CALASANZ José de

 

CALASANZ José de

n. a Peralta de la Sal nel 1557 - m. a Roma nel 1648, educatore spagnolo, santo, fondatore degli​​ ​​ Scolopi.

1. La vita di C. (noto in Italia con il nome di Calasanzio) trascorre in Spagna (1557-1592) e a Roma (1592-1648). Consegue il dottorato in teologia, lavora con vari vescovi, è precettore dei loro domestici. Con questa esperienza si trasferisce a Roma aspirando ad un canonicato; però non riesce nell’intento e arriva a dire, nel 1600: «Ho trovato a Roma il miglior modo di servire Dio, aiutando questi poveri ragazzi; non lo lascerò per nulla al mondo». Dal 1595 si dedica alle opere di carità in diverse congregazioni, tra cui quella della Dottrina cristiana, dove si impartisce l’insegnamento del​​ ​​ catechismo a fanciulli e fanciulle la domenica e i giorni festivi e si insegna ad alcuni a leggere, scrivere e fare di conto; sembra che si sia iscritto alla Dottrina cristiana nella seconda metà del 1599. C. vuole che questa Congregazione gestisca le scuole quotidiane e gratuite da lui fondate nella chiesa di s. Dorotea, ma non vi riesce.

2. In queste scuole, che chiamò «Scuole Pie» (come l’Ordine religioso che le ha fatte sopravvivere), la dottrina cristiana fu la materia principale. C. si preoccupò, tra l’altro, di trovare una metodologia catechistica diversa da quella utilizzata per le altre discipline scolastiche, benché anche la catechesi seguisse la​​ Legge del dinamismo​​ psicologico​​ da lui enunciata per tutte le materie: «Nell’insegnamento della​​ ​​ grammatica e in qualunque altra materia, risulta di gran profitto per l’allievo che il​​ ​​ maestro segua un metodo semplice, efficace e, per quanto possibile, breve. Per questo si metterà tutto l’impegno nello scegliere il migliore fra quelli indicati dai più dotti ed esperti nella materia» (Constituciones,​​ n. 216). Si seguirà, inoltre, un metodo uniforme, tenuto conto della regionalizzazione e della creatività dei maestri. C. vuole catechisti preparati, un programma ben strutturato, libri, tecniche e tempi adeguati. Benché inserito nel campo della ragione e della cultura, vi è un momento nell’apprendimento catechistico nel quale il fanciullo deve realizzare gli atti richiesti dalla fede che apprende; e tutti gli alunni devono fare la preghiera personale nel​​ ​​ collegio. Questo insegnamento deve essere sistematico, universale e uniforme e, tenendo conto delle scansioni scolastiche, si deve attuare sin dai primi anni e giornalmente. C. si serve del catechismo per le lezioni di lettura (compitazione, sillabazione ad alta voce). Nelle sere della domenica e dei giorni festivi il catechismo viene insegnato nelle chiese parrocchiali a tutto il popolo con una speciale partecipazione degli alunni. Nel noviziato, lo scolopio deve apprendere già «il modo di insegnare la dottrina cristiana» ed i catechisti debbono avere «la cultura e l’autorità che caratterizza il sacerdozio».

3. C. pubblicò un suo catechismo, intitolato​​ Alcuni misteri della Vita e Passione di Cristo Signor Nostro da insegnarsi alli scolari dell’infime classi delle Scuole Pie​​ (la​​ ediz., Roma, 1599; ultima, 1691). Utilizzò e fece utilizzare i catechismi di Bellarmino, Romano, di s. Carlo​​ ​​ Borromeo e le opere di C. Franciotti. Instaurò e mantenne per 50 anni nelle sue scuole (fondò 37 collegi in Italia, Germania, Polonia, Ungheria, Boemia e Moravia) un organizzato e completo movimento catechistico. Davanti ad un tribunale difese il diritto del povero all’educazione primaria e media elementare. Viene considerato il creatore della scuola popolare moderna (1597).

Bibliografia

Santha G.,​​ De sancti Fundatoris nostri in Confraternitate Doctrinae christianae Urbis,​​ praesentia,​​ industria,​​ muneribus,​​ in «Ephemerides Calasanctianae» 6 (1958) 149-161; Cueva D.,​​ Catequesis calasanciana,​​ in «Analecta Calasanctiana» 65 (1991) 109-134; Spinelli M.,​​ J.d.C.,​​ pionero de la escuela popular, Madrid, Ciudad Nueva, 2002.

V. Faubell

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CALASANZ José de

calcolo delle PROBABILITÀ

 

PROBABILITÀ: calcolo delle

L’aggettivo​​ probabile​​ (dal lat.​​ probabilis,​​ meritevole di approvazione, ma anche verosimile, credibile) viene usato in riferimento a qualcosa che può essere vero, essere accaduto o accadere, ma su cui non si è in grado di pronunciarsi con sicurezza. Il sostantivo p. può essere quindi usato per indicare la «qualità» di ciò che è probabile e, in modo più rigoroso, il grado di attendibilità (espresso numericamente) di ciò che è considerato probabile.

1.​​ Origini del calcolo delle p.​​ L’interesse per i problemi posti dai risultati del gioco (dei dadi in particolare) si sviluppa nel sec. XVII e vede impegnati uomini famosi. Se ne occuparono occasionalmente G. Galilei e N. Tartaglia. Il punto di partenza per lo sviluppo di un’organica teoria della p. è però rappresentato da alcuni problemi, sempre relativi ai giochi d’azzardo, posti da un assiduo giocatore, il Cavaliere de Meré, a Pascal. Questi non solo risolse i problemi proposti ma ne fece oggetto di scambi epistolari con Fermat, ponendo le basi per la riflessione sul concetto di p. e per la sua sistemazione in quel grandioso edificio matematico che è l’attuale calcolo delle p. L’argomento fu sviluppato in modo organico da G. Bernoulli, la cui opera​​ Ars conjectandi​​ apparve postuma nel 1713. Le riflessioni sulla p. trovano una sistemazione teorica nelle opere di P.S. Laplace, in particolare nella​​ Théorie analytique des probabilités​​ del 1812.

2.​​ Interpretazioni della p.​​ La nuova disciplina ha posto all’attenzione degli studiosi diversi problemi: il significato da attribuire al concetto di p.; il modo di esprimere numericamente (misurare) i valori di p.; la costruzione del calcolo delle p. Le principali soluzioni proposte si possono così riassumere. L’interpretazione classica​​ afferma che la p. di un evento è data dal rapporto tra il numero dei casi favorevoli (successi) all’evento stesso e il numero dei casi possibili, supposti ugualmente possibili. La definizione, presente in Bernoulli, è stata teorizzata da Laplace e largamente adottata fino ai primi decenni del Novecento. L’interpretazione frequentista​​ vede la p. come il «limite» della frequenza relativa di un evento casuale in una serie di prove ripetute nelle stesse condizioni, al crescere del numero delle prove. Si tratta di un punto di vista da tempo applicato in​​ ​​ statistica (previsione della mortalità, assicurazioni, ricerche in campo fisico, medico...). Supponendo la ripetizione delle prove, questa definizione non è applicabile ad eventi isolati (es.: previsione del successo di una squadra in una determinata partita). Inoltre non sempre è facile giustificare la costanza delle condizioni nella ripetizione di prove e anche il concetto di «limite» (che non coincide con quello matematico) suscita qualche perplessità. L’interpretazione logicistica:​​ la p. viene considerata come una relazione tra proposizioni, che permette di estendere il campo di applicazione della logica formale. La principale difficoltà al riguardo sembra quella dell’assegnazione di una «misura» (p.) dell’aspettativa di un evento. L’interpretazione soggettivistica:​​ la p. viene definita come grado di fiducia che una persona manifesta nei confronti dell’aspettativa di un evento. Essa rappresenta l’interpretazione più ampia di p. (ingloba le precedenti). L’impostazione assiomatica:​​ rappresenta il tentativo di costruire su basi solide l’edificio del calcolo delle p., assumendo come primitiva la nozione di p. ed enunciando alcuni assiomi che permettono di procedere in modo logico e coerente, come accade in altri campi della matematica (geometria, aritmetica). Suo iniziatore qualificato il russo A.N. Kolmogorov, che la propose in una pubblicazione del 1933. Essa è utilizzabile nel contesto delle diverse interpretazioni di p. sopra ricordate.

3.​​ Le distribuzioni di p.​​ Per la descrizione teorica e lo studio di fenomeni aleatori sono importanti le distribuzioni di p. Tra esse si indicano in particolare: 1)​​ La distribuzione binomiale:​​ è la più semplice da costruire, poiché basta utilizzare le «semplici» premesse ricordate sopra e ricorrere all’algebra e precisamente allo sviluppo delle potenze di un binomio (di qui il nome di distribuzione binomiale) per i calcoli. A questa distribuzione si perviene considerando prove che ammettono solo due risultati A o B (come nel lancio di una moneta: testa o croce). Eseguendo n prove nelle stesse​​ condizioni e con p. costante (e quindi q = 1 - p), la p. di ottenere x risultati (0 ≤ x ≤ n) favorevoli, per es. ad A (uscita di testa nel lancio di una moneta) è data da p(x) = (n) pxqn-x, termine generico dello sviluppo del binomio (p + q)n. Di questa distribuzione è possibile calcolare il valore medio (o atteso), che si dimostra essere μ​​ = np e la dispersione dei risultati attorno ad esso fornita da σ = √npq. 2)​​ La distribuzione normale:​​ a differenza delle precedenti, si applica alla descrizione di variabili casuali continue. Ad essa si può giungere sia considerandola come approssimazione della distribuzione binomiale (teorema di De Moivre-Laplace) o come modello matematico unificatore per presentare l’andamento degli errori di misura di fenomeni naturali (Laplace e Gauss – dal nome di quest’ultimo deriva anche l’appellativo di distribuzione gaussiana). Essa è caratterizzata dalla media μ e dalla varianza σ2.​​ Data la sua fondamentale importanza essa è stata tabulata [sono stati calcolati, per diversi valori di z (​​ statistica), le aree comprese fra la media (0) e i punti z stessi].

4. Modelli probabilistici.​​ Il ricorso a questi modelli, interessa ormai tutti i campi della ricerca e rappresenta l’insostituibile fonte a cui attinge abitualmente la statistica inferenziale per risolvere i suoi problemi. Anche un modello apparentemente semplice e relativamente facile da costruire come quello binomiale può prestarsi a molte applicazioni: nascite in famiglia (M o F); risposte a domande del tipo Giusto - Sbagliato; comportamento di un ratto in un labirinto (Destra - Sinistra). Di particolare importanza è la distribuzione normale. In primo luogo perché l’esame delle distribuzioni empiriche di alcuni fenomeni naturali (la distribuzione degli errori accidentali di misura in particolare) suggerisce spesso il ricorso al modello normale come il più adatto per lo studio della situazione. Ma l’importanza della distribuzione normale è sottolineata soprattutto dal fatto che essa si propone come buona approssimazione ad altre distribuzioni teoriche, laboriose e difficili da trattare.

5.​​ Significato educativo.​​ Nel ricorso ai modelli probabilistici occorre tuttavia considerare, oltre all’utilità pratica, il valore teorico. Le distribuzioni teoriche di p. descrivono l’andamento di fenomeni in situazioni di incertezza. Ciò permette di offrire un riferimento sicuro per la valutazione delle situazioni di vita (tra esse quelle educative), in vista di scelte (decisioni) tese a ridurre al minimo le possibilità di errore (non ad escluderlo, ovviamente). Di qui l’utilità di approfondire il significato del ricorso ai modelli probabilistici e di creare per tempo (anche e soprattutto a livello di scuola) interesse alla loro conoscenza e utilizzazione.

Bibliografia

De Finetti B.,​​ Teoria della p.,​​ voll. 1-2, Torino, Einaudi, 1970; Costantini D.,​​ Introduzione alla p.,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1977; D’Amore B.,​​ P. e Statistica, Milano, Angeli, 1986; Boffa M. - C. Caredda,​​ P. e insegnamento elementare,​​ Torino, SEI, 1990; Ottaviani M. G.,​​ Una bibliografia ragionata sulla didattica della P. e​​ della Statistica nella scuola, in «Induzioni», 1991, n. 2; Baldi P.,​​ Calcolo delle p. e statistica,​​ Milano, McGraw-Hill, 1992; Scozzafava R.,​​ Primi passi in p. e statistica, Bologna, Zanichelli, 1995; Orsi R.,​​ P. e inferenza statistica,​​ Bologna, Il Mulino, 1995; Dacunha-Castelle D.,​​ La scienza del caso:​​ Previsioni e p. nella società contemporanea, Bari, Dedalo, 2001; Bergamini M. - A. Trifone,​​ Elementi di​​ p. e statistica descrittiva, Bologna, Zanichelli, 2001; Prodi R. - M. T. Sainati,​​ Scoprire la matematica:​​ P.​​ e statistica, Milano, Corbi e Ghisetti, 2003; Negrini P. - M. Magagni,​​ La P., Roma, Carocci, 2005.

S. Sarti

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calcolo delle PROBABILITÀ

CALONGHI Luigi

 

CALONGHI Luigi

n. a San Bassano (Cremona) nel 1921 - m. a Torino nel 2005, pedagogista sperimentale e docimologo, sacerdote salesiano.

1. Si è laureato in filosofia e teologia; specializzato in Psicopedagogia presso l’Università di Lovanio (Belgio) con R.​​ ​​ Buyse. È stato docente, direttore d’istituto, preside e Rettore della Pontificia Università Salesiana di Roma e professore ordinario all’Università Statale di Torino, Salerno e Roma.​​ è​​ stato Presidente dell’IRRSAE Piemonte. Ha collaborato attivamente al rinnovamento della scuola it. partecipando a convegni e commissioni tecniche del MPI. Particolare impegno ha dedicato dal 1977 al 1993 alla messa a punto della scheda di valutazione per la scuola media (D.M. 5.5.93).

2. Ha sviluppato ampie ricerche empiriche in ambito didattico e docimologico, validando strumenti di rilevazione e controllando ipotesi innovative con il supporto di affinate tecniche statistiche e di approfondimenti qualitativi (riflessione verbalizzata). Ha messo la ricerca a servizio dei problemi della scuola, predisponendo manuali, sussidi diagnostici, test e guide. Ha una vasta produzione scientifica che conta più di 50 voll.; oltre 60 contributi a voll. e quasi 200 articoli. È stato membro del comitato scientifico di numerose riviste; cofondatore di «Orientamenti Pedagogici» e della SIRD; consulente scientifico di sussidiari, testi di lettura, batterie di prove oggettive per la scuola elementare e media. Ha contribuito all’affinamento della metodologia della ricerca didattico-educativa, alla sua diffusione tra gli insegnanti e ha dato un contributo significativo all’introduzione delle teorie e delle pratiche della valutazione formativa nella scuola dell’obbligo italiana.

Bibliografia

C.L.,​​ Valutazione, Brescia, La Scuola, 1976; Id.,​​ Sperimentazione nella scuola, Roma, Armando, 1977; Nanni C. (Ed.),​​ La ricerca pedagogica didattica, Roma, LAS, 1997; La Marca A. (Ed.),​​ Ricerca,​​ educazione,​​ didattica. L’opera di L.C.: sviluppi attuali,​​ Palermo, Palumbo, 2006.

C. Coggi

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CALONGHI Luigi

CALVINO Giovanni

 

CALVINO Giovanni

Nato nel 1509 a Noyon in Piccardia, Jean Calvin studia diritto e lettere a Orléans e a Bourges. La morte di suo padre e la prima diffusione delle idee luterane in Francia preparano la sua “conversione subitanea”, avvenuta verso il 1532. Diventa membro molto attivo dei circoli di letterati che simpatizzano con il luteranesimo. Dopo l’episodio dei manifesti (esposizione di un manifesto contro la messa), fugge dalla Francia e pubblica a Basilea, nel 1536, la​​ Institutio religionis christianae,​​ alla quale aveva lavorato a lungo, per rimediare alla frantumazione dottrinale delle Chiese che “si riformavano secondo il santo Vangelo”.

In viaggio verso Strasburgo attraversò quasi per caso la città di Ginevra, già conquistata alle nuove idee, e su insistenza del predicatore Farei vi rimase per organizzare la Chiesa.

Cal. redige allora la​​ Instruction et confession de fot dont on use dans l’Église de Genève​​ (1537), instaura una severa disciplina e manda in esilio chiunque rifiuti di prestare giuramento sulla confessione di fede. Ma la resistenza cresce, e Farei e Cal. vengono mandati contemporaneamente in esilio (1538), Su invito di Bucer, Cal. si reca a Strasburgo, per prendere in carico la comunità dei francesi esiliati. Passa così tre anni, durante i quali può incontrare i grandi riformatori tedeschi, eccettuato Lutero.

Poi il governo di Ginevra lo supplica di fare ritorno. Senza risentimenti, ma deciso ad applicare fino in fondo il suo programma, Cal. accetta l’invito, e resta a Ginevra per 23 anni, fino alla morte (1564).

Le​​ Ordonnances ecclésiastiques​​ del 1541 stabiliscono una teocrazia sulla base di quattro ministeri: i pastori devono proclamare la Parola di Dio, i dottori devono incaricarsi dell’istruzione pubblica, gli anziani devono vigilare sui costumi, e i diaconi devono esercitare attività caritative. La vita religiosa di ogni cittadino è strettamente sorvegliata. In cinque anni vengono pronunciate 56 condanne a morte e 78 all’esilio. Cal. fallisce nel tentativo di fare di Ginevra la Roma protestante, tuttavia ne ha fatto una città-Chiesa che avrà grande influsso in Francia, nei Paesi Bassi e in Inghilterra.

Cal. ha ripetuto tante volte che i punti essenziali della fede sono due: il catechismo e la disciplina. Le​​ Ordonnances ecclésiastiques​​ rendono l’istruzione cat. obbligatoria per tutti i fanciulli; essa termina con la solenne cerimonia di prima ammissione alla Cena. In questa ottica, alla luce della sua esperienza di Strasburgo, Cal. redige nel 1541 il​​ Catéchisme de Genève.​​ La sua​​ Instruction​​ del 1537 gli sembra ormai insufficiente. Anzitutto perché è redatta con un testo continuato, mentre ora desidera un dialogo con domande e risposte, in 55 lezioni, una per ogni domenica o festa dell’anno. Poi cambia il piano. La​​ Instruction,​​ riassunto della​​ Instttution chrétienne,​​ seguiva il piano del catechismo di Lutero, e insisteva sull’opposizione: l’uomo dannato in sé — salvato in Gesù Cristo. Il​​ Catéchisme de Genève​​ segue un piano sistematico: “Fine principale della yita umana è conoscere bene Dio... Conoscerlo per onorarlo”. Le quattro parti del catechismo spiegano in dettaglio come farlo: mettere tutta la nostra fede in Dio — obbedire ai suoi comandamenti — pregarlo in ogni necessità — accoglierlo nella sua Parola e nei sacramenti.

Il​​ Catechismo​​ fu il primo manuale in francese imparato a memoria, inizialmente dai piccoli ginevrini, poi in Francia. Dopo la morte di Cal. venne soppiantato dal​​ Catechismo di Heidelberg,​​ più adatto dal punto di vista pedagogico. Comunque Cal. ha segnato l’organizzazione e il metodo del catechismo. Attraverso il catechismo di → Auger egli ha esercitato un influsso sulla C. cattolica.

Bibliografia

J.​​ Calvin,​​ Le​​ Catéchisme français​​ de Calvin​​ publié en​​ 1537,​​ réimprimé pour la première fois d’après un exemplaire nouvellement retrouvé et suivi de la plus ancienne confession de foi de l’Église de Genève, avec deux notices par A. Rilliet et Th. Dufour, Genève, H. Georf, 1878; Id.,​​ Catéchisme, c’est-à-dire le Formulaire d’instruire les enfants en la Chrestienté,​​ faict en manière de dialogue où le Ministre interrogue et l’enfant respond, par Jean Calvin, L’Olive de Robert Estienne, 1553; M.​​ Boegner.​​ Les catéchismes de Calvin,​​ Étude d’histoire et de catéchétique, Pamiers, 1905; J. Courvoisier,​​ Bucer et l’oeuvre de Calvin,​​ in “Revue de Théologie et de Philosophie» 21 (1933) 66-77; Id.,​​ Les catéchismes de Strasbourg et de Genève,​​ in “Bulletin de la Société de l’Histoire du Protestantisme Français” 84 (1935) 105-122; E. Doumergue,​​ fean Calvin. Les hommes et les choses de son temps,​​ 8 vol., Lausanne et Paris, 1899-1927.

Elisabeth Germain

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CALVINO Giovanni

CAMBIO SOCIALE

 

CAMBIO SOCIALE

Per c.s. si intendono tutte le trasformazioni che si producono in un dato periodo di tempo nella struttura di una determinata​​ ​​ società.

1. Il​​ concetto​​ non indica di per sé la direzione in cui il cambiamento avviene. L’interesse della sociologia per il c.s. va ricercato nel fatto che in una società, intesa come un insieme di sotto-sistemi interdipendenti, cambiamenti strutturati di un settore possono provocare tensioni e processi di adattamento negli altri. Il c.s. è uno dei problemi più affascinanti e nello stesso tempo più difficili in sociologia. Infatti la sociologia moderna ha iniziato con i tentativi di spiegare le cause del c.s. e in proposito ha cercato di elaborare una teoria che doveva rivelare le «leggi del mondo». La maggior parte delle interpretazioni aveva un carattere evoluzionistico: l’influsso maggiore è stato esercitato da Marx che sosteneva che il «modo di produzione» ed i rapporti di produzione da esso generati erano la «struttura» fondamentale della società, rispetto alla quale tutte le altre istituzioni, politiche, religiose e familiari, erano la «sovrastruttura». Con lo studio del c.s. si passa immediatamente dai problemi dell’organizzazione della società a quelli riguardanti le sue modificazioni, si passa cioè dalla statica alla dinamica sociale. Il c.s. riguarda il movimento delle persone o delle istituzioni da una posizione ad un’altra nell’ambito di una qualsiasi articolazione della società. Esso è sempre un cambiamento qualitativo, sia positivo sia negativo, e non si riferisce tanto alle vicende sociali di un singolo individuo, quanto piuttosto ai mutamenti collettivi di interi gruppi di persone, come per es. quando, in seguito allo sviluppo industriale, si verifica il passaggio da un’economia agricola ad una industriale. Nello studio del c.s., esattamente come in quello della stratificazione, possiamo distinguere due diversi aspetti: quello che i singoli compiono all’interno della stratificazione, e quello collettivo, dove invece l’attenzione si sposta sulle classi sociali, in quanto il tasso di mutamento di una società viene fatto dipendere dall’evoluzione storica dei rapporti sociali. Va subito detto che dal punto di vista sociologico non soltanto le due dimensioni citate sono singolarmente valide, ma esse sono anche compatibili con tre ordini di fattori, quelli individuali e quelli collettivi, quelli soggettivi e quelli oggettivi, quelli psicologici e quelli economici.

2. Nella​​ divisione del lavoro sociale,​​ ​​ Durkheim (1962) traccia un quadro generale del c.s. come differenziazione. Le società erano un tempo organizzate meccanicamente, avevano leggi repressive ed erano dominate da una coscienza collettiva particolaristica e onnipresente con una​​ ​​ solidarietà meccanica. Gradualmente esse si sono mosse verso una solidarietà organica, dove le leggi sono restitutive e la moralità collettiva è generalizzata ed astratta. Durkheim si concentra qui primariamente sui cambiamenti economici e sulla separazione della religione dalle funzioni politiche e legali. Una delle teorie correnti del c.s. risale a W. Ogburn (1964) e sostiene che nelle società occidentali moderne sia la tecnica a determinare il cammino: ciò significa che la tecnica rappresenta la variabile indipendente e che il progresso in essa provoca negli altri settori della società processi di adattamento. Alcuni autori considerano il c.s. una categoria generale in cui rientrano tutti i fenomeni, i processi e i movimenti che implicano una qualunque trasformazione della società umana o di qualche sua parte. Se si accoglie questo significato, l’evoluzione, lo sviluppo e il progresso diventano casi speciali o interpretazioni particolari del c.s., fenomeno universale che abbraccia tutto l’ambito degli studi sociologici.

3. I​​ fattori​​ del c.s. possono essere interni o esterni, secondo che abbiano origine all’interno o all’esterno del sistema considerato. Tra i fattori interni sono da includere: il conflitto tra i gruppi, le associazioni, le organizzazioni e le classi sociali, che mobilita e orienta le forze necessarie per introdurre mutamenti più o meno radicali e più o meno rapidi; l’accumulazione del capitale e i nuovi investimenti nei diversi settori produttivi; i movimenti collettivi, soprattutto allo stato nascente. Tra i fattori esterni si annoverano: la guerra, l’occupazione militare, il conflitto internazionale, gli interventi di una potenza straniera politicamente o economicamente dominante, la caduta di un regime legale come quella di uno illegale; forti aumenti o diminuzioni della popolazione, anche per effetto di intensi flussi migratori, per cui un sistema socio-economico, non riuscendo ad assorbire l’incremento demografico, entra in crisi e tende ad essere mutato; lo sviluppo della tecnologia, della scienza, dell’industria o con una parola della cultura materiale; i contatti con altre culture, l’acculturazione, l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa, il turismo.

4. Ultimamente non si nota in generale tanto interesse per il c.s. Gli sforzi oggi si concentrano maggiormente sullo studio dettagliato di particolari società, comunità e istituzioni usando mezzi di osservazione, di indagine e di misurazioni sempre più esatti. Il c.s. viene analizzato in sociologia come una condizione normale della società. Ogni società e cultura è sottoposta a un rapido e costante c.s. I mutamenti non sono isolati né temporalmente né spazialmente e le conseguenze tendono a ripercuotersi su intere regioni o in tutto il mondo attraverso la tecnologia moderna e le strategie sociali. Nella mentalità moderna il c.s. si è quasi istituzionalizzato: in questo senso, all’ordine dato della tradizione si sostituisce l’accettazione del c. continuo. In altre parole, non è positivo fare quello che tutti hanno sempre fatto, ripetere i modelli prestabiliti, ma innovare, come in economia, o scoprire e riformulare leggi, come nelle scienze. Pertanto si tratta di un passaggio da un insieme relativamente indifferenziato a una diversificazione crescente di ruoli, status, e istituzioni. La società moderna, postindustriale, accelera il processo di divisione del lavoro e aumenta il numero delle funzioni e delle specializzazioni.

Bibliografia

Durkheim E.,​​ La divisione del lavoro sociale,​​ Milano, Edizioni di Comunità, 1962; Ogburn W.,​​ On culture and social change.​​ Selected papers,​​ Chicago / London,​​ The University of Chicago Press, 1964; Jeffrey C. A.,​​ Teoria sociologica e mutamento sociale,​​ Milano, Angeli, 1990; Bourdieu P. - J. S. Coleman,​​ Social theory for a changing society,​​ Boulder / Colorado, New York, Westview Press, 1991; Crespi F.,​​ Evento e struttura. Per una teoria del mutamento sociale,​​ Bologna, Il Mulino, 1993; Toscano M. A. (Ed.),​​ Introduzione alla sociologia,​​ Milano, Angeli,​​ 71993; Nisbet R. A.,​​ History of the idea of progress,​​ Estover, Plymouth, Transaction Publishers, 1994; Sztompka P.,​​ The sociology of social change,​​ Oxford, Blackwell, 1994; Ortoleva P.,​​ Mediastoria.​​ Comunicazione e cambiamento sociale nel mondo contemporaneo, Parma, Pratiche, 1995; Belardinelli S. - L. Allodi (Edd.),​​ Sociologia della cultura, Angeli, 2006; Granieri P.,​​ La società digitale, Bari, Laterza, 2006.

J. Bajzek

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CAMBIO SOCIALE

CAMPANELLA Tommaso

 

CAMPANELLA Tommaso

n. a Stilo, Calabria, nel 1568 - m. a Parigi nel 1639, filosofo italiano.

1. C., religioso domenicano, fu perseguitato e imprigionato per ragioni politiche. È il più tipico filosofo del Rinascimento italiano. Sulla scia di B. Telesio, ma con più profonda capacità metafisica, interpreta lo spirito di rinnovamento del naturalismo rinascimentale e ne formula l’incontro con il cristianesimo nella sua sintesi filosofica, nella gnoseologia e nella metafisica. La prima, accentuando il distacco dalla visione aristotelica, valorizza nel​​ sensus inditus​​ la coscienza (costitutiva) di sé come base di ogni ulteriore conoscenza, dovuta al​​ sensus additus,​​ che deriva dal contatto con gli altri esseri. La presenza della​​ mens​​ (spirito) garantisce l’oggettività del conoscere. Si ha così una sintonia con la nuova ricerca della conoscenza della natura; ma resta la difficoltà di un residuo sensismo. La seconda ha come fondamento la concezione delle​​ tre primalità​​ (potentia,​​ sapientia,​​ amor)​​ costitutive dei vari esseri: in Dio nelle tre divine Persone, e, in modo gradualmente partecipato, negli esseri creati. L’accentuazione dell’amor sui​​ come prima tendenza, che in quanto tendenza all’essere diventa anche​​ amor Dei,​​ porta alla concezione di una religiosità sostanzialmente radicata nella natura (religio indita),​​ che viene precisata e perfezionata dalle religioni positive (religio addita)​​ e nel modo più perfetto dal cristianesimo.

2. La profondità e l’impostazione della sua speculazione pongono il C. nel cuore della cultura rinascimentale. Lo specifico interesse e influsso pedagogico è legato a un aspetto della sua opera utopica: la​​ Città del sole.​​ In essa trovano fantasiosa applicazione i principi elaborati nella filosofia di C., in un tentativo di sintesi politico-filosofico-religiosa e di esaltazione della natura: libertà, spontaneità, superamento dell’egoismo e dedizione al bene comune caratterizzano la vita dei cittadini, governati (in clima di pieno comunismo, sul tipo della​​ Repubblica​​ di​​ ​​ Platone) da un principe-sacerdote (il​​ «Metafisico»)​​ assistito da tre magistrati (traduzione in dimensione politica delle​​ tre primalità).

3. L’educazione dei piccoli, maschi e femmine, è realizzata nel contatto con la natura, all’aria aperta; l’apprendimento è attuato attraverso pitture murali sui muri della città, la visita alle botteghe degli artigiani, le attività meccaniche e agricole. In questa visione utopica C. anticipa, in certo modo, l’evoluzione dei metodi pedagogici e didattici. Ciò spiega l’influsso esercitato presso i successivi pedagogisti della corrente realista, per es.​​ ​​ Comenio.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ C.,​​ La città del sole e altri scritti, a cura di F. Mollia, Milano, A. Mondadori, 1991. b)​​ Studi:​​ Di Napoli G., «L’utopia pedagogica in Moro, C. e Bacone», in​​ Nuove questioni di storia della pedagogia, vol. I, Brescia, La Scuola, 1977; Frauenfelder E.,​​ La Città del Sole di Fra’ T. C., Napoli, Ferraro, 1981; Genovesi G. - T. Tomasi,​​ L’educazione nel paese che non c’è. Storia delle idee e delle istituzioni educative in utopia, Napoli, Liguori, 1985; Negri L.,​​ Fede e ragione in T. C.,​​ Milano, Massimo, 1990; Garin E.,​​ Dal Rinascimento all’Illuminismo. Studi e ricerche, Firenze, Le Lettere, 1993; Vasoli C.,​​ Le filosofie del Rinascimento, a cura di P. C. Pissavarino, Milano, B. Mondadori, 2002; Amerio R. - M. Guglielminetti - P. Ponzio, «C.», in​​ Enciclopedia Filosofica, vol. II, Milano, Bompiani, 2006, 1588-1595.

M. Simoncelli

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CAMPANELLA Tommaso

CAMPIONE STATISTICO

 

CAMPIONE STATISTICO

Parte di una popolazione ritenuta rappresentativa dell’intera popolazione in un particolare contesto di studio.

1.​​ Premessa.​​ Quando si pianifica una ricerca – in campo educativo, psicologico, sociale, ma anche in campo fisico, agrario o altro – si ha in mente qual è la​​ popolazione​​ (detta anche​​ universo)​​ che si vuole studiare. Ad es., se si decide di studiare i metodi usati dai docenti italiani per insegnare la storia ai ragazzi che frequentano la scuola media dell’obbligo, la popolazione è costituita da tutti i docenti italiani che in una qualsiasi scuola media insegnano quella disciplina. Una popolazione può essere quantificata in modo preciso. Nel nostro caso, sia pure con qualche difficoltà, sarebbe possibile fare un elenco nominativo di tutti gli insegnanti di storia delle scuole medie italiane. Nella maggior parte dei casi, raggiungere e studiare tutti gli individui che compongono una popolazione è troppo lungo e costoso. Se però si vuole che le conclusioni dello studio, anche se basate su una parte dei soggetti, possano ragionevolmente essere riferite all’intera popolazione, bisogna che la porzione scelta per lo studio – il c. – sia scelta secondo regole ben definite.

2.​​ Tipi di c.​​ Il​​ c.​​ casuale semplice​​ è il tipo di c. che con più rigore rispetta le esigenze di rappresentatività, in quanto garantisce che ogni membro della popolazione abbia le stesse probabilità di essere estratto e di entrare a far parte del c. Questo si ottiene assegnando ad ogni elemento della popolazione un numero ed estraendo i numeri con un procedimento rigorosamente casuale, simile a quello con cui si estraggono i numeri del lotto. Viene considerata una buona approssimazione al c. casuale il c.​​ sistematico,​​ in cui si parte da un numero scelto a caso e si procede a intervalli uguali. Non sono equiparati ai c. casuali i​​ c​​ .accidentali,​​ scelti «come capita» o, peggio, in base alla facilità di accesso. Sono c. accidentali gli alunni esaminati dai loro stessi insegnanti, gli elettori all’uscita del seggio più vicino alla casa degli intervistatori, i pazienti studiati dai loro terapeuti e così via. I c. – casuali o no – sono detti​​ stratificati​​ quando la popolazione, anziché essere costituita da un’unica lista indifferenziata di individui, è articolata in categorie descrittive quali età, sesso, studi compiuti ecc. Sono detti​​ a gruppi​​ quando la popolazione non è costituita da un elenco di individui, ma da un elenco di gruppi: per es., se ogni elemento della lista è una classe scolastica, una unità abitativa, ecc.

3.​​ Precisione delle misure ottenute nel c.​​ Posto che il c. sia estratto a caso, quanto più è numeroso tanto più rispecchia in modo adeguato le caratteristiche della popolazione da cui è estratto. Il principio di base tenuto presente per stimare la precisione delle statistiche calcolate su c. è definito da una formula nota come disuguaglianza o teorema di Tchebycheff. Se il c. non è casuale ma accidentale si ha motivo di ritenere che quanto più è ampio il c. tanto più sono forti le distorsioni che lo rendono diverso e peculiare rispetto alla popolazione.

Bibliografia

Kendall M. G.,​​ The advanced theory of statistics,​​ vol. 1, London, Griffin, 1952; Calonghi L.,​​ La scelta del c.,​​ Roma, Università Salesiana, 1973; Hays W. L.,​​ Statistics for the social sciences,​​ New York, Holt,​​ 21973; Som R. K.,​​ A Manual of sampling techniques, London, Heinemann, 1973; De Carlo N. A. - E. Robusto,​​ Teoria e tecniche di campionamento nelle scienze sociali, Milano, LED, 1996.

L. Boncori

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CAMPIONE STATISTICO

CANADA

 

CANADA

Per situare e descrivere lo sviluppo e le caratteristiche della C. nel Canada (1945-1985) conviene richiamare brevemente alcuni tratti della società canadese, che determinano in modo preponderante la vita e l’educazione religiosa di questo popolo.

1.​​ Caratteristiche del Canada.​​ Il paese si estende dall’Atlantico al Pacifico, su una distanza di oltre 5000 km. Inoltre l’insieme della popolazione è concentrata soprattutto presso i confini degli USA, il che spiega la dipendenza, spesso denunciata, nei confronti del grande fratello.

Il Can. è diviso in 10​​ province autonome,​​ ciascuna delle quali ha una giurisdizione​​ esclusiva​​ in materia di educazione. Alla diversità di sistemi scolastici si aggiunge il pluralismo culturale dovuto a fattori geografici, etnici, linguistici, sociali e anche economici.

Il sistema scolastico di ogni provincia e le diversità culturali rendono molto complessa una pastorale concertata, anche sul piano della stessa C. Il bilinguismo “ufficiale” del paese è vissuto con diversi compromessi. I francofoni si trovano di fatto in prevalenza nella provincia del Quebec. Le altre nove province si presentano piuttosto come ambienti di lingua inglese. Esse sono anche fortemente sotto l’influsso della cultura americana.

2.​​ La C. nel Canada dal 1945 al 1960.​​ Nel Can. di lingua inglese, e quindi nella maggior parte del paese, la C. segue da diversi decenni i principi e la pratica che sono in vigore negli USA. Ad eccezione dell’Ontano e di altri ambienti piuttosto omogenei, dove il catechismo è spesso insegnato nella scuola, la C. nelle regioni anglofone del Can. è assicurata soprattutto dalle parrocchie e dalle famiglie.

A motivo della popolazione cattolica molto omogenea e maggioritaria, la provincia del Quebec è sempre riuscita, fin dall’origine, ad assicurare l’IR nelle scuole pubbliche. Queste scuole sono giuridicamente​​ confessionali​​ (cattoliche o protestanti). Ancora a ragione della maggioranza francese e cattolica della popolazione del Quebec, l’episcopato ha esercitato fino al 1965 un controllo sulla scuola e su una vasta zona della vita sociale, economica e culturale della provincia, sulla quale, da oltre cento anni, la religione cattolica ha esercitato un influsso globale.

A partire dal 1948 entra in vigore un nuovo programma di religione per le scuole elementari. Nel 1951 entra pure in vigore un nuovo Catechismo dei fanciulli. Fin dall’inizio degli anni ’50 tende a generalizzarsi nelle scuole secondarie l’uso della serie “Témoins du Christ”, pubblicata in Belgio.

Il punto di partenza del rinnovamento cat. precedente al 1960 richiede tre importanti precisazioni:

— Operatore principale e animatore di questo rinnovamento cat. fu senza dubbio mons. Gérard-Marie Coderre, sacerdote della diocesi di Joliette, diventato in seguito vescovo della diocesi di Saint-Jean-de-Québec. Fu lui a fondare, nel 1952, l’Office catéchistique provincial du Quebec.

— I primi sforzi di rinnovamento erano soprattutto di ordine pedagogico e metodologico. Riguardavano la promozione di un metodo maggiormente induttivo, destinato a “correggere” un catechismo astratto e nozionistico, che i fanciulli dovevano imparare a memoria.

— A partire dal 1952 un numero crescente di canadesi del Quebec frequentano i Centri di formazione cat. della Francia e del Belgio.

Ciò spiega perché il rinnovamento cat. canadese ha messo radici soprattutto presso i canadesi di lingua francese residenti nel Quebec: comprendevano la lingua usata nei Centri cat. della Francia e del Belgio.

3.​​ Un vasto movimento cat. a partire dal 1960.​​ Gli sforzi degli anni precedenti presero consistenza e assunsero proporzioni più vistose verso il 1960. Di fatto oltre un centinaio fra sacerdoti, religiosi e religiose, come pure laici, avevano ricevuto una formazione cat. in Europa. La vitalità del rinnovamento cat. si è manifestata a partire da questo periodo con le seguenti caratteristiche:

— Numerosi corsi, conferenze, giornate di studio furono organizzati attraverso tutto il Quebec, inizialmente con il concorso di specialisti europei, poi con la collaborazione prevalente di canadesi diplomati nei centri europei (Parigi, Bruxelles, Strasburgo, Lione, ecc.).

— Centri di formazione cat. sorsero a Ottawa, a Montreal e nel​​ Québec.​​ Un numero considerevole di maestri, soprattutto della scuola secondaria, poterono iniziarsi ai principi del rinnovamento cat. e diventarne promotori nel proprio ambiente.

— Furono pubblicate opere canadesi: alcune si situano sul piano dei principi e della formazione dei maestri (cf Sr.​​ Ladislas,​​ Catéchisme​​ et vie​​ chrétienne,​​ Trois-Rivières,​​ Ed.​​ du Bien​​ Public, 1945;​​ N. Fournier,​​ Exigences actuelles de la catéchèse,​​ Montréal, Inst. Sup. des​​ Se. Rei.,​​ 1960 (trad. ital.:​​ Le​​ esigenze attuali della catechesi,​​ Brescia, La Scuola, 1963);​​ J.​​ Laforest,​​ Introduction à​​ la​​ catéchèse,​​ Québec,​​ Univ.​​ Laval,​​ 1966; L.​​ R. Côté,​​ Le catéchiste dans l'Église,​​ Arthabaska, Sainte-Cécile, 1960; E. Carter,​​ The Modem Challenge to Religions Education,​​ New York, H. Sadlier, 1961;​​ Catéchèse, d’hier à demain,​​ in “Communauté chrétienne” 17 [1977], n. 92).​​ Altre opere​​ si​​ situano sul​​ piano​​ pratico: programmi e manuali (cf C. E.​​ Roy,​​ Méthodes pédagogiques​​ de​​ l’enseignement du catéchisme,​​ Paris,​​ Casterman,​​ 1935;​​ Éducateurs de la foi,​​ Montréal, Office catéchistique provincial, 1962).​​ Fu​​ anche​​ pubblicata una​​ riv. cat.​​ canadese,​​ “Le Souffle”,​​ cessata poi nel​​ 1975.​​ Era stata preceduta da un bollettino di collegamento “Entre nous, catéchistes”.

— Un rinnovamento delle strutture si è fatto strada grazie all’impulso dell’Ufficio Cat., diventato nel 1962 Ufficio Cat. del Quebec. A questo organismo, dipendente dall’episcopato del​​ Québec,​​ va attribuita la leadership del pensiero, dell’animazione, della produzione di sussidi, che hanno accentuato la vitalità del rinnovamento cat. nel​​ Can.

— Questo vasto movimento cat. è caratterizzato dal moltiplicarsi degli Uffici Cat. diocesani; dalla nomina di responsabili dell’IR nelle congregazioni religiose e nelle istituzioni scolastiche; dalla creazione di una rete di scambi d’informazione, di comunicazione, di partecipazione delle esperienze e di stretta collaborazione a livello di Chiesa e di autorità scolastiche.

Pierre Ranwez, SJ, ha potuto affermare fin dal 1964: “Il Canada è attualmente uno dei paesi dove il problema cat. è più intensamente animato” (Le​​ mouvement catêchêtique au​​ Canada​​ français,​​ in “Lumen Vitae” 19 [1964] 751).

4.​​ Grandi linee del rinnovamento cat. nel Canada.​​ Il rinnovamento dottrinale, pastorale e psico-pedagogico che ha caratterizzato la C. nel​​ Can.​​ si è molto ispirato a quello operato in Francia, soprattutto a motivo della comunanza culturale e linguistica fra il​​ Québec​​ e la Francia. Le linee di forza del rinnovamento cat. canadese si possono articolare nel seguente modo:

— La C. è cristocentrica, segnata però da uno sfondo​​ trinitario​​ fin dalla prima iniziazione cristiana sistematica dei fanciulli.

— Annuncia il Mistero cristiano in termini di​​ relazioni​​ piuttosto che di nozioni. È anche molto orientata verso l’educazione alla preghiera personale e comunitaria.

— Si ispira fortemente alla​​ Bibbia​​ come espressione privilegiata della Parola di Dio. — Vuole​​ unificare​​ nell’atto cat. la formazione dottrinale, liturgica e morale, seguendo una pedagogia attiva che fa appello all’impegno personale dei giovani.

— La C. nel​​ Can.​​ è segnata, già a partire dal 1962, da un carattere nettamente​​ antropologico.​​ Inizialmente questo approccio voleva essere una opzione teologica e non già un semplice approccio metodologico. Questa posizione ambigua ha generato molte tensioni non ancora chiaramente dissipate...

— La C. vuole inserirsi in una pastorale d’insieme, grazie al progetto educativo e all’animazione pastorale della scuola; grazie anche alla collaborazione dei genitori e dei pastori della parrocchia, soprattutto nella C. dei fanciulli.

— Il movimento cat., almeno nel primo decennio, quindi fino al 1970, si è appoggiato su una solida​​ formazione dei maestri​​ in vista della C.

5.​​ Influenza reciproca tra ambiente francofono e anglofono.​​ Ciò che finora è stato illustrato circa il rinnovamento della C. nel Can. riguarda soprattutto la situazione della provincia del Quebec. Però, a causa della collegialità di tutti i vescovi del Can., più accentuata dopo il Concilio Vaticano II, si sono manifestate gradualmente forme di interazione e di collaborazione sul terreno della C. per l’intero Can.

A partire dal 1965, per es., attraverso incontri tra vescovi, catecheti e responsabili dell’educazione religiosa dei due settori, cioè inglese​​ e​​ francese, si è andata accentuando una sensibilizzazione reciproca. In quel periodo fu anche creato un istituto cat. di lingua inglese a London nell’Ontario, sotto la spinta di mons. Emmett Carter, attualmente cardinale arcivescovo di Toronto.

Nel 1962 fu fondato il National Office of Religious Education (NORE), organismo della Coni, episcopale canadese con sede a Ottawa, comprendente due sezioni risp. per il Can. francese e inglese. Per l’intermediario del NORE i vescovi anglofoni hanno fatto tradurre in inglese i manuali francesi, usati nel Quebec e in altri ambienti di lingua francese, per la C. dei fanciulli. Grazie alla Commissione episcopale per l’educazione religiosa si è sviluppato in tutto il paese uno sforzo consistente di coordinamento.

Però nella C. degli adolescenti e degli adulti le province anglofone e il Quebec non sono giunti ad una efficace collaborazione, soprattutto a motivo della diversa situazione socio-culturale degli ambienti e delle regioni, ulteriormente aggravata dalla diversità dei sistemi scolastici.

Gli sforzi per promuovere un rinnovamento cat. unificato attraverso tutto il Can. hanno incontrato numerosi ostacoli, d’altronde facilmente comprensibili:

— La collezione di sussidi​​ Viens vers le Pére,​​ preparata per i fanciulli del Quebec, rifletteva una situazione socio-culturale particolare. Non era possibile adattarla, attraverso una semplice traduzione dal francese all’inglese, a regioni molto diverse dal Quebec.

— La pastorale generale della Chiesa di lingua inglese nel Can. aveva dovuto adattarsi a regioni assai meno omogenee rispetto al Québec. Bisogna pure aggiungere la vicinanza con gli USA, la comunanza linguistica e l’influsso dei mass-media americani.

— Nell’insieme i vescovi di lingua inglese, a motivo della loro dispersione in un territorio estremamente vasto, della loro formazione teologica, dei sistemi scolastici in vigore nelle rispettive regioni, hanno accettato con molta riluttanza i nuovi orientamenti della C., e in particolare la cosiddetta opzione “antropologica”.

Non ci voleva altro per provocare inquietudini e per suscitare interrogativi tali da dover procedere, nel 1974, a una vasta verifica della C. canadese.

6.​​ Verifica del rinnovamento cat. canadese.​​ Una verifica della C. è stata richiesta nella Conferenza dei vescovi canadesi riuniti a Ottawa. Nel Can. di lingua inglese la verifica riguardava gli strumenti tradotti dal francese, il loro contenuto dottrinale, più precisamente la C. a livello della scuola primaria fino al secondo anno della scuola secondaria. Lo studio rivelò che i sussidi contestati erano teologicamente sicuri nell’insieme. Ma questa constatazione non provocò per ciò stesso un consenso definitivo.

Nel Québec e negli altri ambienti di lingua francese, la verifica prese la forma di una inchiesta sulla comunicazione cat. e sugli strumenti pedagogici, considerati come elementi di un atto pastorale ed educativo assai complesso. Questa inchiesta ha messo in luce, soprattutto nel Québec, che vi sono numerosi problemi di pastorale generale, nell’ambito di una Chiesa in profonda trasformazione, sottomessa a un sistema scolastico ricostruito precipitosamente dieci anni prima.

Nel frattempo c’era nell’insieme del Can. una viva inquietudine riguardo alle lacune nella formazione dei catechisti, sia quelli delle scuole confessionali che quelli delle parrocchie (negli ambienti dove la C. non si può fare nella scuola). Al contrario, nel Québec, si parlava poco della C. degli adulti, mentre le altre province se ne preoccupavano di più.

7.​​ La C. nella scuola, nella parrocchia, nella famiglia.​​ La scuola cattolica esiste ancora legalmente nella provincia del Québec, ma si sviluppa gradualmente verso uno statuto “pluralista”; anche nell’Ontario esistono scuole cattoliche. Nelle altre province del paese la scuola cattolica esiste soltanto sulla base della tolleranza da parte del legislatore. Questa scuola facilita la C. dei fanciulli a livello elementare, perché mette in opera un progetto educativo cristiano adatto all’ambiente del fanciullo.

In pratica, con lo sviluppo e le nuove esigenze dei sistemi scolastici che dipendono dal ministero della pubblica istruzione in ciascuna provincia, la pedagogia, i programmi, gli orari, le valutazioni, la scelta dei maestri e l'insieme della pratica cat. sono sempre sottomessi a costrizioni causate dal fatto che la C. viene equiparata con le altre materie scolastiche. Infatti, se la C. scolastica comporta vantaggi inestimabili, porta pure con sé difficoltà non meno reali, che richiedono la vigile attenzione da parte dei responsabili della Chiesa chiamati a sorvegliare e, se necessario, a correggere.

Da alcuni anni la C. rivela la tendenza ad esercitarsi in un contesto maggiormente ecclesiale, sia nella parrocchia, sia nell’ambito familiare. In tal modo la C. familiare è diventata una opzione fortemente valorizzata nel Can. di lingua inglese. Essa esige una C. degli adulti assai più strutturata, e corrisponde bene alle raccomandazioni del Sinodo del 1977 e alla esortazione “Catechesi tradendae” di Giovanni Paolo II.

8.​​ Bilancio e interrogativi.​​ Il Can. ha conosciuto, fra gli anni 1960-1980, uno slancio vigoroso sia per la C. dei fanciulli e degli adolescenti che per la sperimentazione e la ricerca cat., per la produzione di sussidi e per la loro adozione. Si è sviluppata una stretta collaborazione tra pastori, genitori e catecheti. Si sono sentiti poco i conflitti ideologici e le battaglie di retroguardia, in un terreno dove generalmente non si abbandonano facilmente atteggiamenti e schemi tradizionali!

I vescovi del Can., e più in particolare quelli del Quebec, hanno approvato un audace rinnovamento neH’ambito di una società spesso descritta come conservatrice. Hanno esercitato con vigore la loro leadership pastorale in un dialogo franco e aperto con i principali operatori del rinnovamento. Da parte loro, i cristiani della base, i genitori e gli educatori, sono spesso entrati coraggiosamente in un movimento che non corrispondeva affatto alla formazione cat. iniziale.

Oggi, nell’ora dei nuovi interrogativi sulla Chiesa e sulla C., questi stessi cristiani reclamano a modo loro una ricerca necessaria e pertinente. Quali sono, in breve, gli interrogativi sul piano della C. nel Can.? Eccone alcuni:

— Fino a che punto è possibile determinare una pratica cat. unificata per un paese così vasto e complesso? Da almeno dieci anni i vescovi si sforzano di definire un “programma-quadro” per la C. in tutto il Can., ma è difficile arrivarci.

— Malgrado la struttura pedagogica la C. scolastica può veramente supplire alle insufficienze della testimonianza degli adulti nella famiglia, nella parrocchia e nella scuola (anche se quest’ultima è giuridicamente confessionale)?

— La Chiesa investe un sufficiente impegno nella C. degli adulti e nella formazione dei catecheti? Questo investimento comporterebbe due dimensioni: una di ordine finanziario, come è ovvio; un’altra più importante, di ordine pastorale. Quest’ultima tocca le priorità, privilegiando l’annuncio della Parola su tutte le altre forme di attività della Chiesa nel mondo.

— Gli orientamenti della C., sul piano dottrinale, pedagogico e antropologico, possono essere considerati stabili di fronte a un mondo in continuo cambiamento, che richiede ad ogni momento di ripensare la pastorale della Chiesa in urto con i soprassalti di un mondo in evoluzione?

La situazione descritta sopra indica chiaramente che un discorso equilibrato sulla C. nel Can. nel periodo 1945-1984 deve tener conto delle grandi differenze culturali e linguistiche che dividono la provincia del Quebec dalle altre nove province. Inoltre, l’educazione della fede degli adulti, la pastorale familiare come pure i numerosi movimenti di preghiera e di apostolato costituiscono forze vive che lasciano prevedere una grande vitalità per l’esercizio della C. in tutto il paese.

Bibliografia

Oltre ai titoli citati nell’art. cf​​ Conférence Catholique Canadienne​​ (ed.),​​ Evaluation​​ de la​​ catéchèse au​​ Canada​​ français.​​ Rapport de l’équipe de recherche, Ottawa, 1975, litogr.; J. de Lorimier,​​ (Scuola e religione)-.​​ Canada​​ (Québec),​​ nef vol.​​ Scuola e religione.​​ I.​​ Una ricerca internazionale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971, 111-130 (ampia bibl.); U. Gianetto,​​ Valutazione di dieci anni di lavoro catechistico in Canada,​​ in “Orientamenti Pedagogici” 26 (1979) 2, 332-336; L. V. Perrelli,​​ Il progetto “Chantier”. Significato e valore di un’esperienza di formazione degli adulti nel Canada francofono.​​ in «Catechesi» 48 (1979) 13, 35-42.

Norbert Fournier

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CANADA

CANISIO Pietro

 

CANISIO Pietro

Petrus Canisius (Canis), nato 1’8-5-1521 a Nijmegen, morì a Friburgo il 21-12-1597. Venne presto a contatto con la​​ devotio moderna,​​ soprattutto a Colonia, dove studiò teologia. Diventato gesuita nel 1543, lavorò in molti posti e con numerose funzioni secondo l’ideale della Società di Gesù: (ri)conquistare alla fede i non credenti o gli erranti, approfondire la fede, e soprattutto insegnare alla gioventù.

La sua attività cat. è documentata dai suoi catechismi, che vanno considerati nel contesto della pastorale dei → Gesuiti. La C., accanto alla predicazione, è un elemento importante di questa pastorale. Essa vuol superare la diffusa ignoranza e l’indifferenza che la accompagna, e quindi introdurre nelle verità fondamentali della fede. Questa​​ istruzione​​ cat. è accompagnata da esercizi nella vita di pietà. Perciò Can. si è anche impegnato nell’ambito della letteratura edificante (cf per es.​​ Beicht und Communionbiìchlein,​​ 1569;​​ Catholische Kirchen Gesàng vor und nach dem Catechismo... zu singen,​​ 1594), e i suoi catechismi contengono spesso appendici con preghiere, preparazioni ai sacramenti, ecc.

Mentre i riformatori (→ Calvino, → Lutero) diffondevano i loro catechismi, uscirono anche quelli dell’ortodossia cattolica. Ma nessuno di essi sembrava rispondere al concetto pastorale spiegato sopra. Lo stesso Can., mentre insegnava all’università (!) di Ingolstadt (1549-1552), e nello stesso tempo faceva la C. ai fanciulli, sentì la mancanza di un libro che presentasse con precisione la dottrina cattolica. Un’opera del genere era vivamente desiderata da molti. Lo stesso re Ferdinando I d’Austria già dal 1551 insisteva presso i gesuiti di Vienna perché elaborassero un testo appropriato. Alla fine questo incarico venne affidato a Can., il quale potè così realizzare la sua idea. Il re aveva pensato a una specie di catechismo universale, adatto a tutti (dal predicatore alla gioventù); Can. invece scrisse anzitutto, e dapprima in forma anonima, la​​ Summa Doctrinae Christianae​​ (Wien 1555), per studenti e intellettuali con circa 220 domande e risposte. Poi fece seguire il​​ Catechismus Minimus​​ (Ingolstadt 1556) per fanciulli e analfabeti, con circa 50 domande e risposte. Infine (1558 o 1559) pubblicò a Colonia il​​ Parvus Catechismus Catholicorum,​​ per studenti del liceo classico, con circa 120 domande e risposte.

Seguendo modelli luterani, e direttamente ispirato da J. B. Romano SJ, Can. pubblicò pure le​​ Institutiones Christianae​​ (Antwerpen 1589): un catechismo costituito unicamente da immagini, generalmente accompagnate da un breve sottotitolo! I catechismi, e soprattutto il​​ Minimus,​​ furono tradotti immediatamente in tedesco, e ben presto in quasi tutte le lingue di allora.

Can. intese rivolgersi a determinati gruppi di destinatari sulla base dei presupposti di comprensione propri di ciascuno. Questo costituisce anche la sua originalità. Sotto l’ottica contenutistica, Can. è fortemente orientato alla tradizione e intimamente segnato dalla controversia teologica. Seguendo​​ Sir​​ 1,26, egli articola globalmente la materia secondo​​ sapientia​​ e​​ justitia.​​ Nella linea di → Agostino (De catechizandis rudibus; Enchiridion)​​ e di Tommaso d’Aquino (In duo praecepta caritatis et in decer» legis praecepta expositio, Prologus)​​ la​​ fede​​ (con la professione di fede), la​​ speranza​​ (con il Padre nostro e le preghiere), la​​ carità​​ (con il decalogo e i comandamenti della Chiesa) e i sacramenti vengono raggruppati sotto la​​ sapientia.​​ Sotto la​​ justitia​​ (buone opere!) — secondo la linea delle formule penitenziali del medioevo — vengono catalogati i peccati da evitare e le virtù da praticare.

L’insieme è teologicamente poco originale e rigidamente antiprotestantico, anche se non finisce direttamente nella polemica. Per es.,​​ accanto​​ alla S. Scrittura viene fortemente accentuata anche la tradizione della Chiesa, come pure la necessità delle buone opere; la dottrina sull’eucaristia consiste nell’istruzione circa la presenza reale, l’adorazione, il sacrificio, la comunione sotto una sola specie, l’accostarsi degnamente alla comunione. Can. cita volentieri (soprattutto nella​​ Summa) la Scrittura e gli antichi teologi (specialm. Agostino). Dopo il Concilio di Trento qualche volta i suoi catechismi imitano la struttura del →​​ Catechismo Romano​​ (fede, sacramenti, decalogo, Padre nostro), e in genere va ricordato che sia la loro forma che il loro contenuto presentano leggere varianti da una edizione all’altra.

Can. non riuscì a ottenere che il suo Catechismo maggiore fosse dichiarato il catechismo del Concilio di Trento. Ma i suoi catechismi, nonostante la concorrenza di altri scrittori della stessa Società di Gesù (in particolare → Auger, → Bellarmino), si diffusero molto rapidamente, perfino nei paesi di missione. Soprattutto nei paesi di lingua tedesca e nelle regioni asburgiche i catechismi di Can., attraverso molteplici rielaborazioni, hanno conservato fino al tempo dell’ → illuminismo una specie di monopolio, e si potevano ancora incontrare nel sec. XIX inoltrato. Si presume che fino al XVIII secolo siano stati i catechismi più largamente diffusi nella Chiesa.

Bibliografia

G.​​ Bellinger,​​ Der​​ Catechismus​​ Romanus und​​ die​​ Reformation,​​ Paderborn, 1970; O. Bkaunsberger,​​ Entstehung und erste Entwicklung der Katechismen des s. Petrus Canisius,​​ Freiburg, 1893; J. Brodrick,​​ S. Peters Canisius SJ, 1521-1597,​​ London, 1935;​​ E.​​ M. Buxbaum,​​ Petrus Canisius und die kirchliche Erneuerung des Herzogstums Bayern 1549-1556,​​ Roma, 1973; J.-C. Dhötel,​​ Les origines du​​ catechismo​​ moderne​​ d'après​​ les Premiers manuels​​ imprimés​​ en France,​​ Paris, 1966; F. J. Kötter,​​ Die Eucharistielehre in den katholischen Katechismen des 16. Jahrhunderts bis zum Erscheinen des Catechismus Romanus​​ (1566),​​ Münster Westf., 1969; Ch. Moufang,​​ Katholische Katechismen des 16. Jahrhunderts in deutscher Sprache,​​ Mainz, 1881; F. Streicher, 5.​​ Petri Canisii Doctoris Ecclesiae​​ Catechismi Latini et Germanici,​​ 2 t., Romae-Monachii, 1933-1936; F. X.​​ Thalhofer,​​ Entwicklung des​​ kath.​​ Katechismus​​ in​​ Deutschland von Canisius bis Deharbe,​​ Freiburg, 1899. -,​​ n

Eugen Paul

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CANISIO Pietro

capacità di SCELTA

 

SCELTA: capacità di

1. La capacità di s. consiste in una serie di operazioni mentali che il soggetto deve compiere per indicare una preferenza tra più opzioni. Essa presuppone la presenza di più alternative e l’assenza di vincoli tali da pregiudicare totalmente la facoltà di deliberare. È caratterizzata da una quota di rischio dovuta all’impossibilità di ponderare tutte le implicazioni. I termini s. e​​ ​​ decisione vengono spesso utilizzati in maniera intercambiabile. Alcuni autori invece distinguono la s., intesa come «elezione» di un’opzione tra più possibilità, dalla​​ decisione​​ come esclusione progressiva («tagliar via») delle alternative e come risoluzione finale che spinge all’azione (Khul).

2. I modelli teorici sulla s. si distinguono in normativi e descrittivi. I primi, elaborati principalmente in ambito matematico ed economico, intendono fornire strategie per giungere alla risoluzione più conveniente. I secondi, invece, si propongono di comprendere le «norme» di s. più frequenti. Tra questi ultimi citiamo il modello processuale «dell’immagine» (Beach, 1998), che descrive dettagliatamente due momenti della s. (generazione delle alternative e confronto tra le stesse). Esso considera un’ampia serie di fattori (cognitivi, emotivo-affettivi e contestuali). La capacità di s. prevede: processi induttivi e deduttivi; attenzione selettiva; memoria a breve termine; strategie elaborative e metacognitive; capacità critica; regolazione delle emozioni; tolleranza del rischio; stima di sé ed autoefficacia; motivazione; criteri etici di riferimento. Si tratta di fattori importanti da considerare nel momento in cui si intendano impostare interventi educativi di potenziamento.

Bibliografia

Beach L. R. (Ed.),​​ Image theory: theoretical and empirical foundations, Mahwah-London, Lawrence Erlbaum Associates Publishers, 1998; Howse R. B. - D. L. Best - E. R.​​ Stone,​​ Children’s decision making: the effects of training,​​ reinforcement,​​ and memory aids, in «Cognitive Development» 18 (2003) 247-268.

P. Ricchiardi​​ 

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