IPPOLITO
Una delicata operazione filologica, dovuta soprattutto a Dollinger (1853), ha portato alla ricostruzione della personalità storica e letteraria di I. di Roma. A tal fine sono stati identificati fra loro tre personaggi: lo scrittore greco di nome I., collocabile fra la fine del II e gl’inizi del III secolo, autore di un blocco omogeneo di opere soprattutto di carattere esegetico; l’autore anonimo della Confutazione di tutte le eresie (vulgo Philosophoumena'), attivo a Roma intorno al 220-230, nemico di papa Callisto per motivi dottrinali e disciplinari; il personaggio rappresentato in una statua mutila trovata nel 1551 nell’ager Veranus, che l’umanista Pirro Ligorio, sulla base dei titoli di opere incisi sul trono sul quale sedeva il personaggio, identificò con lo scrittore I., di cui parla Eusebio (Star. Eccl., 6,22), e in conformità di tale identificazione fece restaurare la statua. Questa ricostruzione di I. non è stata seriamente contestata fino al 1947, anno in cui P. Nautin ha avanzato contro di essa motivate obiezioni. La ripresa delle discussioni ha messo in luce quanto fosse precaria l’ipotesi di Dòllinger; fra l’altro è stato dimostrato che la statua considerata d’I. e in tal senso restaurata rappresentava in realtà un personaggio femminile. Dato che la questione è tuttora dibattuta, preferisco prendere in considerazione le opere attribuite al., che interessano il nostro argomento, separatamente una dall’altra.
Un blocco omogeneo è rappresentato da quattro scritti di argomento esegetico: Davide e Golia, Commento a Daniele, Commento al Cantico, Benedizioni di Giacobbe e Mosè. Queste opere, molto importanti dal punto di vista storico culturale, in quanto sono le prime di carattere specificamente esegetico composte, a nostra conoscenza, in ambiente cattolico, presentano un modo di interpretare che, inizialmente aperto anche all’interpretazione letterale, nelle ultime due diventa esclusivamente allegorico. Sulla traccia di Paolo, Giustino, Ireneo, l’autore interpreta figure e fatti dell’AT come typoi, cioè come prefigurazioni simboliche, dei fatti di Cristo e della Chiesa, dilatando e sistemando in modo organico e coerente le anticipazioni rapsodiche dei suoi predecessori. L’interesse preminente, quasi esclusivo, è per la vicenda storica del Cristo incarnato che si prolunga nella storia della Chiesa, depositaria della promessa divina in luogo dei Giudei e perciò da questi perseguitata.
Aperture occasionali di carattere dottrinale trovano più ampia corrispondenza nel Contro Noeta: in polemica con questo eretico, il quale affermava che Cristo era stato solo un modo di manifestarsi e operare del Padre (monarchianismo), il nostro autore propone una C. dottrinale imperniata sul concetto di Cristo, Logos divino preesistente all’incarnazione e distinto dal Padre in modo personale, realizzatore del disegno divino in ordine al mondo e agli uomini (creazione, redenzione, giudizio). Accanto al Padre e a Cristo trova posto anche lo Spirito Santo in una concezione trinitaria di Dio, già abbastanza evidente anche se non priva di sfasature.
La Confutazione di tutte le eresie, che contiene un’ampia presentazione e confutazione delle eresie che fino allora avevano travagliato la vita della Chiesa, soprattutto eresie gnostiche, ci interessa specialmente per la chiusa dell’opera in cui l’autore, dopo aver confutato le dottrine degli altri, presenta la propria C. in merito al rapporto Dio-Cristo. Il concetto fondamentale è lo stesso del Contro Noeto: posizione intermediaria del Logos divino, distinto personalmente dal Padre, fra Dio e il mondo, e sua azione onnicomprensiva che si estende dalla creazione al giudizio. Ma a differenza dell’altra opera, in questa è del tutto ignorata la persona e la funzione dello Spirito Santo, sì che a rigor di termini non si può parlare qui di concezione trinitaria di Dio.
Uno dei titoli di opere inciso sul trono della statua reca: Tradizione apostolica sui carismi. Fondandosi sulla ricostruzione di I. operata da Dòllinger, agl’inizi di questo secolo Schwartz e Connolly hanno proposto di ravvisare questa opera di I. alla base di una serie di opere di carattere canonistico, giunteci per lo più in traduzione latina e in lingua orientale: 1. VIII delle Costituzioni apostoliche, Costituzione della Chiesa egiziana, Canoni di S. Ippolito, ecc. Sviluppando questa ipotesi, mediante il sistematico confronto di tutte queste fonti, è stato ricostruito il testo della Tradizione apostolica di I. (Dix, Botte), che ormai viene utilizzato comunemente dagli studiosi come fonte primaria per decifrare l’organizzazione della Chiesa nel II sec. e la sua liturgia. Ma a tal proposito sarebbe opportuno rammentare che ci troviamo di fronte a un’opera che è frutto di una operazione filologica senza dubbio abile ma che potrebbe anche non essere mai esistita nella forma in cui oggi viene proposta.
L’opera si può ripartire in tre sezioni. La prima è dedicata all’organizzazione e alla disciplina del clero: norme sull’elezione e consacrazione del vescovo, sull’ordinazione di preti e diaconi, sulla condizione di confessori, vedove, lettori, ecc. In questa sezione è contenuta la più antica versione del canone eucaristico giunta a noi. La seconda sezione dell’opera ha come oggetto la presenza dei laici nella Chiesa, con norme sui catecumeni, sul battesimo ed eucaristia, sulle professioni interdette ai cristiani. In questo specifico ambito il testo è molto restrittivo: sono proibite ai cristiani professioni come pittura, scultura, insegnamento scolastico, in quanto tali da mettere a contatto i cristiani con la religione idolatrica. È dubbio che queste norme siano state mai realmente osservate. La terza sezione dà norme diverse su varie pratiche religiose: digiuno, agape, benedizione dell’olio, ecc.
Al di là della questione relativa alla validità della ricostruzione filologica di quest’opera, non v’è dubbio che la normativa in essa proposta presenti quasi sempre caratteri arcaici, che ne fanno perciò testimonianza importante della primitiva organizzazione ecclesiale.
Bibliografia
Per ragguagli e bibliografia sulla questione ippolitiana si vedano: Ricerche su Ippolito, Roma, 1977. Sull’esegesi di Ippolito cf Ippolito, Le benedizioni di Giacobbe (a cura di M. Simonetti), Roma, 1982, p. 24ss. Sulla Tradizione apostolica si veda B. Botte, La Tradition apostolique de saint Hippolyte. Essai de reconstitution, Münster, 1963.
Mario Simonetti