CLAPARÈDE Jean Alfred Édouard

 

CLAPARÈDE Jean Alfred Édouard

n. a Ginevra nel 1873 - m. ivi nel 1940, psicologo svizzero.

1. Fondatore e direttore della rivista «Archives de Psychologie» (1901); direttore del laboratorio di psicologia sperimentale di Ginevra (1904); fondatore dell’Institut J. J. Rousseau (1912); segretario permanente dei congressi internazionali di psicologia (1926) e organizzatore delle conferenze internazionali di psicotecnica (1920). C. ebbe una formazione poliedrica; anche se si maturò nell’ambito del materialismo psicofisico, fu aperto al kantismo, al pragmatismo, e attento alla tradizione protestante espressa nel movimento del​​ cristianesimo sociale.

2. Partendo da una concezione biologica della psicologia, C. sviluppò ricerche nei molteplici settori della psicologia indagando quelle componenti biologiche che trovano nel bisogno, nell’interesse, nell’istinto il punto di partenza dal quale nascono e si differenziano sia le scienze dell’uomo che l’evoluzione stessa dell’individuo. Attraverso la legge dell’interesse momentaneo​​ si comprenderebbe il meccanismo della condotta umana e, attraverso la legge della​​ presa di coscienza,​​ il senso e la direzione della differenziazione e dello sviluppo umano. C. ebbe il merito di studiare i fenomeni psicologici sperimentalmente, senza isolarsi, però, dal processo concreto, cercando sempre una stretta relazione tra il fatto da spiegare e la condotta, ossia,​​ la funzione​​ del fatto psichico. Il concepire l’uomo nella sua interezza, porta C., fra l’altro, a studiare il ruolo dell’​​ ​​ intelligenza (Genèse de l’hypothèse),​​ il legame fra struttura biologica e attitudini mentali (Comment diagnostiquer les aptitudes chez les écoliers),​​ a privilegiare la sperimentazione psicologica, senza però rinchiudersi in essa.

3. Sostenitore della​​ ​​ pedologia, ritenne che qualsiasi​​ ​​ intervento educativo si dovesse fondare sugli interessi reali del fanciullo, al fine di porre tutto in funzione dei suoi bisogni e quindi del suo naturale processo di sviluppo (Éducation fonctionnelle),​​ per rendere la scuola adatta e proporzionata ai suoi poteri (École sur mesure).​​ C. si inserisce, così, nel movimento delle​​ ​​ Scuole Nuove. Nella sua concezione psicopedagogica C. ritiene che lo scopo della scienza sia quello d’indagare i metodi scientifici più adatti ad educare il singolo alla probità, alla democrazia, alla solidarietà, alla comprensione internazionale, allo spirito critico (Morale et politique). Pur essendo forte in lui una tendenza antropologica fondata sulla biologia e sul funzionalismo, prevale una tensione alta per valorizzare l’uomo proprio attraverso la moralità, il civismo, la ricerca della pace.

Bibliografia

Trombetta C.,​​ E.C.: La famiglia,​​ gli studi,​​ la bibliografia,​​ Roma, Bulzoni, 1976; Bucci S.,​​ Inediti pedagogici di E.C.,​​ Perugia, Università degli Studi, 1984: Trombetta C.,​​ E.C. psicologo,​​ Roma, Armando, 1989; Hameline D.,​​ E.C., in «Perspectives»​​ 23 (1993) 161-173.

C. Trombetta

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CLAPARÈDE Jean Alfred Édouard

CLARET Antonio María

 

CLARET Antonio María

n. a Sallent (Barcellona) nel 1807 - m. a​​ Fontfroide​​ (Francia) nel 1870, educatore spagnolo, catechista, fondatore dei Claretiani, santo.

1. Lavora come operaio e tecnico tessile prima di entrare in seminario (1829). Ordinato sacerdote (1835), alterna il lavoro parrocchiale con l’impegno nelle missioni popolari e nella diffusione della buona stampa; scrive opuscoli e libri, collabora alla fondazione dell’editrice Librería Religiosa di Barcellona. Nel 1849 fonda i Claretiani («Misioneros Hijos del Corazón de María»). Nominato arcivescovo di Santiago di Cuba, C. realizza importanti opere apostoliche e sociali, promuovendo la creazione di scuole gratuite. Offre il suo aiuto a Antonia París, fondatrice di un istituto per l’educazione delle ragazze: «Instituto de María Inmaculada de la Enseñanza». Nel 1857 rientra in patria come confessore di Isabella II e precettore dei figli.

2. Nel periodo di permanenza a Madrid, esplica un’intensa attività educativa e culturale: organizza un seminario e un liceo a El Escorial, crea la Academia de San Miguel, per artisti e intellettuali cattolici, diffonde le biblioteche parrocchiali. Dopo la rivoluzione del 1868 viene esiliato e muore in Francia. L’interesse pedagogico di C. comprende un ampio ventaglio: catechesi, educazione popolare, orientamento vocazionale, formazione dei seminaristi e delle ragazze, educazione familiare. Nella produzione (più di 94 titoli) emergono:​​ El colegial o seminarista,​​ teórica y prácticamente instruido​​ (1860),​​ La colegiala instruida​​ (1864),​​ La vocación de los niños. Cómo se han de educar e instruir​​ (1864). I Claretiani occupano un posto significativo nell’ambito della scuola (​​ Congregazioni insegnanti maschili).

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ A.M.C.,​​ Escritos autobiográficos, Madrid, BAC, 1985. b)​​ Studi: Pérez Iturriaga T., «San A.M.C.», in A. Galino (Ed.),​​ Textos pedagógicos hispanoamericanos,​​ Madrid, Narcea, 1974, 989-1008; Alaiz A.,​​ Vida de san A.M.C.,​​ Madrid, San Pablo, 1995; Vilarrubias A.,​​ Sant A.M.C. sempre en missió, Barcelona, Centre de Pastoral Litúrgica, 2004.

J. M. Prellezo

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CLARET Antonio María

CLASSE SCOLASTICA

 

CLASSE SCOLASTICA

Rappresenta l’unità compositiva della «scuola burocratica», raggruppando un numero più o meno ampio di alunni della stessa età scolastica, tenuti a seguire lo stesso segmento del curricolo formativo, nelle medesime condizioni di tempo e di spazio, sotto la guida dello stesso insegnante (o gruppo di insegnanti).

1. Dobbiamo a Michel Foucault la ricostruzione storica delle istituzioni della modernità, fra le quali la scuola «a classi», lo spazio seriale come una delle grandi mutazioni tecniche dell’insegnamento e della «disciplinazione» degli alunni mediante l’inquadramento spazio-temporale. Questo spiega perché la c. è sempre stata considerata (e discussa) in riferimento al potere dell’insegnante ed alla conduzione disciplinare della scolaresca. L’organizzazione per c. fa la sua comparsa con l’avvento dei primi Collegi rinascimentali e successivamente nelle scuole popolari (​​ Comenio, a Patak); da quel momento in poi si estende fino a diventare​​ la struttura organizzativa modulare minima​​ del sistema scolastico. Nel lessico scolastico sta a designare: a)​​ gli alunni​​ all’insieme dei quali s’impartisce l’insegnamento; b)​​ lo spazio fisico –​​ più esattamente​​ aula –​​ dove ha luogo un insegnamento polivalente (per distinguerlo, per es., dai laboratori o dalla palestra, spazi didattici specializzati).

2. Il dibattito sui ritardi e sull’​​ ​​ insuccesso scolastico ha sollevato in passato appassionate denunce all’idea di c., soprattutto all’inizio di questo secolo e nel contesto dei movimenti delle​​ ​​ Scuole Nuove. La discussione ha generato proposte differenziate di raggruppamenti alternativi al principio dell’età formale​​ ​​ le cosiddette​​ non-graded schools​​ e le tecniche di​​ streaming​​ e di​​ screening –​​ che si possono ricondurre ai seguenti criteri: a) relativi​​ all’interesse​​ per un argomento; b) alla​​ complementarità​​ per l’esecuzione di un progetto; c) alla​​ elettività​​ delle preferenze fra gli alunni; d) al​​ gradiente di sviluppo cognitivo​​ effettivamente controllato; e) al​​ rendimento scolastico;​​ f) alla​​ distribuzione dei compiti​​ nel quadro di attività programmate in comune fra c. diverse (o per l’intera scuola).

3. Tuttavia, la pratica della c. ha resistito alle critiche, risultando un raggruppamento conveniente per organizzare il lavoro formativo, soprattutto se si alternano momenti frontali con fasi di lavoro di piccolo gruppo, a coppie ed individualizzato e se si offrono occasioni con interscambi e ricomposizione di gruppi con altre c. («c. aperte»). La c., non da oggi, è tutt’altro che un’opzione assoluta, si possono dare raggruppamenti intra-c., come inter-c. fino ad organizzazioni per cicli pluriennali. Oggi l’ICT (Internet Communication Technology) consente l’attivazione di c. «virtuali» per l’apprendimento a distanza (​​ e-learning).

4. Sulla scorta del movimento femminista e della «didattica di genere», si è tornato a discutere il criterio consolidato della​​ coeducazione​​ e delle c. miste, riproponendo la differenziazione tra c. maschili e femminili (Salomone).

Bibliografia

Foucault M.,​​ Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 1975;​​ Storia della sessualità, Milano, Feltrinelli,​​ 1978;​​ Goodlad J. I. - R. H. Anderson,​​ The non-graded-school. Scuola senza c.,​​ Torino, Loescher, 1972; Shaplin J. T. - H. F. Olds,​​ Team teaching. Una nuova organizzazione del processo educativo,​​ Ibid., 1973; Meirieu P.,​​ Lavoro di gruppo e apprendimenti individuali, Firenze, La Nuova Italia, 1987;​​ Freinet C.,​​ Oeuvres pédagogiques, Paris, Seuil, 1994;​​ Perrenoud Ph.,​​ Les cycles d’apprentissage,​​ de nouveaux espaces-tempe de formation, in «Educateur» 14 (1998) 23-29;​​ De la gestion de classe à l’organisation du travail dans un cycle d’apprentissage, in T. Nault - J. Fijalkow,​​ La gestion de classe, in «Revue des Sciences de l’Education» 3 (1999) 533-570;​​ Salomone R.,​​ Same,​​ different,​​ equal: rethinking single-sex schooling, Yale, Yale Univ. Press, 2003.

E. Damiano

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CLASSE SCOLASTICA

CLASSE SOCIALE

 

CLASSE SOCIALE

È uno tra i più cruciali e più controversi concetti della sociologia. In genere c.s. è l’insieme degli individui o delle famiglie che godono della stessa quantità di reddito, prestigio e potere; più specificamente è la posizione occupata dai diversi gruppi nel sistema della stratificazione sociale.

1.​​ Tratti caratteristici.​​ Secondo una descrizione che, al di là di qualunque interpretazione, indichi i​​ tratti caratteristici​​ e costanti della c.s. possiamo rilevare: a) diversamente dalla​​ casta​​ e dai​​ ceti,​​ le c.s. non dipendono da ordinamenti legali e religiosi. I confini tra le c.s. non sono mai netti, così che non esistono restrizioni formali particolari, né tanto meno al matrimonio tra i membri appartenenti a c.s. diverse; b) la c.s. di un individuo non è semplicemente ascritta, ma in buona parte anche acquisita; c) le c.s. si fondano sulle differenze e / o disuguaglianze di potere, di prestigio e di ricchezza, come per es. nel trattamento salariale, nelle condizioni di lavoro, nella proprietà e nel controllo delle risorse materiali.

2.​​ Due accezioni di c.s.​​ Nella letteratura corrente sono emerse due accezioni di c.s.: una definita​​ realista od organica,​​ predominante nel pensiero politico e nella sociologia europea, ed una definita​​ nominalistica od ordinale,​​ predominante nella sociologia americana.​​ In una definizione realista od organica​​ c.s. è quel complesso assai vasto di individui, che si trovano in una posizione simile nella struttura sociale storicamente determinata da rapporti politici ed economici. È un soggetto collettivo, capace anche di azione unitaria, dove l’interdipendenza tra le c.s. (in senso cooperativistico o conflittuale) è alta. L’insieme delle c.s. costituisce una «struttura di c.». La c.s. è il fondamento della disuguaglianza sociale (e non viceversa) in fatto di potere, di ricchezza e di prestigio che si osserva tra le persone, pur in presenza di una riconosciuta uguaglianza giuridica.​​ In una definizione nominalistica,​​ la c.s. è costituita da uno strato di persone sociali che hanno in comune determinate caratteristiche di​​ ​​ status: non solo ricchezza, prestigio e potere, ma anche​​ ​​ stili di vita, educazione e​​ ​​ cultura. L’appartenenza ad una c.s. condiziona infatti in modo oggettivo, cioè indipendentemente dalla coscienza o dalla volontà del soggetto, alcuni fondamentali aspetti della vita, come la professione, il livello del reddito, le possibilità educative, la speranza di vita,lo stile di vita, il prestigio di cui si gode, la possibilità di intervenire nelle decisioni politiche locali e nazionali.

3.​​ Nella storia del pensiero sociologico.​​ L’attuale teoria delle c.s. deriva quasi interamente dagli scritti di Marx , di​​ ​​ Weber, della Scuola di Mosca e di Pareto. Ciò non significa che molti altri autori non abbiano fornito intuizioni valide sulla struttura di c. e sulle forme di disuguaglianza. Marx fonda la definizione di c. sulla opposizione e sfruttamento che i proprietari del capitale e dei mezzi di produzione (i capitalisti) esercitano su coloro che vendono la loro forza-lavoro (il proletariato). Secondo Marx il sistema capitalistico è la fonte delle disuguaglianze sociali e di un differente accesso alle risorse. Contributi più recenti a tale teoria sono stati apportati da Lukacs, da Gramsci e ultimamente da Althusser. Essi hanno corretto l’idea della coercizione e del controllo sul proletariato, esercitato materialmente dallo Stato capitalistico, con la categoria della manipolazione ideologica, dell’indottrinamento e della propaganda. Secondo Althusser, infatti, nella società capitalistica è presente un complesso di istituzioni («gli apparati ideologici di Stato») che riescono a indottrinare e manipolare il proletariato. Weber invece inserisce tra i criteri per la formazione della c.s. anche quelli non economici, come il livello di educazione, la qualificazione professionale, l’occupazione, il reddito, il prestigio, l’etnia di appartenenza, l’affiliazione religiosa, l’autorità, il potere, la capacità di gestire i processi politici e decisionali. Per questo gli si attribuisce l’intuizione di «modello multidimensionale» della stratificazione sociale. Mentre la c.s. è data oggettivamente dai fattori economici, lo status dipende dalle valutazioni soggettive delle differenze sociali espresse dagli individui ed è associato ai diversi stili di vita dei gruppi. La maggior parte dei sociologi ritiene che lo schema weberiano offra una base più flessibile e sofisticata per l’analisi delle c.s.

4.​​ Le c.s. in Italia.​​ L’analisi più documentata e convincente è stata compiuta dall’economista Paolo Sylos Labini, il cui criterio per la stratificazione è stato non tanto il livello di reddito, quanto il modo in cui lo si ottiene. Sulla base di tale categoria l’A. ha distinto sei grandi di c.s.: la borghesia, le c. medie costituite dalla piccola borghesia impiegatizia, dalla piccola borghesia relativamente autonoma e dalla piccola borghesia di alcune categorie particolari, quindi la c. operaia e il sottoproletariato. Rimangono però sempre aperti gli​​ interrogativi​​ circa l’origine delle c.s., le coordinate del potere, i rapporti tra le c. e lo status, il grado di integrazione / differenziazione interna, l’influsso di ciascuna all’interno dei sistemi.

Bibliografia

Lukacs G.,​​ Storia e coscienza di c.,​​ Milano, Sugar, 1967; Dahrendorf R.,​​ C. e conflitto di c. nella società industriale,​​ Bari, Laterza, 1970; Mauke M.,​​ La teoria delle c. nel pensiero di Marx ed Engels, Milano, Jaca Book, 1970; Giddens A.,​​ La struttura di c. nelle società avanzate,​​ Bologna, Il Mulino, 1975; Sylos Labini P.,​​ Saggio sulle c.s.,​​ Bari, Laterza, 1988;​​ Carabana J. - A. De Francisco (Edd.),​​ Teorías contemporáneas de las clases sociales,​​ Madrid, Pablo Iglesias, 1993; Crompton R.,​​ C.s. e stratificazione, Bologna, Il Mulino, 1999; Marshall Th.,​​ Cittadinanza e c.s., Bari, Laterza, 2002; Bevilacqua E.,​​ La società nascosta. C.s. e rappresentazioni ideologiche nell’Italia contemporanea, Milano, Angeli, 2003.

R. Mion

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CLASSE SOCIALE

CLASSIFICAZIONE

 

CLASSIFICAZIONE

Raggruppamento di oggetti in «classi», cioè in categorie indipendenti. La c. è la forma più elementare di misurazione («scale nominali»). Rende possibile anche la trattazione statistica dei dati qualitativi e quindi la verifica sperimentale di ipotesi a loro attinenti.

1. Il processo di c. si fonda sul rapporto di equivalenza: tutti gli oggetti inclusi in una classe sono considerati equivalenti tra loro e le differenze tra oggetti all’interno di una stessa classe diventano irrilevanti ai fini della misurazione. Ad es., tra i candidati dichiarati «non idonei» a un concorso possono essere presenti livelli di capacità diversi. Nonostante ciò, il più capace dei «non idonei» è escluso dalla vincita del concorso esattamente come il meno capace. La c. implica il riferimento a più classi indipendenti, che si escludono a vicenda. L’indipendenza comporta che: a) qualsiasi oggetto deve poter essere univocamente classificato in una classe e in nessun’altra; b) l’ordine in cui le classi sono disposte può cambiare a piacere, non avendo significato; c) la denominazione attribuita a ciascuna classe può variare a piacere ed essere espressa sia da una parola sia da un numero. Nel caso l’etichetta sia espressa da un numero, il numero non ha proprietà aritmetiche, ma è un semplice distintivo, come può esserlo una targa automobilistica, il numero sulle maglie dei giocatori ecc.

2. Se la c. è riferita simultaneamente a due sistemi di categorie i dati possono essere inseriti in una «tabella di contingenza», all’interno della quale ogni casella contiene frequenze attinenti simultaneamente a due classi, una per ciascuno dei due sistemi usati. Le operazioni che si possono compiere sulle c. sono sostanzialmente: all’interno di ogni classe il conto delle frequenze e l’identificazione della moda (​​ statistica), nell’insieme delle classi la misurazione della variabilità delle frequenze e la stima della​​ ​​ significatività statistica delle differenze tra distribuzioni di frequenze in due sistemi di classi (per es. mediante​​ chi quadro​​ o statistiche d’informazione).

Bibliografia

Calonghi L.,​​ Statistiche d’informazione e valutazione,​​ Roma, Bulzoni, 1978; Cristante F. - A. Lis - M. Sambin,​​ Statistica per psicologi,​​ Firenze, Giunti-Barbera,​​ 1982; Siegel S. - N. J. Jr.​​ Castellan,​​ Statistica non parametrica,​​ Milano, McGraw Hill, 1992 (ed. orig. New York, McGraw Hill, 1988); Lombardo C. - L. Boncori,​​ I test in psicologia. Esercitazioni pratiche, Bologna, Il Mulino, 2007.

L. Boncori

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CLASSIFICAZIONE

CLEMENTE DI ALESSANDRIA

 

CLEMENTE DI ALESSANDRIA

n. nel 150 - m. nel 215, padre della Chiesa.

C. di A. (Tito Flavio C.) è il primo padre della Chiesa a tematizzare l’educazione cristiana nei suoi scritti e a concepire la storia della salvezza come una pedagogia divina con la quale Dio educa progressivamente la sua creatura, fino a portarla alla divinizzazione finale. In questo senso C. può definirsi giustamente come il primo pedagogista cristiano.

1. C. nacque probabilmente ad Atene, intorno al 150 d.C. da genitori pagani. Uomo assetato di verità, la cercò sempre con passione, anche attraverso lunghi viaggi, finché scelse come ambiente ideale e più congeniale all’impegno della sua ricerca Alessandria, la metropoli cosmopolita capitale della polivalente cultura ellenistica del suo tempo. Qui C. si convertì al Cristo-Logos e divenne maestro spirituale nel celebre​​ Didaskaléion,​​ la prima scuola cristiana per la catechesi e l’educazione. Durante la persecuzione di Settimio Severo (202-203) C. dovette lasciare la città per rifugiarsi in Cappadocia, presso il discepolo ed amico Alessandro, futuro vescovo di Gerusalemme (intorno al 211).

2. Le opere giunte sino a noi sono: il​​ Protettico,​​ il​​ Pedagogo,​​ gli​​ Strómati,​​ gli​​ Estratti da Teodoto,​​ le​​ Ecloghe profetiche​​ e l’omelia​​ Quale ricco può salvarsi?​​ Ci soffermeremo per un breve cenno solo sull’opera che tratta specificamente dell’educazione. Il​​ Pedagogo​​ consta di tre libri ed è il primo manuale di formazione pedagogica cristiana. Il primo libro contiene la parte più sistematica in cui C. pone i principi fondamentali della sua metodologia pedagogica. Gli altri due libri, invece, dai principi scendono alla prassi, con l’indicazione minuziosa delle norme di comportamento codificate in una specie di​​ galateo​​ proprio dell’educando cristiano. Chiude l’opera un inno poetico al divino Pedagogo, un «cantico dell’infanzia e dei fanciulli».

3. Pedagogia in C. non è semplice categoria di passaggio e occasionale, ma è il filo conduttore di tutta l’opera del​​ Pedagogo.​​ Basti annotare anche solo il fatto che questo termine (e suoi derivati) vi compare ben 163 volte. Contro la mentalità propria dell’ellenismo – recepita anche dallo gnosticismo del suo tempo – piuttosto incurante, per non dire ostile, al mondo dei fanciulli e dei piccoli, C. si schiera appassionatamente dalla loro parte, mettendoli al centro dell’amore educante del divino Pedagogo. «Per noi la designazione dell’età dei fanciulli è la primavera della vita» (Pedagogo​​ I , 5).

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Migne, PG 8-9; Staehlin O. - Früchtel L. - Treu U.,​​ Clemens Alexandrinus​​ (=​​ Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte,​​ 12,15,17), Berlin / Leipzig, 1934-1972;​​ Marrou H. I.,​​ Clément d’Alexandrie. Le Pédagogue,​​ Paris, Cerf,​​ 1960-1970. b)​​ Studi:​​ Gallinari L.,​​ La problematica educativa di C. Alessandrino,​​ Cassino, 1976; Pasquato O., «Crescita del cristiano in C. Alessandrino. Tra ellenismo e cristianesimo: interpretazione storiografica di Marrou H.I.», in S. Felici (Ed.),​​ Crescita dell’uomo nella catechesi dei Padri (Età prenicena),​​ Roma, LAS, 1988, 57-72; Bergamelli F., «C. di A.», in M. Midali - R. Tonelli (Edd.),​​ Dizionario di pastorale giovanile,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1992,187-192; Nardi C.,​​ Gioventù e riconciliazione cristiana. La proposta di C. Alessandrino,​​ in «Rivista di Ascetica e Mistica» 62 (1993) 343-371; Sanguineti J. J.,​​ La antropología educativa de C.​​ Alejandrino. El giro del paganismo​​ al cristianismo,​​ Pamplona, EUNSA, 2003.

F. Bergamelli

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CLEMENTE DI ALESSANDRIA

CLEMENTE di Alessandria

CLEMENTE DI ALESSANDRIA

(150-215)

Ferdinando Bergamelli

 

1. Vita

2. Opere

2.1. Il Protrettico

2.2. Il Pedagogo

2.3. Gli strornati

3. Il pensiero pedagogico-pastorale

3.1. Paideia umano-cristiana

3.2. La pedagogia di Clemente

3.2.1. Definizione di pedagogia

3.3. Il Cristo Pedagogo

3.4. I fanciulli

3.5. Linee di metodologia pedagogico-pastorale

3.5.1. Unità armonica dell’uomo

3.5.2. Ragione

3.5.3. Libertà

3.5.4. Amore

4. Conclusione

 

Clemente di Alessandria è certamente uno dei personaggi più straordinari e suggestivi del cristianesimo antico. Egli è il primo scrittore cristiano che, portando a compimento tentativi parziali precedenti, ebbe la capacità e il genio di progettare un’impresa di ampio respiro, quella cioè di delineare un programma organico e coerente di formazione integrale del cristiano articolata in vari trattati, una sorta di enciclopedia della formazione pedagogico-catechetica. In tale opera egli ha cercato di attingere a tutto il patrimonio filosofico-culturale della paideia greca, portando così il cristianesimo e l'ellenismo a una nuova sintesi armonica e feconda. Egli inoltre ha concepito la storia della salvezza come una pedagogia divina con la quale Dio nella sua provvidenza educa l’uomo portandolo fino alla divinizzazione. In tal modo Clemente può definirsi il primo pedagogista e umanista nella storia della paideia cristiana.

 

1. Vita

Tito Flavio Clemente nacque verso il 150, probabilmente ad Atene, da genitori pagani. I dati biografici della sua vita sono assai scarsi e incerti. Egli dovette avere una formazione accurata nella cultura del suo tempo. Essa infatti traspare di continuo nelle sue opere nelle quali si dimostra uno scrittore raffinato che sa rivestire il suo pensiero con una massa di citazioni classiche veramente impressionante. Sappiamo che intraprese lunghi viaggi alla ricerca della verità. Dalla Grecia si recò nell’Italia meridionale, in Asia Minore, nella Siria, nella Palestina e in Egitto. Egli fu sempre un uomo assetato di verità e la trovò convertendosi al Cristo-Logos. Ad Alessandria, nel vivace contesto culturale di questa città, scoprì l’ambiente più congeniale all’impegno della sua ricerca.

Alessandria era divenuta in quel tempo la metropoli cosmopolita e intellettuale del mondo antico, punto d’incontro della cultura proveniente dall’Oriente e dall’Occidente. Clemente porta appunto l’appellativo di «Alessandrino» non perché sia nativo di Alessandria, ma perché questa fu la sua città di adozione. Non è possibile infatti capire la sua ricerca di intellettuale impegnato se si prescinde da questo ambiente caratteristico in cui il cristianesimo aveva sentito la necessità di andare oltre i dati elementari della fede per venire incontro anche alle esigenze più raffinate dei cristiani colti che erano alla ricerca della vera «gnosi», in opposizione a quella falsa dello gnosticismo allora imperante in Alessandria. È qui che Clemente si stabilì e divenne maestro spirituale nel​​ Didaskaleion​​ (190-202) e qui compose le sue opere più importanti.

Non consta con certezza che egli fosse presbitero. Al sopraggiungere della persecuzione di Settimio Severo (202-203) Clemente dovette abbandonare la sua città, forse anche per dissensi sopravvenuti con Demetrio, l’accentratore vescovo di Alessandria. Si rifugiò in Cappadocia presso il discepolo ed amico Alessandro che poi fu fatto vescovo di Gerusalemme. La morte dovette avvenire alcuni anni dopo, verso il 215.

 

2. Opere

Riferimenti più o meno ampi a temi pedagogico-pastorali sono reperibili un po’ in tutta la produzione di Clemente. Ma le opere più specifiche da questo punto di vista sono le seguenti.

 

2.1. Il Protrettico

È la prima opera composta da Clemente. Come dice il titolo stesso, si tratta di un discorso​​ esortatorio​​ che consta di 12 capitoli, con il quale egli si rivolge alle persone colte del paganesimo per distoglierle dalla «consuetudine» del politeismo e invitarle a convertirsi al Cristo-Logos e al «canto nuovo» dei misteri cristiani.

 

2.2. Il Pedagogo

Consta di tre libri e si potrebbe definire come il primo manuale di formazione pedagogico-pastorale nella catechesi dell’iniziazione cristiana. Il primo libro, comprendente 13 capitoli, si stacca sugli altri due perché ne costituisce la parte più sistematica in cui Clemente, a mo’ d’introduzione, pone i principi fondamentali della sua metodologia pedagogica. Nell’impossibilità di entrare nei particolari, accenniamo solo ad alcune tematiche da lui predilette.

Anzitutto la scelta del campo, cioè «i fanciulli» (cap. 5-6) e poi i caratteri distintivi del​​ Pedagogo​​ (cap. 7) e della metodologia con la quale egli educa l’umanità, fondata essenzialmente sull’amore e il timore (cap. 8-12). Gli altri due libri, comprendenti 12 capitoli ciascuno, trattano cumulativamente della «vita del cristiano». Dai principi essi passano alla vita concreta di tutti i giorni. Li potremmo definire come il primo​​ galateo​​ del cristiano. In essi infatti Clemente si sofferma a descrivere con pennellate ricche di colore la giornata del cristiano, a cominciare dalla levata del mattino con i consigli sull’abbigliamento, fino al sonno della notte e le norme dei rapporti matrimoniali. Chiude l’opera il celebre inno al Pedagogo ove l’Alessandrino, in un susseguirsi di immagini poetiche, innalza il «cantico dello spirito d’infanzia».

 

2.3. Gli Stromati

Sono l’opera più ampia dell’Alessandrino giunta a noi e anche la più difficile e sconcertante, tanto che ancora oggi essa resiste a ogni tentativo di definizione e rimane un enigma, soprattutto circa il ruolo che essa avrebbe nella questione disputata della trilogia. Come indica il titolo fantasioso​​ (Stromati​​ = Tappezzerie), si tratta di una miscellanea aperta in cui Clemente svolge varie trattazioni in ordine sparso, dai rapporti della filosofia con la verità cristiana, alla fede, alla «gnosi», al martirio, alle scienze umane propedeutiche alla fede, fino al ritratto del vero gnostico. Queste «note gnostiche secondo la vera filosofia» — come recita programmaticamente il titolo completo dell’opera — sono certamente da ricondurre all’attività didattica di Clemente. In essa l’Alessandrino, in polemica con lo gnosticismo ma anche con gli strati più retrivi del cristianesimo del suo tempo, vuole coniugare insieme fede e ragione, rivelazione e filosofia, nel tentativo ardito di una loro sintesi superiore. In uno stile volutamente oscuro e intricato, Clemente vuole avvincere e tormentare il lettore che abbia il coraggio e la pazienza di seguirlo nei meandri del suo pensiero.

Ricordiamo infine una breve omelia nella quale Clemente si rivolge ai cristiani di più alto rango sostenendo che la vera povertà sta nel distacco dalle radici del possesso che conduce poi alla libertà interiore e all’uso delle ricchezze a servizio dei più poveri​​ (Quale ricco può salvarsi).

Anche da questi accenni rapidi e sommari si intravede che le opere di Clemente non sono di facile lettura, nemmeno​​ Il Pedagogo.​​ Esso pertanto va letto con estrema attenzione cercando soprattutto di entrare in sintonia con lo stile caratteristico dell’Alessandrino. Un fine conoscitore di quest’opera — il Marrou — usa un’immagine suggestiva che lasciamo come chiave di lettura a chi volesse misurarsi personalmente col testo dementino. Il pensiero di Clemente «evoca un volo di lucciole». Infatti si tratta di intuizioni brevi, simili a barlumi luccicanti e fugaci che si illuminano e si spengono lasciando negli occhi stupiti sprazzi di luce abbagliante.

 

3. Il pensiero pedagogico-pastorale

Condensare in poche pagine il pensiero pedagogico-pastorale di Clemente così poliedrico e cangiante, è un’impresa ardua, per non dire impossibile. Tuttavia, pur col rischio di una schematizzazione riduttiva, tentiamo di evidenziare alcune direttrici che ci sembrano più originali e caratteristiche del suo pensiero, soprattutto nel​​ Pedagogo.

 

3.1. Paideia umano-cristiana

Anzitutto bisogna subito chiarire un equivoco che ha contribuito non poco in passato a creare attorno alla figura di Clemente un’ombra di sospetto che non è dissipata del tutto nemmeno oggi. Si è pensato da parte di alcuni studiosi antichi e moderni a un Clemente filosofo pagano convertito al cristianesimo solo per metà. In tal modo egli si sarebbe limitato a dare una vernice cristiana a un patrimonio rimasto essenzialmente pagano. Ciò non risponde a verità. Gli studi più seri e aggiornati di questi ultimi decenni hanno dimostrato che Clemente è un autentico cristiano e contemporaneamente anche un vero greco che dopo la conversione non ha inteso rinunciare al proprio patrimonio culturale, ma lo ha ridefinito e orientato alla luce del Cristo-Logos.

«L’animale ragionevole, dico l’uomo, che altro deve fare, diciamo noi, se non contemplare il divino? Ma bisogna anche contemplare la natura umana, dico io...» (Pedagogo​​ 1,12; 100,3 [1,150]). Testo emblematico, come quello che segue, in cui Clemente vede la continuità fra Dio e l’uomo. «In breve, tutto ciò che appartiene alla natura dell’uomo, non bisogna eliminarlo, basta solo imporgli una misura e un tempo conveniente» (ivi,​​ 11,5; 46,1 [1,185],

 

3.2 La pedagogia di Clemente

Clemente è il primo Padre della Chiesa a concepire la vita cristiana come un autentico atto pedagogico. In lui la nozione di pedagogia non è una semplice immagine o un termine di passaggio, ma è l’intuizione centrale che è il filo conduttore di tutta l’opera del​​ Pedagogo.​​ Basti pensare anche solo al fatto esteriore e statistico che​​ pedagogia​​ (e derivati) vi compare ben 163 volte.

Nel primo libro del​​ Pedagogo​​ Clemente riporta la sua definizione di pedagogia: «Anche noi certamente onoriamo i beni più belli e più perfetti che possediamo in questa vita con un termine che deriva da fanciullo (pais)​​ e li abbiamo chiamati​​ paideia​​ e​​ pedagogia.​​ Affermiamo che la​​ pedagogia​​ è una buona formazione che guida dall’infanzia alla virtù» (ivi,​​ 1,5; 16,1 [1,99]). Definizione che si iscrive nella tradizione più pura dell’ideale greco della paideia in cui l’Alessandrino proclama classicamente l’educazione come il bene più prezioso della vita.

 

3.3. Il Cristo Pedagogo

Tutto l’universo dementino ruota attorno a un asse centrale che è il​​ Cristo-Logos.​​ Clemente non si stanca di ripeterlo nella sua opera. «Il nostro Pedagogo... si chiama Gesù» (ivi,​​ 1,7; 53,1 [1,121]). «Il nostro Pedagogo è il santo Dio Gesù, il Logos, guida di tutta l’umanità» (ivi,​​ 1,7; 55,2 [1,122]). Il cristo-centrismo della pedagogia di Clemente è il solido fondamento sul quale egli, costruisce il suo umanesimo autenticamente cristiano teso a ricuperare in una sintesi superiore il patrimonio classico della paideia greca.

 

3.4. I fanciulli

Se il Cristo-Logos è il Pedagogo, ne consegue che i destinatari della sua azione pedagogica sono i fanciulli (paides). Clemente indugia su questo termine chiave della sua opera; lo studia, lo rincorre con passione ed entusiasmo e ne moltiplica i sinonimi. In questo senso la pedagogia clementina è tipicamente paidocentrica, perché mette al centro dell’educazione i «fanciulli». L’Alessandrino è uno dei primi autori antichi a dare importanza allo sviluppo del fanciullo considerato in sé stesso. Infatti il mondo classico non mostrava alcuna sensibilità per l’età infantile, ritenendola semplicemente uno stadio transitorio in funzione della formazione dell’adulto.

Contro questa mentalità e in polemica con lo gnosticismo del suo tempo che disprezzava i piccoli, Clemente scrive uno dei testi più suggestivi in difesa dei fanciulli. «Noi abbiamo il petto turgido dell’età giovanile, cioè questa nostra giovinezza senza vecchiaia, nella quale siamo sempre nel pieno vigore delle forze per crescere nell’intelligenza, sempre giovani, sempre teneri, sempre nuovi... Per noi la designazione dell’età dei fanciulli è la primavera di tutta la vita» (ivi,​​ 1,5; 20,3-4 [1,102]). I giovani sono per Clemente la primavera della vita. Per lui la giovinezza è più una qualità dello spirito che una stagione della vita, per cui tutti coloro che si mantengono nell’infanzia evangelica (Mt 18,3-4) fanno parte di questa eterna primavera dello spirito.

 

3.5. Linee di metodologia pedagogico-pastorale

Anche qui ci limiteremo a evidenziare soltanto alcune linee di fondo che ci sembrano più originali.

 

3.5.1. Unità armonica dell’uomo

Per Clemente è tutto l’uomo, nella sua unità globale di anima, di corpo e di sensi, che è il soggetto dell’azione educativa del Pedagogo. Pertanto la pedagogia clementina, pur ispirata a un certo rigorismo, ha di mira tutto il composto umano e non può dirsi dualistica. È soprattutto il mistero dell’Incarnazione che ha portato Clemente a una visione positiva del corpo dell’uomo, visto appunto come immagine del corpo di Cristo. «Il sangue dell’uomo è partecipe del Logos e comunica alla grazia per mezzo dello Spirito» (ivi,​​ III, 3; 25,2 [1,251]). Espressione ardita con cui Clemente sottolinea che tutto l’uomo, persino il suo sangue, entra a far parte del Cristo. «Il comportamento del cristiano è l’attività di un’anima conforme al Logos... per mezzo del corpo che è il suo naturale compagno di lotta (sinagonista)» (ivi,​​ 1,13; 102,3 [1,151]). Il corpo è visto come alleato naturale dell’anima e non come suo antagonista.

Così, sullo sfondo pessimistico del dualismo gnostico contemporaneo, risalta ancor più luminosa la visione positiva di Clemente sul corpo umano. Non esiste quindi discontinuità essenziale fra corpo e anima, fra azioni materiali e spirituali, bensì mutua compenetrazione e affinamento. «Ora tutte le azioni, guidate dall’educazione, risplendono di santità, come il cammino, il riposo, il cibo, il sonno, il letto, il regime di vita e tutta la paideia. Infatti la formazione del Logos è tale che mira non all’eccesso, ma all’armonia» (ivi,​​ 1,12; 99,2 [1,149]).

 

3.5.2. Ragione

Per Clemente non c’è nemmeno eterogeneità essenziale fra la Ragione divina e la ragione umana, perché questa è immagine e partecipazione di quella. In tutte le opere di Clemente, ma soprattutto nel​​ Pedagogo,​​ c’è una caratteristica ambivalenza semantica del termine​​ Logos,​​ per cui il traduttore moderno si trova in difficoltà, non sapendo in molti casi quale scegliere, se la Ragione divina o quella umana, tanto le due sono inestricabilmente compenetrate in una sovrapposizione di significati intraducibile.

In questa visione platonico-stoica l’educazione si sviluppa tramite un continuo appello alla ragione. In effetti la pedagogia secondo Clemente è essenzialmente un’educazione «razionale» e il vero educatore-pastore è colui che sa penetrare nel mondo interiore del fanciullo aiutandolo a sviluppare le sue capacità innate in una progressiva imitazione e assimilazione alla ragione, con il conseguente allontanamento da ogni «irrazionalità» che è ad un tempo errore della mente e peccato. «E infatti la virtù è una disposizione dell’anima in armonia col Logos per tutta la vita... di conseguenza ogni disarmonia provocata dalla discordanza col Logos prende il nome giustamente di errore» (ivi,​​ 1,13; 101,2 [1,150-151]).

Da notare la caratteristica ambivalenza del termine​​ Logos​​ già rilevata più sopra e che appare anche nel testo seguente. «La vita dei cristiani, alla quale ora siamo educati, è un complesso di azioni​​ razionali,​​ cioè la pratica costante di ciò che è insegnato dal Logos e che noi chiamiamo fede» (ivi,​​ 1,13; 102,4 [1,151]). Si noterà anche che il Logos dementino non sfocia mai in un naturalismo orizzontale e intellettualistico, perché in esso, come si vede, c’è sempre il riferimento al Cristo-Logos trascendente e alla vita.

 

3.5.3. Libertà

Essendo l’educazione per Clemente fondata sulla ragione, ne consegue che essa si sviluppa solo in un clima di libertà e di persuasione. L’Alessandrino ritorna sovente su questo tema, anche in polemica con lo gnosticismo che negava la libertà di scelta dell’uomo. «Il Logos ha il compito di farci da guida con la persuasione e l’educazione. Da lui noi impariamo la semplicità, la modestia e tutto l’amore per la libertà, per l’uomo e per il bello... Dalla pedagogia di Cristo nasce una nobile disposizione dell’animo corrispondente ad una libera scelta amante del bene» (ivi,​​ 1,12; 99,1-2 [1,149]). Dunque la pedagogia di Cristo oltre che grazia è simultaneamente anche il risultato di una scelta libera. «Salvare chi non vuole è atto di chi fa violenza, mentre salvare chi lo sceglie liberamente è atto di chi fa grazia» (Quale ricco si salverà,​​ 21,2 [111,173]).

In un testo audace Clemente arriva ad affermare: «Ma (Dio) vuole che noi ci salviamo da noi stessi» (Stromati,​​ VI, 12; 96,2 [II, 480]). Nel contesto il senso è chiaro. Egli vuol dire che la salvezza non è un qualcosa di aggiunto estrinsecamente, ma è un dono di grazia che si iscrive interiormente al processo educativo che persino Dio rispetta senza fargli violenza. «Così il Signore di tutti, dei greci e dei barbari, persuade quelli che lo vogliono. Egli infatti non fa violenza a chi è in grado di accogliere da lui la salvezza per libera scelta» (Stromati,​​ VII,2; 6,3 [III,6]).

 

3.5.4. Amore

L’azione educativa del Cristo-Logos che si fa pedagogo dell’uomo è la manifestazione più concreta dell’amore di Dio per «la più bella delle sue creature, capace di amare Dio». Clemente continua affermando: «Dunque Dio ha cura e si preoccupa dell’uomo e questo lo dimostra di fatto educandolo mediante il Logos che è il sincero collaboratore (sinagonista) dell’amore di Dio per l’uomo» (Pedagogo,​​ 1,8; 63,1-3 [1,127]). A questa scuola di pedagogia divina, anche il vero educatore-pastore umano è solo colui che sa farsi compagno accanto al giovane col suo amore educante.

 

4. Conclusione

Anche con questi cenni sommari speriamo di essere riusciti a far balenare al lettore alcuni sprazzi di luce del pensiero pedagogico-pastorale di Clemente. Egli è stato un grande maestro di spirito e pedagogista che, raccogliendo l’eredità precedente, ha messo per primo i presupposti della scienza dell’educazione cristiana. L’opera e la persona di Clemente, dopo un primo periodo di grande stima in tutta la Chiesa, andarono soggette purtroppo a un graduale oblio. Ciò avvenne in seguito a una congiura di circostanze storiche negative, come il decreto Gelasiano (sec. VI), la condanna sommaria di Fozio (sec. IX) e l’esclusione dal calendario dei santi (ove era venerato il 4 dicembre) a opera di Benedetto XIV (1748).

Forse la sua opera è stata giudicata troppo audace dalla miope intransigenza di certo cristianesimo antico e moderno. Clemente di Alessandria attende ancora che gli venga resa giustizia e che sia dissipata quell’ombra di sospetto che ha gravato per secoli sulla sua figura. Essa rimane tra le più luminose del cristianesimo antico.

 

Bibliografia

I -​​ Edizioni e traduzioni in italiano:​​ L’edizione fondamentale delle opere di Clemente Alessandrino è quella critica di Staehlin O.,​​ Clemens Alexandrìnus.​​ [= Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte] voi. I:​​ Protrettico e Pedagogo,​​ J. C. Hinrichs, Lipsia 19362; vol. II:​​ Stromati I-VI,​​ J. C. Hinrichs, Berlino I9603​​ (a cura di Fruechtel L.); vol. III:​​ Stromati VII-VIII, le altre opere e i frammenti,​​ J. C. Hinrichs, Berlino 19702​​ (a cura di Fruechtel L. e Treu U.). NB. Nelle citazioni dei testi di Clemente nel profilo, i numeri racchiusi nelle parentesi quadre alla fine, si riferiscono a questa edizione critica.

In italiano:​​ Il Pedagogo, testo, introduzione, traduzione e note a cura di​​ Boatti A. [= Corona Patrum Salesiana, serie greca, vol. II] SEI, Torino 1953;​​ Protreptico ai Greci, testo, introduzione, traduzione, commento a cura di​​ Cataudella Q. [Corona Patrum Salesiana, serie greca, vol. III] SEI, Torino 1940;​​ Il Protrettico. Il Pedagogo di Clemente Alessandrino,​​ a cura di Bianco M. G., Un. Tip. ed. Torinese, Torino 1971;​​ Stromati. Note di vera filosofia. Introduzione, traduzione e note di​​ Pini G. [= Letture cristiane delle origini-Testi, 20] ed. Paoline, Milano 1985.

II -​​ Studi: Gallinari L.,​​ La problematica educativa di Clemente Alessandrino,​​ Studium, Cassino 1976; Galloni M.,​​ Cultura, evangelizzazione e fede nel «Protrettico» di Clemente Alessandrino​​ [= Verba seniorum N.S. 10] Studium, Roma 1986; Knauber A.,​​ Ein fruhchristliches Handbuch katechumenaler Glaubensinitiation: der Paidagogos des Clemens von Alexandrien,​​ in «Munchener Theologische Zeitschrift» 23 (1972) 311-334; Id.,​​ Der Didaskalos des Clemens von Alexandrien,​​ in «Studia patristica XVI» (Texte und Untersuchungen 129), Berlin 1985, II, 175-185; Lichtenstein E.,​​ Logos Paidagogos,​​ in «Pàdagogik» 32 (1956) 20-39; Marrou H. I.,​​ Clément d’Alexandrie. Le Pédagogue. Livre I. Introduction et notes​​ [Sources Chrétiennes, 70] Ed. du Cerf, Paris 1960. [Importante la lunga e penetrante introduzione del Marrou (pp. 7-97). Il testo di questo studioso citato nel profilo si trova a p. 41]; Id.,​​ Humanisme et christianisme chez Clément d’Alexandrie d’après le Pédagogue,​​ in «Christiana tempora. Mélanges d’histoire, d’archéologie, d’épigraphie et de patristique» [= Collection de l’Ecole Francaise de Rome, 35] Rome 1978, 337-354;​​ Messana V.,​​ Comunità ecclesiale e vita cristiana in Clemente Alessandrino,​​ in​​ Aa.Vv.​​ La Parrocchia. Relazioni del Seminario per la formazione permanente del Clero nell'anno 1982-83,​​ Caltanissetta 1983, 23-46; Pasquato O.,​​ Crescita del cristiano in Clemente Alessandrino. Tra ellenismo e cristianesimo: interpretazione storiografica di Marrou H.I., in​​ Felici S. (ed.),​​ Crescita dell'uomo nella catechesi dei Padri​​ (Età Prenicena)​​ LAS, Roma 1988, 57-72; Wytzes J.,​​ Paideia and Pronoia in the Works of Clemens Alexandrinus,​​ in «Vigiliae Christianae» 9 (1955) 148-158.

 


 

CLEMENTE di Alessandria

Forse di origine ateniese, si pensa che sia diventato cristiano in età adulta. Esercitò attività scolastica ad Alessandria tra la fine del II e l’inizio del III secolo. Allontanatosi dalla città al tempo della persecuzione di Settimio Severo (202-203), si ritirò in Cappadocia e non consta che sia più rientrato in Egitto. Si fissa la sua morte verso il 215.

Delle sue opere giunte a noi, se si eccettua il​​ Protrettico,​​ ch’è opera di carattere apologetico e missionario, le altre interessano tutte l’aspetto cat. della sua attività. Sotto questo punto di vista le possiamo ripartire in due gruppi. Uno comprende il​​ Quis dives​​ salvetur?​​ e​​ il​​ Pedagogo.

II primo è un testo, sembra omiletico, in cui CL tranquillizza i cristiani di alta condizione sociale, che sulla base di​​ Mc​​ 10,17-31 (episodio del giovane ricco) potevano essere indotti a ritenere incompatibile il possesso di ricchezze con l’essere cristiano: non la ricchezza in sé è moralmente nociva ma il cattivo uso che se ne fa — osserva CL —, mentre è lodevole l’atteggiamento di chi usa dei suoi beni per scopi benefici. Più che la ricchezza importa l’atteggiamento interiore di chi la possiede.

Il​​ Pedagogo,​​ in tre libri, vuole essere un manuale che indirizza il cristiano da poco battezzato a una vita moralmente impegnata; per raggiungere il suo obiettivo non si limita a consigli di carattere generale ma entra sovente anche in una casistica minuta: modo di vestire e adornarsi, uso del tempo libero, ecc. Proprio da questa casistica risulta chiaro che CL si rivolge soprattutto a una cerchia di lettori di alta condizione sociale, dove ricche vesti, gioielli e suppellettili preziose sono abituali; e proprio questa destinazione accomuna il​​ Pedagogo​​ al​​ Quis dives​​ in quanto testimonianza di una C. a largo raggio, ma che ha di mira soprattutto cristiani di alta condizione sociale con i vari problemi che tale condizione comportava.

Le altre opere di CL sono direttamente connesse con la sua attività di maestro di scuola: gli​​ Stromateis​​ (= Tappezzerie), in otto libri, sono un’opera miscellanea, in cui sotto diverse angolature e con grande sfoggio di citazioni di poeti e filosofi pagani CL tratta del rapporto tra fede e gnosi in funzione di chi abbia intenzione di approfondire la sua fede sul piano dottrinale e culturale. Le cosiddette​​ Eclogae propheticae​​ e gli​​ Excerpta ex Theodoto​​ sono due serie di annotazioni su temi esegetici e dottrinali, che probabilmente CL aveva messo insieme per servirsene nelle sue lezioni. La seconda opera alterna passi tratti da una o più opere gnostiche con osservazioni personali di commento. Ricordiamo infine le​​ Adumbrationes,​​ annotazioni di carattere esegetico sul testo delle epistole cattoliche del NT, forse una piccola parte delle perdute​​ Hypotyposeis.

Da questo blocco di opere, benché certamente collegato con l’attività scolastica di CL, non è agevole capire come egli usasse svolgerla. Difficilmente si sarà trattato di spiegazione sistematica e approfondita di interi libri della Sacra Scrittura, secondo il modello che sappiamo essere stato di → Origene. È preferibile pensare a cicli di conferenze dedicate a trattare argomenti vari, interessanti soprattutto il rapporto fra cultura cristiana e cultura pagana, in vista sia di una presentazione della religione cristiana a uditori pagani svolta ad un elevato livello culturale, sia di un approfondimento del dato di fede a beneficio degli uditori cristiani.

Nonostante queste incertezze, dal complesso di tutta l’opera di CL emergono abbastanza nette le linee e la finalità della sua attività d’insegnamento. Egli opera in un ambiente culturalmente dominato dagli gnostici (Scuola di → Alessandria) e il suo scopo, forse sulla traccia di Panteno di cui troppo poco sappiamo, è di contrastare questo influsso che era forte soprattutto sui cristiani di buona condizione sociale ed economica. Gli gnostici si ritenevano cristiani di livello superiore rispetto alla massa dei semplici fedeli, e promettevano di far assurgere a questo stesso livello quanti avessero aderito al loro insegnamento. CL fa suo questo progetto trasferendolo dall’ambito dell’eterodossia a quello dell’ortodossia: in sostanza egli vagheggia e prospetta l’ideale di uno gnostico ortodosso, cioè approfondito nella fede come uno gnostico eterodosso, ma senza che questo approfondimento debba comportare il venir meno dall’ortodossia. Gli gnostici fondavano la loro pretesa su una distinzione di natura fra gli uomini: solo essi, e naturalmente coloro che aderivano al loro credo, erano depositari di una scintilla di natura divina che li distingueva, in quanto spirituali, dalla massa degli psichici, cioè dei semplici cristiani. CL ovviamente respinge il concetto di distinzione di natura fra gli uomini, ma riprende l’idea di diversi livelli nell’ambito della società cristiana: ai molti, che si ritengono paghi della semplice istruzione prebattesimale, egli contrappone i pochi gnostici, cioè coloro che, non per privilegio di natura ma per impegno di studio e di ascesi, riuscivano a progredire al di là dell’istruzione elementare verso un’ideale di perfezione cristiana.

Per operare questo approfondimento del dato di fede CL guarda soprattutto all’aiuto che al cristiano può venire dalla cultura pagana. Fra tutti i rappresentanti dell’antica cultura cristiana CL fu certo colui che più si aprì a questo influsso, ottimisticamente convinto della bontà del risultato di questa operazione culturale. Essa comunque esige il continuo controllo da parte del maestro, in un rapporto particolarmente stretto fra maestro e discepolo, che sembra prescindere dall’interferenza della gerarchia ecclesiastica: questa è la grande assente negli scritti di CL, che ci appare esponente di un cristianesimo ben poco istituzionalizzato, forse anche in questo per influenza dello gnosticismo. Allontanatosi da Alessandria in un momento in cui il vescovo Demetrio iniziava una dura politica di accentramento gerarchico, CL non vi ritornò più, e forse così evitò le traversie che di lì a qualche anno avrebbe dovuto subire Origene.

Bibliografia

S. R. C. Lilla,​​ Clement of Alexandria,​​ Oxford, 1971; E. F. Osborn,​​ The Philosophy of Clement of Alexandria,​​ Cambridge, 1957; W.​​ Võlker,​​ Der wahre Gnostiker nach Klemens von Alexandrien,​​ Berlin, 1952.

Mario Simonetti

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CLEMENTE di Alessandria

CLIMA EDUCATIVO / SCOLASTICO

 

CLIMA EDUCATIVO /​​ SCOLASTICO

Si riferisce alle proprietà d’insieme ed alle capacità espressive dell’istituto scolastico, definito come comunità sensibile e ricettiva rispetto ai compiti di sviluppo ed al benessere sociale, intellettuale, emotivo ed affettivo dei soggetti – alunni, insegnanti ed altri operatori – che a vario titolo interagiscono. Secondo questo approccio ecologico all’educazione, la sinergia degli elementi costitutivi comprende anche la configurazione degli spazi e degli arredi, l’inquadramento temporale e i ritmi, quotidiani e non quotidiani, le relazioni fra i singoli ed i gruppi, fino a identificare un​​ ​​ curricolo implicito​​ della​​ ​​ organizzazione scolastica, che esercita una​​ ​​ didattica indiretta in grado di influenzare oggettivamente i comportamenti mediante la condivisione pratica delle regole costitutive.

1.​​ L’indagine specifica sul concetto di c.e.s. si colloca nel quadro della ricerca educativa sugli «effetti-scuola», interessata ai risultati in termini di apprendimento, diretto ed indiretto, che il c.e.s. può ottenere. Quando si afferma l’effetto-scuola ci si riferisce all’esperienza piuttosto comune che mostra come ci siano istituti scolastici tristi, squallidi, altri austeri, severi, mentre alcuni sono accoglienti, attraenti, e addirittura gioiosi. Tradotto in forma di domanda, il problema si formula così:​​ il «c.» di una scuola influenza il comportamento degli insegnanti ed il loro rendimento? e il comportamento e l’apprendimento degli alunni?​​ A questi interrogativi si risponde immancabilmente di sì, anche se risulta difficile provarlo. All’origine della ricerca sul «c.» ritroviamo​​ ​​ Lewin, il quale introdusse il concetto già alla fine degli anni ’30 allo scopo di rappresentare le dinamiche indotte dai diversi stili di​​ leadership​​ nei gruppi. Fu egli ad adottare un’immagine già climatica, l’atmosfera,​​ che definisce come «qualcosa di intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva, che potrà essere valutata scientificamente se verrà colta da questo punto di vista»​​ (orig. 1948, trad. it. l980, 114). Come si vede, fin dall’origine il concetto si qualifica per la sua portata globale, che si servì in modi peculiari di nozioni geometriche, non metriche bensì topologiche, proprio per identificare fenomeni interpersonali e sociali continui, non riducibili a sommatorie di elementi discreti. Da allora, la ricerca ha continuato a dibattersi intorno alla questione dei rapporti fra le parti ed il tutto, oscillando tra l’approccio di tipo elementaristico, che esamina il peso specifico dei singoli fattori e quello sistemico e olistico, che punta sulle qualità «oggettive» dell’organizzazione nel suo insieme. Un passo avanti rispetto al comportamentismo imperante fu promosso da Argyris nel 1958, che riprese la nozione di «c.» in chiave organizzativa, per assumerla all’interno di un modello cibernetico e identificarla come uno​​ stato omeostatico del sistema​​ e​​ funzione di regolazione​​ sovraordinato rispetto a tre aggregati di variabili: a) le politiche, le procedure e le posizioni formali dell’organizzazione; b) i fattori personali, includenti bisogni, valori e capacità individuali; c) le variabili associate relative agli sforzi degli individui per conformare i propri fini a quelli dell’organizzazione. Secondo questo​​ approccio olistico, il «c.» viene concepito come​​ attributo dell’organizzazione​​ e non la risultante di percezioni individuali.

2. Per quanto concerne la ricerca sui c. scolastici, l’adozione di un’idea di c.e.s. che recupera i contributi della fenomenologia, dell’interazionismo simbolico e dell’etnometodologia, è rintracciabile nel​​ modello di Tagiuri​​ (1968), che si articola su quattro gradi tassonomici: 1) l’ecologia, ovvero gli aspetti materiali della scuola (numero di alunni al totale, numero di alunni per classe, attrezzature, rifiniture dei locali, pulizia, manutenzione…); 2) l’ambiente umano,​​ ovvero le caratteristiche degli alunni e degli operatori, scolastici e amministrativi; 3) il​​ sistema sociale, ovvero l’assetto amministrativo, ruoli e funzioni di singoli, gruppi ed altre aggregazioni, formali ed informali; 4) la​​ cultura, ovvero le norme, le credenze, i valori, i sistemi di significato… prevalenti all’interno della scuola. Più recentemente la Gather Thurler ha proposto, attraverso tre indicatori di portata complessiva – Modalità di relazioni professionali fra gli insegnanti, Stili di direzione, Genere di consenso in rapporto alle finalità educative​​ – una interessante tipologia di «profili climatici»:​​ individualismo,​​ balcanizzazione,​​ grande famiglia,​​ collegialità imposta,​​ cooperazione e interdipendenza. Da segnalare, infine, che tra i fattori che sembrano orientare significativamente il c.e.s. sono state indicate la personalità e le strategie educazionali del​​ ​​ dirigente scolastico.

Bibliografia

Lewin K. - R. Lippit - R. K. White,​​ Patterns of aggressive behavior in experimentally created «social climates», in «Journal of Social Psychology» 10 (1939) 271-299; Argyris C.,​​ Some problem in conceptualizing organizational climate. A case-study of a bank, in «Administrative Science Quarterly» (1958) 2, 501-520; Tagiuri R., «The concept of organizational climate», in R. Tagiuri - G. H. Litwin (Edd.),​​ Organizational climate: exploration of a concept, Boston, Harvard University, l968, 11-32; Lewin K.,​​ I conflitti sociali​​ (1948), Milano, Angeli, 1980; Anderson C. S.,​​ The search for school climate: A review of the research, in «Review of Educational Research» 3 (1982) 368-420;​​ Bressoux P.,​​ Les recherches sur les effets-écoles et les effets-maîtres, in «Revue Française de Pédagogie» (1994) 108, 91-137; Gather Thurler M.,​​ Rélations professionnels et cultures des établissements scolaires: au-delà du culte de l’individualisme?, in «Revue Française de Pédagogie» (1994) 109, 19-39.

E. Damiano

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