FUMETTI

 

FUMETTI

Il fenomeno del F. religioso non è nuovo. Accolto con molte riserve negli anni​​ 19451948,​​ fu sottoposto in Francia alla commissione per l’immagine e alla censura degli anni 1953-1957. Questo tipo di pubblicazione s’impose comunque, senza tuttavia dissipare tutte le diffidenze che ha sempre suscitato. Nuovo nel fenomeno è l’importanza della produzione attuale rispetto agli anni precedenti. Il F. religioso si è enormemente diffuso, perché partecipa al fenomeno generale del F. con i suoi miti e sogni che rispondono a una funzione sociale, e ne fanno un​​ massmedium​​ nel senso più forte del termine. L’orientamento cat. del F. religioso segue la domanda dei consumatori: F. agiografici, storici e biblici. Tre preoccupazioni cat. emergono: l’insistenza didattica; la preoccupazione di raggiungere un pubblico popolare; infine preoccupazioni istituzionali.

Dal 1977 in poi si nota l’aggiunta di pagine di spiegazione e di foto di attualizzazione che vengono inserite negli album. In tal modo gli autori spezzano la sequenza narrativa del F., per accentuare la sua funzione didattica. Le persone di cui viene narrata la vita, a parte alcuni rari testimoni contemporanei, sono persone che hanno fondato qualche opera, una congregazione religiosa, ecc. La loro storia è letta e la loro modernità è raccontata alla luce di quell’opera. Dal punto di vista cat. si nota una generale diminuzione dell’elemento miracolistico. Purtroppo manca qui lo spazio per illustrare i rapporti di questi eroi con la famiglia, con la Chiesa, con la società, con il lettore; non si può nemmeno parlare delle loro concezioni riguardanti la missione, l’apostolato, l’uomo, la santità. La molla della narrazione è costituita dalla preoccupazione di edificare, di suscitare vocazioni, di incitare all’idealismo, di definire i ruoli, di mobilitare. Gli eroi che vengono presentati sono persone in cui, in sintesi, c’è tutto. Dal punto di vista del destinatario, il modo di raccontare mira a provocare l’identificazione del lettore con l’eroe, nella misura in cui quest’ultimo appartiene alla medesima cultura.

Dal punto di vista pedagogico, ci sembra preferibile, per ciò che riguarda il F. biblico, la lettura fatta in gruppo, paragonando il F. con il testo biblico; un dialogo fruttuoso nel gruppo può facilitare l’approccio alla Bibbia per quei giovani che la trovano un libro noioso.

Bibliografia

A. Knockaert – Ch.​​ Van der​​ Plancke,​​ Fumetti biblici e catechesi,​​ Leumann-Torino, LDC, 1982; Id.,​​ Bandes​​ dessinées​​ et​​ religion. Bibliographie thématique,​​ in​​ “Archives de Sciences sociales des religions” 26 (1981) 51/1, 139-150; Id.,​​ La bande dessinée saisie par la religion,​​ in “Lumière et Vie” 30 (1981) 155, 35-44; Id.,​​ Bandes dessinées bibliques: pratiques de lecture;​​ in “La foi et le Temps” 9 (1979) 3, 238-254; Id.,​​ Bandes dessinées hagiographiques,​​ in «Lumen​​ Vitae»​​ 36 (1981) 4, 389-425; Id.,​​ Bandes dessinées bibliques: du neuf et de l’original!,​​ ibid. 38 (1983 ) 4, 438-448; Id.,​​ Il​​ Vangelo​​ e il «medium»​​ fumetto,​​ in «Catechesi»​​ 50 (1981) 1, 51-64; Id.,​​ Catechesi dell’annunciazione e linguaggio del fumetto,​​ ibid. 50 (1981) 3, 74-88.

André Knockaert

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FUNZIONALISMO

 

FUNZIONALISMO

Con il termine f. si intende tutto quel complesso di teorie che interpretano i fatti sociali in relazione al loro apporto alla realizzazione di fenomeni sociali più ampi o alle attività di una istituzione o dell’intera società. Si tratta di posizioni riscontrabili in vari campi, dalla sociologia, all’antropologia, alla linguistica, alla psicologia. L’oggetto tenuto qui presente è l’educazione e l’ottica quella sociologica in quanto prevalente nell’ambito considerato. Tra gli autori più importanti dal punto di vista scelto va anzitutto ricordato​​ ​​ Parsons. Per questo studioso ogni fenomeno sociale deve essere esaminato in termini di azione sociale che, a sua volta, è funzione sia di una struttura societaria consistente nei rapporti istituzionalizzati tra le persone, sia della corrispettiva cultura rappresentata dai valori, dalle norme e dai modelli, sia del sistema di personalità dei singoli attori sociali, cioè della cultura da questi interiorizzata (1937). In secondo luogo va citato R. K. Merton a cui si deve in particolare un ripensamento degli assunti parsonsiani: egli ha rivisitato le tre tesi fondamentali del f. classico, precisando che la funzione svolta da un elemento della società non è sempre necessaria per il funzionamento del tutto, può essere superflua, anzi potrebbe non essere positiva (1949).

1.​​ La concezione di società.​​ Il f. interpreta la società come un​​ sistema di parti interdipendenti​​ al cui interno si realizza una vera divisione del lavoro nel senso che ciascun sottosistema svolge funzioni specifiche e mette a disposizione degli altri le sue prestazioni in modo da consentire la conservazione e lo sviluppo del sistema. Nonostante ciò nella società non mancano disfunzionalità delle parti e difetti di interscambio; tuttavia questi non portano generalmente a rotture irreparabili, in quanto il sistema riesce a mantenersi in una condizione di integrazione e di equilibrio attraverso i processi di​​ ​​ socializzazione, cioè mediante la trasmissione ed interiorizzazione di un quadro di valori comuni. La concezione organicista del f., se riesce a spiegare con facilità lo status quo, si trova invece a disagio di fronte alla questione del cambio. Esso, infatti, viene attribuito a fattori negativi: in pratica, è dovuto sia a carenze nella formazione che divengono occasione di devianza, sia alle difficoltà che i sottosistemi incontrano nell’articolazione reciproca a causa della continua complessificazione della divisione del lavoro e dell’aumento della specializzazione delle parti. La​​ stratificazione,​​ a sua volta, viene ritenuta non solo un dato di fatto universale, ma anche un meccanismo necessario per il funzionamento della società in quanto garantisce la selezione dei migliori. Il valore delle posizioni sociali non è eguale per tutte, ma alcune presentano una rilevanza più grande per il sistema. Al tempo stesso non sono molte le persone dotate delle capacità che possono essere trasformate nelle competenze richieste per svolgere i ruoli più importanti. Siccome la funzione necessaria per acquisire le abilità attese implica notevoli sacrifici di tempo e di risorse, la società per invogliare i soggetti dotati ad affrontarli deve assicurare loro adeguate ricompense materiali e morali, cioè un reddito e una condizione sociale più elevata.

2.​​ Le funzioni della scuola.​​ Entro questo quadro il sottosistema scuola svolge anzitutto la funzione di​​ trasformare le capacità in competenze.​​ Nelle società tradizionali vi provvedono istituzioni che sono incaricate contemporaneamente di altri compiti; nel sistema industriale, a causa dell’intensificarsi della divisione del lavoro e della specializzazione, nasce e si sviluppa un sottosistema specializzato e differenziato come quello scolastico. In secondo luogo il f. mette in risalto la​​ interdipendenza fra istruzione ed economia.​​ La forte espansione dei sistemi formativi che ha avuto luogo nel mondo durante gli anni ’50 e ’60 andrebbe ricondotta allo sviluppo parallelo della domanda di forza lavoro qualificata. La crescita dell’economia ha influito direttamente sulla richiesta di manodopera specializzata e ha comportato l’esigenza di una formazione più elevata di porzioni crescenti di giovani, per due motivi: ha determinato un passaggio della forza lavoro dal settore primario verso il secondario e il terziario, cioè verso comparti che si caratterizzano per una domanda più ampia ed elevata di competenze; inoltre, il ritmo accelerato del cambio tecnologico ha prodotto l’elevazione continua del livello delle abilità professionali necessarie per l’inserimento nei vari settori del sistema produttivo. Al tempo stesso la scuola espandendosi svolge una funzione determinante nello sviluppo tecnologico perché rende più produttivo il lavoro e aumenta il ritmo dell’innovazione tecnologica. Il f. concepisce l’istruzione come​​ strumento di progresso sociale.​​ È vero che le disparità sono accettate come necessarie, ma è anche vero che la distribuzione dei ruoli deve avvenire in base al merito. In questo senso l’espansione dell’istruzione consente l’ascesa dei giovani dei ceti più bassi, dotati di elevate capacità, e contribuisce a una ripartizione più giusta delle opportunità formative fra le classi. La scuola è anche​​ funzionale all’​​ ​​ integrazione sociale.​​ Essa infatti motiva a comportarsi secondo i modelli dominanti. In questo senso assicura la sopravvivenza della società e la sua integrazione. Alla fine degli anni ‘60 il paradigma funzionalista è entrato in​​ crisi.​​ La sua visione consensuale non riusciva più a interpretare in modo adeguato una società che era divenuta conflittuale. La contestazione studentesca e la ricerca pedagogica avevano messo a nudo le gravi carenze della scuola, ponendo così in discussione la esaltazione ingenuamente positiva che ne aveva fatto il f. Con gli anni ‘80, tuttavia, si è avuto un graduale recupero della funzione positiva della scuola e anche un suo rafforzamento. Questo ha contributo alla nascita di un​​ neo-f.​​ che mira a coniugare l’ortodossia parsonsiana con paradigmi anche opposti: in particolare ha accettato le interpretazioni conflittuali e ha riconosciuto la centralità delle diseguaglianze strutturali.

Bibliografia

Parsons T.,​​ The structure of social action,​​ New York, MacGraw-Hill, 1937; Merton R. K.,​​ Social theory and social structure,​​ Glencoe, The Free Press, 1949; Parsons T.,​​ The social systems,​​ London, Routledge & Kegan Paul, 1952; Morgagni E. - A. Russo (Edd.),​​ L’educazione in sociologia.​​ Testi scelti, Bologna, CLUEB, 1997; Besozzi E.,​​ Società,​​ cultura,​​ educazione: teorie,​​ contesti e processi, Roma, Carocci, 2006; Schizzerotto A. - C. Barone,​​ Sociologia dell’istruzione, Bologna, Il Mulino, 2006.

G. Malizia

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