IDENTITÀ
Severino De Pieri
1. La problematica attuale sull’identità
1.1. Identità e antropologie di riferimento
1.2. Alcuni recenti approcci alterna dell’identità
1.2.1. La nozione di identità in campo psicologico
1.2.2. La nozione di identità in campo sociologico
2. Definizione e articolazioni dell’identità
2.1. Una nozione attendibile di identità
2.2. Le espressioni o articolazioni dell’identità
3. Il processo di costruzione dell’identità
3.1. Dalle identificazioni all’identità
3.2. Alcune dimensioni delta costruzione dell’identità
3.3. Mezzi per la formazione dell’identità
4. Una difficile e laboriosa identità per gli adolescenti e i giovani d’oggi
4.1. Adolescenti oggi: le «identità imperfette»
4.2. Giovani oggi: la «debole identità»
Il tema dell’identità si pone oggi come uno dei nodi culturali più impegnativi per l’educazione in genere e la pastorale giovanile in particolare. Esso si colloca in un preciso punto di incontro interdisciplinare, quello cioè del rapporto individuo-società, in cui convergono problematiche e prospettive comuni a molte scienze e che richiede dialogo e convergenza tra i diversi tipi di approccio e interpretazione del problema soggiacente. Infatti, la risposta alle domande «chi sono io?, chi devo diventare?» non può essere data senza un riferimento a una molteplicità di dati personali, sociali e culturali che entrano simultaneamente in gioco.
Questo problema, molto delicato sotto il profilo teorico, diviene particolarmente impegnativo e coinvolgente sotto il profilo dell’educazione delle nuove generazioni per il mutato contesto sociale e culturale in cui esse sono chiamate a costruire una difficile e — per certi aspetti — inedita identità, una identità cioè per un tempo di crisi e di cambiamento senza pari.
Il tema dell’identità appare doppiamente arduo, vale a dire in sé e in rapporto all’attuale contesto. Esso sembra richiedere anzitutto precisazioni concettuali previe alla sua corretta interpretazione, e in secondo luogo indicazioni operative in ordine alla costruzione della personalità degli adolescenti e dei giovani del nostro tempo.
1. La problematica attuale sull’identità
Il concetto di identità è presente in molte discipline dove assume pluralità di significati e diversità di applicazioni. Nella sua delineazione ha avuto storicamente un ruolo centrale l’analisi filosofica, ma da alcuni decenni questo concetto viene sempre più impiegato dalla psicologia e dalla sociologia, per non parlare di altre discipline, come la pedagogia e la stessa teologia.
Nel panorama degli studi e delle ricerche attuali sull’identità si osserva che il termine appare spesso come ambiguo e plurivalente, non univoco quindi e perciò esposto a contaminazioni semantiche.
1.1. Identità e antropologie di riferimento
A prescindere dalla complessità degli aspetti e delle articolazioni con cui può essere connotato, sussiste anche per il concetto di identità un vizio di fondo che ostacola in radice la genuinità e la plausibilità del suo porsi. Tale «inquinamento» proviene dal fatto che in alcune scienze umane (ad esempio, in gran parte delle psicologie e delle sociologie contemporanee) nella definizione dell’identità si prescinde da ogni fondamento valoriale, quale invece viene assicurato dalla filosofia personalistica e dalla teologia.
Si comprende allora che la categoria dell’identità può essere adeguatamente costruita con riferimento a una antropologia che non sia chiusa e riduttiva ma che comprenda la natura spirituale dell’uomo e la sua apertura alla trascendenza.
In tal senso alcuni costrutti dell’identità personale e sociale provenienti da determinate correnti psicologiche e sociologiche, pur avendo il pregio di fornire un ricco apporto di dati e analisi, rischiano di restare ai margini del problema dell’identità e di essere perfino fuorviami in ordine alle applicazioni che di questa categoria possono essere fatte in molti ambiti sociali ed educativi.
1.2. Alcuni recenti approcci al tema dell’identità
Negli ultimi decenni risulta notevole il contributo recato in particolare dalle scienze psicologiche e sociali. La breve rassegna che segue intende cogliere alcuni di questi apporti più significativi ai fini di una più completa e articolata definizione dell’identità.
In campo psicologico è doveroso recensire l’approccio clinico di Erikson e degli psicologi dell’io, mentre in quello sociologico appaiono interessanti alcuni filoni teorici quali il funzionalismo, Linterazionalismo simbolico e la fenomenologia.
1.2.1. La nozione di identità in campo psicologico
In via preliminare è necessario premettere alcune precisazioni. Occorre anzitutto operare una distinzione tra concetto di identità di cui parliamo ora e processo di costruzione dell’identità di cui tratteremo più oltre. Identità poi non va fatta coincidere con concetto di sé, anche se i due costrutti hanno tra loro punti di contatto. Il concetto di sé rappresenta la continuità temporale e la consapevolezza di tutte le componenti del sé, mentre il concetto di identità è più ampio: comprende il concetto di sé e vi aggiunge l’attività sintetica dell’io che funge da centro organizzatore e regolatore di tutti i processi e contenuti psichici, compreso il riferimento al futuro, la progettualità e il riscontro emozionale che accompagna ogni esperienza esistenziale.
Questa distinzione permette tra l’altro di comprendere come l’identità permane abbastanza stabile durante tutta la vita in quanto è la capacità di restare sé stessi nel momento del cambiamento, mentre il concetto di sé appare più esposto alle variazioni evolutive, normali e patologiche, e alle interazioni ambientali e sociali.
In altri termini, l’identità è costante nel tempo, anche se dinamica e accrescitiva, mentre il concetto di sé può cambiare anche radicalmente nel corso della vita a causa della crescita, delle circostanze e soprattutto dei processi di identificazione in continua variazione e trasformazione.
È la condizione di relativa stabilità dell’identità, intesa come persistenza nel cambiamento, che permette tra l’altro la caduta delle identificazioni, anche prima dell’adolescenza, e facilita l’adattamento a nuove situazioni di vita con relativa modifica del concetto di sé (vita adulta e terza età).
Dopo queste precisazioni è possibile ricordare le posizioni assunte nei riguardi dell’identità dalle correnti psicologiche che maggiormente ne hanno trattato in questi ultimi decenni.
1. L’indirizzo struttural-funzionalista di Erikson
In esso la nozione di identità viene introdotta nell’ambito della teoria epigenetica dello sviluppo psico-sessuale; al riguardo vengono individuate otto tappe fondamentali, ciascuna delle quali è caratterizzata da specifiche crisi evolutive o «conflitti di sviluppo». Identità e sviluppo psico-sessuale rappresentano temi strettamente interconnessi, tanto che il quinto stadio dello sviluppo è definito dalla bipolarità conflittuale «identità-confusione». L’adolescenza viene così a essere una tappa decisiva ma non esclusiva per la formazione dell’identità, in quanto questa consiste in un processo che si estende a tutti i cicli della vita (Erikson, 1966, 1974, 1982).
2. L’indirizzo della «psicologia dell’io»
Vari autori di questa corrente, insistendo sulla distinzione tra io, concetto di sé e identità, consentono un ulteriore progresso nella determinazione del concetto di identità, prevalentemente sul piano individuale. Nell’identità entrano elementi come il coinvolgimento esperienziale (l’identità come qualcosa che l’individuo sente, intuisce, esperimenta); il contesto sociale con l’attivazione di rappresentazioni e ruoli sociali precisi; e la costanza temporale, anche se l’identità diviene più organizzata e complessa con l’età (Lichtenstein, 1961; Rubins, 1967 e altri). È interessante cogliere, all’interno di questo indirizzo, il modo con cui il soggetto sperimenta il senso dell’identità personale. Secondo Rubins, la consapevolezza di sé comprende le seguenti funzioni: la formazione di una immagine corporea adeguata; la costruzione e accettazione di un realistico concetto di sé; la sua trasformazione in una identità stabile che include consapevolezza sia emozionale che cognitiva; la capacità di libera e accurata sperimentazione del fluire di esperienze interne in piani di vita.
3. L ’indirizzo psico-sociale (o della «categorizzazione sociale»)
In esso, nella definizione e nella formazione dell’identità, viene accentuata l’importanza e l’incidenza dei fattori sociali, in termini sia di rappresentazioni che di incidenze e condizionamenti (Tajfel, 1972; 1976; e altri).
Il modello teorico della categorizzazione sociale considera l’appartenenza a un certo gruppo come riferimento e confronto essenziale per la costruzione dell’identità. Questa è senza dubbio sociale, ma può divenire anche personale nel vissuto del soggetto o dei soggetti che entrano in contatto interattivo con l’ambiente sociale e culturale in cui vivono.
Il processo di categorizzazione produce notevoli differenziazioni comportamentali e dà luogo, tra l’altro, a sub-culture particolarmente interessanti sul fronte adolescenziale e giovanile (Doise, 1976). Il rapporto tra identità personale, identità sociale e appartenenza di gruppo appare senza dubbio delicato in questa prospettiva e carico di conseguenze: si osserva che l’identità personale non si forma senza l’identità sociale, ma quest’ultima se viene a coincidere con la pura e semplice appartenenza di gruppo rinforza l’identificazione, cioè la dipendenza dai modelli di gruppo. In tal modo non si può costruire un’identità autonoma. Tuttavia è importante rilevare, secondo gli autori di questo indirizzo, che l’identità sociale è un costrutto utile soprattutto in situazioni di crisi e cambio culturale (Palmonari, 1979).
1.2.2. La nozione di identità in campo sociologico
Parallelamente a quanto avvenuto in psicologia, anche in sociologia si sono avuti negli ultimi decenni notevoli contributi al tema dell’identità. Ecco i filoni teorici più importanti.
1. L’indirizzo funzionalistico
In questa prospettiva l’identità si pone dentro una concezione di personalità intesa come organizzazione complessiva dello psichismo in cui vengono individuate diverse funzioni. L’identità si pone a un livello gerarchico superiore e ha la funzione di coordinare i diversi sottosistemi. L’identità rappresenta il sistema dei significati mettendo in relazione l’individuo con l’universo culturale dei simboli e dei valori socialmente presenti nel contesto ambientale (Parsons, 1965). Il processo di formazione dell’identità avviene attraverso l’interazione sociale, non soltanto a livello di socializzazione primaria ma soprattutto nelle fasi successive, quando l’adolescente e il giovane vengono in contatto con una realtà più vasta e complessa. Complessità sociale e differenziazione sono infatti i termini di riferimento per la definizione sociologica dell’identità in una società profondamente mutata e in rapido divenire. Parsons ritiene che, nonostante il cambio intervenuto, l’identità permanga in quanto il sistema generale dei valori sarebbe rimasto stabile e unitario, a differenza di Habermas che invece parla di progressiva destrutturazione, crisi e alienazione dell’uomo moderno, con perdita dell’identità. Per il funzionalismo, pur cambiando ruolo e possibilità di scelte, l’uomo d’oggi e in particolare il giovane avrebbero più possibilità di acquisire un’identità ricca e autonoma, non raggiungibile in passato.
2. L’indirizzo dell’interazionismo simbolico
Secondo questa corrente l’identità non è stabile ma si modifica di continuo in rapporto alle interazioni sociale: essa è la definizione che il soggetto formula di sé stesso in rapporto alle rappresentazioni sociali e culturali che assimila nel suo ambiente. È stato Goffman a sottolineare questo carattere di molteplicità dell’identità in rapporto alla pluralità di ruoli che l’individuo adotta nella complessità sociale. Altri autori evidenziano il carattere sperimentale ed esplorativo che l’identità assume in relazione ai sistemi di significato e ai ruoli continuamente assunti nell’attuale vertiginoso processo di interazione sociale. L’identità rappresenta un feed-back dell’immagine che gli altri hanno di noi, per cui essa è simile a una congettura che necessita continuamente di trovare conferma.
3. L’indirizzo fenomenologico o della «vita quotidiana»
In questa prospettiva l’identità consente di rendere soggettiva la vita oggettiva, integrandola nella coscienza individuale.
Gli schemi di comportamento e i sistemi di significato presenti nella realtà vengono assimilati dall’individuo attraverso la socializzazione primaria e secondaria, permettendo di realizzare quasi una simmetria tra realtà oggettiva (o della «vita quotidiana») e vita soggettiva.
L’assenza di un universo simbolico unitario e la presenza di diverse definizioni della stessa realtà mettono in crisi l’identità con perdita di integrazione ed esposizione continua al conflitto (Goffman, 1969; 1979). Il problema che si pone è ancora una volta la conquista di una identità capace di dare ragione della persistenza interiore della persona o la sua destrutturazione (confusione o perdita di identità). In ogni caso l’identità si pone non solo come effetto di processi di condizionamento, ma anche come causa di nuove e positive strutturazioni di personalità, anche se rimane aperto il problema del come ciò possa adeguatamente avvenire nei processi di socializzazione.
Questi approcci al tema dell’identità permettono di comprendere quanto impegnativo possa rivelarsi oggi il compito di formazione dell’identità, ponendo traguardi nuovi all’educazione e alla pastorale, specialmente giovanile.
2. Definizione e articolazioni dell’identità
La panoramica degli studi e delle concezioni sulla nozione di identità che abbiamo recensito mette in luce una notevole disparità di approcci ed eterogeneità di definizioni. Ne consegue paradossalmente che non disponiamo di un identico concetto di identità. Superando le contrapposizioni dovute a presupposti teorici limitati o enfatizzati, tentiamo dì pervenire a una definizione meno equivoca possibile di identità, allo scopo di meglio fondare i percorsi della maturazione umana e cristiana dei giovani.
2.1. Una nozione attendibile di identità
Identità in senso stretto è l’uguaglianza delle manifestazioni o almeno di ciò che è loro comune. Riferita alla persona, è l’uguaglianza degli oggetti o dei contenuti di coscienza nel corso del tempo. È la persistenza coerente e fedele con sé stesso, come unità vivente distinta e diversa dagli altri, nonostante le modificazioni che si producono nel corso della vita all’interno di sé e nell’ambiente esterno. Si potrebbe — per così dire — raffigurare come l’aspetto centrale delle coscienze di sé in cui avviene la rappresentazione e la consapevolezza della propria specificità e continuità, e, insieme, della diversità del proprio essere personale in rapporto agli altri e alla realtà.
Coincidenza con sé («essere sé stesso») e continuità temporale nel divenire («divenire sé stesso») sono gli elementi dinamici costitutivi dell’identità, tali da garantire simultaneamente persistenza e sviluppo, stabilità e mutamento, fedeltà e innovazione. In sintesi, identità è autodefinizione, «una tendenza dinamica proiettata nel futuro» (Erikson). Come tale comporta il dispiegarsi nella persona dell’opzione fondamentale e del progetto di sé.
2.2. Le espressioni o articolazioni dell'identità
In quanto collocata nel centro del rapporto individuo-società e individuo-realtà, la nozione di identità viene ulteriormente specificata attraverso i diversi aspetti che la caratterizzano, per cui è opportuno precisare il significato e la portata di espressioni come identità personale, sociale, professionale, culturale, religiosa, ecc. «Ci sono, a proposito dei concetti di identità personale e sociale, molte polemiche consistenti; secondo alcuni il concetto di identità personale non ha senso, secondo altri ingloberebbe dentro di sé anche il concetto di identità sociale che ne sarebbe, perciò, una sottoparte» (Palmonari, 1979).
Abbiamo visto, nella panoramica delle correnti psicologiche e sociologiche, quanto ampia sia la disparità delle posizioni al riguardo. A nostro parere, la «vexata quaestio» dell’identità può essere risolta distinguendo tra identità quale effetto o prodotto di un processo che costruisce questo nucleo centrale della personalità individuale, e il modo con cui tale risultato viene conseguito, attraverso una serie di molteplici influenze, sia personali che sociali, culturali, professionali, ecc.
Ne consegue che l’identità vera e propria è solo quella della persona, ma essa non può essere concepita e neppure costruita senza il concorso di molti fattori intra ed extra-personali; fattori che non rappresentano solo la causa che attiva il processo di formazione dell’identità personale ma che ne sono anche parte integrante in quanto elementi costitutivi. Non ha senso quindi parlare di identità sociale o culturale intesa in senso collettivo, se non in modo analogo e traslato.
Anche qui operare una distinzione non significa separare o contrapporre, ma distinguere per unire.
Questo procedimento critico consente tra l’altro di ricuperare tutto il senso del processo di identificazione: infatti, come vedremo, solo attraverso le identificazioni si perviene all’identità.
È possibile ora prospettare le diverse articolazioni con cui si presenta l’identità.
1. Identità personale
Liberato dalle ambiguità che può comportare, questo costrutto sembra includere, secondo una recente ricerca, i seguenti quattro aspetti:
aspetto intrapersonale («identità intrapsichica»): elementi strettamente personali che il soggetto individua come costituenti la propria identità, come essere sé stessi, coerenza con sé stessi, fedeltà a sé stessi, integrazione totale, il mio modo di essere, ecc.; aspetto interpersonale («identità relazionale»): elementi che il soggetto vive in modo tale che lo distinguono dagli altri: il mio modo di essere con gli altri, di vedere me stesso in relazione agli altri, ciò che distingue me dagli altri, ecc.;
aspetto conoscitivo («identità cognitiva»): elementi che mirano alla conoscenza personale: sapere chi sono, capacità di cogliersi totalmente, presa di coscienza del proprio essere, conoscenza del proprio io, scoprire e accettare sé stesso come donna o uomo, ecc.; aspetto trascendentale («identità trascendentale»): elementi che esprimono il desiderio di realizzare valori: voglia di superare sé stesso, ricerca di fede, amore e giustizia, risposta alla chiamata di Dio, desiderio di compiere la propria missione, ecc. (Szentmàrtoni, 1988).
Come si vede, questa analisi ha il pregio di riportare dentro l’identità personale elementi che fanno riferimento all’universo dei rapporti che la persona è chiamata a vivere per essere sé stessa: l’io, gli altri, l’ambiente, Dio. L’identità personale comporta dunque un sentimento della continuità temporale di sé, della unità e della coerenza, della originalità; richiede interazioni multiple da cui trae ricchezza e stimolo per l’organizzazione dinamica della propria diversità; presuppone separazione dagli altri, talora anche solitudine, soprattutto autonomia e iniziativa per divenire sé stessi.
È quindi un valore tra i più alti che la persona sente e vive, in sintonia con l’opzione fondamentale, l’integrità, la fedeltà, la responsabilità. Da ciò si comprende quanto sia arduo conseguirla appieno e quanto possano essere facili nei suoi confronti le confusioni, le imperfezioni e le perdite.
2. Identità sociale
Essa è l’identità che il soggetto si attribuisce in quanto membro di un gruppo (o di più gruppi), con la risonanza emozionale che questa appartenenza comporta (Tajfel, 1976). Identità sociale significa solamente che il soggetto o i soggetti si definiscano avendo come punto di riferimento esplicito l’appartenenza a un certo gruppo, usato come termine di confronto e verifica per l’acquisizione delle caratteristiche utili alla propria realizzazione. Di qui si comprende la valenza positiva dell’appartenenza di gruppo correttamente intesa, ai fini della protezione e della conservazione di aspetti di identità che il soggetto valuta positivi. Tale funzione può essere assolta validamente se il gruppo, mentre si differenzia dagli altri gruppi, mantiene rapporti di intergruppo in modo da favorire le transazioni che in quanto tali si oppongono alla chiusura e al settarismo.
Sotto il profilo educativo e pastorale l’identità sociale conseguita mediante appartenenza di gruppo può rivelarsi fattore privilegiato in situazioni di cambiamento socio-culturale, purché sia cautelato dai rischi del condizionamento che può portare a identità sociali insieme o negative.
Come si vede, anche l’identità sociale non risulta come effetto determinato dall’appartenenza di gruppo, bensì come un prodotto interiore, elaborato da ogni individuo sulla base dei processi di assimilazione, verifica e confronto. Come tale essa può costituire una condizione essenziale per strategie di cambiamento.
3. Identità culturale
Connessa con quella sociale, l’identità culturale è la configurazione psicologica particolare che un membro di una data collettività umana assume in rapporto ai sistemi di significato, ai valori e ai comportamenti che sono presenti in un determinato ambiente o contesto di vita.
Nel cambio culturale odierno sono i giovani a soffrire di debole identità culturale in quanto mancano di radici storiche e sono indotti a elaborare nuove culture (le «sub-culture» giovanili odierne).
4. Identità professionale
Anche questa espressione dell’identità può essere considerata come una componente di quella sociale in quanto si sviluppa e si precisa durante il processo di socializzazione al lavoro. Essa si configura come un insieme di autorappresentazioni del rapporto che intercorre tra soggetto e l’attività lavorativa che egli svolge, soprattutto in riferimento con lo status e il ruolo che egli occupa in tale attività. In essa confluiscono i tratti della maturità professionale conseguita dal soggetto nel suo iter di formazione scolastica e professionale.
Tale identità dovrebbe costituire l’obiettivo di tutti gli interventi posti in essere per l’orientamento professionale dei giovani: in un’epoca di insicurezza occupazionale e di transizione lavorativa come la presente appare importante acquisire modalità adeguate di identità professionale anche per i giovani che non hanno lavoro o stentano lungamente a trovarlo. Occorre utilizzare il periodo di ricerca come ugualmente formativo, ridisegnando aspetti di una identità professionale provvisoria e sperimentale, dentro un contesto di trasformazione continua.
5. Altre espressioni di identità
In analogia e continuità con quanto sopra detto, potrebbero essere analizzate altre forme di identità, come l’identità vocazionale, l’identità religiosa (cristiana ed ecclesiale), per la cui delineazione rimandiamo alle voci pertinenti di questo Dizionario. Qui è sufficiente aver posto il problema e fatto alcune utili esemplificazioni al riguardo.
3. Il processo di costruzione dell’identità
La formazione dell’identità, in tutte le espressioni di cui si compone, avviene essenzialmente attraverso un processo dinamico che comporta quello che con formula sintetica viene detto il «passaggio delle identificazioni all’identità». In questo processo maturativo privilegiamo le prime fasi dell’età evolutiva, con attenzione particolare all’adolescenza e alla giovinezza. Tentiamo di individuare, sia pure brevemente, le dimensioni o aspetti-contenuti di tale processo e i mezzi necessari per attuarlo.
3.1. Dalle identificazioni all’identità
Prescindendo qui dalla trattazione specifica del tema dell’identificazione (si veda la voce apposita), intendiamo coglierne i riflessi in rapporto alla formazione dell’identità. L’identificazione infatti gioca un ruolo determinante nella costruzione, nel funzionamento e nell’organizzazione dell’identità, in tutte le espressioni con cui essa si manifesta. Senza questo dinamismo, perlopiù inconscio, la persona non potrebbe pervenire alla sua vera identità.
Il paradosso dell’identità sta proprio qui: essa avviene mediante il processo di identificazione, con la caduta e il superamento delle progressive identificazioni durante tutta la vita. L’identità infatti può essere vista, in certo qual modo, come la somma delle identificazioni superate e integrate nel contesto maturativo della personalità.
La formazione dell’identità si presenta come un processo dinamico, connesso al divenire della persona, ed essenzialmente conflittuale: è un passaggio che comporta l’abbandono delle sicurezze infantili, la canalizzazione dell’aggressività verso mete sociali, il superamento dell’amore narcisistico verso l’oblatività e la faticosa integrazione dei valori nell’unità e nella coerenza di vita. Sotto questo profilo anche la costruzione dell’identità si inscrive, nell’ottica cristiana, nella dinamica pasquale di passione, morte e risurrezione. Ecco le tappe centrali del processo di formazione dell’identità, nella transizione dalle identificazioni all’identità:
— dipendenza infantile, con ricerca di sicurezza, protezione e amore;
— controdipendenza preadolescenziale e adolescenziale, con sviluppo di aggressività e opposizione per l’affermazione di sé;
— fusione speculare (narcisistica) adolescenziale e giovanile: con il tentativo di ricevere e dare amore e solidarietà;
— progettualità giovanile e adulta: come attuazione dell’io ideale fondato sui valori e assunto in unità e integrazione di vita (Tap, 1979).
Queste tappe richiedono il superamento delle rispettive identificazioni nei primi decenni della vita:
— con la figura materna e paterna (infanzia);
— con gli adulti in autorità (fanciullezza);
— con i coetanei (preadolescenza e adolescenza);
— con un’immagine di sé statica e rigida (giovinezza).
Nelle età successive si producono altri importanti passaggi, non ultimo quello che attinge alla trascendenza, del superamento cioè dell’identificazione spazio-temporale che definisce l’essere umano nell’arco limitato ma non ultimo ed esclusivo della sua natura spirituale.
3.2. Alcune dimensioni della costruzione dell’identità
A tale titolo puramente esemplificativo indichiamo alcune dimensioni (o aspetti-contenuti) per la costruzione dell’identità in prospettiva educativa e pastorale:
— progressiva acquisizione dell’autonomia psicologica, con il superamento delle dipendenze (non solo infantili), il distanziamento critico dai modelli di comportamento e dalle mode culturali;
— maturazione dell’identità psico-sessuale, riferita cioè all’essere uomo e donna sessuati non solo biologicamente ma anche psicologicamente (identità sessuale di genere), per consentire la maturità affettiva e l’oblatività;
— crescita dello spirito critico per contrastare le distorsioni nella comprensione di sé e i condizionamenti ideologici, sociali e culturali e porre le basi per un sistema personale di significato;
— ricerca e attuazione del progetto di vita nell’ascolto della volontà di Dio, progetto che in tal modo diviene vocazione;
— esperienza concreta e attitudine di fedeltà ai valori umani e cristiani per dare fondamento all’identità e senso alla vita;
— apertura alla solidarietà e alla partecipazione, per superare il narcisismo e l’individualismo e fondare la relazione interpersonale sull’amore e sul servizio;
— apertura al nuovo e attitudine al cambiamento, in sintonia con il divenire della realtà e della storia;
— amore alla verità e maturazione sapienziale attraverso il discernimento spirituale;
— disponibilità alla conversione, con la riconciliazione in sé di tutte le esperienze positive e negative della vita, compresi gli insuccessi, il dolore e il male;
— attitudine alla contemplazione per la ricerca e l’adorazione del mistero di Dio in spirito e verità, e disponibilità alla fede nel Cristo rivelatosi come Signore della vita e della storia.
3.3. Mezzi per la formazione dell’identità
Senza soffermarci molto, accenniamo in generale ad alcuni mezzi indispensabili, come: la riflessione personale e lo studio; l’apertura sociale, il confronto e la verifica di gruppo, la vita comunitaria; la partecipazione ai processi di elaborazione della cultura; l’impegno socio-politico; la preghiera, il dialogo, la direzione spirituale, la formazione permanente. Particolarmente utili possono rivelarsi in taluni casi le tecniche di programmazione e di revisione di vita, comprese alcune forme di psico e socio-terapia, soprattutto in circostanze particolari di cambiamento, conflittualità, crisi e disorientamento esistenziale.
4. Una difficile e laboriosa identità per gli adolescenti e i giovani d’oggi
Adolescenza e giovinezza rappresentano due tempi cruciali per la strutturazione dell’identità in tutti gli aspetti con cui essa viene connotata. La definizione di sé e l’elaborazione di un progetto di vita fondato sui valori, che costituiscono i principali compiti di sviluppo dell’una e dell’altra, vengono indubbiamente facilitati in società ed epoche in cui i modelli di identificazione hanno configurazioni stabili e in cui i progetti di vita sono già presenti e messi a punto nella cultura. All’opposto, nel contesto delle società industrializzate e post-industrializzate, attraversate di continuo da rapidi e disordinati cambiamenti, la costruzione dell’identità rischia di assumere contorni drammatici o di divenire sovente difficile e travagliata. L’adolescente in particolare deve rielaborare la propria identità attraverso situazioni spesso contraddistinte dall’equivoco, dalla confusione o dall’indeterminazione dei ruoli e dalla divergenza con cui scopi e aspettative vengono affrontate nell’ambiente e dai coetanei.
Le difficoltà del periodo giovanile mettono in crisi il bisogno di coerenza che viene generalmente avvertito a questa età fra le componenti di base dell’identità e fra queste e la loro espressione comportamentale. Questo sentimento di coerenza e integrità di sé, anche inconsciamente elaborato, necessario per la formazione dell’identità nell’età giovanile, rischia di restare oggi sotto la soglia minimale, contribuendo a produrre disturbi più o meno consistenti nella struttura e dinamica della personalità in divenire.
4.1. Adolescenti oggi: le «identità imperfette»
Il compito psichico fondamentale che devono affrontare gli adolescenti è di formarsi un’identità superando identificazioni precedenti e crisi, e cercando nella società un posto riconosciuto dagli altri, in termini soprattutto di prospettiva professionale, di definizione sessuale di sé, di scelta ideologica, etica, religiosa e vocazionale.
I modi secondo i quali gli adolescenti si pongono di fronte al problema dell’identità, prendendo in considerazione i fattori del sesso, della professione, della politica e della religione, costituiscono la seguente tipologia:
— diffusione dell’identità, adolescenti che non hanno, in un determinato settore, un orientamento preciso e neppure lo ricercano;
— fissazione dell’identità, adolescenti che hanno un orientamento determinato ma non liberamente scelto, per mancanza di alternative, e in qualche modo imposto da chi ha potere o influsso determinante su di loro;
— moratoria dell’identità, adolescenti che non sono attivamente alla ricerca di un indirizzo e di un impegno e che sperimentano un periodo di dubbi e indecisioni che li portano a non pronunciarsi mai su nulla;
— realizzazione dell’identità, adolescenti che dopo una fase di moratoria hanno preso una decisione e tentano di realizzarla (Marcia, 1966, 1975).
La fase adolescenziale appare contrassegnata da questi tentativi più o meno riusciti di cercare una propria identità, attorno alla quale organizzare anche una rappresentazione della realtà sociale. È su questa base, insicura e imperfetta, che gli adolescenti tentano di conseguire più o meno consapevolmente i propri compiti di sviluppo. La complessità sociale dà perciò origine ad un universo adolescenziale che non appare omogeneo ma ampiamente diversificato, in presenza di molteplici rappresentazioni della realtà e di svariati progetti di realizzazione. Abbiamo così una configurazione pluriforme di adolescenze. In questo contesto, la formazione dell’identità sociale, costruendosi attraverso appartenenza a gruppi disparati, può comportare rischi di introiezione e di fissazione a fasi immature o distorte di sviluppo. Non è solo questione allora di «confusione» di identità, bensì di identità incompiute o negative, come è dato a tutti di vedere nell’ampia casistica del disagio adolescenziale e della devianza.
I compiti di sviluppo secondo cui costruire l’identità adolescenziale in un tempo di crisi potrebbero essere individuati attorno alle seguenti aree:
— maturazione psico-sessuale e affettiva;
— conseguimento dell’autonomia con il superamento della dipendenza dai genitori e da altri adulti;
— sviluppo cognitivo e critico in ordine anche alla preparazione professionale;
— elaborazione di una prima ipotesi di ricerca vocazionale;
— inserimento sociale pilotato attraverso l’appartenenza a gruppi significativi;
— acquisizione di un sistema di valori e di una coscienza etica;
— maturazione di una propria religiosità, con la rielaborazione critica del vissuto religioso precedente.
4.2. Giovani d’oggi: la «debole identità»
Nel far fronte ai problemi dell’identità e del senso della vita, i giovani d’oggi, come le ricerche psicosociali documentano ampiamente, risentono profondamente dei condizionamenti che provengono dall’essere inseriti in una società complessa e differenziata. In forza di ciò la generazione giovanile attuale sembra caratterizzata da una «debole identità», i cui tratti salienti possono essere così indicati (De Pieri, 1986):
— strutturazione piuttosto fragile di personalità, con notevole insicurezza nel concetto di sé e carente maturazione nell’autonomia personale (sono perciò giovani massimamente esposti alle frustrazioni, incapaci di soffrire, in forza dei sistemi di accontentamento e di gratificazione che sono stati indotti simultaneamente dal consumismo della società del benessere e dall’iperprotezione generalizzata nell’educazione);
— caduta di tensione verso lo «status» adulto, con permanenza dilatata nella giovinezza, non più avvertita e vissuta come età di passaggio, ma «tempo a sé stante», valido per sé, non in funzione dei ruoli e delle responsabilità da assumere nella vita adulta;
— indecisione cronica circa le scelte di vita, a motivo non solo delle difficoltà di entrare nel mondo sociale adulto ma anche per una specie di «sindrome fobica del futuro»; futuro che fa loro paura in quanto tale, non riuscendo essi a progettarvisi a causa di marginalità e carenze di modelli plausibili di identificazione;
— abbandono della progettualità, non solo sociale ma anche personale, e assunzione del presente come stato permanente di vita, con il rifiuto quasi inconscio di fronte alle responsabilità connesse con le scelte del futuro;
— un vissuto conflittuale nei confronti dei valori, con manifeste contraddizioni tra ideali e realtà. Il progetto di vita non troverebbe in questo contesto un supporto in un quadro di valori assunti in proprio e sperimentati, perché, il più delle volte, presentati come «disvalori» dagli stereotipi presenti nelle culture dominanti.
Si pone così il problema di come aiutarli a costruire una propria e più forte identità. «L’impossibilità di far fronte adeguatamente al problema dell’identità può portare i giovani a non porsi troppi problemi, ad essere aderenti alla vita quotidiana, ad accettare il ritmo del «vivere alla giornata», in una sorta di cambiamento ridimensionato delle attese che si produce in conseguenza di una situazione generalizzata d’annebbiamento» (Garelli, 1984).
Fortunatamente questa situazione è ambivalente e come tale può prestarsi anche ad alcuni vantaggi e opportunità per vivere un’identità in tempo di crisi.
«L’assunzione d’un atteggiamento realista, centrato sul presente, radicato nella quotidianità, può essere la sola condizione che permette ai soggetti di raggiungere un equilibrio — pur instabile e precario — in un contesto di complessità» (Garelli, ibidem).
È vero che i giovani mancano di alcune opportunità di realizzazione, in campo professionale, sociale e politico, ma oggi si aprono per essi spazi inediti in cui realizzare un modo nuovo di essere sé stessi. Il punto di realizzazione si pone in un aumento smisurato delle relazioni, dei contatti, delle interazioni. Il riferimento all’identità per sopravvivere in una situazione così complessa richiede però una condizione: che i giovani imparino, e siano aiutati a imparare, a valersi di queste opportunità a livello strumentale, evitando di identificarsi in esse in maniera totalizzante. Per questo vanno predisposti itinerari, condizioni e mezzi per favorire questo nuovo modo di pervenire oggi all’identità (De Nicolò, 1985).
Per questo urge impostare una pedagogia e una pastorale che abiliti i giovani a gestire la provvisorietà, dando motivazioni «a corto raggio», giorno per giorno, con percorsi formativi sintonizzati con le attuali situazioni di precarietà, indecisione e condizionamento in cui storicamente si trovano ad esistere.
Bibliografia
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