JAMES William

 

JAMES William

n. a New York nel 1842 - m. a Chocorua (New Hampshire) nel 1910, filosofo e psicologo statunitense.

1. Nato in una agiata e raffinata famiglia di intellettuali segue negli anni della prima giovinezza la famiglia in numerosi viaggi in Europa e compie in parte la sua formazione scolastica in Francia e in Svizzera. Dilaniato tra vocazioni artistiche e scientifiche, tormentato dalla esigenza di conciliare la sua forte propensione al misticismo con il pensiero scientifico frequenta dapprima la Lawrence Scientific School ed entra poi nel 1863 alla Harvard Medical School. Dal 1865 trascorre 18 mesi in Germania dove approfondisce lo studio della medicina. Dopo la laurea (1869) attraversa un periodo di profonda depressione, che lo porterà alle soglie del suicidio; lavora tra il 1873 e il 1876 all’Harvard College come istruttore di anatomia e di fisiologia e, nonostante la sua scarsa propensione per il lavoro sperimentale, apre quello che è considerato il primo laboratorio di psicologia degli Stati Uniti. Inizia, nonostante le sue perplessità sulla condizione prescientifica della​​ ​​ psicologia, da lui paragonata alla «fisica prima di Galileo e alla chimica prima di Lavoisier» a tenere dei corsi di psicologia in cui discute in particolare i rapporti tra biologia, fisiologia e psicologia. Nel 1885 è nominato professore di filosofia e, tra il 1889 e il 1897, insegna psicologia. Nel 1890 pubblica la sua opera principale​​ The principles of psychology.

2. Abbandonato il suo interesse sistematico per la psicologia, J. si dedica alla filosofia, divenendo uno dei principali esponenti del pragmatismo americano. Continua tuttavia a occuparsi di psicologia, pubblicando tra l’altro una versione ridotta dei​​ Principles​​ e proponendo in​​ Talks to teachers on psychology and to students on some of life’s ideals​​ (1902), una applicazione in campo pedagogico delle sue tesi filosofiche e psicologiche. Nuovamente in Europa, tiene ad Edimburgo una serie di conferenze, le​​ Gifford Lectures,​​ che saranno pubblicate con il titolo​​ The varieties of religious experience: a study on human nature​​ (1902). Nel 1905 partecipa al V congresso di psicologia a Roma, presentando una relazione sulla «Nozione di coscienza». Negli ultimi anni pubblica importanti opere di filosofia, tra cui​​ A pluralistic universe​​ (1909), fortemente influenzata dal pensiero del filosofo francese H. Bergson.

3. Nella sua opera principale,​​ The principles of psychology,​​ considerato il classico della psicologia statunitense, J. applica alla comprensione dei fenomeni psichici un metodo insieme fenomenologico e genetico-funzionale di matrice darwiniana. Dopo aver sostenuto che la psicologia è una scienza naturale e che soltanto una conoscenza del funzionamento nervoso e cerebrale può consentire una conoscenza profonda delle nostre idee, propone una spiegazione degli eventi mentali in termini fisiologici. La memoria viene così spiegata in termini di vie cerebrali e le emozioni vengono interpretate sulla base della teoria (nota come teoria di J.-Lange), già formulata nel 1884 nell’articolo​​ What is an emotion?​​ Identificando l’emozione con le sensazioni somatiche che la accompagnano, J. sosteneva essenzialmente che tali manifestazioni somatiche precedono e rendono possibile l’emozione, che diventa così consapevolezza (psicologica) dello stato corporeo alterato venuto progressivamente ad instaurarsi. Sulla base di un empirismo radicale, inteso come accettazione della varietà e ricchezza delle forme dell’esperienza oltre che della centralità dello studio del funzionamento del sistema nervoso, J. sostiene la necessità di integrare i dati ottenuti con l’introspezione con quelli derivanti dall’utilizzazione rigorosa dell’osservazione di laboratorio e del metodo comparativo, e dà inizio a quello spostamento dall’analisi della coscienza allo studio del comportamento che porterà al comportamentismo watsoniano. Secondo J., inoltre, la mente è sempre impegnata in una attività di scelta e la coscienza, «che è sempre più interessata ad una parte del suo oggetto che ad un’altra e accetta, respinge o sceglie continuamente ciò che pensa [...] è caratterizzata dal perseguimento di mete future e dalla scelta dei mezzi per raggiungerle». La coscienza dunque (che farebbe la sua comparsa nell’uomo come strumento di adattamento all’ambiente) può adeguatamente essere descritta dalla metafora di un fiume che scorre. In polemica con l’elementismo degli strutturalisti, J. propone quindi il concetto di flusso di coscienza, di un continuum cioè, in perenne mutamento, non ulteriormente scomponibile e analizzabile. Ritiene inoltre che un costituente fondamentale della coscienza personale, che è possibile cogliere utilizzando il ricorso all’introspezione, sia rappresentato dal Sé empirico, e cioè da «tutto ciò che si è tentati di chiamare con il nome di me». Nel Sé empirico, secondo J., sono identificabili diversi aspetti, descrivibili come «Sé materiale» – e cioè il corpo, i propri genitori, i propri oggetti –, «Sé sociale» – e cioè il modo in cui ci considerano gli altri («ogni uomo, scrive J., ha tanti sé sociali quanti sono gli individui che lo riconoscono e ne portano l’immagine nella loro mente») – e «Sé spirituale» e cioè la dimensione interna o soggettiva dell’uomo, le sue facoltà o disposizioni psichiche.

Bibliografia

Allport G. W.,​​ W.J. and the behavioral sciences,​​ in «Journal of H. S. Behavioral Sciences» 2 (1966) 145-147; Dazzi N.,​​ Introduzione a W.J. Antologia di scritti psicologici,​​ Bologna, Il Mulino, 1981; Guarnieri P.,​​ Introduzione a J., Bari, Laterza, 1985; Johnson M. G. - T. B. Henley (Edd.),​​ Reflections on the principles of psychology: W. J. after a century,​​ Hillsdale, Lawrence Erlbaum Associates, 1990; Montolalu J. J.,​​ Truth as dynamic experience in W.J. ‘s pragmatism, Romae, P. Universitas Urbaniana, 1995; Costa C.,​​ L’io e Dio.​​ L’esperienza religiosa in W. J., Roma, Armando, 2002; Stara F.,​​ Passione,​​ azione e ragione: il credo pedagogico di W.J., Ibid., 2004.

F. Ortu - N. Dazzi

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JAMES William

Jaskot Grzegorz

Nato il 01.06.1952 a Pasłęk (Polonia); morto il 05.05.2020 a Roma; Prima professione: 08.09.1970 a Kutno; Professione perpetua: 24.06.1976 a Czaplinek; Ordinazione sacerdotale: 12.06.1979 a Ląd; Segretario Ispettoriale dell’Ispettoria PLE (Varsavia) – 1979 al 1984; Vicario Ispettoriale della stessa Ispettoria – 1990 al 1993; Consigliere Ispettoriale della stessa Ispettoria – 1993-1996; Casa generalizia Roma – 2002-2008; Vice Economo della Visitatoria UPS – 2008-2020. Don Jaskot è stato ricoverato presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma il 21 aprile e nei giorni successivi trasferito nel reparto di terapia intesiva Covid.

L’intera comunità accademica si stringe intorno al dolore della famiglia e lo ricorda nella preghiera al Signore Risorto, perché lo accolga tra le sue braccia misericordiose.

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Jaskot Grzegorz

JOVELLANOS Melchor Gaspar de

 

JOVELLANOS Melchor Gaspar de

n. nel 1744 a Gijón - m. a Vega de Eo (Asturias) nel 1811, poligrafo illuminista spagnolo.

1. J. pone l’educazione in cima ai suoi molteplici interessi, e preconizza lo studio di determinate materie fuori dell’università, che considera irriformabile, a causa del suo corporativismo oltranzista:​​ Discurso sobre la necesidad de cultivar en el Principado el estudio de las Ciencias Naturales​​ (1782); fonda a Gijón (Asturie) un edificio dedicato all’insegnamento delle «scienze utili», il​​ Real Instituto de Náutica y Mineralogía: Discurso inaugural del Real Instituto de Náutica y Mineralogía​​ (1794). Aggiungerà presto un’iniziazione alle scienze umane:​​ Discurso sobre la necesidad de unir el estudio de la Literatura al de Ciencias Naturales​​ (1797). Il​​ Reglamento literario e institucional del Colegio de Calatrava​​ (1790) costituisce il suo principale contributo alla formazione universitaria. Nella​​ Sátira a Ernesto,​​ una delle migliori poesie del secolo, critica la deplorevole educazione delle classi privilegiate. Il​​ Plan de educación de la nobleza​​ (1798), redatto per sua diretta ispirazione, corrisponde al periodo in cui fu ministro di Grazia e Giustizia (1797-98).

2. J. espone in maniera sistematica il suo pensiero pedagogico in un’opera tardiva, la​​ Memoria sobre Educación Pública​​ o​​ Tratado teórico práctico de enseñanza​​ (1802?). Parte dal concetto di​​ educabilità​​ come categoria definitoria dell’essere umano, e approfondisce le relazioni tra istruzione e morale, alla luce del postulato personale della libertà:​​ l’istruzione​​ sarà lo strumento universale di educazione, mentre la​​ virtù​​ è il suo obiettivo principale. J., che introduce in Spagna il termine​​ educazione civica,​​ le dà in quest’opera grande spazio. Nelle​​ Bases para un Plan general de Instrucción Pública​​ (1809) J. definisce le caratteristiche dell’educazione generale: pubblica, universale, civica, umanistica, estetica e tecnica. Pone una speciale enfasi nell’educazione della​​ ​​ donna. La dominante pedagogica del suo riformismo rende J. una figura emblematica dell’​​ ​​ Illuminismo.

Bibliografia

Álvarez-Valdés y Valdés J.,​​ J.,​​ enigmas y certezas, Gijón, Fundación Alvargonzález y Fundación Foro J. del Principado de Asturias, 2002; Caso J.,​​ Vida y obra de J.,​​ Oviedo, Cajastur, 2004; Sánchez Corredera S.,​​ J. y el jovellanismo, Oviedo, Pentalfa, 2004

Á. Galino - Á. del Valle

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JOVELLANOS Melchor Gaspar de

JUGOSLAVIA

 

JUGOSLAVIA

I.​​ Croazia

Con l’avvento dei comunisti al potere in Croazia e in tutta la Jugoslavia, nel 1945, l’IR diventa facoltativo; nel 1951 viene completamente eliminato dalla scuola. Pochi anni dopo si incomincia a organizzare l’istruzione religiosa negli spazi delle chiese. Questa situazione ha messo la Chiesa stessa di fronte a un duplice problema: la scarsità del personale adeguatamente preparato; la mancanza di spazi convenienti, di catechismi e di altri mezzi cat.

Riguardo al personale, dal 1956 il vescovo di​​ Djakovo, Bäuerlein,​​ cura incessantemente la preparazione delle religiose per il lavoro cat. nella sua diocesi. Il vescovo di Spalato, Franic, fonda nel 1968 un liceo cat. per le religiose. Il bisogno di nuovo personale cat. esige un orientamento pastorale dello studio teologico, la fondazione di istituti cat. o di istituzioni simili (Zagabria 1963; Sarajevo 1975;​​ Rijeka​​ 1978).

A livello della​​ Conferenza episcopale jugoslava​​ (BKJ), si crea nel 1970 il​​ Consiglio cat.​​ (KV) con il compito di promuovere la formazione permanente dei catechisti. Questo si fa principalmente attraverso le​​ Scuole cat. estive​​ (KLJS), le quali si tengono una volta all’anno per la durata di 6-10 giorni, in diverse località; tali scuole prevedono lezioni scientifiche e lavoro pratico nei gruppi. Per le suore sono le superiore (UVRPJ) a organizzare le​​ Scuole cat. invernali​​ con una struttura simile a quella descritta sopra.

In diverse diocesi si fondano oppure si riattivizzano gli uffici e i consigli cat. Anche le comunità religiose hanno istituzioni per la promozione e il coordinamento del lavoro cat.

Un ruolo importante per il movimento cat. in Croazia — specialmente nella pubblicazione delle riviste (“Katehist”, 1963-1970, “Rok”, 1979 [6 numeri], “Kateheza”, 1979), dei catechismi e di altra letteratura cat. — viene svolto dai diversi​​ Centri cat.​​ (KSC, KIC), dalle case editrici (KS, KSC, GK), dai servizi cat. (PAKS) e dai gruppi specializzati (Symbolon).

Per quanto riguarda i​​ catechismi,​​ inizialmente ci sono quelli anteriori alla seconda guerra (Kolarek, Pavic); poi vengono le traduzioni dei catechismi tedeschi, austriaci, sloveni, francesi, canadesi. Dal 1971 ci sono propri catechismi (Weissgerber, diocesi di Subotica, Baricevic-Zelic ed al., Kustic, Surjan...).

Fra le istituzioni rilevanti va segnalato il Centro Cat. Salesiano (KSC), fondato nel 1971 con l’intenzione di studiare e promuovere l’azione pastorale-cat. Tale obiettivo viene attuato attraverso la rivista “Kateheza” (per ora l’unica di tale genere in Croazia e in tutta la Jugoslavia), attraverso tre collane di libri scientifico-pratici, e infine attraverso i mezzi audiovisivi. Va menzionato inoltre​​ Symbolon,​​ gruppo operativo di natura interdisciplinare che contribuisce considerevolmente aH’animazione pastorale-cat. permanente con seminari e con la pubblicazione dei catechismi​​ Piccolo concilio​​ (MAK); questo gruppo ha lasciato un’impronta rilevante nella realtà cat. con le “olimpiadi” dell’istruzione religiosa. Importante per il futuro del movimento cat. croato è il documento dei vescovi:​​ L’annuncio gioioso del Vangelo e l’educazione nella fede​​ (1983). È il primo documento della BKJ relativo al rinnovamento e alla promozione della C.

Attualmente l’istruzione religiosa graduale e completa è organizzata dalla prima all’ottava classe. Per quanto riguarda le scuole secondarie e superiori (Università), l’istruzione religiosa dipende in buona parte dall’iniziativa personale. Finora non esiste un programma unico per l’istruzione religiosa nello spazio della lingua croata. La​​ Commissione per la pianificazione e la programmazione​​ presso la BKJ ha cercato di coordinare l’azione cat. promulgando direttive, e preparando un direttorio cat. e programmi speciali per le diverse età.

Bibliografia

Biskupi Jügoslavrje,​​ Redosno​​ navjestanje​​ Evandjelja i​​ odgoi​​ u​​ vjeri,​​ Zagreb,​​ KS, 1983; I. PaviC​​ Yugoslavia.​​ La catéchèse en Slovénie, en Croatie et chez les catholiques de la diaspora,​​ in “Lumen​​ Vitae”​​ 26 (1971) 155-161; T. Sagi-Bunic,​​ Vriieme​​ suodgovornosti​​ I, Zagreb, KS, 1981, 505-541; M. Simunovic,​​ Sadasnji katechetski trenutak u nas,​​ in “Rok”​​ 1 (1979) 3, 126-135; T. Trstenjak,​​ Katehetske Ijetne skole od prve ideje do desetgodisnjeg jubileja,​​ in “Kateheza” 6 (1984) 66-74.

Marko​​ PranjiC

II.​​ Slovenia

Dopo la seconda guerra mondiale, dal 1945 al 1953, l’IR in Slovenia si svolge nelle scuole come prima della guerra. Dal 1953, dopo la separazione dello Stato dalla Chiesa. l’IR si svolge nelle parrocchie.

1.​​ Il periodo di C. scolastica tradizionale, dal 1945 al 1953.​​ Fino al 1918 la Slovenia fece parte dell’impero austroungarico, e quanto all’IR vigevano le leggi scolastiche austriache. Esse stabilivano due ore di religione la settimana nelle scuole elementari e medie; nelle scuole professionali invece le ore di religione erano determinate secondo un comune accordo. Metodologicamente s’imponeva il metodo di Monaco o di Vienna, a cui si aggiunse negli anni ’30 l’apporto della scuola di​​ Kerschensteiner,​​ e proprio allo scoppiare della seconda guerra mondiale il metodo kerygmatico di J. A.​​ Jungmann.​​ Anche nei territori del litorale sloveno — occupato dall’Italia — vigeva lo stesso sistema con qualche variazione, dato che l’Italia conservò nella Venezia Giulia la legislazione austriaca. Dopo la seconda guerra mondiale, fino al 1953, la Repubblica Socialista Jugoslava tollerò l’IR nelle scuole per gli alunni che volevano prendervi parte, pagando gli insegnanti di religione come prima della guerra.

2.​​ Il periodo della C. parrocchiale, dal 1953 a oggi​​ (1984).​​ Nel 1953 in Jugoslavia avvenne la separazione dello Stato dalla Chiesa. L’IR fu bandito dalla scuola e gli insegnanti non vennero più retribuiti dallo Stato. La Chiesa stessa dovette provvedere i locali in cui insegnare. Furono anzitutto le sagrestie, le chiese o le sale un po’ più grandi nelle parrocchie. Insegnavano sacerdoti diocesani e religiosi. Data la scarsità di carta e di materiale da stampa negli anni postbellici, si faceva scuola di religione senza libri, oppure si usavano quelli dell’anteguerra.

a)​​ Dal 1953 al 1965​​ (fine del Concilio Vaticano II) la Chiesa cercò di organizzare l’insegnamento in quei locali improvvisati su basi totalmente nuove: a) si conservò il metodo di insegnamento scolastico secondo le classi, ma con un’ora sola la settimana, invece delle due ore precedenti; b) insegnavano quasi esclusivamente i parroci e i cappellani; c) accanto all’insegnamento regolare settimanale per le 8 classi elementari​​ e​​ per i giovani fino ai 18 anni, c’era l’insegnamento complementare per la prima confessione, la prima comunione e la confermazione; d) ci si serviva di testi stampati a ciclostile, oppure si usava​​ II piccolo catechismo​​ redatto dal sac. Antonio Smerkolj e stampato a Belgrado. In questo lavoro di comporre e stampare nuovi testi furono molto intraprendenti i sacerdoti della regione Primorska (litorale sloveno).

b)​​ Dal 1965 al 1971.​​ 1) Il Concilio fece appello alla cooperazione dei laici. Nel 1965 venne costituita presso la Facoltà Teologica di Ljubljana la Scuola di catechetica, per istruire e preparare i laici all’IR. Questa scuola si sviluppò molto bene, così che oggi conta 200 allievi. Attualmente nelle tre diocesi di Ljubljana-Maribor-Koper vi sono più di 150 laici insegnanti di religione. 2) L’arcivescovo di Ljubljana, mons. Joief Pogacnik, curò una traduzione del​​ Catechismo Cattolico​​ della Germania (1955) dividendolo in tre parti, e così rese possibile l’IR nelle classi elementari superiori; a Maribor Steiner, Kozar e Lasbacher scrissero nuovi testi per le elementari. 3) Nel 1958, sotto la guida dell’arcivescovo Pogacnik venne precisato l’intero programma cat. 4) Nello stesso anno venne costituito il Consiglio cat. interdiocesano, che contribuì molto al progresso cat., specialmente con la cooperazione di Smerkolj e Metlikovec. 5) Grande apporto al movimento cat. fu dato dal Centro cat. salesiano, che sotto la guida di Frane Mihelcic e Vinko Furlan forniva ai catechisti numerosi sussidi, libri, diapositive, quadri, volantini, ecc. 6) Dei bambini dell’asilo si occupò con catechiste specializzate Joze Bertoncelj. 7) Vennero introdotti corsi di catechetica su scala interdiocesana. 8) Alla Facoltà di Teologia di Ljubljana s’incominciò a studiare sistematicamente la catechetica su base antropologica e pedagogica. 9) Alla ricerca pratico-teoretica della C. si dedicò Albert Metlikovec. 10) Gli addetti alla C. presero parte a corsi di studio in Germania, Austria e Italia. In questo fu di grande aiuto il Deutscher Katecheten Verein.

c)​​ Dal 1971 al 1984.​​ Il secondo Congresso Internazionale di C., tenutosi a Roma nel 1971, e specialmente il DCG diedero nuovo impulso all’insegnamento. 1) Metlikovec e Smerkolj pubblicarono, in base ai più recenti sviluppi della C., un nuovo manuale per la​​ 5a​​ elementare; Frane Mihelcic ne scrisse uno per la​​ 6a,​​ Joze Zupancic per la​​ 7a,​​ e ancora Frane Mihelcic per l’8a​​ classe. 2) Si cominciarono a preparare manuali per le classi elementari inferiori: vi lavorarono Cecilija Zuzek OSU, e Radogost Grafenauer SJ, ma specialmente Alojzij Snoj SDB, il quale elaborò, in base a seria ricerca scientifica, un nuovo metodo e aprì nuove possibilità di sviluppo della C. in Slovenia. 3) Si iniziarono corsi annuali per il perfezionamento dei catechisti a Mirenski Grad, corsi che presto divennero un importante fattore di progresso per la catechetica e la pastorale nella Slovenia. 4) Per suggerimento degli incaricati della C. e pastorale, si fondò la rivista bimensile “Cerkev v sedanjem svetu”, in cui i catechisti e gli addetti alla pastorale si comunicano e scambiano i principi teoretici e l’esperienza pratica. 5) In questi ultimi mesi (1984) si stanno preparando nuovi testi per le classi elementari superiori, sulla base dei manuali austriaci redatti da Bliem-Korherr.

Walter Dermota

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JUGOSLAVIA

JUNG Carl Gustav

 

JUNG Carl Gustav

n. a Kesswil (Svizzera) nel 1875 - m. a Küsnacht nel 1961, psicologo e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica.

1. Nato in una famiglia fortemente religiosa (il padre era pastore protestante), compì la sua formazione all’Università di Basilea, ove conseguì la laurea in medicina nel 1902. Studiò con lo psicopatologo francese P. Janet alla Salpêtrière e fu assistente dello psichiatra svizzero E. Bleuler al Burghölzli. L’incontro che nel 1907 ebbe con​​ ​​ Freud costituì una svolta nella sua vita. L’anno seguente, infatti, fu nominato redattore del primo periodico di​​ ​​ psicoanalisi, lo​​ «Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschung», e nel 1911 fu eletto presidente della Società psicoanalitica internazionale. Divergenze radicali sul carattere non sessuale della​​ libido,​​ portarono J. a rompere definitivamente i suoi rapporti con Freud e ad aprirsi a problematiche filosofiche, letterarie, storiche, religiose, esoteriche. Per salvare la psicoterapia in Germania dagli attacchi del regime nazista, nel 1933 accettò la presidenza della​​ Allgemeine ärztliche Gesellschaft für Psychotherapie.​​ A partire dal 1935 tenne lezioni al Politecnico di Zurigo, al Centro Tavistock di Londra, alla Harvard University di Cambridge, alla Yale University di New Haven. Nel 1948 fondò a Zurigo un istituto di ricerca che ancora oggi porta il suo nome.

2. Uno degli aspetti particolarmente nuovi all’interno del sistema junghiano è quello che riguarda la​​ libido.​​ Mentre, infatti, Freud la considerava come unica fonte di energia psichica, vero aspetto pulsionale e sola spinta al comportamento, J. riteneva che in realtà nell’uomo sono presenti diverse forme di energia psichica, tutte importanti e decisive come spinte pulsionali, e tra esse va collocata – senza alcun primato particolare – la​​ libido.​​ Un altro aspetto che differenzia J. da Freud riguarda la combinazione tra causalità e teleologia. Secondo lo psicologo svizzero, infatti, il comportamento quotidiano è dovuto, oltre che a tutta una serie di fattori causali (storia individuale, razza, appartenenza, ecc.), anche a orientamenti finalistici, ossia a fini e aspirazioni che ogni singolo individuo scorge dinanzi a sé nel corso della sua esistenza.

3. Di conseguenza, la teoria della personalità di J. sottolinea non tanto i determinismi biologici e i legami infantili, il più delle volte traumatici, così come sostiene Freud, ma il bagaglio di un passato molto più lontano, che affonda le radici nelle primitive esperienze della specie umana e che è composto da miti, religioni, usi e riti. Di conseguenza, 1’​​ ​​ inconscio non è considerato esclusivamente un ricettacolo individuale di esperienze infantili rimosse, ma anche il luogo collettivo di una psiche oggettiva, che rimanda alle basi filogenetiche, istintuali della specie umana; ed è proprio all’inconscio collettivo che appartengono gli​​ archetipi,​​ che sono strutture fondamentali dell’esperienza psichica, predisposizioni a rivivere le esperienze essenziali della specie umana, modelli o stampi su cui si specificano le diverse tappe della maturazione umana.

4. Tra gli​​ archetipi​​ J. considera di massima importanza il​​ Selbst​​ (il Sé), che è l’immagine della maturità psichica, il modello dell’integrazione funzionale e della stabilità della personalità. Esso è il punto centrale, attorno a cui si raggruppano tutti gli altri sistemi, li mantiene uniti e dà equilibrio, unità e stabilità. All’educatore, quindi, è affidato il compito di garantire l’«autosviluppo sorvegliato» del bambino e di tenerlo lontano da ogni tipo di pericolo, così che possa raggiungere l’unione armonica del conscio con l’inconscio.

Bibliografia

J.C.G.,​​ Psicologia ed educazione,​​ Roma, Astrolabio, 1947; Id.,​​ Determinanti psicologiche del comportamento umano,​​ in​​ Opere,​​ vol. VIII, Torino, Bollati Boringhieri, 1976, 131-143; Storr A.,​​ J., Milano, Mondadori, 1990; Carotenuto A.,​​ C.G.J. La strada dell’individuazione, in Id.,​​ Trattato di psicologia della personalità e delle differenze individuali,​​ Milano, Cortina, 1991, 193-251; De Rosa G.,​​ J.,​​ la religione e il cristianesimo,​​ in «La Civiltà Cattolica» 145 (1994) 3449, 445-458; 3452, 129-142; Màdera R.,​​ C.G.J. Biografia e teoria, Milano, Mondadori, 1998; Fizzotti E. - M. Salustri,​​ C.G.J., in Idd.,​​ Psicologia della religione con antologia dei testi fondamentali, Roma, Città Nuova, 2001, 75-102; Gaillard C.,​​ Il museo immaginario di C.G.J., Bergamo, Moretti & Vitali, 2003; Pieri P. F.,​​ Introduzione a J., Roma / Bari, Laterza, 2003; Vitale A.,​​ Terapia e suggestione. Il potere emotivo della falsa coscienza. Il caso C.G.J., Roma, Aracne, 2006.

E. Fizzotti

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JUNG Carl Gustav

JUNGMANN Josef Andreas

 

JUNGMANN​​ Josef Andreas

Nacque nel 1889 a​​ Sand​​ in​​ Täufer​​ (Alto Adige), allora in Austria. Entrato nel seminario diocesano, divenne prete secolare nel 1913. Dopo un’esperienza pastorale significativa di quattro anni entrò nell’Ordine dei Gesuiti a Innsbruck, dove fece la carriera universitaria come professore di teologia pastorale. Insegnò liturgia, catechetica e pedagogia.

J. non fu esclusivamente un catecheta, però non si può nemmeno affermare che si sia occupato di cat. solo casualmente. Le opere che gli meritarono il titolo di “pioniere”, “iniziatore”, “precursore”, furono quelle di natura cat. Guidato dall’idea che senza una conoscenza storica dello sviluppo del cristianesimo non sia possibile indicare una via al rinnovamento dell’annuncio della fede (Glaubensverkiindigung), J. scrutò con pazienza tenace “il vissuto” pastorale (das Gewordene) dai suoi inizi, là dove la forma primitiva dell’annuncio era ancora chiara e intelligibile e dove “l’aggancio” nuovo era ricco di promesse. L’annuncio primordiale della fede, secondo J., era concentrato intorno al Cristo risorto. Con il tempo, però, prevalgono altri temi, e il kerygma primario venne gradualmente oscurato e frammentato. Si scompose in diversi oggetti: la divinità del Signore, la sua vita terrena, il mistero della Trinità, lo Spirito Santo, la Madre di Dio, la Chiesa, i sacramenti, i santi. L’analisi di questo cambiamento ci porta alle lotte cristologiche, precisamente alla lotta contro l’arianesimo.

Tale insistenza influì gravemente sul kerygma primitivo, frantumandolo in sezioni separate. Nella situazione di “cristianità”, che si prolungò per molti secoli, l’arte dell’annuncio della fede passò in secondo piano. Oggi però, in condizioni completamente cambiate, occorre, secondo J., un ritorno “alla totalità” (zum Ganzen). Egli insiste fortemente sulla concentrazione e soprattutto sulla retta percezione del Cristo risorto: occorre una C. “Christozentrik”. Per questo il nostro annuncio della fede deve partire dal presupposto di comunicare agli ascoltatori un’immagine completa, e come tale deve orientarsi sempre verso un centro. Questo centro deve essere solamente Cristo. Egli è il nucleo di concentrazione, il cerchio da cui i raggi si dipartono in tutte le direzioni, rimanendo però sempre uniti in un unico punto. Per quanto riguarda questo centro, J. afferma: non si tratta di presentare Cristo solamente come una Persona eminente, la più grande figura della storia umana, ma di presentare lo sviluppo della sua opera redentrice sia nello svolgersi dei fatti, sia nella loro connessione interna. Se disegniamo Cristo, dice

J., non lo dobbiamo presentare con le mani vuote.

Sotto l’influsso di J. (morto nel 1975), la catechetica attuale ha imparato che il compito cat. non si risolve con il solo rinnovamento del metodo. L’interesse primario si rivolge ora al contenuto della C., e porta a una salutare presa di coscienza del nucleo della lieta novella. L’opera scientifica di J. merita attenzione. La maggioranza delle sue pubblicazioni riguarda il campo liturgico. Altre sue opere dilatano il quadro contenutistico e trattano seriamente la problematica pastorale-cat. Senza di esse J. non sarebbe quello che è. Esse furono alla base della controversia kerygmatica; diedero l’impulso decisivo a ripensare “pastoralmente” tutto lo studio teologico, trovando un’eco nelle discussioni dei Padri durante il Concilio Vaticano II; rappresentano una nuova fase nel rinnovamento cat.

Bibliografia

1.​​ Opere.

Vie Stellung Christi im liturgischen Gebet,​​ Münster, Aschendorff, 1925;​​ Vie Frohbotschaft und unsere Glaubensverkündigung,​​ Regensburg, Pustet, 1936;​​ Christus als Mittelpunkt religiöser Erziehung,​​ Freiburg, Herder, 1939;​​ Neue Konzentration in der religiösen Unterweisung,​​ in “Katechetische Blätter” 66 (1940) 41-44;​​ Kerygmatische Fragen,​​ in «Zeitschrift für katholische Theologie» 65 (1941) 153-160;​​ La place de​​ Jésus-Christ​​ dans la​​ catêchèse​​ et la​​ prédication,​​ in «Lumen Vitae» 7 (1952) 573-582;​​ Katechetik.​​ Aufgabe und Methode der religiösen Unterweisung, Freiburg, Herder, 1953. Trad. ital.​​ Catechetica,​​ Alba, Ed. Paoline, 1956;​​ Glaubensverkündigung im Lichte der Frohbotschaft,​​ Innsbruck, Tyrolia, 1963. Trad. ital.​​ La predicazione alla luce del Vangelo,​​ Roma, Ed. Paoline, 1965.

2.​​ Studi.

B. Fischer – H. B. Meyer (ed.),​​ J. A. Jungmann, ein Leben für Liturgie und Kerygma,​​ Innsbruck, Tyrolia, 1975; M. PranjiC,​​ Christus als Mittelpunkt der Glaubensverkündigung nach J. A. Jungmann,​​ Zagreb, KSC, 1983.

Marko Pranjic

KAMPMANN Theoderich

1.​​ Biografia.​​ Nato 1’11-8-1899 a Hattingen (Ruhr); dopo la prima guerra mondiale studiò teologia a Bonn, Paderborn e Freiburg; fu ordinato sacerdote nel 1924 e svolse attività pastorali a Bochum e Hagen; studiò le opere di Dostoevskij e Kierkegaard; ebbe incontri con Cari Muth (riv. “Hochland”) e Theodor Haecker; dal 1926 fu insegnante di religione in scuole superiori a Bochum e (dal 1953) a Hagen; nello stesso tempo studiò germanistica, storia e filosofia a Münster, dove si laureò nel 1931 (doti, in filosofia) con una tesi su​​ Dostoevskij in Deutschland;​​ dal 1935 fu professore di pedagogia e di catechetica all’accademia filosofico-teologica di Paderborn; dopo la seconda guerra mondiale fondò l’opera di formazione cristiana “Die Hegge” e un istituto secolare femminile che porta lo stesso nome; dal 1956 fu professore di pedagogia religiosa e di kerygmatica all’università di Monaco; nel 1964-1965 fondò a Monaco un istituto internazionale di pedagogia religiosa ; nel 1968 diventò emerito; proseguì l’attività letteraria fino alla morte​​ (6-41983)​​ a Monaco.

2.​​ Pedagogia cristiana.​​ Ricollegandosi al concetto classico (antico e umanistico) di formazione, K. pone come fine dell’educazione cristiana il “compimento dell’essere”. Egli distingue tra “educazione antropocentrica” (formazione personale riferita alla totalità dell’essere umano) e “istruzione cosmocentrica” (introduzione alla realtà differenziata del mondo, della natura, della cultura e della storia). L’educazione religiosa consiste inoltre in una “lettura teocentrica di primo grado”, che si realizza come incontro con il mistero della vita e dell’essere come tale, e in cui l’uomo è coinvolto nella profondità e nel centro della sua persona. La “lettura teocentrica di secondo grado” indica infine l’incontro con il Dio vivente, nel modo in cui è reso possibile attraverso la rivelazione di questo Dio nella storia.

3.​​ Annuncio indiretto.​​ Il concetto “annuncio indiretto” è il più caratteristico della pedagogia religiosa di K. Ricollegandosi al metodo della “comunicazione indiretta” di Kierkegaard, K. sviluppa un’ermeneutica di testi letterari, in cui seleziona e interpreta affermazioni sull’esperienza religiosa e cristiana della vita ricavate dalle opere di Shakespeare, Dostoevskij, Werner​​ Bergengruen, Gertrud von​​ Le Fort, ecc. In questo modo la poesia diventa testimonianza della ricerca religiosa dell’uomo e di forme personali di fede che si esprimono in molteplici aspetti. Il fatto di poter incontrare in modo indiretto, comunque molto penetrante, gli autori nelle loro esperienze religiose concrete, può diventare per i destinatari dell’IR e dell’annuncio un impulso efficace per la coscientizzazione religiosa personale e per una scelta di fede, come pure per un confronto diretto con la dottrina della fede della Chiesa (catechismo).

Bibliografia

1.​​ Opere.

Anthropologische Grundlagen ganzheitlicher Frauenbildung,​​ 2​​ vol.,​​ Paderborn, 1946;​​ Kierkegaard als religiöser Erzieher,​​ Paderborn, 1949;​​ Die Welt Werner Bergengruens,​​ Warendorf, 1952;​​ Gelebter Glaube,​​ Warendorf, 1957;​​ Dichtung als Zeugnis,​​ Warendorf, 1958;​​ Erziehung und Glaube,​​ München, 1960;​​ Das Geheimnis des Alten Testaments,​​ München, 1962;​​ Das Kirchenjahr,​​ Paderborn, 1964;​​ ]ugendkunde und Jugendführung,​​ 2​​ vol.,​​ München, 1966-1970;​​ Das verhüllte Dreigestirn​​ (Bergengruen, von Le Fort, Schneider), Paderborn, 1973.

2.​​ Studi.

G. Lange – W. Langer (ed.),​​ Via​​ indirecta.​​ Beiträge zur Vielstimmigkeit der christlichen Mitteilung (Festschrift zum 70. Geburtstag), München, 1969 (ampia bibl.).

Wolfgang Langer

KERYGMATICA (Catechesi)

Le espressioni C. «kerygmatica» (= ker.) e rinnovamento “kerygmatico” della C. vogliono indicare generalmente sia un​​ periodo​​ o una​​ tappa​​ particolare del movimento cat., sia​​ un’istanza​​ di riscoperta dell’essenziale e di ritorno al Vangelo valida per ogni forma di C.

I. Il rinnovamento ker. della C. nella storia del movimento cat.

Nella storia del mov. cat. del nostro secolo si è soliti distinguere, in termini generali, una prima tappa di rinnovamento​​ metodologico,​​ ispirata in gran parte dallo sviluppo delle idee​​ pedagogiche e psicologiche​​ (fino alla seconda guerra mondiale), e un secondo periodo chiamato​​ kerygmatico,​​ ispirato prevalentemente dal rinnovamento​​ teologico-pastorale e​​ centrato soprattutto sulla revisione del​​ contenuto​​ della C. e della predicazione (dalla seconda guerra mondiale al Vaticano II).

1.​​ L’humus generale di questa tappa ker. è quel generale “ritorno alle fonti” che, nella prima metà del sec. XX, ha caratterizzato i movimenti biblico, liturgico, patristico e teologico. In questo contesto, anche la C. ha avuto la possibilità di attuare una revisione contenutistica tante volte tentata, ma senza successo, lungo la storia, allorché pastori e catecheti più illuminati avevano propugnato il superamento dell’insegnamento religioso arido e astratto dei catechismi in nome di una presentazione più vitale, storica e organica del messaggio cristiano. Si pensi, per es., a figure come J. Fénelon​​ (16511715),​​ C. → Fleury (1640-1723), J. M. → Sailer (1751-1832), J. B. → Hirscher​​ (17881865),​​ J. H. Newman (1801-1880), P. Guéranger (1806-1875), mons. Landrieux​​ (18571926),​​ ecc. (cf → F. X. Arnold, 1953; J. → Colomb, 1969; A. Etchegaray Cruz, 1983). Al centro del rinnovamento ker. della C. si trova la riscoperta e valorizzazione del​​ kerygma​​ (= K.) apostolico, cioè del nucleo centrale dell’annuncio evangelico e della predicazione apostolica. Nel suo significato originario, il K., da zripócraciv (proclamare, annunciare), è il primo messaggio evangelico, la buona novella degli interventi salvifici di Dio nella storia, coronati nel mistero pasquale di Cristo (cf​​ At​​ 2,14-39). Contenuto essenziale del K. è l’annuncio del Regno di Dio realizzato in Gesù Cristo, morto e risorto, Salvatore e Signore della storia. Il K. è anche appello alla conversione e invito alla partecipazione, attraverso la fede e i sacramenti, nella vita e nella missione della Chiesa come popolo messianico. La riscoperta dell’importanza del K. e delle sue conseguenze in campo pastorale e cat. è stata vissuta in forma differente nelle due aree principali del movimento cat. europeo: quella tedesca e quella francese.

2.​​ Nell’area culturale tedesca​​ il rinnovamento ker. è legato anzitutto all’opera di → J. A. Jungmann (1889-1975) e al gruppo di gesuiti della Fac. Teol. di Innsbruck (Austria), promotori della riflessione e discussione attorno alla “teologia della predicazione” (“Verkiindigungstheologie”). Punto di partenza è stata l’opera di Jungmann,​​ Die Frohbotschaft und unsere Glaubensverkündigung,​​ Regensburg, Pustet, 1936, cui hanno fatto eco altri colleghi, come F. Lackner (Theorie einer Verkiindigungstheologie,​​ in “Theologie der Zeit” 3 [1939] 1-61), J. B. Lotz (Wissenschaft und Verkiindigung,​​ in “Zeitschrift​​ für​​ kath. Theol.” 62 [1938] 465-502), H. Rahner (1958).

L’istanza centrale di questo gruppo era un grido di allarme di fronte a una situazione pastorale molto negativa: quella cioè della conoscenza disarticolata, arida e senza mordente della fede da parte dei cristiani. Alla radice di questa realtà vengono individuati la C. dei catechismi tradizionali (che sono dei compendi di teologia scolastica), la predicazione e la stessa teologia imparata nei seminari, più preoccupata della chiarezza dei concetti che della vitalità del messaggio. Si auspica perciò una più precisa distinzione tra teologia e predicazione (“Dobbiamo conoscere il dogma, ma dobbiamo predicare il kerygma”); una visione rinnovata, armonica e entusiasmante del messaggio da trasmettere (“Bisogna che la predicazione ritorni ad essere l’annuncio di una grande gioia e il messaggio di una beatitudine: la gioia di Cristo nato, morto e risorto per noi, la beatitudine della volontà paterna di Dio profondamente conosciuta, liberamente accettata e generosamente seguita”: G. B. Guzzetti 1950, 267); anzi, la creazione di una scienza teologica speciale: la “teologia della predicazione”. Se la richiesta di una scienza teologica specifica è stata generalmente respinta dai teologi (cf ad es. M. Schmaus,​​ Brauchen wir eine Theologie der V erkündigung?,​​ in “Die​​ Seelsorge” 16 [1938-1939] 1-12), l’influsso effettivo della controversia ker. nella teologia, nella pastorale e nella C. è stato di enorme portata. Per ciò che riguarda la C., l’istanza contenuta nell’appello di Innsbruck è stata raccolta e approfondita da diversi pastoralisti e catecheti, quali per es. F. X. Arnold, → J. Hofinger, → G. Delcuve, → K.​​ Tilmann,​​ → F. Schreibmayr, D. Grasso (cf bibl.). E un frutto maturo del rinnovamento ker. è stato a suo tempo il famoso →​​ Catechismo cattolico tedesco​​ del 1955​​ (Katholischer​​ Katechismus der Bistùmer​​ Deutschlands,​​ Freiburg, Herder, 1955; trad. ital.:​​ Catechismo della dottrina cattolica,​​ Roma, Herder, 1957), presto tradotto e diffuso in tutto il mondo. Questo catechismo rappresentava, nella metodologia, l’applicazione del cosiddetto “metodo di → Monaco” e, nel contenuto, la condensazione del rinnovamento ker. della C.

Al suo apparire, fu salutato come una presentazione esemplare del messaggio cristiano (cf J. A. Jungmann,​​ Le nouveau catéchisme allemand. Une présentation modèle du​​ message​​ du salut,​​ in “Lumen Vitae” 10 [1955] 605-614), come una realizzazione che, riallacciandosi alla tradizione della predicazione apostolica e patristica, di sant’Agostino (De catechizandis rudìbus) e san Tommaso, del​​ Catechismo Romano e​​ dei pionieri del rinnovamento contenutistico della C. (come J. M. Sailer, J. B. Hirscher, ecc.), riusciva a ricomporre l’organicità e significatività del messaggio cristiano: “Il​​ Catechismo cattolico​​ presenta il “messaggio come un tutto organico, incentrato in Gesù Cristo, che tende vitalmente alla realizzazione del Regno di Dio. La religione cristiana non si riduce più a una serie di tesi o di verità raccolte in un sistema astratto, ma si presenta come la chiamata di Dio all’uomo, per salvarlo in Cristo” (lez. 13)» (A. Etchegaray Cruz, 1983, 323). Un’altra significativa manifestazione del rinnovamento ker. della C. è stata la​​ Settimana Internazionale di studio​​ sulla C. missionaria di Eichstàtt, Germania, del 1960 (cf bibl.). Questo convegno, organizzato da J. Hofinger, ha costituito, per la quantità, qualità e rappresentatività dei suoi partecipanti, un momento importante di approfondimento e di diffusione delle istanze ker. nell’esercizio della C.

3.​​ Dopo l’evocazione dei fatti e nomi particolarmente implicati nel rinnovamento ker. della C. nell’area tedesca, possiamo così riassumerne i principali principi e istanze:

— Distinzione tra​​ predicazione​​ (C.) e​​ teologia.​​ Questa ha sempre un ruolo importante di chiarificazione e di approfondimento, ma il contenuto della predicazione si deve ispirare più direttamente al Vangelo.

— Il​​ messaggio,​​ come contenuto, ha il primato sul​​ metodo:​​ “Non è il metodo che deve determinare il contenuto, ma viceversa il contenuto deve determinare il metodo dell’istruzione religiosa e della predicazione” (F. X. Arnold 1953, 78).

— La​​ S. Scrittura​​ non va più considerata come semplice “autorità” per confermare la dottrina, ma come vera​​ fonte​​ principale della C.

— In particolare, il K. apostolico va riscoperto come forma originaria del messaggio cristiano, che appare così non come un insieme di dottrine, comandamenti e riti, bensì come un lieto annuncio di salvezza. Il K. deve assicurare alla C. organicità e concentrazione, vitalità e significatività, un linguaggio aderente alla vita e il carattere di annuncio e di testimonianza.

— Il centro del K. è​​ il Cristo.​​ Di qui anche il carattere essenzialmente​​ cristocentrico​​ della predicazione e della C.: “Tutta la predicazione è per sua stessa natura cristocentrica, perché annunzio del piano divino della salvezza, tutto centrato nel Cristo. Vuol dire che l’ordine della C., quello cioè in cui disporrà le varie verità da proporre, sarà paragonabile non a quello di una catena, ma di una spirale, di una ruota nella quale tutti i raggi partono e si ricongiungono con un centro. La C. procede non per addizione, ma per assimilazione vitale” (D. Grasso 1960, 443). — Va riscoperto e valorizzato anche il carattere storico, salvifico e vitale della​​ storia della salvezza,​​ quale disegno interpellante di Dio che offre il suo amore e invita a una risposta impegnativa di amore.

— Nella predicazione e nella C. va curato in modo particolare il​​ collegamento organico​​ tra tutte le parti o aspetti del messaggio cristiano: dogma, morale, storia, liturgia e vita devono apparire come aspetti complementari di un unico mistero di salvezza, quello cioè del disegno di amore di Dio in Cristo, cui deve rispondere l’uomo.

4.​​ Nella​​ tradizione francese​​ il rinnovamento contenutistico della C. ha seguito altre vie e modalità, pur coincidendo nel​​ ritorno alle fonti,​​ specialmente bibliche (si pensi, per es. all’opera fondamentale di J. Colomb,​​ Aux sources du catéchisme,​​ Paris, Desclée,​​ 19461947).​​ Ma per quanto concerne il K., nel contesto pastorale e missionario della Chiesa francese è stato soprattutto sottolineato il suo carattere di​​ primo annuncio​​ del Vangelo ai non credenti, in vista della conversione. In questo senso, se per i tedeschi il K. rappresentava il nucleo genuino del messaggio in contrapposizione alla​​ teologia,​​ per i francesi il K. è soprattutto il momento missionario che precede la C. propriamente detta (cf A. Rétif, P. Hitz, A. Liégé, A. M. Henry). La C. da questo punto di vista, si distingue dal K., anche se è in continuità con esso: “In un certo senso, la C. non dice niente di più del K. Come, pure in un certo senso, la quercia non dice niente di nuovo riguardo alla ghianda da cui procede. La C. mostra tutto lo sviluppo e la virtualità del K. Ma la C. è rivolta ai convertiti che hanno già ricevuto, accolto e ascoltato il K.” (A. M. Henry 1961, 17). Come si vede, pur distinguendo chiaramente tra C. e K., si può sempre parlare di un rinnovamento ker. della C., in quanto questa trova sempre nel K. un modello a cui ispirarsi e un nucleo da sviluppare e approfondire (cf J. Colomb 1969, 6).

II. La C. ker.: pregi e limiti

Il rinnovamento ker. della C. ha avuto un ruolo di enorme importanza nel movimento cat. degli anni ’50 e ’60, in tutto il mondo. Nella sua scia si sono celebrati convegni, si sono rinnovati programmi e testi (si pensi, per l’Italia, alla diffusione dei testi​​ La scoperta del Regno di Dio,​​ Torino-Leumann, LDC, dal 1963), è stato avviato il rinnovamento cat. in molti paesi. Ma altre esigenze e problemi cat. ne hanno messo in risalto i limiti, soprattutto dopo il Vaticano II, obbligando a ridimensionarne la portata e impedendo di vedere in esso quasi il toccasana per rispondere a tutti i problemi della C. Due esempi: partendo dai problemi della predicazione missionaria, A. M. Nebreda, già fin dal tempo del convegno di Eichstàtt (1960), aveva avvertito sull’insufficienza del K. e sulla necessità di prestare più attenzione ai bisogni e ai condizionamenti antropologici dell’apertura alla fede (cf A. M. Nebreda,​​ Kerygma in crisis?,​​ Chicago, 1965). In un altro contesto, H. Halbfas ha anche messo a nudo le vistose carenze dell’annuncio ker. in una società secolarizzata e pluralista (cf H. Halbfas,​​ Linguaggio ed esperienza nell’insegnamento della religione,​​ Roma-Brescia, Herder-Morcelliana, 1970). E in questo senso, il movimento cat. postconciliare ha portato con sé un certo superamento dell’epoca ker., introducendo diverse altre istanze e accenti: la dimensione antropologica e esperienziale, la rilevanza politica e liberatrice della C., l’opzione evangelizzatrice, la dimensione comunitaria, la C. come comunicazione, ecc. Ma questo non toglie che il rinnovamento ker. rappresenti uno spirito sempre valido e abbia incorporato, nell’ambito della riflessione cat., una serie di valori (come il cristoccntrismo, l’ispirazione biblica, la visione organica e vitale del messaggio cristiano, ecc.) che oramai appartengono al patrimonio assodato del rinnovamento della C. nel nostro secolo.

Bibliografia

F. X. Arnold,​​ Il ministero della fede,​​ Alba, Ed. Paoline, 1953; J. Colomb,​​ Al servizio della fede,​​ vol. I, Leumann-Torino, LDC, 1969, 4-6; A. Etchegaray Cruz,​​ Storia della catechesi,​​ Roma, Ed. Paoline, 1983, 302-325; H. Fischer (ed.),​​ Histoire et signification du catéchisme biblique,​​ Paris, Ceri, 1958; D. Grasso,​​ Il kerigma e la predicazione,​​ in “Gregorianum” 41 (1960) 424-450; G. B.​​ Guzzetti,​​ La controversia sulla “teologia della predicazione”,​​ in “La Scuola Cattolica” 78 ( 1950)​​ 260282;​​ A. M. Henry,​​ Avant-propos de l’édition en​​ langue française,​​ in:​​ Renouvellement de la catéchèse​​ (cf sotto), 7-26; Io.,​​ La forza del Vangelo,​​ Assisi, Cittadella, 1969; P. Hitz,​​ L'annunzio missionario del Vangelo,​​ Roma, Ed. Romane Marne, 1959; J. Hofinger,​​ Notre message. Principaux thèmes de la prédication chrétienne,​​ Bruxelles, Lumen​​ Vitae,​​ 1955; In.,​​ Il nostro messaggio,​​ in​​ Per far conoscere e amare Gesù Cristo,​​ Brescia, La Scuola, 1959,​​ 4467;​​ Id.,​​ The Art of Teaching Christian Dottrine,​​ Notre Dame, Indiana, 1963; J. A.​​ Jungmann,​​ Die​​ Frohbotschaft und unsere Glaubensverkündigung,​​ Regensburg, Pustet, 1936; Id.,​​ Christus als Mittelpunkt religiöser Erziehung,​​ Freiburg, Herder, 1939; Id.,​​ Le Probleme du message​​ à​​ transmettre ou le Probleme​​ kérygmatique,​​ in “Lumen Vitae” 5 (1950) 271-276; Id.,​​ La predicazione alla luce del Vangelo,​​ Roma, Ed. Paoline, 1965; Id.,​​ Catechetica,​​ Alba, Ed. Paoline, 19693; A. Liégé,​​ Evangelisation,​​ in​​ Catholicisme,​​ t. IV, Paris, Letouzey et Ané, 1956, 755-764; H.​​ Rahner,​​ Teologia e Kerigma,​​ Brescia, Morcelliana, 1958;​​ Renouvellement de la catéchèse​​ (Atti della Settimana Internazionale di​​ Eichstätt​​ sulla C. missionaria), Paris, Ceri, 1961 [Ed. ital. parziale:​​ Catechesi e missione,​​ in “La Missione” (Milano) 15, 1962, n. 30]; B. Truffer,​​ Das​​ material-kerygmatische Anliegen​​ in​​ der Katechetik der Gegenwart,​​ Freiburg, Herder, 1962; G. Weber,​​ L'insegnamento​​ della​​ religione come annuncio,​​ Leumann-Torino, LDC, 1964.

Emilio Alberich

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JUNGMANN Josef Andreas

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