‘77,​​ 13) o​​ comunità di base,​​ giustamente considerate, se ben realizzate, “luoghi di evangelizzazione” e “speranza per la Chiesa universale” (EN 58;​​ Puebla​​ 96);

— in altre parti, come in Francia, si preferisce parlare di → “lieu catéchétique” (Texte de réf.​​ 3.1.1.), come ambiente vitale comunitario attorno ai soggetti della C. Come si vede, si prospetta oggi per la C. una ricca varietà e possibilità di L., il che ripropone anche in termini nuovi il problema del coordinamento e armonizzazione della prassi cat.

Bibliografia

G.​​ Adler –​​ G.​​ Vogeleisen,​​ Un​​ siècle​​ de​​ catéchèse en France​​ 1893-1980,​​ Paris,​​ Beauchesne,​​ 1981, 457-474; E. Alberich,​​ Catechesi e prassi ecclesiale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1982, 190-226;​​ J. Colomb,​​ Al servizio della fede,​​ vol. 2, ivi, 1970, 601-696; P.​​ Ranwez,​​ Aspects contemporains​​ de la pastorale de l’enfance,​​ Paris,​​ Vitrail,​​ 1950; “Spazi” e strutture della catechesi,​​ in «Via Verità e Vita» 27 (1978) n. 70; M. Van Caster,​​ Strutture della catechesi,​​ Roma, Ed. Paoline, 1971, cap. XVII.

Emilio Alberich

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LUOGHI DELLA CATECHESI

LUTERO Martin

 

LUTERO Martin

Nato il 10-11-1483 a​​ Eisleben,​​ morto ivi il 18-2-1546, Martin Luther si rende presto conto che la maggior parte dei cristiani non sanno praticamente nulla circa la loro fede. Perciò predica già dal 1516 sui “tradizionali capitoli cat.” del tardo medioevo: Credo, Padre nostro, Decalogo. La sua preoccupazione è di mettere come fondamento della preparazione a una dignitosa recezione dei sacramenti quella che ritiene l’autentica tradizione della Chiesa primitiva. Perciò pone il decalogo come griglia principale per la preparazione alla confessione ed elimina i cataloghi di peccati e di virtù dell’epoca (→ Canisio):​​ Kurze Erklärung der Zehn Gebote​​ (1518). L.​​ cerca anche di diffondere maggiormente la conoscenza e la comprensione delle formule fondamentali della fede (per​​ es.​​ Auslegung des Vaterunsers für die einfältigen Laien,​​ 1519).​​ L’istruzione​​ orale —​​ chiamata catechismo!​​ —​​ doveva anche, nella misura del possibile, trovare diffusione per iscritto. Poiché i tentativi fatti fino a quel momento erano giudicati insoddisfacenti, e i catechismi da lui commissionati (a J.​​ Jonas​​ e J. Agricola 1525) si erano arenati, egli stesso, fortemente impressionato dai risultati catastrofici della sua visita nella Sassonia (il popolo è ignorante e i parroci sono incapaci di istruire), redige il​​ Piccolo​​ e il​​ Grande Catechismo​​ (1529), basandosi sulle sue prediche cat. Il​​ Piccolo​​ (in conformità con la vecchia usanza) uscì inizialmente come singole “tavole del catechismo”. Dal punto di vista formale L. segue il catechismo (“Kinderfragen) dei Fratelli Boemi. II​​ Piccolo Catechismo​​ è destinato ai semplici parroci (di campagna) e ai “padri di famiglia” (contadini benestanti); è pensato come​​ esempio​​ del modo di predicare in​​ tale situazione​​ le verità cristiane fondamentali che poi a casa — con domande appropriate sulle cose ascoltate — si possono approfondire (cf la formulazione stereotipa, per es.: “Il Padre nostro. Come un padre di famiglia dovrebbe spiegarlo nel modo più semplice alla sua famiglia”; seguono poi le domande e le risposte).

Il​​ Grande Catechismo​​ approfondisce di più la materia ed è maggiormente impegnativo, quindi è pensato per “progrediti” (soprattutto parroci). L’interesse di L. è strettamente pedagogico-cat.: ciò che è saldamente verificato e fondato deve essere spiegato tenendo conto della situazione (quindi in senso esistenziale), ovviamente con le accentuazioni della Riforma, senza però le controversie teologiche e senza il tentativo di trasportare nel catechismo la teologia scientifica. Perciò il catechismo comprende le tre formule di fede di cui sopra, già note e usate nel tardo medioevo; vi si aggiungono i sacramenti (battesimo ed eucaristia) e più tardi anche una preparazione alla confessione e un’appendice con preghiere e regole di vita ricavate dalla S. Scrittura (“tavole domestiche”). La successione di queste formule non ha tanto (supposto che ce l’abbia) un significato teologico, quanto un significato​​ didattico-,​​ il cristiano deve anzitutto sapere che cosa deve​​ fare​​ (decalogo); deve poi sapere da dove riceverà la forza per farlo (credo/fede), e in che modo può “cercare e ottenere” questa forza (Padre nostro/preghiera).

Questo catechismo vorrebbe essere una breve ed elementare spiegazione della S. Scrittura, che offre (per le “persone semplici”) quanto è necessario per la salvezza. Perciò non comprende (a differenza del cattolico G. Witzel) una piccola storia sacra. L. mira in primo luogo (secondo la buona tradizione medievale) all’istruzione dei fanciulli tra il battesimo e la comunione, di cui il padre di famiglia è responsabile. Conseguentemente non si stanca mai di inculcare il “governo cristiano della casa”: l’educazione cristiana, “educare al servizio di Dio”, è dovere dei genitori; in questa opera essi possono e devono essere i cooperatori di Dio. L’istruzione poi deve essere accompagnata dalla vita cristiana; il catechismo è perciò il libro della casa e il libro della vita (cf in particolare​​ Von den guten Werken,​​ 1520;​​ Vom ehelichen Leben,​​ 1522). Inoltre L. richiede energicamente la creazione di scuole cristiane (cf in particolare​​ An die Ratsherren aller Städte deutschen​​ Landes,​​ dass sie christliche Schulen aufrichten und halten sollen,​​ 1524;​​ Etne Predigt, dass man Kinder zur Schule halten solle,​​ 1530).

Anche altri luterani hanno redatto catechismi. Quelli di L. però hanno avuto la maggiore autorevolezza. Anzi, nel 1580 furono inseriti nel​​ Konkordienbuch, e​​ di conseguenza dichiarati appartenenti agli scritti dottrinali vincolanti della confessione luterana. In tal modo un testo che raccoglie esempi per la C. divenne un testo per la C., che a sua volta deve essere spiegato; ciò che era pensato in chiave didattico-situazionale veniva letto ormai nella prospettiva teologico-dogmatica. In tal modo la S. Scrittura diventava in qualche modo dipendente dal catechismo (come mezzo per spiegarlo). Ben presto il​​ Piccolo Catechismo​​ divenne libro​​ scolastico​​ delle nuove istituzioni scolastiche della Riforma, e strumento dottrinale dell’ortodossia, che (insieme alle spiegazioni aggiuntive) occorreva anzitutto imparare a memoria.

Il Pietismo cercò — ma soltanto attraverso provvedimenti metodologici — di ristabilire il rapporto tra catechismo e vita, e intraprese a insegnare la “storia sacra” come elemento didattico a sé stante. L’ → illuminismo non fece altro che stimolare alcune revisioni. Il sec. XIX pose il fondamento per la restaurazione del​​ Piccolo Catechismo,​​ che fino a non molto tempo fa ha determinato l’IR luterano.

Le intenzioni di L. non ebbero molto seguito. Furono offuscate, fra l’altro, dal fatto che il suo testo venne frainteso come norma giuridica. Stando però a ciò che egli stesso voleva (e guardando con sufficiente senso critico il suo ardore di istruire), si può dire che ancora oggi L. offre risposte essenziali al sempre attuale problema del catechismo.

Bibliografia

Per le opere di Lutero, cf la ediz. di Weimar, 1883ss (spec. vol. 30,1). In italiano: M. Lutero,​​ Scritti religiosi.​​ A cura di V.​​ Vinay,​​ Torino, UTET, 1968 (riporta il piccolo cat. alle pp. 673-697); I.​​ Asheim,​​ Glaube und Erziehung bei Luther,​​ Heidelberg, 1961; P. Braido,​​ Il messaggio catechistico di Lutero nel contesto della “teologia della pietà”, in “Orientamenti Pedagogici” 31 (1984) 215-236; H.-J.​​ Fraas,​​ Katechismustradition. Luthers kleiner Katechismus in Kirche und Schule,​​ Göttingen, 1971; O. Frenzel,​​ Zur katechetischen Unterweisung im Zeitalter der Reformation und Orthodoxie,​​ Leipzig, 1915; F. Hahn,​​ Die evangelische Unterweisung in den Schulen des 16. Jahrhunderts,​​ Heidelberg, 1957; H.-B. Kaufmann,​​ Von M. L. lernen, was christliche Erziehung ist,​​ in “Pastoraltheologie” 72 (1983 ) 382-386; Ch. Moufang,​​ Katholische Katechismen des 16. Jahrhunderts in deutscher Sprache,​​ Mainz, 1881; J. M. Reu, Af.​​ Luthers Kleiner Katechismus,​​ München, 1929; G. Strauss,​​ Luther’s House of Learning,​​ Baltimore-London, 1978.

Eugen Paul

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LUTERO Martin

LUZURIAGA MEDINA Lorenzo

 

LUZURIAGA MEDINA Lorenzo

n. a Valdepeñas nel 1889 - m. a Buenos Aires nel 1959, pedagogista spagnolo.

1. È stato uno dei principali innovatori dell’educazione in Spagna e in​​ ​​ America Latina nella prima metà del sec. XX. Frequentò la​​ Escuela Superior de Magisterio e l’Universidad​​ di Madrid. Completò gli studi pedagogici nelle università di Jena e Berlino. Ispettore di Insegnamento elementare, lavorò nel Museo Pedagógico Nacional di Madrid sotto la direzione di​​ ​​ Cossío, portando a termine una intensa attività di ricerca e di diffusione delle idee pedagogiche. Dal 1933 fu professore di Organizzazione dell’insegnamento e politica pedagogica a Madrid. Intellettuale impegnato, partecipò nella lotta per la modernizzazione della scuola; preparò la relazione che la Scuola Nuova presentò al Partito Socialista Operaio spagnolo, e occupò cariche importanti nell’Amministrazione durante la Seconda repubblica spagnola. A causa della guerra civile dovette partire per l’esilio e cominciò la seconda parte della sua vita, privata e pubblica, in Argentina. Fu nominato professore dell’Università di Tucumán e poi ottenne la cattedra di Storia dell’educazione e della pedagogia presso l’Università di Buenos Aires. Prese parte a numerose iniziative culturali come la creazione dell’editrice «Losada» (in cui diresse la celebre «Biblioteca pedagógica») e della rivista «Realidades».

2. L., tipico rappresentante della generazione del 1914, capeggiata da​​ ​​ Ortega y Gasset, suo ispiratore in campo filosofico, riceve un forte influsso dal pensiero pedagogico di​​ ​​ Giner de los Ríos, di​​ ​​ Natorp, di​​ ​​ Kerschensteiner​​ e di​​ ​​ Dewey, che si riflette nella proposta e nell’impegno di formazione dell’uomo libero e completo. Perché questo ideale possa essere raggiunto da tutti gli esseri umani, L. propone e difende vigorosamente la scuola attiva e pubblica, neutrale e unificata. Tra i numerosi scritti, vanno ricordati come più importanti:​​ El analfabetismo en España​​ (1919),​​ La escuela unificada​​ (1922; recente ediz.: Madrid, 2001),​​ La educación nueva​​ (1927),​​ Historia de la educación pública​​ (1949),​​ Pedagogía social y política​​ (1954).​​ D’altra parte uno dei maggiori successi come pubblicista è stata l’edizione durata quindici anni della «Revista de Pedagogía» (1922-1937) a Madrid e un anno a Tucumán, in cui furono presentate tempestivamente in castigliano le idee pedagogiche più innovatrici del momento storico.

Bibliografia

Ruiz Berrio J., «L.L.M.», in Á. Galino (Ed.),​​ Textos pedagógicos iberoamericanos,​​ Madrid, ITER, 1968, 1605-1626;​​ L.L. y la política educativa de su tiempo,​​ Ciudad Real, Diputación Provincial, 1986; Barreiro V.,​​ L.L. y la renovación educativa en España (1889-1936),​​ A Coruña, Do Castro, 1989; Lozano Seijas, C., «La coherencia de un liberal honrado». Prólogo a L.L.,​​ La escuela nueva pública, Buenos Aires, Losada, 2002, 9-44.

J. Ruiz Berrio​​ 

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LUZURIAGA MEDINA Lorenzo
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