FONTI DELLA CATECHESI
Si designano con l’espressione FdC quelle realtà o luoghi dove è possibile trovare, o da dove scaturisce il contenuto genuino della trasmissione cat. Ci si appella perciò alle FdC non solo per poter disporre di un deposito o arsenale di contenuti cat., ma anche per avere una garanzia di autenticità e un fattore di rinnovamento e di riconquista di identità (ritorno alle fonti). Le FdC svolgono nel processo cat. un ruolo simile a quello dei loci theologici nell’ambito della teologia. Lungo la storia della C. appaiono in forme molto diverse la presenza e l’utilizzazione delle FdC. Molto schematicamente, si può ricordare che alla prassi cat. dell’età apostolica e patristica, impregnata fortemente di S. Scrittura e di senso della tradizione, succederà poco per volta, lungo il periodo medievale, una C. modellata più da vicino dalla teologia scolastica e da preoccupazioni moralistiche. L’introduzione dei → catechismi nell’età moderna porterà anche uno sforzo di ritorno alle F. tradizionali della C. (si pensi, per es., alle 4 parti del catechismo tridentino: simbolo apostolico, sacramenti, decalogo, orazione domenicale), ma prevarrà di nuovo un andamento cat. più appoggiato ai canoni speculativi della teologia scolastica che ai documenti più autentici del pensiero cristiano. Il movimento cat. del nostro secolo, spec. nella fase cosiddetta → “kerygmatica”, propugnerà anche un vigoroso ritorno alle F. genuine della C. E in questa prospettiva di rinnovamento, per mezzo del ritorno alle F., si collocano anche i documenti postconciliari sul rinnovamento della C.
1. F. per eccellenza della C. è la → parola di Dio, presente nella Scrittura e nella Tradizione: “Il contenuto della C. si trova nella parola di Dio, trasmessa nelle Scritture e nella tradizione” (DCG 45); “La C. attingerà sempre il suo contenuto alla fonte viva della Parola di Dio, trasmessa nella Tradizione e nella Scrittura” (CT 27). Alcuni documenti cat. parlano di una triplice F. per la C.: la Scrittura, la liturgia e la vita della Chiesa (cf Direttorio francese 1965, n. 25; Rahmenplan fiir die Glaubensunterweisung, 45). Altri preferiscono parlare di 4 fonti della C. (la S. Scrittura, la Tradizione, la liturgia, le cose create: RdC 104), o di 4 segni che manifestano il piano di Dio: segni biblici, liturgici, ecclesiali e creaturali (cf Direttorio USA 41-46). Altre formulazioni sono simili a queste. È da rilevare però che difficilmente si trova una giustificazione accurata delle formule proposte, né appare facile ricondurre queste ad una logica soddisfacente.
2. Se si parla di FdC in un senso puramente materiale, vale a dire come luoghi di reperimento della materia o contenuto della C., allora le FdC si allargano smisuratamente, includendo non solo le aree di contenuto “religioso”, ma tutto l’ambito dell’esistenza umana, del mondo e della storia in quanto realtà suscettibili di essere interpretate alla luce del Vangelo. Se invece si parla di F. in senso formale, in quanto luoghi e segni della parola di Dio che interpreta e illumina la vita e la storia, allora il discorso sulle F. acquista la sua specificità e pregnanza per la C.
3. Punto di riferimento essenziale è la S. Scrittura come F. principale della C. (cf CT 27). Il primato indiscutibile della S. Scrittura nella vita della Chiesa, chiaramente riscoperto e riaffermato nel Vaticano II (DV), si riflette anche necessariamente nella C., che trova nella Scrittura la sua “anima” e il suo “libro” (RdC 105). “La Scrittura è il “Libro”; non un sussidio, fosse pure il primo” (RdC 107). Di qui la necessità per la C. di “imbeversi e permearsi del pensiero, dello spirito e degli atteggiamenti biblici ed evangelici” (CT 27). Di qui anche la convinzione che appartiene ai compiti essenziali della C. l’iniziazione alla lettura, comprensione e attualizzazione della S. Scrittura (cf Messaggio del Sinodo 1977, n. 9).
4. Ma la S, Scrittura non può essere disgiunta dalla → Tradizione (DCG 45; CT 27), “luogo vivo di incontro con la Parola di Dio” (RdC 109). In quanto FdC la Tradizione va concepita nel senso pregnante, vitale e dinamico che assume nel pensiero conciliare (DV 8), come trasmissione esperienziale che la Chiesa fa attraverso la sua dottrina, la sua vita e il suo culto, come realtà viva che “progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo» (ibid.). In rapporto alla C. possono essere fatte alcune sottolineature e precisazioni.
a) Un’espressione particolarmente pregnante e autorevole della Tradizione è il → simbolo, o i simboli della fede, che hanno perciò un luogo privilegiato tra le FdC. “Un’espressione privilegiata dell’eredità vivente, che essi [i pastori della Chiesa] hanno ricevuto in custodia, si trova nel “Credo” o, più concretamente, nei “Simboli”, che, in certi momenti cruciali, han riproposto in sintesi felici la fede della Chiesa” (CT 28). Essi sono perciò “un riferimento sicuro per il contenuto della catechesi” (ibid.), come attesta abbondantemente la storia.
b) All’interno della Tradizione, merita anche un posto di assoluto privilegio la → liturgia, giustamente considerata “l’organo più importante del magistero ordinario della Chiesa” (Pio XI a D. B. Capelle, 1935. Cf A. Bugnini, Documenta pontificia ad instaurationem liturgiae spectantia [1903-1955], Roma 1953, 70-71), “prima e indispensabile fonte” dello spirito cristiano (cf SC 14), “catechesi permanente della Chiesa” (I. H. Dalmais, La liturgie camme lieu théologique, in “La Maison-Dieu”, 1964, n. 78, 240) e perciò stesso “sorgente inesauribile di catechesi” (RdC 113) e «preziosa catechesi in atto” (RdC 114).
c) Tra le espressioni della Tradizione vivente sono anche da tener presenti la testimonianza e il pensiero dei Padri della Chiesa e la stessa → storia della Chiesa nella varietà delle sue vicende, figure e manifestazioni di vita. Esse, nella loro qualità di plasmazioni storiche dell’esperienza cristiana, hanno anche un ruolo di rilievo come FdC.
d) Sempre all’interno della Tradizione, va tenuta presente l’importanza particolare del → Magistero dei pastori, soprattutto nel suo compito di interpretazione autentica della parola di Dio scritta o trasmessa (DV 10). Esso però non va né assolutizzato — dal momento che “non è superiore alla parola di Dio, ma ad essa serve” (ibid.) — né isolato dal contesto vivo delle F. della fede.
e) Un problema del tutto speciale costituisce l’uso della teologia sistematica come FdC. Molto spesso, lungo la storia, essa ha rappresentato, almeno di fatto, la F. principale della C., e ancora oggi è considerata da molti criterio principale per la scelta e la formulazione dei contenuti della C. Questa posizione però va superata: se è importante da una parte non ignorare il ruolo particolare che ha la teologia nel dinamismo della Tradizione ecclesiale, non bisogna dall’altra sopravvalutarne la portata in rapporto alle F. genuine della parola di Dio. In questo senso va riscoperta e rispettata la natura specifica della C., che deve conservare sempre la sua originalità e specificità nei confronti della teologia.
f) Un ultimo aspetto importante del ruolo della Tradizione come FdC riguarda il suo effettivo allargamento, con spirito ecumenico, alle espressioni e testimonianze delle Chiese e comunità cristiane non cattoliche, e in speciale ai documenti e intese unitarie che il movimento ecumenico è già riuscito a esprimere. La C. ha davanti a sé un lungo cammino da percorrere a questo riguardo.
5. Va anche sottolineata l’importanza che hanno «le opere del creato» (RdC 118) o “i segni creaturali” (Direttorio USA 46) come FdC. Si intende la realtà creata come natura e come storia, e quindi tutto il mondo della cultura, dell’arte, delle religioni, degli avvenimenti, dei “segni dei tempi” (cf GS 4). In quanto FdC, tutta questa realtà non è solo da considerare come contenuto da interpretare alla luce della fede, ma anche come insieme di “parole” o “segni” per mezzo dei quali Dio comunica il suo progetto di salvezza. Bisogna però riconoscere che la valorizzazione e l’uso effettivo di questa F. creaturale nella C. si trovano più a livello di compito aperto che non di realizzazione compiuta.
6. A proposito delle FdC, la riflessione cat. odierna non solo propugna un ritorno alle F. da parte dei responsabili e operatori della C., ma include tra i compiti della C. stessa l’iniziazione alla conoscenza e all’uso delle fonti. È in questa prospettiva che si parla della C. come di “trasmissione dei documenti della fede” (Messaggio del Sinodo 1977, n. 9), di accesso ai “documenti della fede” (Direttive per l’iniziazione cristiana, 31), ai “testi fondamentali della fede” (ibid., 321). Ed è anche in quest’ordine di idee che viene evocata e ripristinata oggi l’antica prassi cat. della consegna o “traditio” (con la rispettiva riconsegna o “redditio”) del Vangelo, del Simbolo, del Pater, sottolineandone la validità anche nel nostro tempo (cf Messaggio del Sinodo 1977, n. 8; CT 28; La cat. de la comunidad, 135).
Bibliografia
1. Documenti
Catechesi tradendae, cap. IV (“Tutta la buona novella attinta alla fonte”); Com. Eptsc. de Enseñanza Y Catequesis, La catcquesis de la comunidad, Madrid, EDICE, 1983; Condividere la luce della fede. Direttorio cat. nazionale dei cattolici degli Stati Uniti, Leumann-Torino, LDC, 1981; Conf. Episc. Francese, Direttive per l'iniziazione cristiana dei fanciulli dagli 8 ai 12 anni, ivi, 1981; Direttorio di pastorale cat. ad uso delle Diocesi di Francia, ivi, 1965; Rinnovamento della Catechesi, cap. VI (“Le fonti della catechesi”); Rahmenplan für die Glaubensunterweisung, München, DKV, 1967.
2. Studi
E. Alberich, Le fonti della catechesi, nel vol. Il rinnovamento della catechesi in Italia, Roma, LAS, 1970, 71-84; J. J. Rodríguez Medina, Pedagogia de la fe, Madrid, Bruño, 1972, 187-220; F. Schreibmayr, Wovon der Glaube lebt, Frankfurt, Knecht, 1973; M. Van Caster, Le strutture della catechesi, Roma, Ed. Paoline, 1971, cap. II-VI.
Emilio Alberich