BELGIO

 

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I. Sviluppo della C. dal 1945 al 1985

1.​​ 1945-1964: abbandono della C. del catechismo per una C. nel segno della storia della salvezza.​​ Nel 1954 divenne obbligatorio per tutte le diocesi del Belgio un catechismo unitario. Doveva servire per l’insegnamento del catechismo ai fanciulli nelle scuole, come pure per la C. agli adulti nella chiesa. Già durante il tempo del Concilio Vaticano II andò in disuso: le formule neoscolastiche e l’inadeguatezza degli schemi didattici lo resero inutilizzabile. Le Suore di Vorselaer — che in Belgio e all’estero avevano avuto un grande influsso cat. nella prima metà del sec. XX — dopo la seconda guerra mondiale cercarono di impostare l’IR alla luce della storia della salvezza e in chiave kerygmatica. J. Vanwijnsberghe (Grondslagen van de​​ Vernieuwde Catechese​​ [Fondamenti della C. rinnovata]) elaborò la fondazione teorica di questa C. kerygmatica, accentuando fortemente l’iniziativa della salvezza da parte di Dio.

Con la scomparsa del catechismo dalle aule scolastiche si perdette la sintesi dottrinale nell’IR. Anche le tradizionali “bibbie scolastiche” o “storie sacre” andarono in disuso; questo condusse alla perdita di una sintesi biblica. Anche l’anno liturgico cessò di funzionare come principio ordinatore dell’IR, con la conseguente perdita della sintesi liturgica. Infine, non c’era più posto per una sintesi della storia della Chiesa. L’abbandono di questa quadruplice sintesi condusse all’introduzione di una nuova forma di sintesi, chiamata esistenziale: sintesi progettata a partire dall’esistenza concreta, personale e sociale degli stessi giovani e realizzata in vista della medesima. Il leitmotiv di questa C. divenne: illuminazione cristiana dell’esistenza.

2.​​ 1964-1970: C. esistenziale concepita come “creare gli spazi per diventare uomo alla luce della fede”. Nella seconda metà degli anni ’60 in Belgio l’influsso della teologia di D. Bonhoeffer, P. Tillich e R. Bultmann sulla C. era molto sentito, soprattutto attraverso la divulgazione del vescovo anglicano J. Robinson (Honest to God).​​ Nel metodo della → correlazione, difeso da E. Schillebeeckx, molti catecheti trovarono un sostegno per elaborare nuovi metodi cat. La realtà della vita non fu più soltanto punto di partenza per giungere poi all’essenziale, ma divenne tema centrale della C. sia a livello dei fanciulli che a livello degli adulti. Il catecheta aiutava giovani e adulti ad allargare le loro esperienze, in modo che dalla stessa → esperienza interiore potesse emergere il problema della verità incondizionata e divina. Nuovamente aperti e sensibili al problema religioso, essi divenivano capaci di scoprire e di riconoscere nel messaggio biblico le risposte alla loro problematica esistenziale. In altre parole, a partire dalla loro situazione personale riuscivano nuovamente a comprendere la Bibbia. Il catecheta era dunque alla ricerca di un qualche contesto umano in cui fosse significativo sollevare il discorso su Dio; egli cercava quel punto​​ nella​​ vita umana a partire dal quale si è in grado di comprendere ciò che i cristiani intendono con il nome “Dio”. Finché la gente non giunge a scorgere una correlazione o convergenza (è ovvio che non può trattarsi di identità) tra il messaggio cristiano e la lotta dell’uomo per una società più giusta e più amorevole, la fede appare irrilevante e non pertinente. Nel vol.​​ Ervaring en Catechese​​ (Esperienza e catechesi) di M. Van Caster S.J., uno fra i principali teorici postbellici della C. (scolastica) e di J. Le Du (catecheta parigino noto per la sua concezione della C. come realtà dinamica del gruppo) la tensione tra le due modalità di approccio era formulata nel seguente modo: “É possibile parlare di Dio senza parlare (molto) dell’uomo?”. La C. di una volta dava l’impressione che ciò fosse facilmente realizzabile. Dal lato opposto c’era la domanda: “È possibile parlare di Dio parlando soltanto (o in modo prevalente) dell’uomo?”. La C. del periodo 1964-1970 era alle prese con questo problema.

La nuova visione della C. fu descritta molto bene dalla Commissione Cat. per la Scuola Secondaria nel documento​​ Schoolcatechese in het secundair onderwijs​​ (1970), realizzato soprattutto per opera di F. Lefevre. Lo scopo della C. (scolastica) è definito così: “Creare spazi per diventare uomo alla luce della fede, interpretando la storia umana e orientandola secondo il dinamismo del “vangelo” di Gesù Cristo». L’accenno alla “storia umana” intese esplicitamente prevenire il possibile pericolo di una illuminazione cristiana dell’esistenza in chiave prevalentemente individualistica.

Per il lavoro parallelo della Commissione di lingua francese, il documento finale​​ Orientations fondamentales​​ fu redatto da R. Waelkens.

In questo periodo i catecheti che volevano spazio per una C. più pronunciatamente esistenziale e fortemente ricollegata con le esperienze dei giovani e degli adulti, cercarono aiuto soprattutto in una rinnovata visione teologica del rapporto “rivelazione-esperienza”.

3.​​ 1971-1978: rinnovamento didattico; l'idea di liberazione.​​ Dall’inizio degli anni ’70 emerge una cura particolare per il rinnovamento didattico della C. in generale e particolarmente della C. scolastica. Fu accentuata fortemente l’idea che l’IR nella scuola deve avere le caratteristiche di una vera materia scolastica. A questa preoccupazione venne incontro l’analisi didattica. Nel 1971 E. De Corte e J. Bulckens proposero per la prima volta in modo esplicito agli insegnanti di religione la problematica degli obiettivi.

Nel 1978 J. Lowyck e J. Bulckens iniziarono gli insegnanti di religione all’uso dei cosiddetti “concetti chiave” nell’insegnamento: attenzione particolare ai concetti teologici fondamentali di un determinato tema, cioè ai concetti centrali derivati dalle scienze teologiche, che attraverso il processo di apprendimento possono diventare visioni fondamentali degli allievi. L’insistenza su queste idee basilari era la conseguenza della constatazione che un numero sempre maggiore di giovani non disponevano più della indispensabile conoscenza teologica, e non erano più in grado di riflettere come credenti e in chiave teologica sulla loro vita personale e sulla vita sociale. Grazie all’applicazione dell’analisi didattica, molti sussidi cat. (per es. per la C. della confermazione, o per la C. degli adulti) presentarono strutture e contenuti più fondati.

Si divenne sempre più consapevoli che C. e IR non sono due realtà a sé stanti. Almeno in modo implicito, essi esprimono anche e inevitabilmente una determinata visione della società e della Chiesa. Il documento di Bled (Jugoslavia, 1977) in favore di una C. liberatrice ebbe un forte influsso su non pochi catecheti.

4.​​ 1978-1985: la C. ricupera la tradizione religiosa​​ (cristiana) come quadro di riferimento.​​ La cosiddetta C. esperienziale (→ esperienza) ha fatto immensi sforzi per riagganciare i giovani che vivono e crescono in un mondo secolarizzato e pluralista, cercando di renderli nuovamente sensibili alla realtà religiosa e biblica. Progressivamente si fece strada il convincimento che non bastano né l’atteggiamento di apertura dell’individuo, né un ambiente sociale favorevole alla realtà religiosa: ci vuole anche una sufficiente familiarità con la tradizione religiosa e cristiana, quale condizione necessaria per educare religiosamente giovani e adulti. Chi non ha sentito parlare di Dio non ne può neppure fare l’esperienza. Di conseguenza, dalla fine degli anni ’70 si è fatto sentire fortemente il bisogno di familiarizzare direttamente ed esplicitamente i catechizzandi con la tradizione cristiana.

Alcuni catecheti proposero una maggiore familiarità con i libri della Bibbia e con le tematiche bibliche; altri insistettero sulla necessità di una sintesi contemporanea della fede. I nuovi programmi per i giovani di 16-18 anni nelle Fiandre (1985) mirano precisamente ad offrire una salda sintesi della fede. J. Baers e E. Henau pubblicarono nel 1980 un poderoso volume sulla fede:​​ God is groter​​ (Dio è più grande). Il volume offre agli adulti una ricca documentazione sui principali punti della fede.

In un certo numero di scuole elementari di lingua francese si pratica negli ultimi anni la cosiddetta “rythmo-catéchèse”, ossia memorizzazione verbale ritmata di testi evangelici (Ch. Bailly). Nella regione di lingua francese del Belgio il metodo di lettura strutturale è già usuale in tutto l’insegnamento linguistico; si cerca perciò di applicarlo anche all’IR e soprattutto all’insegnamento della Bibbia (A. Fossion). Si ama anche molto lavorare con opere d’arte religiosa, analizzate con il metodo strutturale (A. Knockaert e Ch.​​ Van​​ der Plancke).

II. L’IR scolastico

1.​​ Scuola e religione.​​ Le reti scolastiche del Belgio sono due: quella cattolica e quella ufficiale (organizzata dallo Stato, dalla provincia o dal comune). Ambedue le reti hanno introdotto nel corso degli anni ’70 il modello di scuola secondaria rinnovata. Nel 1984 circa il 70% dei fanciulli e giovani fiamminghi frequentavano la scuola cattolica, e circa il 45% nella regione di lingua francese. In Belgio, circa il 60% di tutti gli allievi della scuola secondaria frequentano la scuola cattolica. Nella scuola secondaria cattolica gli allievi sono tenuti a frequentare due ore settimanali di IR. Nella scuola statale, dopo la promulgazione della legge scolastica del 1959, gli allievi possono scegliere tra religione (cattolica, protestante, ebraica, o islamica) e etica non confessionale.

Nella regione di lingua fiamminga circa il 50% degli allievi della scuola statale opta per il corso di religione; nella regione di lingua francese la percentuale è inferiore.

Nel 1975 il Consiglio Generale della scuola cattolica di lingua fiamminga e quello di lingua francese pubblicarono (con qualche differenza) una nota sulla specificità della scuola cattolica. Tale scuola, scelta per motivi diversi, offre a tutti un progetto educativo fondato su Gesù Cristo (A. Vergote). La scuola cattolica deve impegnarsi affinché l’intera vita scolastica, cioè scelta delle aree contenutistiche, impostazione didattica, preferenze sociali, modelli relazionali, sia “liberante” in senso cristiano. La Commissione interdiocesana per la pastorale della scuola e il Centro per una comunità scolastica cristiana (con sede a Lovanio) si impegnano molto attivamente per realizzare il nuovo stile della scuola cristiana postconciliare in collaborazione con tutti gli interessati.

2.​​ Nuovi programmi per l’IR.​​ A partire dal 1966 si pubblicarono i nuovi programmi per TIR nella scuola elementare. Attualmente questi programmi vengono revisionati. Nel 1971-1972 si pubblicarono nuovi programmi sperimentali per l’IR nella scuola secondaria. Dal 1976 al 1985 la Commissione Catechetica Fiamminga lavorò alla redazione definitiva di detti programmi. Nel 1982 la Commissione Catechetica di lingua francese pubblicò i programmi definitivi per l’IR; sono assai più concisi rispetto ai programmi fiamminghi.

Il titolo dei programmi del 1982 è:​​ Cours de religion catholique,​​ mentre i programmi sperimentali del 1972 portavano il titolo:​​ Programmo de catéchèse.​​ Il cambiamento di nome è significativo. Le finalità dell’IR scolastico sono distinte, anche se non separate, dalle finalità della C. ecclesiale. Il corso di IR scolastico non può e non deve assolvere tutte le funzioni che invece devono essere svolte dalle altre istanze cat. della Chiesa. L’aspetto specifico dell’IR scolastico, che cerca di realizzare finalità realistiche ma limitate, riguarda la cura dell’”intellectus fidei”, la comprensione della fede. Le istanze ecclesiali della C. curano in particolare la vita e la prassi della fede. Da alcuni anni si insiste per avere un nuovo programma per la formazione religiosa nelle scuole materne. Nel 1982 il Conseil Central de l’Enseignement Primaire Catholique pubblicò delle​​ Orientations​​ pédagogiques pour une école maternelle chrétienne.

Nella regione di lingua francese vi è una seria mancanza di insegnanti qualificati di religione. Nelle scuole secondarie cattoliche dal 50% al 75% degli insegnanti non sono specificamente qualificati. Nelle scuole statali al contrario l’IR è generalmente impartito da diplomati (2 anni; 3 anni a partire dal 1984) e da licenziati (4 anni) in scienze religiose. Una ventina di studenti si iscrivono ogni anno all’Institut Supérieur de Sciences​​ Religieuses​​ dell’Université Catholique de Louvain. Ogni diocesi di lingua francese dispone di una propria istituzione per la formazione degli insegnanti di religione delle scuole secondarie inferiori.

Nella regione di lingua fiamminga la situazione è assai più favorevole. Da una ricerca condotta da J. Dhooghe nel 1975 risultò che soltanto il 30% degli insegnanti di religione non aveva ricevuto una specifica formazione. Da oltre dieci anni le iscrizioni annuali presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Katholieke Universiteit Leuven contano un centinaio di laici (metà donne) per il corso di quattro anni, e a circa 45 per il corso biennale (3 anni a partire dal 1985). Anche presso l’università di Gent esiste un corso triennale per la formazione di insegnanti (diplomati) di religione.

Fra i numerosi istituti di formazione cat. del Belgio l’Institut International de Catéchèse et de Pastorale “→ Lumen Vitae” occupa un posto molto rilevante. Il corso intensivo annuale o biennale, soprattutto per sacerdoti, suore e laici del terzo mondo, offre una formazione cat. fondamentale.

3.​​ Finalità generale dell'IR nella scuola secondaria.​​ Abbiamo segnalato sopra in che modo nel 1970 la Commissione Catechetica di lingua fiamminga abbia circoscritta la finalità generale dell’IR. Nel 1977 la redazione del “Tijdschrift voor Catechese” propose la seguente determinazione delle finalità: “La C. scolastica mira alla “umanizzazione” personale dei giovani; perciò intende insegnar loro a confrontarsi con tutta la persona, in maniera sistematica e responsabile, con i veri problemi della vita e in modo particolare con il problema riguardante il senso globale dell’esistenza (problema del senso della vita), quali vengono posti e risolti nelle religioni (dimensione religiosa), e in modo particolare nella religione ebraico-cristiana (cristianesimo)”. Nei nuovi programmi per la 5a​​ e la 6​​ 3​​ classe delle scuole secondarie (1985) è accolta la seguente definizione: “L’IR mira all’integrazione dei valori vitali, alla maturità religiosa e all’impegno liberatore nel mondo; perciò, sulla falsariga di alcune condizioni umane fondamentali, esso studia, in stretto contatto con la vita, in modo strutturante, in dialogo con le altre religioni e visioni della vita, la visione cristiana di questi problemi​​ e​​ la prassi cristiana nei loro confronti”.

III. Catechesi ecclesiale

Il rinnovamento più significativo della C. ecclesiale riguarda la C. della confermazione per i ragazzi di 10-12 anni a livello parrocchiale, la pastorale dei fidanzati, la formazione catecumenale per i candidati al battesimo e alla confermazione (Anversa, Bruxelles, Liegi), spesso in vista di un matrimonio cristiano.

La → confermazione è generalmente celebrata a 12 anni. La C. parrocchiale in preparazione alla confermazione dura un anno, il più delle volte due anni. È impartita da molte migliaia di catechisti familiari, da animatori e animatrici dei movimenti giovanili; ha luogo nelle case private, oppure anche nei locali della parrocchia. Il parroco assiste i catechisti e organizza celebrazióni appropriate per i confermandi con i loro genitori. Sono disponibili diversi nuovi manuali per la preparazione alla confermazione. In alcune guide si trovano due elaborazioni intere per ogni incontro: la prima a livello del catechista per il suo approfondimento teologico e spirituale; la seconda con una serie di suggerimenti per lo svolgimento dell’incontro con i confermandi. In questo modo procedono di pari passo la C. dei ragazzi e quella degli adulti.

Le organizzazioni sociali cristiane, soprattutto quelle femminili, hanno molte iniziative per la formazione religiosa dei membri; a questo fine propongono una svariata offerta di conferenze, seminari di studio, riviste formative. L’impegno nel mondo è generalmente molto accentuato. Per quanto vi sia una intensa formazione cat. in diversissimi gruppi familiari, gruppi di discussione a livello parrocchiale, gruppi biblici, si sente fortemente il bisogno di una più sistematica C. degli adulti.

Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza che il gruppo primario per la formazione cat. è la famiglia. Attraverso la traduzione e l’adattamento del noto libro tedesco per una cultura cristiana della famiglia:​​ Durch​​ das Jahr,​​ durch​​ das​​ Leben​​ (1982), si spera di poter imprimere un nuovo slancio all’educazione religiosa nella famiglia, e per opera della famiglia. Questa iniziativa riprende la tradizione della “catéchèse familiale”, per la quale padre →​​ P.​​ Ranwez S.J. ebbe tanti meriti, specie con la sua pubblicazione:​​ Ensemble​​ vers​​ le​​ Seigneur.​​ La​​ formation religieuse en famille​​ (19643). Si​​ aspettano​​ anche​​ effetti salutari dall’uso giudizioso, nell’ambito familiare, di buone → bibbie per fanciulli. Buoni risultati sono stati ottenuti negli ultimi anni invitando i genitori a preparare personalmente i figli di 7-8 anni​​ (2a​​ elementare) alla celebrazione della prima comunione. A questo fine furono pubblicate guide appropriate (C. Brusselmans e H. Bracke).

Bibliografia

J. Baers – E. Henau,​​ God is groter. Werkboek​​ rond​​ geloven,​​ Tielt, 1980, 19853;​​ Ch. Bailly,​​ La​​ rythmo-catéchèse ou mémorisation​​ orale​​ rythmée​​ de​​ l’Évangile,​​ in “Lumen Vitae” 36 (1981) 359-376; J. Bulckens – E.​​ Van Waelderen,​​ Krijgen​​ onze​​ kinderen nog godsdienstles?,​​ Antwerpen, 1972; J. Bulckens,​​ Sviluppo dell’insegnamento religioso nelle scuole secondarie nel Belgio fiammingo,​​ in “Religione e Scuola» 10 (1982) 300-306; F. Lefevre,​​ La catechesi scolastica nel Belgio fiammingo: situazione, problemi, prospettive,​​ in “Orientamenti Pedagogici” 18 (1971) 516-537. Anche nel vol.​​ Scuola e religione,​​ vol.​​ 1:​​ Una ricerca internazionale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971, 57-82;​​ J.​​ Le​​ Du –​​ M.​​ Van​​ Caster,​​ Ervaring en​​ catechese,​​ Brugge, 1968;​​ J. Léonard,​​ Pour une​​ catéchèse​​ scolaire,​​ Namur, 1978;​​ Orientations pédagogiques. Pour une école maternelle chrétienne​​ (Enseignement National Catholique), Liège, 1982;​​ Schoolcatechese in het Secundair Onderwijs. Basisdocument in opdracht van het episcopaat,​​ Brussel, Licap, 1970; M. Simon,​​ Catéchèse «existentielle» ou catéchèse «culturelle». A propos du cours de religion catholique dans l'enseignement secondaire en Belgique francophone,​​ Louvain-la-Neuve, 1984; Ch. Van der Plancke,​​ Un nouveau programme de religion pour l’enseignement secondaire en Belgique francophone,​​ in “Lumen Vitae» 37 (1982) 445-449; A. Vergote,​​ Per​​ un​​ progetto educativo fondato​​ su​​ Gesù Cristo,​​ Leumann-Torino, LDC, 1981;​​ R. Waelkens,​​ Orientations fondamentales en vue de la composition du nouveau programme d’enseignement religieux,​​ Namur, 1969 (réédité sous le titre:​​ Introduction générale au programme du cours de religion catholique,​​ Bruxelles, Licap, 1982); Id.,​​ Belgio​​ (Vallonia),​​ nel​​ vol.​​ Scuola e religione,​​ vol. 1:​​ Una ricerca internazionale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971, 85-109.

Jef Bulckens

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BELLARMINO Roberto

 

BELLARMINO Roberto

1.​​ Vita.​​ Nato a Montepulciano (4-10-1542), morto a Roma (17-9-1621). Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1560. Frequentò il corso di filosofia a Roma. Insegnò lettere classiche a Firenze e Mondovì. Studiò teologia a Padova e a Lovanio. Insegnò teologia a Lovanio (1570-1576) fino al ritorno a Roma, dove fu professore di controversistica fino al 1586. Dopo aver svolto diverse funzioni nella Compagnia, Clemente VIII lo nominò cardinale (1599) e più tardi (1602) vescovo di Capua. Paolo V lo volle dispensare dalla residenza a Capua per averlo a disposizione a Roma, ma egli rinunciò alla diocesi. A Roma fu incaricato di diversi ministeri a difesa e a servizio della Chiesa, fino alla sua morte nel 1621.

2.​​ Catechismi.​​ Durante la docenza a Roma B. spiegò i misteri della fede ai fratelli coadiutori; gli appunti furono poi la base dei catechismi. Su richiesta del card. Tarugi e dietro intervento di Clemente VIII compose tre opere: 1)​​ Dottrina cristiana breve da impararsi a mente​​ (Roma 1597). L’opera è concentrata su due aspetti: la necessità di trasmettere la dottrina e la capacità dei destinatari. I destinatari sono fanciulli e persone semplici; l’opera è di una grande semplicità. B. divide la materia in 4 parti: Credo, preghiera, comandamenti, sacramenti (cambiando quindi l’ordine del →​​ Catechismo Romano)​​ e aggiunge alcuni aspetti complementari. Invita non solo al sapere, ma anche a mettere in pratica il sapere. I riferimenti alla morale sono scarsi. Insiste sull’integrità della fede, sulla necessità delle opere e sul carattere visibile della Chiesa; è polemico e difensivo. È un testo con 95 domande del maestro al discepolo. 2)​​ Dichiarazione più copiosa.​​ Il manoscritto aggiunge: “Per uso di quelli che l’insegnano a fanciulli et altre persone semplici, composta in forma de dialogo” (Roma 1598). I destinatari sono i catechisti. L’opera segue lo stesso ordine della​​ Dottrina,​​ giustificandolo nel seguente modo: Credo-fede; preghiera-speranza; comandamenti-carità; sacramenti-mezzi per acquisire la grazia. Vengono aggiunti due cap. preliminari. Gli ultimi cap. (X-XXII) trattano delle virtù, ecc. Le domande vengono fatte dall’allievo; le risposte vengono date dal maestro, il quale aggiunge spiegazioni ed esemplificazioni. Appare più pronunciato il carattere polemico, soprattutto a causa della maggiore estensione e dei destinatari per i quali scrive. 3)​​ Dichiarazione del Simbolo​​ (1604). Composto per offrire ai sacerdoti di Capua materiali utili per la loro predicazione; flagella la negligenza di coloro che non compiono il dovere di istruire gli altri; precisa che non è sufficiente la fede implicita. Espone dettagliatamente tutti gli articoli del Simbolo.

3.​​ Bellarmino non aveva preso conoscenza del catechismo di → Canisio nel momento in cui compose i suoi, che sono tipici catechismi del XVI sec. Sono rimasti in uso fino ai nostri giorni in quanto raccomandati da diversi papi. L’influsso di B. è stato determinante in Italia: oltre 400 edizioni e più di 60 traduzioni. M. Natili e il vescovo giansenista S. Ricci si opposero all’opera di B., il che aumentò ulteriormente la sua fama. Nel Vaticano I la​​ Dottrina​​ fu proposta come base dello​​ Schema de parvo catechismo.

Bibliografia

L. Bachelet, art.​​ Bellarmin,​​ in​​ Dici, de Tbéol. Cath.,​​ t. 3, Paris 1905, 560-599; R. Bellarmino,​​ Opera omnia,​​ vol. VI, Nespoli, J. Giuliano, 1862, 143-204; Io.,​​ Opera omnia,​​ 12 vol., Parisiis, 1870-1874; L. Csonka,​​ Storia della​​ C„ in P. Braido (ed.),​​ Educare,​​ vol. III, Zürich, PAS-Verlag, 1964J, 127-130; A.​​ Cuadrado,​​ La​​ instrucción​​ catequética​​ en​​ San Roberto Bellarmino,​​ Valladolid, 1945; F. Gusta,​​ Difesa del Catechismo del​​ ven.​​ Card. Bellarmino contro alcune imputazioni, che leggonsi in un catechismo stampato in Prato,​​ Ferrara, F. Pomatelli, 17892; G. Lazzati (a cura di),​​ R. Bellarmino. I catechismi. Dottrina cristiana breve e Dichiarazione della dottrina cristiana,​​ Milano, La Favilla, 1941; D.​​ Llórente,​​ Historia​​ de la​​ catcquesis,​​ in “Revista Catequística”​​ 15 (1924) 323-328; C. Sommervogel et al.,​​ Bibliothèque de la Compagnie de Jésus,​​ vol. I, Bruxelles-Paris, 1890, 1182-1208; vol. VIII, ivi 1898, 1798-1805, P. Tacchi Venturi,​​ Storia della Compagnia di Gesù in Italia,​​ 2 vol., Roma – Milano, Soc. Ed. Dante Alighieri – Civiltà Cattolica, 1910-1922.

Luis​​ Resines

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BELLARMINO Roberto

BELLEZZA

 

BELLEZZA

Il valore semantico del termine rinvia all’idea del «bello» che a sua volta implica concetti come «gusto», «canone estetico», «armonia», «opera d’arte», «natura», «cultura». Sia l’arte sia la natura riverberano la loro b.; essa possiede una propria «oggettività»; questa è tuttavia interpretata in ragione di codici – ovvero di sistemi di regole – che «soggettivamente» l’uomo acquisisce e matura attraverso un processo di etero- e auto-formazione.

1. Il contatto con le forme e i contenuti della b. presiede all’educazione estetica​​ (​​ educazione artistica) del soggetto, la cui formazione è interessata dalle esperienze del «bello» che egli porta a compimento nel suo rapporto con le arti figurative, la musica, la letteratura e la poesia, la scultura, la danza ma anche con il cinema, la fotografìa, il teatro, i media e nel contatto con la natura e il mondo della tecnica. L’elemento estetico – ha osservato​​ ​​ Dewey – armonizza la libertà dell’espressione individuale. Tale libertà conforma lo stato d’animo di chi, vivendo il «sentimento del bello», prova piacere. Da​​ ​​ Kant a​​ ​​ Tolstoj, il nesso fra b. e piacere estetico risalta evidente. Dalla classicità ad oggi, Venere permane il simbolo e il paradigma della b. e ciò poiché natura e arte vi si fondono in una rappresentazione del bello che le culture dell’umano vogliono sia esplicitata da una profonda e intima​​ unità.​​ S.​​ ​​ Agostino richiamando l’idea di b., rievoca l’equilibrio fra le parti grazie al quale un insieme diventa appunto «unità».

2. Evidente e amabile – così Platone la definisce nel​​ Fedro​​ –, la b. sottende una contemplazione amorosa e ideale del​​ bello​​ a cui non è estranea l’idea di​​ bene,​​ da Plotino investita del potere di fornire «la b. a ogni cosa». È per questo che Hegel attribuisce alla b. il compito di rendere «sensibile» l’Idea, cioè di avvalorare la rappresentazione reale di ciò che è spirituale. Quando a metà del Settecento A. G. Baumgarten scrive la prima​​ Aesthetica,​​ la b. o il bello vi dimorano quali rappresentazioni sensibili di ciò che è perfetto. Ad essa Kant collegò il concetto di sublimità (​​ stupore). In una certa misura, anche l’estetica crociana conferisce all’espressione​​ l’onere di simboleggiare la b. L’estetica del secondo Novecento, e in particolare la semiotica dell’arte, hanno messo a punto teorie della «generazione» e della «ricezione» del testo estetico in cui sono distinte e salvaguardate l’autonomia critica dell’artista e quella del destinatario fruitore dell’opera. Da entrambi si chiede siano rispettate l’identità e la diversità. Da ciascuno si desidera venga promossa e difesa l’originalità culturale nella «scrittura» o nella «lettura» dell’opera d’arte. Così, ogni educazione al bello invera una scuola di libertà, di eticità, di civicità.

3. Le prospettive pedagogiche procedono nella direzione di un’educazione estetica capace di vivificare quell’«armonia interiore» a cui le​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo​​ – stese da F. Schiller – fanno puntuale riferimento. La cultura estetica si salda, pertanto, alla cultura pedagogica, mentre l’idea di b. si approssima al discorso etico. Per questo L. Pareyson ha potuto scrivere che «solo l’educazione estetica è in grado di mediare il passaggio dall’uomo fisico all’uomo morale».

Bibliografia

Pareyson L.,​​ Estetica. Teoria della formatività,​​ Milano, Edizioni di Filosofia, 1954; Schiller F.,​​ Lettere sull’educazione estetica dell’uomo,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1970; Bertin G. M.,​​ L’ideale estetico, Ibid., 1974; Gennari M.,​​ L’educazione estetica,​​ Milano, Bompiani, 1994; Dewey J.,​​ Arte come esperienza e altri scritti,​​ trad. it. a cura di A. Granese, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1995, Eco U.,​​ Storia della b., Milano, Bompiani, 2004.

M. Gennari

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BELLEZZA

BELLO Andrés

 

BELLO Andrés

n. a Caracas nel 1781 - m. a Santiago del Cile nel 1865, letterato, giurista ed educatore venezuelano.

1. Vive in un periodo travagliato della storia del suo Paese. Dopo gli studi umanistici ottiene il grado di «Bachiller de Artes» presso l’università di Caracas. All’inizio della guerra dell’indipendenza del Venezuela (1810), B. fa parte della missione inviata in Inghilterra dal governo insurrezionale. Nel periodo londinese (1810-1829), alterna l’attività diplomatica con gli studi filosofici e letterari, prendendo contatto con la cultura europea. Fonda le riviste «La Biblioteca Americana» e «El Repertorio Americano». Nel 1829 si stabilisce in Cile e collabora al progetto di riforma dell’​​ ​​ Università, di cui diviene rettore (1843-1865). Oltre alla celebre​​ Gramática castellana​​ (1847), vanno ricordati altri saggi:​​ Escuelas dominicales y de adultos​​ (1831),​​ De la enseñanza secundaria y de la profesional y científica​​ (1832),​​ Educación popular​​ (1843),​​ Estudios universitarios​​ (1853).

2. Per B., l’educazione popolare costituisce la base di ogni progresso sociale e il fondamento irrinunciabile delle istituzioni repubblicane. Da tale presupposto scaturisce l’urgenza di scuole che siano «focolari di cultura», con «buoni maestri» e «buoni metodi». In stretto rapporto con questa urgenza si colloca l’Università, concepita non come un «centro asettico di studi astratti», ma come un luogo di studio critico e di ricerca «utile», che formi persone capaci di «pensare da sé» e promuova il progresso sociale della nazione. Per la sua instancabile opera di diffusione dell’educazione, B. è stato chiamato «liberatore intellettuale dell’​​ ​​ America Latina», «educatore del Continente» e «il più grande umanista di Iberoamérica».

Bibliografia

Torzan-Dager S.T., «A.B. y la pedagogía», in​​ Cuarto libro de la Semana de B. en Caracas,​​ Caracas, Ministerio de Educación, 1955; Prellezo J. M.,​​ A.B. en el bicentenario de su nacimiento (1781-1981),​​ in «Orientamenti Pedagogici» 28 (1981) 1037-1049; Seminario di​​ studi​​ latinoamericani (Ed.),​​ Il pensiero pedagogico di B.,​​ Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1981;​​ Bocaz L.,​​ A.B.​​ Una biografía cultural, Bogotá, Convenio Andrés Bello, 2000.

J. M. Prellezo

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BELLO Andrés

BENESSERE

 

BENESSERE

Stato armonico di salute psicofisica, garantito da un ottimo livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti.

1. Dal punto di vista sociale, il b. è associato a un livello economico di agiatezza, caratteristico soprattutto dei Paesi del primo e del secondo mondo e delle classi elevate all’interno del terzo mondo, da cui deriva la soddisfazione di tutte le esigenze personali, familiari e istituzionali. Nella prospettiva della dottrina sociale, lo​​ ​​ Stato sociale o del b. garantisce a ogni cittadino il rispetto, la salvaguardia e la promozione dei suoi propri diritti attraverso lo stanziamento di opportune somme di danaro pubblico e l’offerta di adeguate strutture di assistenza o di servizi di soddisfacimento dei bisogni vitali individuali, familiari, di gruppo, collettivi.

2. Dal punto di vista fisico, il b. rappresenta uno stato ottimale di salute dovuto a una buona funzionalità organica. Perché ciò si verifichi, è indispensabile che il soggetto abbia la possibilità di muoversi senza bisogno di appoggi e senza essere impedito da ostacoli insormontabili, di essere protetto da eventuali rischi e pericoli, di disporre di mezzi clinici e terapeutici in caso di improvviso malessere, di poter usufruire delle necessarie ore di sonno e di una sufficiente quantità di cibo.

3. Dal punto di vista psicologico, il b. costituisce uno stato interiore di equilibrio e di serenità, di vigore e di rilassamento, grazie al quale il soggetto è in grado di far fronte alle frustrazioni inevitabili della vita quotidiana e alla stanchezza che le accompagna, riuscendo, allo stesso tempo, a prendere delle decisioni impegnative, valutandone la portata e sapendole inserire nel flusso generale dell’esistenza. Così inteso, il b. non esclude le tensioni che il soggetto vive a motivo del processo di crescita personale cui è sottoposto oppure del tessuto relazionale in cui agisce, ma fa leva proprio sulla loro complessa interazione, nella certezza che non si è mai soli, che si è legati a un patrimonio culturale racchiuso nel passato e pur sempre vivo nel presente, che si hanno sempre delle possibilità e delle potenzialità da realizzare nel futuro.

Bibliografia

Fromm E.,​​ I​​ cosiddetti sani,​​ Milano, Mondadori, 1996; Fizzotti E. (Ed.),​​ Nuovi orizzonti di b. esistenziale. Il contributo della logoterapia di V.E. Frankl, Roma, LAS, 2005; Fata A.,​​ Armonia b. felicità, Cagliari, Punto di Fuga, 2005; Layard R.,​​ Felicità. La nuova scienza del b. comune, Milano, Rizzoli, 2005; Marocco Muttini C.,​​ Educazione e b. in adolescenza, Torino, UTET Università, 2006; Venuto P.,​​ Com’è straordinaria la vita! Piccolo dizionario del b., Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2006; Rychen D. E. - L. H. Salganik,​​ Agire le competenze chiave. Scenari e strategie per il b. consapevole, Milano, Angeli, 2007.

E. Fizzotti

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BENESSERE

BERTIN Giovanni Maria

 

BERTIN Giovanni Maria

n. a Mirano-Venezia nel 1912 - m. a Bologna nel 2002, pedagogista italiano.

1. Nato a Mirano (Ve) e formatosi alla scuola milanese del razionalismo critico di Antonio Banfi, per trent’anni ha svolto la sua attività di ricerca e di docenza presso l’Università di Bologna dove è stato il primo preside della facoltà di Magistero (dal 58 al 69).

2. Maestro di molte generazioni di educatori, insegnanti e ricercatori, ha orientato i suoi studi e la sua riflessione in una pluralità di direzioni, dall’estetica al misticismo religioso, dalla letteratura alla filosofia considerandone le implicazioni e le ricadute in relazione al suo ambito di ricerca privilegiato: la filosofia dell’educazione. La prospettiva che ha elaborato – il problematicismo pedagogico – si caratterizza per il rigore antidogmatico e per il richiamo a un incessante esercizio critico volti a decifrare la complessità dell’esperienza educativa (relazione fra educatore e soggetto educativo, direzioni e obiettivi educativi, metodologie per realizzarli), nonché della problematicità che la connota, al suo interno e come condizionamento da parte del contesto socioculturale. Il percorso di superamento della problematicità viene proposto in direzione di «ragione», intesa come istanza regolativa di integrazione reciproca dei diversi tasselli che costituiscono l’esperienza, anche di quelli che appaiono più distanti, conflittuali, antinomici. Tale ragione, definita «proteiforme», si pone in termini di mescolanza fra intelligenza e affettività, immaginazione e impegno etico, e prefigura un modello di soggetto teso a progettare e costruire la propria esistenza nell’orizzonte del possibile e della differenza, scegliendo l’«inattuale» e osando l’utopico.

Bibliografia

a)​​ Fonti. Tra le opere più significative di B.:​​ Etica e pedagogia dell’impegno, Milano, Marzorati, 1953;​​ Educazione alla ragione, Roma, Armando,​​ 1968;​​ Crisi educativa e coscienza pedagogica,​​ Ibid.,​​ 1971;​​ Costruire l’esistenza​​ (in coll. con M. Contini), Ibid., 1983;​​ Ragione proteiforme e demonismo educativo,​​ Firenze, La Nuova Italia,​​ 1987. b) Studi: Contini M. (Ed.),​​ Tra impegno e utopia. Ricordando G.M.B., Bologna, CLUEB, 2005.

M. Contini

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BERTIN Giovanni Maria

BERTOLDI Franco

 

BERTOLDI Franco

n. a San Candido (Bz), il 15 dic. 1920 - m. a Trento il 21 marzo 2005, pedagogista e didatta di ispirazione personalistico-cristiana.

1. Maestro elementare, insegnante di tedesco e di diritto nella secondaria, pubblicista di quotidiani locali e nazionali («Il Sole 24 Ore»), libero docente e poi ordinario di pedagogia e didattica, ha insegnato a Roma-La Sapienza, alla Cattolica di Milano e di Brescia e a Trento, dove fondò il Seminario permanente di pedagogia e l’Osservatorio sulla didattica.

2. La sua esistenza e l’essere stato allievo di N. Bobbio, con cui si laureò a Padova, lo rese attento ai rapporti tra scuola, economia e vita sociale. L’incontro e la guida di A.​​ ​​ Agazzi gli diede chiarezza teorica e solidità pedagogica, ponendolo in primo piano tra i pedagogisti personalisti-cattolici, in consonanza con l’adesione alla fede cattolica, quasi da «convertito», maturata agli inizi degli anni ’50. Le stimolazioni della «teoria dei sistemi» e della logica formale contribuirono a dare rigorosità e sistematicità alla sua indagine sull’azione didattica, al suo insegnamento e pratica della sperimentazione didattica, alla promozione dell’educazione a distanza e nella formazione degli insegnanti. Le sue esigenze personalissime di verità e di razionalità lo portarono a tematizzare la qualità della «certezza pedagogica» e il senso dell’«intenzionalità pedagogica». Negli ultimi anni si dedicò all’«orientamento di personalità», alla formazione «fra» adulti, alla istituzionalizzazione di «centri di cultura», per la promozione della cultura locale (in cui inserì un sapienziale recupero della cultura cristiana) e a iniziative di cooperazione internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Trattato di didattica, 2 voll., Bergamo, Minerva Italica, 1978-’79;​​ Critica della certezza pedagogica, Roma, Armando, 1981. b)​​ Studi: Bombardelli O.,​​ Problemi dell’educazione alle soglie del duemila. Scritti in onore di F.B., Trento, Dipart. di Scienze Filologiche e Storiche, 1995.

C. Nanni

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BERTOLDI Franco

BERTOLINI Piero

 

BERTOLINI Piero

n. a Torino nel 1931 - m. a Bologna nel 2006, pedagogista italiano.

1. All’Università di Pavia, dove si laurea in Filosofia, è allievo di Enzo Paci che lo introduce alla fenomenologia husserliana. Sarà un’esperienza decisiva per B., sul piano personale e professionale, caratterizzando il suo futuro orientamento scientifico, teso alla costruzione di una pedagogia come scienza fenomenologica.

2. B. unisce alle istanze della ricerca teoretica, quelle della pratica educativa, affermando la necessità continua di interazione fra l’esperienza educativa e la riflessione su di essa. Su tale principio costruisce il concetto di «competenza pedagogica» e di «intenzionalità» in campo pedagogico. Prima lo scoutismo, poi (1958-’68) la direzione del carcere minorile «Cesare Beccaria» di Milano, sono i campi d’esperienza da cui B. ha tratto gli elementi fondamentali per la sua elaborazione pedagogica.

3. È stato promotore di una ricerca pedagogica soprattutto in tre direzioni: la dimensione epistemologica aperta al dialogo con le altre scienze; l’attenzione alle realtà educative del territorio e alle sue istituzioni; la centralità della comunicazione educativa e del ruolo che svolgono i media. Nel 1973 fonda la rivista «Infanzia». Alla fine degli anni ’80 dà vita al Centro Studi di Pedagogia fenomenologica «Encyclopaideia» (e alla rivista omonima) a cui partecipano studiosi universitari e non, e che diventa un indirizzo scientifico-culturale nell’ambito della pedagogia italiana, con collegamenti a livello internazionale.

Bibliografia

a)​​ Fonti: B. P.,​​ Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965; Id.,​​ L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1988; Id.,​​ Ad armi pari. La pedagogia a confronto con le altre scienze sociali, Torino, UTET, 2005. b)​​ Studi: Dallari M. - M. Tarozzi (Edd.),​​ Dialoghi con P.B., Torino, Thélème, 2001; Tarozzi M. (Ed.),​​ Direzioni di senso. Studi in onore di P. B., Bologna, CLUEB, 2006.

R. Farné

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BERTOLINI Piero

BETTELHEIM Bruno

 

BETTELHEIM Bruno

n. a Vienna nel 1903 - m. a Silver Spring, Maryland, nel 1990, psichiatra e psicoanalista austriaco.

Acquisita la sua formazione psicoanalitica a Vienna, dopo essere stato internato per motivi razziali per un anno nei campi di concentramento di Dachau e di Buchenwald, B. nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti. B. si rifà alla psicologia dell’Io integrato dai contributi di​​ ​​ Dewey e dalla psicologia cognitiva di​​ ​​ Piaget. Il suo nome è particolarmente legato alla famosa​​ Sonia Shankman Orthogenic School​​ dell’Università di Chicago per bambini autistici, da lui diretta per quasi trent’anni. Secondo B. la causa del ritiro autistico risiede nell’interpretazione corretta da parte del bambino dell’atteggiamento negativo con cui gli si accostano le figure significative del suo ambiente. Stante il suo radicale egocentrismo, il bambino finisce poi per attribuire a se stesso gli eventi distruttivi provocati dall’esterno. Ciò determina in lui una​​ situazione estrema,​​ caratterizzata dalla perdita della speranza e del senso della vita, dal momento che qualsiasi cosa egli faccia finisce sempre per essere da lui percepita come fonte di distruzione per sé e per gli altri. Secondo B., stante alla base un rapporto distorto con i genitori, è necessario togliere il bambino autistico dal suo ambiente familiare e collocarlo entro un’istituzione globale, in cui possa vivere un’esperienza emotiva in grado di attenuare gradualmente le sue fantasie distruttive. Attualmente tale modello terapeutico appare superato.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ opere di B. tradotte in it.:​​ Il prezzo della vita,​​ Milano, Adelphi, 1965;​​ L’amore non basta,​​ Milano, Ferro, 1967;​​ I figli del sogno,​​ Milano, Mondadori, 1969;​​ Le ferite simboliche,​​ Firenze, Sansoni, 1973;​​ La fortezza vuota,​​ Milano, Garzanti, 1976;​​ Il mondo incantato. Uso,​​ importanza e significati psicoanalitici delle fiabe,​​ Milano, Feltrinelli, 1977;​​ Sopravvivere,​​ Ibid., 1981;​​ Un genitore quasi perfetto,​​ Ibid., 1987;​​ Il cuore vigile. Autonomia individuale e società di massa, Milano, Adelphi, 1998. b)​​ Studi:​​ Fratini C.,​​ B.B. Tra psicoanalisi e pedagogia, Napoli, Liguori, 1993; Sutton M.,​​ B.B. Una vita, Firenze, Le Lettere, 1997.

V. L. Castellazzi

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BETTELHEIM Bruno
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