HANDICAPPATI

 

HANDICAPPATI

Oltre agli → handicappati fisici, → sensoriali e → mentali, trattati separatamente, altre categorie di handicap meritano di essere segnalate.

I.​​ Emarginazione sociale e affettiva

1.​​ La C. speciale ha pure a che fare con ragazzi e ragazze provenienti da ambienti (famiglie) con forti carenze sociali ed affettive. La maggior parte di questi sono segnati da una fondamentale mancanza di fiducia nella vita e negli altri. Questa carenza si traduce in una diminuita vitalità, in scarsa motivazione, in una grande vulnerabilità dei modelli relazionali, in una difficoltosa formazione della personalità, e in una disturbata percezione delle norme. A queste difficoltà di ordine psicologico si aggiunge il basso livello sociale e culturale.

Questo insieme di fattori costituisce il quadro dei punti difficoltosi per la normale educazione della fede.

2.​​ Il catecheta dovrà anzitutto curare i fattori motivazionali. Inoltre dovrà sviluppare rapporti personali e prolungati con questi destinatari. Il nucleo della personalità va rinforzato. La percezione delle norme deve essere pazientemente cristianizzata.

La particolarità del metodo cat. verso questa categoria di persone è situata quasi unicamente sul piano relazionale. Il legame con l’educatore credente è una condizione fondamentale per ricuperare la suscettibilità religiosa di questa gioventù segnata dall’emarginazione sociale e affettiva, e motivarla verso l’accoglienza della fede e della vita cristiana.

II.​​ Disturbi psichici

1.​​ La C. speciale incontra anche fanciulli e giovani psicotici o nevrotici, con vari disturbi psichici. Tratti comuni a questa categoria sono: carenze nel modo in cui vivono la propria persona, disarmonie nella vita affettiva, difficoltà nelle relazioni con l’ambiente (con le persone e le cose). Inoltre, questi fenomeni sono spesso accompagnati da ansie e aggressività, che si manifestano in svariate forme.

2.​​ L’educazione religiosa di questa categoria è possibile nella misura in cui l’educatore religioso o il catechista riesce ad avere accesso a questi ragazzi e ragazze e a raggiungere il nucleo della loro personalità. Questo risulta assai difficile a causa della faticosa formazione delle relazioni. Più che negli altri settori della C. speciale, s’incontra con questa categoria un maggior numero di comportamenti fuori della norma, quali per es. ansie, senso di colpa, ossessioni, aggressività, scrupoli, ecc.

Si tratta di uno fra i settori più difficili della C. speciale, che generalmente richiede la consulenza e l’intervento di esperti.

Mieke Vandekerckhove

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HANDICAPPATI

HANDICAPPATI FISICI

 

HANDICAPPATI FISICI

1.​​ L’aspetto caratteristico dell’handicap fisico si può descrivere molto in generale come limitazione dell’autonomia personale. L’handicap corporeo conduce a un permanente confronto con il mondo in libero movimento.

In generale, l’handicap fisico è vissuto molto negativamente accompagnato da una grande dose di aggressività o di sarcasmo sublimato. L’intervento ortopedagogico mira all’accettazione di sé, ricercando anche nuove forme, necessariamente limitate, di partecipazione alla vita normale.

2.​​ La C. deve portare un messaggio di liberazione accentuando la liberazione spirituale per la forza dello Spirito di Gesù. Cercherà di interpretare gli sforzi terapeutici e i risultati che su questo piano si raggiungono quali segni di un movimento verso una esistenza integra. Non meno che per gli altri handicap, gli handicappati fisici sono confrontati con la loro figura frustrante. È importante che la C. faccia scoprire che Gesù non si fermò mai all’aspetto esteriore della diversità, ma che ha sempre coinvolto pienamente l’handicappato o il malato nella speranza della liberazione dal male. Gesù li situava su un piano più profondo rispetto a quello della corporeità. Li incontrava anche nel cuore e nello spirito creatore dell’uomo.

Anche gli interventi fisioterapeutici, che mirano alla liberazione corporea, possono offrire la prospettiva di liberazione spirituale attraverso la visione cristiana della vita e della morte.

Più che per le altre forme di handicap, la prospettiva della morte costituisce una realtà amara, e spesso si annuncia prematuramente. Inutile sottolineare che si tratta di un tema caratteristico della C. speciale.

Bibliografia

S. G. Dì​​ Michael,​​ Les​​ retentissements affectifs de ¡’handicap physique sur​​ les altitudes​​ religie​​ uses,​​ in «Lumen​​ Vitae»​​ 16 (1961) 319-333; R. F. Esposito,​​ La catechesi fra i poliomielitici dell’età giovanile,​​ in «Sussidi» 35 (1970) 43-48; H. Gray,​​ Religious Education of the Physically Handicapped,​​ in “The Sower» 6 (1982) 2, 17-18; M. H.​​ Mathieu,​​ Formazione religiosa del bambino ammalato,​​ Leumann-Torino, LDC, 1969; M.​​ Schultebraucks,​​ Religionsunterricht​​ bei​​ körperbehinderten Schülern. Ergebnisse einer empirischen Untersuchung,​​ in “Katechetische Blätter» 103 (1978) 781-785.

Ferdinand Devestel

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HANDICAPPATI FISICI

HANDICAPPATI MENTALI

 

HANDICAPPATI MENTALI

L’autorevole “American​​ Association​​ on Mental Deficiency”​​ (Grossman 1973)​​ definisce​​ HM​​ le persone che già nel periodo dello sviluppo, cioè prima dei 18 anni, funzionano a un livello sia intellettuale che sociale significativamente inferiore a quello delle persone della stessa età entro lo stesso ambito culturale. Sotto questo termine generale si nasconde però un gruppo molto eterogeneo, normalmente sottodiviso in HM leggeri, HM moderati, e HM gravi e profondi.

1.​​ É​​ possibile la C. agli HM?​​ A motivo della deficienza intellettuale di queste persone, i responsabili della pastorale, come pure altri esperti, hanno creduto per lungo tempo che una C. vera e propria agli HM fosse impossibile. Perciò l’educazione religiosa si limitava generalmente alla formazione di buone usanze, di alcune pratiche di preghiera e devozionali, e un po’ di “addestramento” morale.

Attorno agli anni 1950 si nota una svolta in questa situazione, dovuta a un duplice cambiamento di idee: una nuova visione della C. e un nuovo modo di interpretare l’handicap mentale. Precedentemente la C. era vista in prevalenza come questione intellettuale, consistente nella trasmissione di una serie di contenuti di fede e di prescrizioni etiche. Attualmente si preferisce vedere la C. come situarsi responsabilmente nella dimensione cristiana della vita. La fede non è vista primariamente come la conoscenza e la professione di un certo numero di dati cognitivi. La fede consiste anzitutto nel rivolgersi verso una persona, nel rivolgersi verso Dio. Da un altro lato lo sviluppo dell’ortopedagogia, nonché l’applicazione sistematica di alcuni principi della psicologia dell’apprendimento, hanno mostrato in modo convincente che gli HM sono capaci di raggiungere livelli di sviluppo assai superiori a quanto si credeva in precedenza. Di conseguenza l’approccio educativo agli HM è diventato assai più positivo. L’accento viene messo sulle possibilità che sono ancora realmente presenti, o su ciò che realmente ci si può aspettare, e non più in primo luogo sulle deficienze. Questa sfera di speranza e di attesa ha avuto ripercussioni anche sul terreno dell’educazione della fede, ed ha suscitato nuove iniziative: in diversi paesi ci sono stati seri tentativi per sviluppare una C. adatta agli HM.

2.​​ Panorama storico delle iniziative sul piano della C. agli HM.​​ Prima della​​ 2a​​ guerra mondiale si conoscono soltanto alcune rare pubblicazioni sull’educazione della fede degli HM: si tratta in tutti i casi di tentativi che attribuiscono molta importanza alle pratiche di preghiera e alla formazione di buone abitudini.

Il pioniere della C. speciale (= CS) contemporanea è il sac. francese H. Bissonnier. Iniziò il suo lavoro verso il 1950 lavorando con ragazze HM dei dintorni di Parigi. Le sue pubblicazioni​​ Pour une pédagogie catéchétique des enfants arriérés mentaux​​ (1955; trad. ital.:​​ Pedagogia catechistica dei fanciulli subnormali,​​ Leumann-Torino, LDC, 1966) e soprattutto​​ Pédagogie de​​ Résurrection​​ (1959; trad. ital.:​​ Pedagogia di risurrezione,​​ ivi, 1966) suscitarono grande interesse. Riuscì a radunare attorno a sé un certo gruppo di collaboratori, fra i quali J. P. Jung, B. Descouleurs e H. Hillairet, che più tardi produsse le guide cat.​​ Amis de Dieu​​ (1968) e​​ Dieu ma foie​​ (1971). Attraverso i corsi di formazione cat. Bissonnier e i suoi collaboratori parigini ebbero anche una irradiazione internazionale. Uno specifico tentativo di educazione della fede per fanciulli HM gravi è stato elaborato da Denise Rouquès (1969).

Alcuni anni più tardi, pure sotto l’influsso di H. Bissonnier, è nato a Lione (Francia) un altro nucleo di attività pastorale attorno alla persona di J. Mesny e collaboratori. In collaborazione con M. Orban (Belgio) pubblicò il metodo​​ Vivre​​ (1968), largamente basato sull’uso di simboli. Questo metodo ebbe una grande diffusione, grazie anche all’impegno di un exallievo e collaboratore del centro di Lione, il sac. canadese E. Paulhus, il quale ottenne il dottorato con uno scritto su​​ L’éducabilité religieuse des enfants déficients mentaux​​ (1962). Più tardi divenne professore all’Université Catholique de Sherbrooke (Canada), e vi fece conoscere il metodo​​ Vivre.

Nel 1967 il sac. americano Joseph Mc​​ Carthy,​​ fratello di un ragazzo HM, cercò a lungo e inutilmente pubblicazioni sulla C. agli handicappati mentali. Infine fu indirizzato verso E. Paulhus e l’università di Sherbrooke. Poco tempo dopo Me Carthy divenne responsabile diocesano della diocesi di Chicago per la cura pastorale agli handicappati mentali. Fece tradurre in inglese il metodo​​ Vivre​​ e fondò il centro SPRED (Special Religious Education Divisioni, che più tardi divenne istituto di formazione per catecheti specializzati in C. agli HM. Il centro è aperto a tutti coloro che, inviati da qualche parrocchia, desiderano specializzarsi nell’assistenza pastorale degli HM.

Anche in Inghilterra il metodo​​ Vivre​​ è stato accolto nelle diocesi di Londra e di​​ Liverpool,​​ da catecheti che hanno frequentato il corso SPRED a Chicago. L’attività nel campo della CS nelle due diocesi è interamente ispirata al modello americano. Se ne trova una descrizione nel vol.​​ I am with you,​​ di D. G. Wilson (1975).

Anche la scuola di Parigi ha avuto la sua irradiazione a livello mondiale. Padre J. Kijm SJ, olandese, si è fortemente interessato a questa iniziativa ed ha pubblicato diversi scritti importanti sull’argomento (1961). Purtroppo alcuni anni dopo interruppe bruscamente il lavoro in questo settore, quando assunse una cattedra di filosofia nello studentato dell’ordine. In Olanda, da parte cattolica, va pure menzionato il contributo dell’Istituto Superiore di Catechetica di Nimega, specie attraverso l’apporto di alcuni giovani sacerdoti. Va menzionato l’interessante lavoro di De Wit (Zwakzinnigenzorg en pastoraal,​​ Nijmegen 1971, tesi) e di H. Verbeek (Een beker koud water,​​ Bilthoven, Ambo, 1971). Quest’ultimo organizzò per la durata di un anno, in modo molto creativo, la partecipazione di tutti i residenti di una istituzione psichiatrica per HM ad alcuni momenti culminanti dell’anno liturgico. In Olanda anche le Chiese protestanti hanno dato un contributo specifico all’assistenza pastorale degli HM, di cui testimoniano, fra l’altro, le meritevoli pubblicazioni di L. Brezet-Brouwer (leder in zijn eigen taal,​​ 3 vol., Nijkerk, Callenbach, 1977-78), L. Stilma (Wuiven naar de dominee,​​ ivi, 1979) e P. Vreugdenhil (Ik heb een vriend,​​ Goes, Oosterbaan, 1982). L’educazione della fede si realizza principalmente durante i servizi religiosi settimanali.

In Belgio, nella regione di lingua francese, è stato introdotto il metodo​​ Vivre​​ per opera di M. Orban, co-autore di questo metodo. Nelle Fiandre va menzionata l’attività del “Werkgroep voor Gespecialiseerde Catechese”, il cui nucleo era costituito da F.​​ Devestel,​​ M. Vandekerckhove e M.​​ Van​​ Walleghem. Questo Gruppo di lavoro pubblicò​​ Samen,​​ una guida per i primi due anni della scuola elementare speciale​​ (Van​​ Walleghem e Vandekerckhove, 1976-1978; trad. ital.:​​ Insieme. Guida per la catechesi degli handicappati mentali,​​ Leumann-Torino, LDC, 1980. F. Devestel sviluppò nella sua tesi dottorale un progetto per l’assistenza pastorale degli HM adulti ricoverati in istituzioni psichiatriche [1981], Questo progetto, pubblicato originalmente in francese, fu presto tradotto in inglese e in italiano, trovando in Italia, specie nelle istituzioni del Cottolengo, un’ampia applicazione).

In Germania infine — paese con una ricchissima tradizione di insegnamento cat. — il periodo dopo la seconda guerra mondiale rivela una grande attenzione al problema della CS per HM. Le realizzazioni concrete riguardano soprattutto la C. scolastica e sono basate sul “Rahmenplan” (1967), redatto su incarico dei vescovi tedeschi. Più tardi furono pubblicati diversi manuali per la C. agli HM, fra l’altro Weber​​ (Das​​ lernbehinderte Kind und der Glaube,​​ Donauwòrth, Auer, 1967), Schilling (1974), Krenzer & Rogge (1978).

Questo panorama permette di vedere come nei diversi paesi molte persone si siano occupate della C. agli HM, come siano reciprocamente interdipendenti, e la grande varietà di iniziative che hanno sviluppato. Va segnalata anzitutto la diversità dei luoghi o ambienti in cui si realizza la CS: spesso la scuola (Belgio, Germania), ma anche la parrocchia o la comunità ecclesiale (Francia, protestanti olandesi, USA), oppure le istituzioni psichiatriche (Fiandre, Olanda, Italia). Vi è inoltre la varietà nell’età dei destinatari: inizialmente la CS riguardava soltanto fanciulli o giovani delle scuole speciali (elementari e secondarie); gradualmente si svilupparono anche iniziative per adulti. Infine c’è la variazione nel livello dell’handicap mentale: la C. scolastica è elaborata soprattutto in vista degli HM leggeri; mentre diverse iniziative parrocchiali o all’interno delle istituzioni psichiatriche riguardano pure HM di secondo grado o talvolta anche HM gravi.

3.​​ In che cosa consiste lo specifico della CS agli HM?​​ Lo specifico della CS è determinato dal mondo particolare degli HM. Questo mondo, pur non essendo radicalmente diverso dal mondo umano di tutti, presenta tuttavia caratteristiche particolari. Dal punto di vista cognitivo l’HM vive in un mondo molto concreto, superficiale e poco elastico, con scarsa articolazione e connessione logica, e uno scarso sviluppo verbale. Dal punto di vista dinamico-affettivo, l’HM è fortemente legato alla situazione, spesso dominato da essa; il suo concetto di sé è generalmente negativo e poco realistico; psichicamente è molto vulnerabile, e dimostra una tendenza verso la rigidità.

Come risposta a questa situazione la CS cercherà di allargare e di approfondire il mondo esperienziale dell’HM. In questo modo cercherà di sviluppare la sua sensibilità per i simboli; lo aiuterà a distinguere tra cose principali e cose secondarie; ripeterà con sempre nuove varianti le sole cose essenziali; ne rinforzerà e sosterrà la scarsa fiducia in se stesso e la resistenza psichica; cercherà di superare la sua tendenza verso un comportamento rigido. Tutte queste finalità vengono anche perseguite dalla ortopedagogia. Nella CS la realizzazione di questi obiettivi sarà ispirata dalla preoccupazione di suscitare, di sviluppare e di nutrire in loro l’atteggiamento di fede.

Questo carattere specifico si concretizzerà nella CS in diversi modi: anzitutto per mezzo di un programma didattico fortemente strutturato e incentrato sul nucleo del messaggio cristiano; inoltre per mezzo di alcune caratteristiche metodologiche.

4.​​ Alcuni principi metodologici.

a)​​ Arricchimento del mondo esperienziale del fanciullo.​​ Una prima preoccupazione del catechista consisterà nell’arricchimento dei significati presenti nelle esperienze del fanciullo HM; insegnerà al fanciullo a scoprire “di più” nelle proprie esperienze. Ciò significa in concreto sviluppare la sensibilità per la ricchezza di significati e di valori umani che possono nascondersi anche in azioni umane molto semplici. Il catechista si sforzerà di illuminare queste esperienze, arricchite anche alla luce del messaggio cristiano.

b)​​ La relazione personale tra il catechista e il fanciullo.​​ Nella CS è indispensabile una buona relazione pedagogica, in cui nasce una sfera di fiducia. Dal lato del catechista questa relazione deve essere caratterizzata da rispetto e da pazienza: rispetto per la persona del fanciullo handicappato, pazienza di fronte allo sviluppo rallentato che coinvolge anche la nascita della vita di fede. I fanciulli HM sono generalmente più dipendenti, più affettuosi, più suggestionabili da una determinata atmosfera. Il catechista starà attento a non imporsi e a non “manipolare” questi fanciulli.

c)​​ La testimonianza del catechista.​​ Come credente il catechista è personalmente coinvolto nell’annuncio della fede. Pur avendo problemi e difficoltà, dovrà stare con autenticità dietro il messaggio che annuncia. Nell’annuncio è fondamentale l’atteggiamento di umiltà. Come i profeti dell’AT, il catechista non è annunciatore sulla base di meriti personali; egli parla come annunciatore, come inviato.

d)​​ Un programma didattico fortemente strutturato.​​ È importante che il nucleo del messaggio cristiano sia concretizzato con chiarezza e con forte strutturazione nel programma didattico. Attraverso una grande varietà di forme bisognerà sempre tornare su questo contenuto centrale.

e)​​ Grande attenzione al linguaggio.​​ La lingua è un mezzo cat. fondamentale. Soprattutto per mezzo della parola si giunge a illuminare religiosamente l’esperienza del fanciullo. La carenza nello sviluppo verbale dell’HM, più accentuata nella misura in cui l’handicap è più grave, costituisce una seria difficoltà. È indispensabile un linguaggio estremamente semplice e corrispondente al livello di sviluppo del fanciullo. Questo comporta anche grandi limitazioni per l’uso della​​ narrazione​​ nella C.: narrazioni con “doppio fondo” normalmente non vengono comprese.

Il catechista userà abbondantemente il​​ dialogo​​ con i fanciulli: questo permette di coinvolgerli direttamente nella C. e li incoraggia ad esprimere le proprie esperienze. Con preadolescenti e adolescenti occorrerà usare questo mezzo con maggiore abbondanza e sistematicità.

Il linguaggio biblico e liturgico, spesso poco comprensibile in se stesso, dovrà necessariamente essere “tradotto” e calato a livello degli handicappati, cioè dovrà essere semplificato. Si cercherà comunque, con gradualità, di iniziarli al linguaggio ecclesiastico, per favorire in questo modo il loro inserimento nella grande comunità della Chiesa.

f)​​ Prudenza nell’uso dei simboli.​​ Il linguaggio religioso ricorre volentieri e abbondantemente all’uso di simboli. I simboli infatti permettono di schiudere gli aspetti profondi della realtà. Alcuni autori hanno espresso l’ipotesi che negli HM ci sia una particolare sensibilità per i simboli, il che permetterebbe di supplire felicemente alla carenza di sviluppo linguistico. Questa ipotesi però non trova alcuna conferma nell’osservazione critica o nelle ricerche empiriche. Infatti la forza espressiva dei simboli è fondamentalmente determinata dall’esperienza della persona. Dal punto di vista pedagogico sarà quindi indispensabile un impegno sistematico per arricchire il mondo esperienziale del fanciullo, affinché alcuni segni cristiani, quali acqua, fuoco, luce, pane, ecc., acquistino un maggiore significato e possano diventare simboli più ricchi.

g)​​ Uso responsabile dei mezzi audiovisivi.​​ I mezzi audiovisivi possono essere utili per introdurre, rinforzare e completare l’annuncio verbale. Possono avere una funzione evocativa oppure semplicemente informativa; devono essere adatti al livello mentale del fanciullo e alla sua età. È importante nella CS che i mezzi audiovisivi esprimano chiaramente le proprie finalità. Un quadro, per​​ es.,​​ deve essere sufficientemente grande e non comprendere troppi elementi. La visione di diapositive deve seguire un ritmo piuttosto lento, le sequenze non devono cambiare troppo velocemente e contenere soltanto pochi personaggi.

h)​​ Tecniche e attività espressive.​​ Tenendo conto del livello mentale e dell’età dei fanciulli HM, si possono adoperare con successo diverse tecniche espressive. Per​​ es.​​ i fanciulli possono raccontare, disegnare, dipingere, modellare, cantare, muoversi ritmicamente sulla musica. Queste attività mirano all’interiorizzazione e all’espressione personale dei contenuti della C. Per preadolescenti e adolescenti si userà abbondantemente la discussione e il colloquio guidato.

Una forma particolare di attività è la celebrazione cat. Essa si situa sul confine tra C. e liturgia, e presenta le caratteristiche di ambedue: si tratta di annuncio per mezzo di azioni. La celebrazione è importante nella C. agli HM, perché permette il coinvolgimento diretto e personale nell’azione.

Bibliografia

H. Bissonnier,​​ Pedagogia catechistica dei fanciulli subnormali,​​ Leumann-Torino, LDC, 1966; Io.,​​ Pedagogia di risurrezione,​​ ivi, 1966; J. M. Kijm,​​ Plansten voor het geloofsonderricht aan​​ debiele​​ hinderen,​​ Den Haag, Katholiek Paedagogisch Bureau voor het L. O., 1961; R. Krenzer – R. Rogge,​​ Methodik der religiösen Erziehung Geistigbehinderten,​​ Lahr, Kaufmann, 1978; D.​​ Rouquès,​​ Catechesi e iniziazione cristiana degli​​ insuficienti​​ mentali,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971; K. Schilling,​​ Religionsunterricht bei Geistigbehinderten. Theoretische Grundlegung,​​ Limburg, Lahn-Verlag, 1974.

Marcel Van Walleghem

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HANDICAPPATI MENTALI

HANDICAPPATI SENSORIALI

 

HANDICAPPATI SENSORIALI

Distinguiamo due grandi gruppi di handicappati sensoriali: soggetti con disturbi dell’udito, e soggetti con disturbi della vista. Anche se nei due casi l’handicap scaturisce da difetti sensoriali, dell’udito o della vista, i due gruppi sono molti diversi sul piano ortopedagogico. Lo spazio limitato di questo art. non permette di indicare i molti gradi di sordità e di cecità e le rispettive possibilità di intervento ortopedagogico. Ci limitiamo alle principali caratteristiche e agli atteggiamenti di fondo che caratterizzano i soggetti con disturbi uditivi e visivi.

1.​​ Disturbi dell'udito.​​ A causa della mancanza di percezione uditiva, l’inserimento spontaneo nel mondo dell’uomo verbale, sulla base dell’acquisizione linguistica, è estremamente difficoltoso. A causa della loro condizione, i soggetti con disturbi uditivi sono maggiormente dipendenti dalla vista, e di conseguenza la dinamica interiore dell’uomo con disturbi uditivi si differenzia sostanzialmente dall’uomo con l’udito normale. Il sordo è l’uomo visivo, che difficilmente penetra nella connessione profonda dei segni e faticosamente percepisce i valori ai quali i segni rimandano. Al contrario, la persona con l’udito normale penetra assai più spontaneamente verso i valori interiori che si nascondono dietro il mondo delle impressioni visive.

Il sordo è privo di quello strumento fondamentale di penetrazione che è il linguaggio. Il linguaggio dell’uomo è basato sull’udito, sulla parola verbale. Una conseguenza immediata di questo fatto è che la mancanza di linguaggio implica una diminuita capacità di attribuire significati alla realtà circostante. Questa brevissima caratterizzazione ci permette ora di indicare le esigenze specifiche della C. a soggetti con disturbi dell’udito. Prima di pensare alla C. ci vuole, come prerequisito, un minimo di → linguaggio. Già la Scrittura fa riflettere in questa linea. Dio si è manifestato nel modo più abbondante ed esplicito mandando suo Figlio Gesù Cristo. Ora, in modo caratteristico egli viene chiamato da Giovanni “il Verbo”.

Di conseguenza alcune esperienze fondamentali collegate con l’esperienza linguistica sono da considerarsi preparativi diretti per poter accedere al contenuto del mistero rivelato. L’esperienza fondamentale del linguaggio può essere estesa all’esperienza del mistero di Dio. Attraverso la parola l’uomo si appropria spiritualmente della realtà che lo circonda nella creazione. Socializzandosi nella Parola di Dio, l’uomo acquisisce una visione maggiormente spirituale dei valori della creazione.

Attraverso la parola, il linguaggio fa nascere la comunità. Anche la Chiesa fa nascere la comunità attorno alla Parola. Il linguaggio verbale mette l’uomo in movimento, lo cambia, lo inserisce nello spazio e nel tempo. Anche la Parola di Dio mette l’uomo in movimento, lo chiama a seguire la via del Vangelo.

Queste esperienze fondamentali costituiscono immediatamente l’oggetto di una prassi ortopedagogica connessa con l’acquisizione del linguaggio da parte dei sordi. Si vede chiaramente che la C. è una parte integrale di questo processo.

Didattica.​​ La via più appropriata è la presentazione concentrica del contenuto rivelato della fede. È ovvio che non esiste un contenuto rivelato specifico per i sordi. Sarà tuttavia necessario mettere alcuni accenti ed evitare alcune deviazioni.

Un’attenzione particolare merita il progressivo inserimento nella comunità della Chiesa. A motivo del loro handicap, i sordi sono assai più concentrati sul rapporto lo-Tu che sul rapporto Noi-Insieme.

La → didattica deve inoltre tenere in conto che il sordo ha scarse capacità di astrazione. Concetti quali → grazia, incontro sacramentale con Cristo, redenzione, nascere dallo → Spirito Santo... sono molto ardui per lui. Per la stessa ragione si dovrà evitare con cura di accentuare l’aspetto magico. I → miracoli di Gesù richiedono una presentazione prudente, sottolineando soprattutto i contenuti rivelati dei segni miracolosi.

La traduzione del → contenuto della fede pone esigenze linguistiche particolari sul piano della didattica.

Infine merita una particolare attenzione la caratteristica esperienza esistenziale della sordità. Cercare la ragione per cui i sordi non sono come gli altri conduce quasi spontaneamente a domandarsi quale senso possa avere questa particolare sofferenza nell’ambito di una esistenza difficoltosa. Questa situazione esistenziale evoca una particolare sensibilità per la comprensione del mistero della sofferenza. Certo non è facile dare una risposta a tale problema.

Anche l’integrazione nella → Chiesa richiede una particolare attenzione. La grande comunità della Chiesa, come pure la comunità parrocchiale, hanno difficoltà a venir incontro alle necessità particolari dei fedeli. La sordità, con la sua barriera linguistica, rende oltremodo difficile la partecipazione alla vita della Chiesa, e ostacola il sentimento di “appartenenza”.

Di conseguenza si rende necessaria, nell’insieme della pastorale, una cura particolare verso i sordi. Ne segue anche la necessità di formare operatori pastorali specializzati.

2.​​ Disturbi della vista.​​ Per quanto la cecità possa segnare in profondità la persona, lascia tuttavia maggiori possibilità per il suo sviluppo.

In forza del proprio handicap il cieco è limitato nello spazio. Inoltre, assai più che l’uomo normale,​​ si riferisce alla propria corporeità per comprendere gli altri e il mondo circostante. Ne scaturisce quasi spontaneamente un maggiore egocentrismo.

L’intervento ortopedagogico mira anzitutto ad allargare la partecipazione ai diversi aspetti della realtà, per arrivare, attraverso acquisizioni progressive, a una maggiore autonomia nel gestire la propria vita.

Forme alternative della “vista”, per​​ es.​​ la via tattile, come pure la rieducazione psicomotoria, possono spezzare l’orientamento egocentrico. La maggior parte dei contenuti rivelati possono essere trasmessi senza particolari difficoltà. A causa della maggiore tendenza verso l’egocentrismo, la C. e la carità della comunità ecclesiale richiedono una più forte accentuazione.

Come già segnalato nel caso dei sordi, anche per i ciechi le guarigioni miracolose costituiscono un punto delicato. Se nella C. si trascura di penetrare verso il valore di segno che è presente nel → miracolo, esse suscitano soltanto attese incolmabili.

Anche la trattazione rispettosa della sofferenza merita un posto particolare.

Le esigenze didattiche portano ad una forte accentuazione della parola verbale. Non è però immaginario il pericolo del verbalismo, che conduce a oscurare il contenuto del messaggio. Inutile dire che​​ tutti​​ i sussidi uditivi hanno grande rilievo. Inoltre bisognerà cercare di sfruttare la via tattile per allargare la loro capacità di rappresentazione spaziale.

Bibliografia

Sr.​​ Bridget,​​ Teaching​​ Religion​​ io the Deaf,​​ Baltimore,​​ Md., Mission​​ Helpers of the Sacred Heart, 1962; L. Coduri,​​ Pastorale e catechesi degli handicappati,​​ in “Catechesi” 52 (1983) 5, 23-40; ,T. Van Eindhove,​​ Religfous Education of the Deaf,​​ Rotterdam, University Press, 1973; P. McNicholas,​​ Planning Children’s Liturgies for the Deaf,​​ in “The Living​​ Light»​​ 13 (1976) 101-117;​​ Menschen mit einer Behinderung – Anfragen an die Katechese,​​ in “Katechetische Blätter” 105 (1980) Heft 5; M. L. Nass,​​ Development of Conscience:​​ A​​ Comparison​​ of the Moral Judgments of Deaf and Hearing Children.​​ in «Child Development» 35 (1964)​​ 10731080;​​ W. Paukowitsch – E. Schmid,​​ Die Katechese bei Blinden,​​ in “Christlich-pädagogische Blätter” 93 (1980) 240-243; C. Robert,​​ Jeunes et adultes Sourds dans​​ ¡'Assemblèe​​ Liturgigue,​​ in “Catéchèse” 4 (1964) 15, 203-206; Id.,​​ Pour​​ la catéchèse​​ des sourds, les images ne sont-elles qu’un pis-aller?,​​ ibid. 5 (1965) 18, 61-68; W. B.​​ Rose,​​ R.E.A.C.H.:​​ Religioni​​ Education with the Handicapped,​​ in “The Living Light» 19 (1982) 140-143; M. Schwendenwein,​​ Was der Gehörlosenseelsorger im Umgang mit den Gehörlosen beachten sollte,​​ in “Christlichpädagogische Blätter” 93 (1980) 244-251.

Ferdinand Devestel

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HANDICAPPATI SENSORIALI
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