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Mezzi audiovisivi e linguaggio audiovisivo.​​ Il tema AV e C. può essere studiato da due punti di vista: parlando della C. che viene aiutata e stimolata dai​​ mezzi AV,​​ oppure parlando dei metodi, del linguaggio e dei processi cat. che vengono messi in causa e​​ modificati dal linguaggio e dalla civiltà AV.​​ Nel primo caso la C. tradizionale praticamente non viene toccata nei suoi processi e nelle sue formulazioni. Nel secondo caso si parte dall’uomo che vive oggi e che guarda la TV da due a cinque ore al giorno. Prendendo atto di questa situazione, si cerca di definire un complesso insieme di forme e di condizioni che permettano alla Parola di Dio di incarnarsi nel nostro tempo. Nel primo caso l’accento è messo sulle tecniche e sui mezzi AV. Nel secondo caso l’accento è messo sul linguaggio, sui processi, sugli orientamenti da dare al messaggio.

I. I MEZZI AV AL SERVIZIO DELLA C.

Valore dei mezzi AV.​​ I catechisti, gli animatori religiosi provengono tutti dalla civiltà del libro, chiamata civiltà di Gutenberg. Comunicare la fede significa anzitutto farla comprendere, far apprendere e praticare il catechismo. In questa ipotesi non stupisce che l’AV sia considerato anzitutto come un mezzo al servizio del catechismo, oppure — se si preferisce — come un mezzo per facilitare la dottrina della fede rendendola più attraente, comprensibile, più facile da memorizzare.

L’esperienza con gli AV tra gli anni 1960-1980 ha messo in luce tre cose:

1)​​ Non conviene che i catechisti saltino la tappa dei mezzi AV: per “gente del libro” questa tappa costituisce generalmente un passaggio obbligatorio prima di entrare nella tappa del linguaggio.

2)​​ In questa tappa è essenziale che vi siano corsi di formazione in cui i catechisti possano comprendere la specificità del linguaggio AV, le sue caratteristiche e i processi che gli sono propri. Altrimenti l’AV diventa un aggeggio insignificante e — cosa più grave — non si passerà mai alla tappa del linguaggio e alla comprensione del nostro tempo.

3)​​ L’AV, considerato come mezzo al servizio di un messaggio che deve essere trasmesso, conserva tutto il suo valore. Utilizzare le diapositive, la musica, la grafica, il video per far comprendere un messaggio intellettuale è una via efficace e gratificante. L’AV non è una persona né un linguaggio: è semplicemente il linguaggio delle persone. Perché dunque rifiutarlo come mezzo o rifiutare di adattarlo allo sviluppo delle persone?

Ecco una tabella che permette di comprendere e di valutare i mezzi AV in riferimento ai metodi più generalmente utilizzati in C.

I due versanti dei mezzi AV.​​ Con mezzi AV s’intende un insieme di strumenti pedagogici che utilizzano l’immagine, il suono, o qualche combinazione di questi due elementi con la parola, al servizio di un messaggio o di un insegnamento da trasmettere. Come si è detto, i mezzi AV sono caratterizzati dal fatto che sono al servizio di una idea da trasmettere: il più delle volte quindi si situano tra due linguaggi, quello di Gutenberg e quello dell’AV. Da Gutenberg prendono la chiarezza, il carattere chiuso e definito della parola, che sono necessari per la trasmissione di un’idea. Dall’AV prendono la forza d’appello, il carattere suggestivo e attraente che sono propri dell’immagine e necessari perché l’idea abbia impatto. A seconda che si simpatizza per Gutenberg o per l’AV, ci saranno due tipi di mezzi AV: uno maggiormente didattico, e un altro più simbolico. Questa distinzione è capitale e relativamente indipendente dai mezzi che vengono adoperati, per es., in video si può avere un documentario didattico come pure un videoclip immaginario. Gli ingredienti di base sono gli stessi; però che differenza di sceneggiatura, di montaggio, di base sonora e di missaggio!

Senza dubbio, più si usa l’AV per un fine didattico, più si avrà un montaggio oggettivo, una logica lineare, un rigore nel significato delle immagini. Al contrario, nella misura in cui la C. vuol essere maggiormente missionaria — informazione e appello alla conversione — l’AV sarà più simbolico, suggestivo e globale. Nel primo caso, come per Gutenberg, si potrebbe dire che il messaggio è nel discorso. Nel secondo caso, secondo l’affermazione di McLuhan, si dovrà dire che “il messaggio è nell’effetto che viene prodotto”. Questi sono i due grandi versanti dell’AV: la didattica e il simbolo; versanti che non vanno contrapposti, ma utilizzati in maniera complementare.

Quali mezzi?​​ I mezzi elettronici maggiormente utilizzati in C. sono: — immagini e diapositive; — cassette, dischi (musica, canti, interviste, prosa, ecc.); — filmina; — montaggio AV (missaggio di suono-parola e immagini, spesso sincronizzati per essere proiettati automaticamente sullo schermo: durata media da sette a venti minuti); — film lungometraggio (generalmente copia di grandi film) o film pedagogici (durata: da dieci a trenta minuti); — video: per ragioni di comodità l’insieme della produzione di film educativi e religiosi passa attualmente in videocassetta (1/2 pollice); — videotex (o teletex): su richiesta, presenta sullo schermo ordinario dell’apparecchio TV informazioni sotto forma di testi, grafici o immagini semplificate. Per es., Bertrand Quellet, addetto all’ufficio Comunicazioni sociali di Montreal, ha creato una C. del battesimo che gli abbonati alla TV via cavo possono richiedere a piacimento sul loro schermo. Il programma procede per mezzo di domande-risposte e testi chiave.

Il montaggio AV ha avuto la sua ondata di popolarità. Attualmente, a partire dal 1982, è in declino in molti paesi, a favore di mezzi più costosi, ma di più facile impiego, quali le videocassette.

Recentemente sono stati considerati mezzo AV, in un senso esteso, alcuni mezzi non elettronici, tradizionalmente impiegati per trasmettere un messaggio o accompagnare un’azione: le marionette, la danza o F → espressione corporale, le maschere, il mimo, il teatro, antichi strumenti musicali, ecc. Questa estensione al non elettronico mette in luce che i modi tradizionali del terzo mondo erano già fondamentalmente AV per mezzo del ritmo, la gesticolazione, il missaggio, l’accompagnamento sonoro, l’appello ai sensi, e soprattutto la sceneggiatura di tipo storico e drammatico. Ciò nonostante l’apparizione dell’elettronico modifica profondamente l’AV di base, facendolo passare dall’artigianato alla professionalità, dalla tradizione alla cultura di massa, dalla ripetizione viva alla standardizzazione. E oltretutto amplifica l’impatto emotivo e sensoriale.

Metodi.​​ Si possono distinguere tre grandi metodi:

1)​​ I metodi tradizionali:​​ il documento AV è utilizzato in tre modi:

— per​​ illustrare​​ una lezione di catechismo: l’AV rinforza il testo, lo illustra, lo spiega, lo verifica, lo fa memorizzare;

— per​​ motivare​​ in anticipo la lezione di catechismo: con il loro impatto emotivo molte immagini AV svolgono il ruolo di “starter”; — per​​ interiorizzare​​ una lezione di C. Un canto, un pezzo di musica possono approfondire e personalizzare una C.

2)​​ 1 metodi attivi​​ (→ attivismo): invece di essere un prodotto che viene guardato, l’AV diventa qui un prodotto che viene creato in gruppo. Soprattutto per adolescenti e giovani il miglior modo per coinvolgerli nella C. è sovente la realizzazione di un montaggio, di un poster, eoe.: per es., montaggio sulle beatitudini, sulle parabole, sulla morte...

Questi metodi richiedono animatori con una ottima formazione AV e una grande disponibilità di tempo. Non è il caso di utilizzarli a scuola nello spazio tra una lezione e l’altra. Vantaggi di tali metodi sono: la scoperta personale del messaggio cristiano e la vita di gruppo legata alla fede.

3)​​ →​​ Metodi di gruppo.​​ Nell’atto della sua creazione il Dipartimento AV della Coni, episc. spagnola ricevette il seguente mandato: la pastorale della Chiesa spagnola deve fare sì che i cristiani passino da un cristianesimo di massa a un cristianesimo di comunità basato sulla partecipazione personale: l’AV deve essere considerato come mezzo privilegiato per realizzare questo fine. Di conseguenza si è cercato di sfruttare tutte le possibilità dei mezzi AV per creare il gruppo, aiutarlo a esprimersi e a comunicare. Il termine mezzi di gruppo o group-media, nato attorno agli anni ’75-’8O, indica tutti i mezzi leggeri atti a catalizzare, sulla base delle loro qualità intrinseche (sceneggiatura, ecc.) e dei metodi adoperati, uno scambio o una ricerca di gruppo. In questa linea si può citare il fotolinguaggio, usato nelle più svariate culture dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia: ciò che conta non è tanto l’affermazione di una dottrina quanto il processo di gruppo per entrare nella verità. Manuel Olivera, uno dei leaders latino-americani dei mezzi di gruppo, ha sottolineato che una delle caratteristiche di questi mezzi (per es. montaggi AV) è l’aspetto ambiguo e suggestivo del messaggio: sotto lo choc di un montaggio il gruppo può reagire, mettersi in ricerca, discutere.

Importanza del catechista e della sua formazione.​​ I mezzi AV, come si è potuto constatare, indicano nello stesso tempo prodotti e metodi, essendo inseparabili i due aspetti. A seconda delle culture, dei bisogni delle Chiese, dei gruppi e dei diversi tipi di educatori, prodotti e metodi possono variare all’infinito. In definitiva, il cardine di tutto è la personalità del → catechista e il tipo di formazione AV che ha ricevuto.

II. Il linguaggio AV​​ per l’espressione della fede

Caratteristiche del linguaggio​​ AV. Dal punto di vista materiale, come indica il nome, l’AV è un linguaggio caratterizzato dal missaggio unificato delle caratteristiche del suono, della parola e dell’immagine, grazie alle risorse dell’elettronica.

Chi dice → linguaggio dice anche cultura e civiltà. In un senso ampio e nobile, l’AV è assai più che una maniera di parlare: esso indica un modo particolare di accostarsi alla realtà, vale a dire nuovi modi di comprendere, di pregare, di fare politica, in una parola un nuovo stile di vita e di società. È in questo senso che pensatori e giornalisti parlano della “rivoluzione AV”, dell’”uomo AV”, della “civiltà AV”. L’AV inteso come linguaggio e civiltà determina un particolare tipo di comunicazione della fede, esattamente come nel passato l’invenzione della stampa ha determinato un tipo di C. particolarmente incentrato sul catechismo.

La questione del linguaggio AV è la seguente: in che modo la gente immersa nell’ambiente elettronico AV permanente — dalla pubblicità nelle strade alla TV, dalle macchine programmate al transistor incollato all’orecchio — è disposta a ricevere o a rifiutare la fede. Non si tratta di ampliare la forza della dottrina della fede ricorrendo ai media; si tratta invece di presentare la fede in funzione dei nuovi modi di percezione e di desiderio sentiti dai nostri contemporanei.

Le caratteristiche più rilevanti di questo linguaggio e delle nuove modalità di comprendere sono le seguenti:

— “La prima cosa è sentire”. Il linguaggio AV provoca un forte impatto sensoriale. È attraverso l’emozione che si passa all’idea, dice il realizzatore Claude Santelli.

— Eccitazione dell’immaginario: la violenza delle immagini e dei suoni determina una specie di scombussolamento dell’immaginario, il che permette agli archetipi e alle grandi immagini religiose e pagane, che dormono nello stato profondo dell’uomo, di emergere. — → Drammatizzazione. Saper scrivere un giornale significa saper drammatizzare, mettere in evidenza le realtà, opporle, renderle sensazionali, anzi anormali.

— L’istantaneità: è proprio del linguaggio AV distruggere ogni fedeltà lineare e sostituire la tradizione con la presenza istantanea. Basta analizzare le informazioni TV per rendersi conto che la logica letteraria e deduttiva è sostituita da una logica simbolica ed esperienziale: ciò che conta è catturare lo spettatore e metterlo “in”.

— La mescolanza interculturale. Riducendo le distanze del tempo e dello spazio, l’AV spezza le frontiere. Le onde elettromagnetiche saltano i muri: i satelliti coprono rapidamente la terra. Le tradizioni secolari sono scombussolate. Una volta erano proprio queste tradizioni che educavano e proteggevano le nostre culture.

Conseguenze per la C.​​ Lentamente si sta elaborando una nuova civiltà. Quali conseguenze si possono prevedere per la C.? Nuovi modi di comprendere e di vivere la fede richiedono nuovi accenti nella ped. cristiana. Si possono segnalare tre orientamenti:

1)​​ Riguardo al linguaggio.​​ Al fanciullo che guarda da tre a cinque ore al giorno la TV non si può più parlare come si parlava nella scuola all’inizio del secolo. È indispensabile impregnarsi delle caratteristiche proprie del linguaggio AV: priorità al narrativo, al simbolico e allo stile drammatico. Basare l’esposizione sulla storia, sulle testimonianze, sulle esperienze, sulle parabole. È importante che i catechisti siano “attori” capaci di coinvolgere affettivamente gli uditori. San Giovanni ha dato una definizione della C. AV: essa comunica “ciò che abbiamo ascoltato, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo palpato riguardante il Verbo di vita” (1 Gv​​ 1,1). È una C. che ha la sua sorgente nella esperienza spirituale: questa esperienza può tradursi, senza menzogna, in immagini, colori e suoni.

2)​​ Riguardo ai metodi e ai processi.

— Importanza della “via simbolica”. Giovanni Paolo II, parlando dei → “luoghi, momenti o riunioni che si devono valorizzare per la C.”, cita in primo luogo i pellegrinaggi (CT 47). Il → pellegrinaggio è senza dubbio il miglior esempio di C. AV, un processo che può essere chiamato “la via simbolica”. Essa si caratterizza per mezzo di un insegnamento che è strettamente dipendente da una esperienza simbolica e si espande nella comunicazione comunitaria e nell’espressione liturgica.

— Importanza dell’educazione del sentimento religioso.​​ Eccitato dal turbine moderno di immagini e di suoni, il sentimento religioso naturale non può essere messo tra parentesi. Al contrario, lo si considera come un punto di partenza per la fede, però alla condizione assoluta di educarlo.

Valorizzazione della vita spirituale​​ come sorgente e dimensione permanente della C.: liturgia, tempi fotti di spiritualità, rituali familiari, ecc. Si ritrovano qui in qualche modo gli schemi del catecumenato antico.

3)​​ Riguardo al messaggio.​​ Noi entriamo nell’era dell’informazione: la sfida centrale di quest’era è la → comunicazione. È importante che il messaggio della fede, la dottrina e la morale siano presentati come espressione e condizioni di questa suprema comunicazione che è la → Alleanza. Entrare nella fede significa: ricevere il dono dell’Alleanza con Dio; essere messi in condizione di costruire l’Alleanza tra gli uomini.

La C. “stereo”. L’AV ci induce generalmente a privilegiare un versante della conoscenza, quello cioè legato alle caratteristiche dell’emisfero destro del cervello: la conoscenza intuitiva, globale, artistica; la conoscenza per mezzo dell’esperienza intima, la conoscenza per mezzo del sapore e del piacere, la conoscenza per mezzo della corrispondenza tra gli archetipi svegliati e la risposta dogmatica.

Sarebbe estremamente nocivo per l’uomo e per la Chiesa se la C. si riducesse al linguaggio AV. Abbandonare la precisione del linguaggio, il rigore e la concatenazione lineare delle parole; abbandonare l’analisi, lo spirito di astrazione e di sintesi significherebbe abbandonare una delle maggiori conquiste storiche dell’umanità. Perciò dobbiamo parlare di​​ stereo:​​ la fede deve essere comunicata attraverso due canali, vale a dire per mezzo di due linguaggi distinti, ciascuno dei quali ha le proprie esigenze, i propri processi, i propri luoghi e tempi. Il linguaggio didattico è non meno necessario che il linguaggio simbolico, quando si tratta di costruire l’unità della Chiesa e di formare un cristiano libero. In risposta però al nostro tempo, diamo una priorità al linguaggio simbolico e AV.

Bibliografia

P. Basin,​​ L’audiovisivo e la fede,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971; In. – M. McLuhan,​​ Uomo nuovo, cristiano nuovo nell’era elettronica,​​ Roma, Ed. Paoline, 1979; Io. – M.​​ F.​​ Kouloumdjian,​​ Les nouveaux modes​​ de​​ comprendre,​​ Paris,​​ Centurion,​​ 1983; A. Bacquet,​​ Médias​​ et​​ christianisme,​​ Paris,​​ Centurion,​​ 1984;​​ G.​​ Graugnard –​​ J. Hugo,​​ L’audio-visuel pour tous,​​ Lyon, Chronique sociale, 1983; A. Greeley,​​ The religions imagination,​​ New York, Sadlier, 1981; M. McLuhan,​​ Gli strumenti del comunicare,​​ Milano, Il Saggiatore, 1971; In.,​​ La galassia Gutenberg: nascita dell’uomo tipografico,​​ Roma, Armando, 1976.

Pierre Babin

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Il termine a. è relativamente nuovo ed ha un significato molto ampio e fluido.

1.​​ Precisazioni.​​ Pur essendo alquanto discutibile da un punto di vista semantico, con tale termine si abbraccia un complesso di situazioni e di tecniche nuove che si riferiscono al suono, all’immagine fissa e in movimento vista in modo integrato o separato. Esso proviene dall’ambiente pedagogico americano degli anni 1930 / 40 e si è diffuso rapidamente nell’immediato dopoguerra in Europa e in diversi altri Paesi. Nella lingua francese esso appare per la prima volta nelle Raccomandazioni della X Conferenza Internazionale dell’Educazione del 1947 ed entra nel lessico scolastico nel 1959. Nel mondo scolastico italiano appare ufficialmente nel 1956 e all’incirca negli stessi anni in diversi altri Paesi europei. Per a. potremmo intendere «l’insieme di procedimenti elettrici ed elettronici di riproduzione e di diffusione delle immagini e del suono utilizzati nella comunicazione di massa per una ricezione collettiva o individuale organizzata» (Dieuzeide, 1976, 11). Oggi il termine indica sia apparecchiature (​​ hardware)​​ destinate a produrre o a trasmettere messaggi visivi e sonori, sia tutto ciò che viene utilizzato come supporto per riprodurre tali messaggi,​​ ​​ software,​​ per visualizzare cioè immagini e trasmettere suoni. Esso viene usato in contesti ed ambienti assai diversi. Lo possiamo trovare nel settore produttivo, in quello formativo, nel settore dell’assistenza e del tempo libero e perfino in quello politico. L’a. nei processi formativi ha un ruolo che può variare in base alla sensibilità delle persone e all’uso che ne viene fatto, ma che fondamentalmente riguarda aspetti di supporto e di integrazione all’azione formativa in generale. Esso può potenziare notevolmente la capacità di espressione e di​​ ​​ comunicazione: sia per​​ estendere i messaggi​​ tradizionali, perfezionarli, renderli più intuitivi e facilmente ripetibili soprattutto per chi ha scarse capacità di astrazione; sia per dare un​​ contributo innovativo​​ all’intervento, coinvolgendo le persone in modo più diretto.

2. Utilizzazione.​​ Gli a. sono apparecchiature che trattano immagini e suoni utilizzando il linguaggio orale e iconico. È chiaro dunque che per avere una resa ottimale quando si usano in modo sistematico, è necessario essere attenti ad una serie di problemi relativi alle modalità di comunicazione in generale, oltre che a quelle specifiche del linguaggio usato dell’a. considerato. In chi intende usarli si rende necessario acquisire una conoscenza delle possibilità comunicative di tali linguaggi, almeno negli aspetti fondamentali ed una capacità di utilizzarli concretamente in modo efficace. Normalmente un a. si presta bene per:​​ trasmettere dei contenuti​​ completando, ad es., un messaggio con immagini o commenti semplificati e legati in modo strumentale al particolare concetto da evidenziare;​​ stimolare una discussione / creare interesse​​ in modo da avviare un discorso che verrà poi approfondito con altri mezzi ed in altri momenti;​​ dimostrare abilità da acquisire o atteggiamenti da modificare​​ evidenziando situazioni legate all’oggetto o alla realtà che si vuole far vedere;​​ approfondire particolari​​ di discorsi, di situazioni o oggetti, enfatizzando, in questo caso, gli aspetti che si vogliono studiare per facilitarne la comprensione;​​ documentare la realtà​​ a scopo anche solo informativo. L’a. normalmente facilita molto la trasmissione di conoscenze e l’acquisizione di atteggiamenti desiderati, difficilmente però riesce ad esaurire una tematica complessa. Per completare l’informazione o anche solo per meglio interiorizzarla, si rende necessario aggiungere un apporto successivo attraverso un lavoro di ricerca personale e di gruppo, con interventi di esperti o semplicemente approfondimenti con letture personali. Normalmente l’a. contribuisce a problematizzare, presentare una parte o alcuni aspetti di un tema che verrà successivamente puntualizzato e completato per una sua comprensione completa. Solo con tematiche relativamente semplici e con​​ software​​ ben strutturati si riesce ad essere esaustivi attraverso l’a. Nell’apprendimento il momento di interiorizzazione di conoscenze ed abilità ha forme e ritmi molto personalizzati che difficilmente possono essere gestiti completamente e autonomamente da un a.

3.​​ Prospetto.​​ Oggi gli a. sono presenti in diversi ambienti e sono in continua evoluzione. Un elenco preciso è difficile da fare e rischierebbe di essere incompleto. Inoltre molto dipende da cosa si vuole sottolineare:​​ aspetti storici​​ in cui si evidenziano salti qualitativi o generazionali;​​ aspetti di ordine percettivo o intellettivo; aspetti legati all’integrabilità dei processi formativi;​​ o infine​​ aspetti pratici o di convenienza​​ didattica o commerciale. Il mercato oggi ne propone una certa varietà. Alcuni tipi si presentano principalmente come​​ apparecchiature per un solo uso:​​ lavagna luminosa, proiettore per diapositive e​​ filmstrips, proiettore per​​ microfiches, episcopio, registratore, radio, giradischi (sostituiti sempre più da​​ compact disc),​​ proiettore per film (super 8 oppure 16 / 32 mm), televisione (sia a circuito chiuso via cavo, sia via etere). Altri invece si presentano più come​​ sistemi integrati​​ con nomi legati alle funzioni o alle ditte costruttrici:​​ diatape​​ (registratore + proiettore diapositive), epidiascopio (episcopio + proiettore diapositive),​​ diagraf​​ (lavagna luminosa proiettore per diapositive),​​ multivision​​ (insieme di più proiettori opportunamente sincronizzati),​​ videotop​​ (super 8 con possibilità di variare velocità delle sequenze). Tra gli a. oggi si potrebbe annoverare anche il​​ personal computer,​​ nel senso che può gestire ed integrare suoni e immagini in funzione di una migliore comunicazione. Esso ha però caratteristiche e peculiarità che vanno oltre l’ambito di un a., essendo una apparecchiatura della nuova generazione più potente e versatile. In quest’ottica è quindi riduttivo vederlo come un semplice a.

Bibliografia

Dieuzeide H.,​​ Le tecniche audiovisive nell’insegnamento, Roma, Armando, 1976; Rivoltella P. C. (Ed.),​​ L’a. e la formazione: metodi per l’analisi,​​ Padova, CEDAM, 1998; Parmeggiani P.,​​ Dall’a. al multimediale: documentare per la didattica e la ricerca,​​ Verona,​​ Forum, 2000; Chiocci F. et al.,​​ La grana dell’audio: la dimensione sonora della televisione,​​ Roma, RAI / ERI, 2002.

N. Zanni

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AUGER Edmond

 

AUGER Edmond

Nato nel 1530 nel villaggio di Alleman presso Troyes, è ricevuto nel noviziato dei Gesuiti a Roma da Ignazio di Loyola nel 1550. Dopo l’ordinazione sacerdotale è inviato a Pamiers (1559). Il calvinismo vi si diffondeva e il vescovo aveva chiamato i gesuiti per fondare un collegio. Diventato rettore del collegio di Tournon nel 1561, poi predicatore a Valence A. cade tra le mani del barone des Adrets e per poco scampa al martirio (1562). Liberato, riprende le predicazioni a Tournon, Toulouse, Lyon, e nell’Auvergne; contribuisce alla fondazione di numerosi collegi. Nel 1564 è provinciale di Aquitania, e dal 1583 al 1587 è confessore del re Enrico III. Nel 1589 lascia la Francia per la Lombardia. Muore a Como nel 1591.

In quest’epoca di violenze, che la storia francese ha caratterizzato con il nome di “guerre di religione”, A. si propone come obiettivo di bloccare il progredire del protestantesimo nel sud della Francia attraverso un vigoroso contrattacco. La maggior parte degli allievi del collegio di Pamiers erano stati influenzati dalle nuove dottrine: “I salmi di​​ Clément​​ Marot, il catechismo di → Calvino e alcuni altri libri di questo genere, ecco ciò che portavano con sé in classe” (Dorigny 1828, 31). Si trattava di sostituire questi libri perniciosi. Dalle lettere scritte al padre Lainez, generale della Compagnia di Gesù, sappiamo che A. intendeva lottare gomito contro gomito, colpo contro colpo. Per liberarsi dei Salmi che Marot aveva tradotti in francese, A. richiedeva di seguire Ronsard (Lainii Monumenta,​​ 194, in​​ Monumenta Historica Societatis Jesu,​​ Roma); e contro il catechismo di Calvino occorreva adottare un manuale redatto dallo stesso A. Il manoscritto è approvato dalla facoltà di teologia di Parigi nel gennaio 1563, e pubblicato per la prima volta nell’autunno dello stesso anno:​​ Catéchisme​​ et sommaire de la doctrine chrétienne,​​ avec un formulaire de diverses prières​​ catholiques​​ et plusieurs avertissements pour​​ toutes​​ manières gens”.

Scritto in francese e indirizzato alla gioventù, il libro guarda comunque verso un pubblico più ampio. Nel corso delle numerose edizioni comprenderà un​​ Grand catéchisme​​ sotto forma di domande e risposte per gli adolescenti e gli adulti (contiene un dettagliato formulario per la confessione secondo i diversi stati: clero, nobiltà, giuristi, letterati, commercianti e artigiani, persone sposate, fanciulli e inservienti); un​​ Bref recueil​​ “per le persone meno istruite e gli analfabeti”; un​​ Petit catéchisme​​ per i fanciulli delle classi inferiori; infine, per le classi superiori e per il clero letterato un catechismo in latino e perfino un catechismo greco.

Poiché intende rispondere punto per punto al catechismo di Calvino, il testo di A. adotta lo stesso piano: la fede, la legge, la preghiera, i sacramenti. Lo sviluppo dei due manuali segue un andamento del tutto parallelo. E poiché intende rispondere alle obiezioni dei protestanti, certe parti del Manuale di A. saranno particolarmente sviluppate: 19 domande sulla Chiesa, con insistenza sulla visibilità di essa; culto e invocazione dei santi. I 2/3 dell’opera sono consacrati ai sacramenti: 8 lezioni sull’eucaristia, in cui si spiega la realtà del sacrificio della messa e il dogma della presenza reale..., i suffragi per i defunti, la dottrina delle indulgenze, la comunione sotto una sola specie...

Senza dubbio era necessaria la controversia, in quell’epoca, per chiarire le posizioni cattoliche, ed era assolutamente urgente rispondere alle obiezioni dei protestanti. In questo modo si comprende il rapido successo del manuale di A.: dal 1563 al 1582 più di 20 edizioni, traduzioni in spagnolo, italiano, olandese. Però i difetti non tarderanno a manifestarsi: sforzandosi di rispondere a tutte le obiezioni, A. giunge a mettere tutto sullo stesso piano, l’essenziale e il secondario; articoli del simbolo, comandamenti, sacramenti sono giustapposti e analizzati: l’insieme offre lezioni da imparare, assai meno una formazione alla vita cristiana.

Più discreto nella presentazione e nella confutazione delle posizioni protestanti, più orientato verso la pietà nella parte “sulla giustizia cristiana”, il catechismo di → Canisio soppianterà completamente quello di A. in Francia già prima della fine del XVI secolo. Era d’altronde normale, una volta fermato l’espandersi della Riforma in Francia, che anche il manuale di A. venisse abbandonato, essendo tutto orientato verso quel risultato. Resta tuttavia il fatto che il cambiamento di metodo e di obiettivo introdotto da A. (e da Calvino), e l’importanza attribuita al nozionale e al didattico continueranno a segnare la storia del catechismo.

Bibliografia

J.​​ Brand,​​ Die​​ Katechismen des​​ Edmundus Augerius, S.J., in​​ historischer, dogmatisch-moralischer und​​ katechetischer​​ Bearbeitung,​​ Freiburg, Herder,​​ 1917; J. C. Dhôtel,​​ Les origines du catéchisme moderne d'après les premiers manuels imprimés en France,​​ Paris, Aubier-Montaigne, 1967; J. Dorigny,​​ La vie du père Edmond​​ Auger,​​ Avignon 1828 (1716).

Elis a b et h G​​ er​​ m a i n

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AUGER Edmond

AUMÒNERIE DE L’ENSEIGNEMENT PUBLIC

 

AUMÔNERIE DE L’ENSEIGNEMENT PUBLIC

La A.​​ è​​ un​​ organismo della Chiesa francese incaricato dell’IR e della formazione cristiana degli studenti delle scuole secondarie statali (12-19 anni). Viene chiamato​​ «aumônerie»​​ (cappellania) il servizio prestato a uno o più istituti scolastici.

1.​​ Origine.​​ Con la legge del II​​ floréal An.​​ X (1° maggio 1802),​​ Bonaparte,​​ primo console, crea i licei francesi e istituisce in ogni liceo un prete come cappellano “incaricato di tutto ciò che si riferisce alle pratiche religiose”.

2.​​ Situazione.​​ La legislazione francese attuale considera tre situazioni:

— L’A. in cui le attività cat. e religiose hanno luogo all’interno dei locali della scuola e nell’orario scolastico (internati).

— L’A. in cui le attività si svolgono nel quadro dell’orario scolastico, ma all’esterno degli istituti scolastici (esternati).

— L’A. non ufficiale in cui le attività sono lasciate alla discrezione delle famiglie, fuori dell’organizzazione scolastica.

Le attività cat. e religiose — all’interno e all’esterno degli istituti scolastici — sono assicurate da sacerdoti, religiosi, religiose e laici (genitori, famiglie, catechisti di professione), chiamati “animatori”. Attualmente in Francia gli animatori sono 25.000, di cui la maggior parte (90%) a tempo parziale; alcuni, soprattutto sacerdoti e catechisti, a tempo pieno (10%). Globalmente 1’11% degli studenti delle scuole secondarie statali della Francia frequenta una A.

3.​​ Funzionamento.​​ Gli orientamenti cat. delle A. sono affidati, per incarico della Commissione episcopale per il mondo scolastico e universitario (C.E.M.S.U.), a un Consiglio nazionale della A. della scuola pubblica, che si raduna due volte all’anno sotto la presidenza del vescovo responsabile. Un Segretariato nazionale della A. della scuola pubblica (S.N.A.E.P.), animato da due sacerdoti, è responsabile dell’attuazione di questi orientamenti. Il Segretariato pubblica una rivista trimestrale “Ensembles” destinata alle A.; dirige la redazione di documenti cat. per gli animatori, pubblicati nella collana “Les​​ Cahiers​​ du S.N.A.E.P.”; coordina il lavoro delle Commissioni specializzate; organizza giornate di formazione (biblica, teologica, pedagogica, tecnica) degli animatori e dei giovani.

4.​​ Finalità.​​ L’incidenza dell’A. della scuola pubblica è legata allo sviluppo dell’ambiente socio-culturale della scuola (sviluppo delle scienze e delle tecniche, universo dell’immagine e dei mass-media) e al crescere dell’indifferenza religiosa tra gli adolescenti e i giovani. Il principio di base delle A. è il seguente: “Prendre le temps de vivre pour croire”. Il progetto educativo non consiste tanto nel trasmettere una dottrina o nell’applicare un messaggio tramite una morale o una pratica di vita, quanto nel cercare, partendo dalla vita quotidiana, il significato evangelico dell’esistenza umana, tramite un confronto con la vita e la parola di Gesù Cristo.

La A. ha dunque tre finalità pastorali:

— Essere un luogo di incontro e di libera espressione, in piena corrispondenza con il bisogno di relazione e di comunicazione dei giovani.

— Essere un luogo di ricerca religiosa e di approfondimento dottrinale della fede, come risposta a un bisogno religioso e al duplice desiderio di dare un senso alla vita e di conoscere Gesù Cristo.

— Essere un luogo dove nascono comunità di credenti, dove adulti e giovani esprimono, vivono e celebrano insieme la loro fede con i suoi problemi, i suoi dubbi e le sue certezze.

5.​​ Attività.​​ La forma delle attività varia da una A. all’altra secondo l’équipe locale di animazione, l’età e la domanda dei giovani. Le attività cat. sono di tre ordini diversi:​​ — Conoscere la fede.​​ Si possono qui raggruppare la​​ riflessione libera​​ attorno a un fatto di attualità, un libro, un film, un tema (avvenire, droga, forza nucleare, professione, sessualità);​​ l’approfondimento dottrinale​​ della fede, dei sacramenti, della preghiera, della morale; la​​ ricerca biblica​​ sulle origini del cristianesimo e lo studio di testi biblici (attraverso l’analisi storica, esegetica e linguistica). Queste attività si svolgono nel quadro di corsi chiamati “di religione”, ma anche in serate, week-ends e giornate di studio della durata di diversi giorni.

— Vivere la fede.​​ Si tratta di attività sociali o caritative, di impegno in qualche movimento di azione cattolica, di responsabilità educative verso i fanciulli, di animazione di gruppi nelle scuole o nel quartiere. Queste attività permettono ai giovani di applicare la fede alla vita, di verificare “sul terreno” l’autenticità della loro parola di credenti e di fare in modo che il Vangelo possa esercitare la sua “funzione critica” nell’esistenza quotidiana.

— Celebrare la fede.​​ Tra le celebrazioni della fede figurano le professioni della fede, le celebrazioni sacramentali (battesimo e confermazione di adolescenti e giovani), celebrazioni penitenziali, gruppi di preghiera comunitaria,​​ week-ends​​ di silenzio e celebrazioni eucaristiche. Per dare espressione alla fede queste celebrazioni fanno appello alle dimensioni affettive e intellettuali dell’uomo (linguaggio dei gesti, espressione corporale, tecniche audiovisive).

Il futuro delle A. dipende da come, in una società urbanizzata e tecnicizzata, riusciranno ad essere luoghi dove giovani e adulti possono vivere, respirare e pregare.

Sedi:​​ Secrétariat national​​ de​​ l’Aumônerie​​ de​​ l’Enseignement​​ Public (S.N.A.E.P.), 7​​ rue Vauquelin,​​ 75005 Paris;​​ Fédération nationale des animateurs et parents pour l’éducation chrétienne des jeunes de l’Enseignement Public (F.N.A.P.E.C.), 7 rue Vauquelin, 75005 Paris.

Bibliografia

P. Bourdoncle – P. Moitel,​​ Aumôneries de l'Enseignement Public,​​ Paris, Cerf, 1978; Conseil National de l’aumônerie de l’enseignement public,​​ Clefs pour une aumônerie: Orientations, législation, mode d’emploi,​​ Paris, S.N.A.E.P., 19812.

Pierre Moitel

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AUMÒNERIE DE L’ENSEIGNEMENT PUBLIC

AUROBINDO Ghose Sri

 

AUROBINDO Ghose Sri

n. a Calcutta nel 1872 - m. a Pondicherry nel 1950, filosofo, maestro spirituale, politico, educatore indiano.

1. A. compì i suoi studi in Inghilterra e assimilò, oltre alla letteratura ingl., quella gr. e lat.; conosceva gr., lat., fr. e ted. Tornato in India nel 1893 iniziò una intensa attività politica e sociale, contemporaneamente studiò sanscrito e i classici dell’​​ ​​ induismo e del buddhismo, oltre alla sua lingua materna, il bengali. Dal 1903 al 1905 partecipò attivamente al movimento politico​​ swadeshi​​ (nazionale). Pubblicò il giornale rivoluzionario «Bande Mataram» importante per la dottrina della​​ resistenza passiva.​​ Nel 1908 sotto la guida dello Yogi Vishnu Bhasker Lele diventò un​​ yogi,​​ uomo di grande cultura occidentale e orientale. Nell’anno 1914 incontrò Mirra Alfassa – una parigina – che poi diventerà la​​ Mère​​ dell’ashram,​​ fondato da A. Nel 1940 creò una scuola per i bambini; nel 1952 fu fondato L’International Educational Centre S. A.​​ e nel 1968 sorse la città di​​ Auroville​​ presso Pondicherry.

2. A. fondò la sua teoria dell’educazione su​​ purna yoga​​ o​​ ​​ yoga integrale. Il termine​​ yoga​​ significa unire, e per le scuole teiste dell’induismo, vuol dire unione dell’anima con lo Spirito Assoluto.​​ Yoga​​ indica anche i mezzi o vie della liberazione dell’anima. A. propone il​​ purna yoga​​ come mezzo per sviluppare e trasformare tutto l’uomo, non solo l’aspetto puramente spirituale. Il​​ purna yoga​​ è una teoria che si fonda su una sintesi psico-filosofica orientale e occidentale. Secondo la sua concezione filosofica, tutto il mondo è in evoluzione e l’evoluzione dell’uomo tende verso una​​ supermente​​ con una​​ super coscienza.​​ Il divino (Purusha)​​ scende a trasformare lo spirito e il corpo umano (prakriti).​​ Lo scopo dell’educazione è la realizzazione dello spirito della supercoscienza. Secondo A., l’educazione è costituita da cinque aspetti, corrispondenti alle cinque attività principali dell’uomo: fisica, vitale, mentale, psichica e spirituale.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Opere fondamentali tradotte in it.:​​ La Sintesi dello Yoga,​​ Roma, Ubaldini, 1967-1969;​​ La Vita Divina,​​ Imola, Galeati, 1973;​​ Guida allo Yoga,​​ Roma, Edizioni Mediterranee, 1975. b)​​ Studi:​​ Sapio M., «A.S.A.G.», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. I, Brescia, La Scuola, 1989, 1245-1250; Chistolini S.,​​ Tagore,​​ A.,​​ Krishnamurti. Unità dell’uomo e universalità dell’educazione,​​ Roma, La Goliardica, 1990.

S. Thuruthiyil

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AUROBINDO Ghose Sri

AUSTRALIA

 

AUSTRALIA

I tre punti storici che seguono costituiscono il retroterra essenziale per comprendere lo sviluppo delle idee cat. in A. dal 1945 al 1985.

a)​​ L’impegno storico dei cattolici australiani verso l’ideale: “Ogni fanciullo cattolico nella scuola cattolica” significa che lo sviluppo della C. è in larga misura associato alle scuole cattoliche o ai religiosi che fondarono queste scuole (e fino agli anni 1960 ne avevano in larga misura la direzione).

b)​​ Fra il 1945 e il 1984 la popolazione dell’A. si è raddoppiata, soprattutto in seguito all’immigrazione postbellica. Quando la percentuale dei cattolici raggiunse quasi il 30%, le scuole cattoliche non furono più in grado di far fronte a questo incremento, con la conseguenza che oggi appena la metà degli allievi frequenta la scuola cattolica. Inoltre la diminuzione del numero dei religiosi significa che attualmente oltre i 4/5 di tutti gli insegnanti nelle scuole cattoliche sono laici; alcune scuole sono completamente gestite da laici.

c)​​ La legislazione restrittiva sull’insegnamento religioso confessionale nelle scuole statali, promulgata in tutti gli stati prima della Federazione nel 1901, ha reso impossibile una politica nazionale uniforme della Chiesa in vista della evangelizzazione della gioventù che frequenta le scuole statali.

1.​​ Idee cat. dal 1945

In seguito alla Conferenza di Adelaide nel 1936 la Coni. Episc. Austr. autorizzò l’uso di un nuovo catechismo elementare per l’iniziazione dei fanciulli ai sacramenti. Il catechismo tradizionale (1884) fu conservato tale quale per gli ultimi anni della scuola elementare e per tutta la scuola secondaria. In mancanza della Bibbia era largamente usata la​​ Bible History​​ di Schuster. Nelle scuole secondarie il catechismo era completato con un “commentary”, un libro di testo (Pray the Mass) e, per le secondarie superiori, con l’apologetica, l’insegnamento sociale della Chiesa e la trattazione di alcuni problemi storici richiesti per gli esami statali. In mancanza di Colleges per la formazione degli insegnanti cattolici, ogni congregazione religiosa preparava i propri membri all’insegnamento. Anche se, nel periodo precedente la guerra, il modo di fare C. era abbastanza uniforme, c’era qualche consapevolezza di un possibile sviluppo cat.

1.​​ Influssi europei 1945-1962.​​ Durante questo periodo l’A. adottava gradualmente la C. kerygmatica. Le nuove idee non venivano sistematicamente introdotte, ma erano spesso collegate con l’esperienza europea delle congregazioni internazionali. La riv. cat. nazionale “Our Apostolato” ebbe inizio presso i Fratelli delle Scuole Cristiane come rivista ad uso interno (“in-house”); divenne ufficiale in seguito al congresso cat. di Roma del 1950. Attraverso il contatto con riviste d’oltremare si giunse alla traduzione e occasionalmente alla totale rielaborazione di sussidi, come fu per i​​ Catechista Workbooks​​ 1945-1963. Le iniziative personali sembravano avere maggiore influsso che non i libri.

a)​​ La persistente insoddisfazione, dopo il 1957, di fronte all’uso del tradizionale catechismo nella scuola, indusse alcune scuole di religiosi ad adottare la traduzione inglese del​​ Catechismo tedesco​​ (1955).

b)​​ La visita di Clifford Howell nel 1957 incoraggiò l’uso di nuove traduzioni della Bibbia e l’introduzione di un panorama della storia della salvezza elaborato dal medesimo nel suo volume​​ The Work of Our Redemption.​​ c) John F. Kelly, sacerdote di Melbourne, ispettore scolastico e autore, organizzò corsi settimanali di teologia e di Scrittura per religiose (1954-1963) e preparò il terreno all’accoglienza della C. kerygmatica, già presente attraverso l’uso di materiale d’oltremare.

d) Nel 1959 la Conf. Episc. autorizzò John F. Kelly a elaborare un​​ Catechismo australiano.​​ Questo lavoro — influenzato dalle visite dell’autore a centri europei e nord-americani — uscì in due volumi: 1962 per la scuola elementare; 1963 per le scuole secondarie. Fu accompagnato da manuali per gli insegnanti. Così fu saldamente stabilita la C. → kerygmatica nelle scuole australiane. Altri quattro libri per i bambini e le prime classi delle elementari furono prodotti da insegnanti di religione sotto la guida di Kelly, e offrirono un corso completo per l’età 6-14 anni, e) Durante due visite (1959-1961) J. Hofinger, S.J., tenne corsi prolungati sulla C. kerygmatica, e raccomandò la già nota opera di Sr. Maria de la Cruz,​​ On Our Way.​​ Gli scritti di → Hofinger ebbero un notevole influsso.

2.​​ Dal Catechismo australiano a “The​​ Renewal​​ of the Education of Faith”. Il decennio ’6O-’7O, sotto la spinta del Concilio Vaticano II, conobbe un forte sviluppo, ma anche crescenti controversie. Il successo del​​ Catechismo australiano,​​ fra l’altro, accentuò l’assenza di sussidi per le secondarie superiori. Tentativi per produrre nuovi corsi “ufficiali” fallirono, ad eccezione del corso​​ Come Alive,​​ incentrato sulla vita. Oltre ad autorizzare questo corso, la Coni. Episc. pubblicò anche la traduzione del documento cat. italiano​​ The Renewal of the Education of Faith​​ (RdC), come raccolta di princìpi cat.

a)​​ Il movimento cat. era sostenuto dal personale direttivo che aveva fatto gli studi a Lumen Vitae o in altri centri. La visita di Marcel → Van Caster, del centro Lumen Vitae, nel 1966-1967 incoraggiò la C. “incentrata su temi” o “incentrata sulla vita”, di cui c’erano già tentativi a livello locale.

b)​​ Lo sviluppo del “seminar movement” (studio concentrato di qualche tema in un pomeriggio o in una serata, invece che in una classe scolastica), e quello successivo complementare, il “camp movement”, staccò la C. degli adolescenti da programmi formali e istituì una nuova corrente.

c)​​ Il “Cats 1 Seminar” (gen. 1971) dei Fratelli Maristi offrì un forum nazionale per discutere sulla C. incentrata sulla vita, e in modo particolare offrì la base per il vol.​​ Come Alive.

d)​​ Come giustificazione teologica della C. incentrata sulla vita fu citata frequentemente la​​ Theology of Revelation​​ di Gabriel Moran. Tra i materiali di produzione locale ebbe grande influsso​​ Move Out,​​ con​​ YAnnals Supplement.

3.​​ Dal DCG fino ad oggi: 1971-1984.​​ Di fronte alle continue controversie sulla C., la Coni. Episc. australiana adottò i princìpi del DCG:

— fondando, nel 1973, il National​​ Pastoral​​ Institute, come centro della formazione cat. in Australia, sotto la direzione di John F. Kelly;

— pubblicando, tramite il suo Education Committee (1976),​​ We Preach Jesus Christ as Lord,​​ come direttorio cat. australiano;

— creando presso la National Catholic Education Commission un Religious Education sub-committee.

a)​​ Il forum nazionale che ebbe maggiore influsso fu il congresso della Confraternity of Christian Doctrine a Melbourne (1973), con interventi di​​ D.​​ S. Amalorpavadass​​ (Bangalore)​​ e altri membri dell’East Asian​​ Pastoral Centre.

b)​​ Numeri crescenti di sacerdoti e religiosi fecero gli studi all’estero, soprattutto in centri di lingua inglese negli USA, Canada, Manila (EAPI) e Irlanda.

c)​​ Le diversità di opinioni nei confronti della priorità pastorale da dare alle scuole cattoliche, le quali educano soltanto una minoranza dei cattolici, furono focalizzate sulle riviste e nel symposium “Catholic Education: Where is it Going?”.

d)​​ Studi su Religious Education provenienti dalla Lancaster University (GB) ebbero influsso sull’introduzione del modello curricolare da parte delle autorevoli​​ Guidelines for Religioni Education​​ (Melbourne), per programmi di C. scolastica.

e)​​ Sotto l’impulso del documento della S.C. per l’Ed. Catt. su​​ La scuola cattolica​​ (1977), ricevette crescente attenzione il carattere “cattolico” di detta scuola.

f)​​ A causa del decrescente numero di religiosi nelle scuole si diede priorità all’incremento della formazione degli insegnanti di religione — precedentemente curata dagli ordini religiosi — nei “colleges” statali per la formazione degli insegnanti, in cui è offerto un servizio di formazione pre-catechetica agli studenti laici.

II.​​ L’ir nelle scuole statali e iniziative cat. per i fanciulli fuori delle scuole cattoliche

Anche se la legge promulgata nel 1901 per l’educazione nelle scuole statali non intendeva escludere l’IR, di fatto ciò si è spesso verificato. Alcuni stati permisero un IR “generico”, distinto da quello “confessionale”; però non riuscirono a trovare insegnanti regolari per tale insegnamento. Dal 1973 ogni stato ha applicato una disposizione del governo favorevole all’educazione religiosa, ma soltanto due stati avviarono curricoli sperimentali per la scuola elementare e quella secondaria. Eccezione fatta per la religione che viene insegnata nelle materie sociali a livello della scuola elementare, e in studi biblici in vista degli esami pubblici, come pure per certi corsi a livello delle secondarie superiori, è ben scarso l’incremento della “educazione religiosa”, salvo nelle condizioni particolari che ora diremo.

1.​​ Negli anni ’50 si creò un forte movimento nazionale con l’intento di ampliare la formazione cat. in vista del rapido aumento del numero di fanciulli cattolici che frequentavano scuole statali. Il vescovo (più tardi cardinale) Freeman di Sydney diede slancio a questo lavoro sotto il titolo generale “Confraternity​​ of Christian​​ Doctrine”​​ (CCD). Quanto a finalità e direzione la CCD è un organismo nazionale. Ma a causa della diversa legislazione in ciascuno stato, essa funziona sia a livello diocesano che statale. Fra le sue iniziative si possono menzionare:

lavoro cat., una volta la settimana, su base scolastica e durante l’orario scolastico, supposto che altre confessioni religiose vogliano contemporaneamente servirsi della stessa opportunità;

insegnamento religioso generale, per es.​​ Religion in life​​ impartito nelle scuole, qualora la legge lo permetta, e programmi esplicitamente cat. organizzati a livello parrocchiale;

— incontri occasionali organizzati da scuole in vista di attività cat. extrascolastiche;

— corsi per corrispondenza per le zone distanti.

2.​​ Le principali attività della CCD sono: — corsi per la formazione dei catechisti; — équipes missionarie motorizzate, che lavorano fuori dei centri formativi, per portare le scuole a un livello regolare;

— équipes locali per la produzione di materiali cat. Basate inizialmente su materiali d’oltremare, le produzioni locali quali​​ Move Out, Joy for Living, Let’s Go Together​​ risultarono così ben adattate ai destinatari che oggi sono largamente adottate nelle scuole cattoliche.

3.​​ Le regioni isolate ricevono corsi per corrispondenza, che coinvolgono i genitori insieme con i fanciulli.

4.​​ “Dove Publications” è diventato la fonte principale di nuovi materiali e nuovi orientamenti.

III.​​ Organizzazione della C.​​ per diverse categorie di​​ destinatari

Malgrado i tentativi per facilitare il coordinamento a livello nazionale (cf 1.3), la distribuzione geografica dei cattolici fa sì che risulti più facile l’organizzazione a livello diocesano o a livello di ogni stato. Normalmente ogni diocesi dispone del proprio Education Office, di un direttore della CCD (→ Confratemity of Christian Doctrine) e in misura crescente anche di un Director of Adult Education. L’organizzazione pratica si realizza normalmente a livello delle parrocchie o per mezzo di programmi a livello regionale.

1.​​ L’educazione degli adulti costituisce la principale novità cat. degli ultimi 15 anni. Prima la vita cattolica degli adulti era spesso fondata sulle associazioni e su programmi formativi per catechisti. Attualmente i programmi della quaresima e dell’avvento, il Rito dell’iniziazione degli adulti (RICA), corsi biblici e lo studio di temi sociali sono caratteristici per la formazione degli adulti. Corsi di perfezionamento vengono offerti in numero sempre più abbondante per mezzo di seminari e di istituti di formazione permanente.

2.​​ A tutti i livelli vi è stato un notevole arricchimento attraverso la produzione di materiale di aggiornamento.

3.​​ L’incremento di corsi di formazione permanente nella fede rimane un’importante priorità come continuazione dei programmi destinati ai giovani; come aiuto per educare i cattolici ad assumere nuove responsabilità; come aiuto per risolvere le controversie​​ cat.​​ degli ultimi anni.

Bibliografia

1.​​ Fonti.​​ Catholic Catechism Books,​​ 2​​ vol., Sydney, E. Dwyer, 1962-1963;​​ Catholic Catechism, Teacher’s Books,​​ 2 vol.,​​ ivi,​​ 1962-1963;​​ Come Alive,​​ ivi,​​ 1970;​​ The Renewal of the Education of Faith,​​ ivi,​​ 1970;​​ We Preach ]esus Christ as Lord,​​ ivi,​​ 1976.

2.​​ Studi.​​ Sr. Mary Ambrose,​​ Young Married Couple​​ Move Out”,​​ in​​ Our​​ Apostolato”​​ 15 (1967) 84-88; P. Crudden,​​ Fr. Van Caster’s Melbourne Seminar,​​ ibid., 75-78; G. Eastman (ed.),​​ Towards a New Era in Religious Education,​​ Victoria, Cripac Press, 1972; A. Hamilton,​​ What’s been Happening in R.E.,​​ Melbourne, Dove Publications, 1981; J. Hofinger,​​ The New Australian Catechism,​​ in​​ Lumen Vitae​​ 18 (1963) 529-538; C. Leavey,​​ Australia-. Some Issues Facing the Church,​​ in​​ Pro Mundi Vita» (1980), sept.; G. Rossiter,​​ Stifling Union or Creative Divorce,​​ in «Word in Life» 29 (1981) 162-173; Id.,​​ Review of Australian Research Related to Religious Education in Schools,​​ Leichardt, National Catholic Research Council, 1984; G. Rummery,​​ Catechesis and Religious Education in a Pluralist Society,​​ Sydney, E. Dwyer, 1975; Id.,​​ Catechesis and School,​​ in «Word in Life» 26 (1978) 90-93.

Gerard Rummery

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AUSTRALIA

AUSTRIA

 

AUSTRIA

1.​​ In Austria l‘IR scolastico ha una lunga tradizione. Oggi come prima​​ l’IR​​ figura fra i servizi che la Chiesa offre alla gioventù e all’istituzione scolastica. Le scuole sono divise secondo il livello formativo (scuola dell’obbligo, scuole secondarie, scuole superiori) e secondo le finalità (formazione generale, scuole professionali, formazione degli insegnanti e degli educatori, accademie e istituzioni parallele). Dopo la quasi totale soppressione dell’IR nel periodo nazista, dal 1945​​ l’IR​​ è nuovamente presente nei diversi tipi di scuola, di cui è parte integrante, basato sulla costituzione e sulla legge (H. Schwendenwein,​​ Religion​​ in​​ der Schule – Rechtsgrundlagen,​​ Graz, 1980; H. Schnizer,​​ Juristische Perspektiven des 'Verhältnisses von Kirche und Staat,​​ nel vol. E.​​ J. Korherr (ed.),​​ Ja zum Religionsunterricht,​​ Graz, 1978, 61-78).​​ L’IR è​​ materia obbligatoria​​ (con due ore settimanali durante tutto l’anno) per tutti gli studenti che appartengono a una confessione religiosa riconosciuta. I genitori, e dal 14° anno in poi gli stessi studenti, possono chiedere l’esonero durante i primi dieci giorni dell’anno scolastico. La percentuale di coloro che richiedono l’esonero fluttua da meno dell’1% (scuola elementare) fino a un massimo del 13% (ultimi anni delle scuole secondarie). Per le scuole professionali dell’obbligo (= scuole abbinate con una professione)​​ l’IR​​ è​​ materia opzionale​​ in sette dei nove​​ Länder​​ dell’Austria.

L’organizzazione, la direzione e l’ispezione​​ dell’IR scolastico sono curate dalle Chiese. Esse hanno anche la responsabilità per i programmi unitari per tutta l’Austria, come pure per i testi di religione che, a spese dello Stato, sono gratuitamente messi a disposizione degli studenti.

Gli​​ insegnanti, di religione​​ sono ecclesiastici o laici; possono essere in un rapporto di lavoro con la Chiesa oppure con lo Stato. In ambedue i casi però vengono pagati dallo Stato. Un fatto caratteristico è il forte aumento degli insegnanti laici, i quali sono anche associati alla programmazione, alla formazione e all’ispezione. Ogni insegnante di religione ha bisogno del certificato di​​ idoneità​​ (qualificazione) e della​​ missio canonica.

Con​​ l’IR​​ sono connessi anche certi​​ esercizi religiosi​​ (il numero differisce notevolmente nei diversi​​ Länder​​ dell’Austria), quali per​​ es.​​ celebrazioni per l’apertura dell’anno scolastico, liturgie del Natale, della Pasqua, celebrazioni di chiusura dell’anno scolastico, ecc. La legge garantisce sia agli insegnanti che agli allievi la libertà di partecipare o meno.

2.​​ L’organizzazione dell’IR cattolico è affidata, in ogni diocesi, allo “Schulamt”​​ (ufficio per la scuola) del vescovo. Per il coordinamento esiste dal 1982 un “Interdiözesanes Amt für Unterricht und Erziehung”​​ (Ufficio​​ interdiocesano per​​ la scuola e l’educazione,​​ Vienna).

3.​​ Accanto​​ all‘IR​​ esiste una molteplicità di C.​​ (Gemeindekatechese)​​ a livello delle parrocchie o a livello regionale. Le più antiche di queste forme di C. (per​​ es. Christenlehre​​ [dottrina cristiana] nello​​ Steiermark; Hauslehre​​ [insegnamento impartito a casa] a​​ Salzburg)​​ risalgono con una ininterrotta tradizione fino al tardo medioevo​​ (Christenlehren​​ in​​ der Steiermark​​ [Berichte],​​ in “Christlich-pädagogische Blätter» 93 [1980]​​ 282283;​​ 318-319; 94 [1981] 21;​​ A.​​ Russi – J. Hofmann,​​ Hauslehren in Salzburg,​​ ibid. 94 [1981] 96-100).​​ Altre ore di religione (per fanciulli e giovani nelle parrocchie) hanno la loro origine nelle associazioni per fanciulli e giovani già esistenti prima della 2a​​ guerra mondiale. Si sono consolidate e hanno assunto forme stabili nel periodo postbellico. I rami centrali sono, a livello delle parrocchie, l’istruzione per la → prima confessione e per la → prima comunione. Così pure l’insegnamento per la confermazione, che dopo il 1965 quasi ovunque si è stabilito sotto forma di un catecumenato della → confermazione; esso dura diversi mesi e si serve di assistenti della confermazione, generalmente giovani. Dopo i Sinodi diocesani postconciliari (indicazione precisa delle fonti in​​ Ö.K.B.E.​​ [ed.],​​ Österreichisches​​ Katechetisches​​ Direktorium für​​ Kinder​​ und Jugendarbeit,​​ Wien, 1981, 97-100),​​ la​​ C.​​ degli adulti è oggetto di continua promozione. Essa comprende i colloqui in preparazione al battesimo, che si tengono nella parrocchia e nelle famiglie; i corsi per la preparazione al matrimonio; serate per genitori e famiglie; serate bibliche, ecc.; anche “C. degli anziani»; corsi teologici per adulti; trasmissioni radiofoniche e televisive. Essa è basata sulla libertà di espressione religiosa, un diritto che è fondato nella costituzione. A parte alcune dichiarazioni di principio nei Sinodi postconciliari, solo nella diocesi di Graz-Seckau esiste un​​ Diözesankonzept für Gemeindekatechese​​ (Progetto diocesano per la C. parrocchiale;​​ cf​​ Verordnungsblatt für​​ die​​ Diözese Graz-Seckau”, 1980, n. 47).

Le direttive o i programmi promulgati da diverse sezioni dell’Azione Cattolica hanno prevalentemente carattere orientativo. Normalmente la responsabilità e la programmazione della C. parrocchiale è affidata ai parroci e ai consigli parrocchiali. Un fatto caratteristico per tutte le forme di C. parrocchiale è la progressiva partecipazione dei laici, i quali (sotto l’influsso della teologia della comunità) sono sempre più consapevoli della loro responsabilità cat. Va segnalato in particolare lo sforzo per intensificare maggiormente la C. dei genitori (Katechetisches​​ Institut Wien​​ [ed.],​​ Eltern als Katecheten,​​ Wien, 1980). In​​ tutte le diocesi la responsabilità​​ e​​ la cura​​ della C.​​ parrocchiale è affidata all’ufficio pastorale diocesano. All’animazione spirituale della C. parrocchiale contribuiscono anche le facoltà di teologia, e l’Istituto pastorale austriaco (Vienna) organizza ogni anno per tutta l’Austria giornate pastorali, che hanno una certa ripercussione sulla C. parrocchiale​​ (cf​​ J. Wiener – H. Erharter [ed.],​​ Kinderpastoral,​​ Wien,​​ 1982).

4.​​ Per ciò che riguarda l’IR in Austria, vi sono differenze con la situazione di molti​​ Länder​​ della Germania. Sia dal punto di vista della legge che dal punto di vista delle attese dei genitori e degli studenti, l’IR è inteso come C. Ovviamente si è consapevoli che l’IR non potrà mai coprire l’intero campo della C., e che richiede come fondamento una C. viva a livello delle parrocchie. Si verifica lo spostamento da una Chiesa in cui la C. è privilegio dei sacerdoti verso una Chiesa in cui tutti i membri si impegnano per la C.

Si incomincia appena a intravedere quali siano le conseguenze di questo cambiamento per la formazione dei sacerdoti e dei catecheti laici (cf E. J.​​ Korherr,​​ Der Priesterkatechet,​​ in “Christlich-pädagogische Blätter”​​ 93 [1980] 392-401;​​ Eltern als Katecheten,​​ cit.).

5.​​ Nel periodo successivo al 1945 la struttura interna della C. fu fortemente caratterizzata dall’influsso della “kerygmatica formale” del periodo 1900-1938. Il principale rappresentante di questo movimento in Austria fu Wilhelm​​ Pichler​​ (1862-1939). Il suo libro​​ Kleines Katholisches Keligionsbüchlein​​ (Libretto della religione cattolica, 1912') fu tradotto in più di 60 lingue, e fu adoperato in Austria fino al 1972. I due catechismi tematici di L. Lentner (n. 1908) e di J.​​ Klement​​ (1896-1980), pubblicati nel 1959, sono fortemente segnati da questo movimento. Il “rinnovamento kerygmatico dei contenuti” iniziato da → J. A.​​ Jungmann​​ (1889-1975) ha avuto un influsso modesto sulla prassi. Promotori di questo rinnovamento furono Franz Michel Willam (1894-1983) e Georg​​ Hansemann​​ (n. 1913). Le loro opere hanno avuto un grande influsso in Austria soprattutto a partire dal 1960.

Anche l’attività cat. di → M. Pfliegler​​ (18911972)​​ fino al 1970 circa ha avuto un grande influsso sull’IR e sulla C. parrocchiale. La fase di un più forte orientamento sulla Bibbia è stata di breve durata (Albert​​ Höfer,​​ n. 1932). Si affermò invece la ricerca di una correlazione tra “fedeltà a Dio” e “fedeltà all’uomo” (CT 55). Il rinnovamento dell’IR scolastico è caratterizzato da diverse fasi, che si esprimono nei nuovi programmi per la scuola elementare (1968), poi per altre scuole (1977; 1983), nei nuovi testi di religione, e nel Direttorio Cat. dell’Austria​​ (Österreichisches​​ Katechetisches​​ Direktorium für​​ Kinder​​ und Jugendarbeit,​​ Wien, 1981).​​ Accanto ai collegamenti tradizionali tra IR e liturgia, vengono ora maggiormente accentuati nell’IR e nella C. parrocchiale i collegamenti tra C. e → Diaconia-Carità​​ (cf​​ E. J. Korherr,​​ Katechese und Caritas,​​ in “Christlich-pädagogische Blätter» 94 [1981] 326-339; Id.,​​ Religionsunterricht und Katechese im Dienste der Brüderlichkeit,​​ nel vol.​​ J. Marböck [ed.],​​ Brüderlichkeit,​​ Graz, 1981; F. Mayer,​​ Einladung zur Tat. Ein Kreativkonzept für die religiöse Erziehung,​​ Wien, 1976).

6.​​ Inizi di un pluralismo​​ delle​​ scuole​​ cat.,​​ dovuti​​ per es.​​ a una concezione che si basa sulla psicologia gestaltistica (A.​​ Höfer,​​ 1982) e a tentativi di introdurre nuovi metodi (dinamica di gruppo, interazione incentrata su temi, ecc.) ebbero una certa risonanza. Finora però tutto è rimasto circoscritto a piccole regioni. Invece l’IR scolastico attribuisce una progressiva importanza al collegamento tra fede e cultura, alla partecipazione degli studenti nella programmazione e nell’impostazione dell’IR, e all’utilizzazione critica dei molteplici mezzi audiovisivi. Per la loro approvazione fu creata una specifica “Interdiözesane Medienkommission”​​ (Commissione interdiocesana per i mezzi audiovisivi), e centri “audiovisivi” diocesani per il prestito. Rispetto all’IR, la C. parrocchiale è poco organizzata a livello nazionale. Fino al 1968 si orientò prevalentemente sui metodi dell’IR scolastico. Dopo quel periodo appaiono in misura crescente itinerari e metodi propri, soprattutto nella C. dei giovani.

7.​​ La formazione dei catecheti ha luogo presso le facoltà teologiche delle quattro università statali, presso le sei​​ Hochschulen​​ (Scuole Superiori) della Chiesa, in quattro Accademie di pedagogia religiosa , e anche presso il Seminario per professioni ecclesiali di Vienna (formazione non accademica di assistenti pastorali, assistenti giovanili). Per insegnanti di religione nelle scuole dell’obbligo esistono tre corsi per corrispondenza. Per la formazione dei catecheti volontari nella C. parrocchiale esistono “corsi di teologia per laici”; soprattutto a Vienna si offrono corsi appropriati di pastorale e di catechetica. Per la maggior parte però la formazione e l’assistenza dei catechisti volontari nelle parrocchie è nelle mani del clero parrocchiale. Per​​ aggiornamento​​ soprattutto degli insegnanti di religione tra il 1977 e il 1983 furono creati otto istituti diocesani di pedagogia religiosa​​ 

8.​​ La C. scolastica come quella extra-scolastica è sensibilmente aperta verso impulsi provenienti da altri paesi; nello stesso tempo cerca di rispondere alla particolare​​ situazione austriaca.​​ Questa situazione ha molto in comune con le caratteristiche che valgono per tutto il centro europeo (per es. secolarizzazione). In molti settori però le vitali tradizioni austriache sono motore e motivazione per uno sviluppo autonomo della C. nella scuola e nella comunità parrocchiale. La caratteristica dominante degli ultimi decenni è quella di una continua crescita, non di rotture rivoluzionarie. Accanto ai molteplici aspetti positivi si presentano oggi anche numerosi problemi: dal 1970 il sistema scolastico austriaco è coinvolto in un permanente processo di rinnovamento, che in molti aspetti si ripercuote sull’IR. Inoltre le trasformazioni sociali (per es. la mutata struttura del villaggio) hanno un notevole influsso sulla pastorale e sulla C. della parrocchia. Il pluralismo in materia di fede e di visioni della vita richiede una crescente differenziazione, che in mezzo alla pluralità esteriore e interiore cerca di conservare l’unità, non già l’uniformità.

La flessione nell’appartenenza alla Chiesa è poco rilevante (1983: 33.487 uscite; 33.515 entrate), ma soltanto una piccola parte dei battezzati partecipa costantemente e regolarmente alla vita parrocchiale. La visita del Papa e il Katholikentag (giornata dei cattolici) del 1983 hanno manifestato in modo impressionante — per alcuni anche con disagio — che la Chiesa è una realtà viva anche in molti austriaci che non sono attivamente impegnati nelle organizzazioni dell’azione cattolica. Questo richiede che vengano cercate nuove vie per la C. ai cosiddetti “cattolici lontani”, che rischiano di restar isolati dalla loro Chiesa a causa del disinteressamento delle comunità parrocchiali. Nel futuro anche la C. dei giovani dovrà in misura crescente, fuori della scuola, dedicarsi a quella maggioranza di giovani battezzati che non fanno parte dei gruppi giovanili ecclesiali. Apertura e disponibilità sono generalmente presenti, come risulta da iniziative isolate di parrocchie con un grande impegno nella C. dei giovani, o da gruppi carismatici. Un ostacolo non indifferente è spesso l’invecchiamento dei pastori e il troppo rigido attaccamento a forme tradizionali e “ufficiali” di pastorale giovanile.

Dato l’invecchiamento della popolazione austriaca, la C. degli anziani diventerà sempre più importante. Attualmente però c’è soltanto un inizio. Quanto alla struttura sociale, si fa sempre più chiara la necessità di elaborare sussidi e programmi cat. per gruppi particolari e per particolari situazioni della vita (divorziati, autodidatti, drogati, vittime di sette religiose, ecc.).

Infine c’è una crescente consapevolezza che la responsabilità dell’Austria per l’unità spirituale dell’Europa, per il terzo mondo, per la pace, per l’ambiente, deve figurare tra i compiti della C. Lo stesso vale per l’impegno permanente in favore della fede, della speranza, della carità, dell’ecumenismo e della libertà.

Bibliografia

H.​​ Fink –​​ E. J. Korherr (ed.), Collana​​ Religionsunterricht –​​ Information​​ und Verkündigung,​​ Wien,​​ 1970-1976;​​ G.​​ Hierzenberger –​​ E.​​ J.​​ Korhbrr (ed.),​​ Rtaktisches Wörterbuch der Religionspädagogik und Katechetik,​​ Wien, Herder, 19782​​ (19, 24, 85, 126, 279, 377, 542, 562, 711); A. Höfer,​​ Biblische Katechese,​​ 2​​ vol.,​​ Salzburg, 1976-1977; Id. et al.,​​ Gestalt des Glaubens,​​ München, 1982; Kat. Inst. Graz​​ (ed.), Collana​​ Botschaft und Lehre,​​ Graz, 1963-1977; Kat. Inst. Wien (ed.),​​ Collana​​ Katechetische Handlungsfelder,​​ Wien, 1983;​​ E.​​ J.​​ Korherr,​​ La catéchèse en Autriche,​​ in “Lumen Vitae” 25 (1970) 655-666; Id.,​​ L’insegnamento​​ della​​ religione nella scuola:​​ Austria,​​ nel vol.​​ Scuola e religione,​​ I, Leumann-Torino, LDC, 1971, 13-55;​​ Id.,​​ Der Zielparagraph der österreichischen Schulgesetze im Lichte pädagogischer Reflexion,​​ in “Religion, Wissenschaft, Kultur” 22 (1971) 103-119; Id.,​​ Katecheza w​​ Austri;,​​ in “Collectanea​​ Theologica”​​ (Varsavia)​​ 45 (1975) 183-194; Id. et al.,​​ Religionsunterricht – Katechumenat von heute?,​​ Graz, Styria Verlag, 1976; Id. (ed.),​​ Ja zum Religionsunterricht,​​ Graz, Styria Verlag, 1977; Id.,​​ Katechese – Erbe und Auftrag,​​ in «Christlich-pädagogische Blätter» 97 (1984) 163-176; L. Lentner,​​ Religionsunterricht in Österreich,​​ in Id. (ed.),​​ Katechetisches Wörterbuch,​​ Freiburg, 1961, 594-601.

Edgar J. Korherr

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AUSTRIA

AUTISMO INFANTILE

 

AUTISMO INFANTILE

Patologia psichica che comporta la predominanza relativa o assoluta della realtà intrapsichica con il conseguente distacco più o meno grave dal mondo esterno.

1. Il termine a., dal gr.​​ autós​​ (se stesso), è stato introdotto da E. Bleuler (1911) per sottolineare che nello schizofrenico il mondo interno prevale nettamente su quello esterno, per cui si verifica una massiccia chiusura nei confronti della realtà. L. Kanner (1943), studiando un gruppo di bambini affetti da a., ha ripreso il termine dandogli però una connotazione diversa e cioè intendendolo non tanto come espressione di un ritiro attivo dalla realtà, quanto invece di un’incapacità di sviluppare delle relazioni con l’esterno. In altri termini, mentre lo schizofrenico si ritira dal mondo, il bambino autistico non vi è mai entrato. Nel 1946 Kanner introduce il termine​​ a. i. precoce,​​ che sarà poi universalmente adottato.

2. L’a.i. precoce​​ detto anche​​ primario​​ tende ad evidenziarsi nei primi diciotto mesi di vita, con una proporzione oscillante dai 2 ai 4 casi ogni 10.000 nati e con una netta frequenza di 3-4 volte superiore nei maschi rispetto alle femmine. Oltre a questo primo tipo, è stato individuato un​​ a.i. secondario a regressione.​​ Esso è più raro, compare entro i primi trenta-trentasei mesi, dopo un periodo iniziale di sviluppo apparentemente normale e a seguito di eventi che comportano un allentamento dell’investimento materno.

3. I​​ sintomi​​ più significativi sono: isolamento estremo, bisogno d’immutabilità, stereotipie, identificazione adesiva, disturbo del linguaggio, uso autistico degli oggetti. Non sono chiare le​​ cause​​ che stanno all’origine dell’a. Alcuni insistono sui fattori organici (genetici, biochimici, neurologici). D’altra parte è però possibile riscontrare una patologia autistica anche in bambini che, almeno con gli strumenti di ricerca finora disponibili, non evidenziano alcun danno organico. Allo stato attuale emergono due orientamenti: uno che tende a sottolineare la prevalenza della base organica ed un altro che invece individua le cause in fattori prevalentemente psicodinamici.

4. Stante la​​ varietà​​ dei modelli interpretativi dell’a.i., le proposte terapeutiche sono estremamente varie. Appare sconsigliabile una terapia prevalentemente farmacologica. Inoltre è ormai superato il ricorso all’inserimento del bambino autistico in una istituzione globale, come suggeriva a suo tempo​​ ​​ Bettelheim. Attualmente, s’insiste per una cura che passa attraverso l’ospedale diurno. Gli autori ad orientamento psicodinamico (M. Mahler,​​ ​​ Winnicott, F. Tustin, W. R. Bion, D. Meltzer), proprio perché indicano la causa dell’a. nel fatto che il bambino all’origine non ha sperimentato il contenimento delle proprie angosce primarie da parte della madre, insistono sul concetto di​​ ambiente terapeutico,​​ inteso non come luogo fisico, ma come contenitore psichico fatto d’interventi psicoterapeutici, educativi, scolastici e ricreativi e di azione di sostegno ai genitori.

Bibliografia

Tustin F.,​​ A. e psicosi infantile,​​ Roma, Armando, 1975; Bettelheim B.,​​ La fortezza vuota,​​ Milano, Garzanti, 1976; Meltzer D.,​​ Esplorazioni sull’a.,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1977; Tustin F.,​​ Stati autistici nei bambini,​​ Roma, Armando, 1983;​​ Mazet Ph. - S. Lebovici,​​ Autisme et psychoses de l’enfant,​​ Paris, PUF, 1990; Lelord G. - D. Sauvage,​​ L’autisme de l’enfant,​​ Paris, Masson, 1990;​​ Tustin F.,​​ Protezioni autistiche nei bambini e negli adulti,​​ Milano, Cortina, 1991; Ballerini A.,​​ Patologia di un eremitaggio. Uno studio sull’a. schizofrenico, Torino, Bollati Boringhieri, 2002; Resnik S. et al.,​​ Abitare l’assenza. Scritti sullo spazio-tempo nelle psicosi e nell’a. infantile, Milano, Angeli, 2004;​​ Mistura S. (Ed.),​​ A. L’umanità nascosta, Torino, Einaudi, 2006; Quill K. A.,​​ Comunicazione e reciprocità sociale nell’a., Gardolo, Erickson, 2007; Donaggio a. et al. (Edd.),​​ A. e psicosi infantile, Roma, Borla, 2007.

V. L. Castellazzi

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AUTISMO INFANTILE

AUTOCONTROLLO

 

AUTOCONTROLLO

L’esigenza di ordine e di misura nell’essere e nell’agire personale è fondamentale in educazione.

1. In tal senso formare il bambino all’a. è una delle principali finalità dell’educazione. Tale finalità in molti casi non viene raggiunta, per cui molti giovani e adulti sono afflitti da gravi problemi. Baumeister, Heatherton e Tice (1994) descrivono alcune forme di questa incapacità di autocontrollarsi: sregolatezza nel comportamento sessuale (maternità indesiderata delle giovani, infedeltà coniugale, malattie veneree e AIDS); sperpero di risorse e di danaro, uso di droghe, abuso di alcolici ed eccesso nell’alimentazione, maltrattamento del coniuge e dei figli, delinquenza e criminalità. Tutto ciò è dovuto alla scarsa acquisizione di a., di autodisciplina e di autoregolazione.

2. L’a. si forma nell’interazione dei fattori genetici con lo stile educativo, il quale si concretizza sostanzialmente in quattro modalità: a) caldo e ragionevole (modelli di a. vengono proposti insieme con forme di sostegno affettivo); b) severo oppure eccessivamente tollerante (senza sostegno affettivo), che porta all’aggressività repressa oppure a quella manifesta; c) instabile (con reazioni imprevedibili del genitore e con difficoltà di comportamento coerente del figlio e quindi con difficoltà di acquisizione di a.); d) con eccessivo controllo (che porta il figlio all’isolamento sociale e alla nevrosi, con rischio di​​ ​​ devianza). Prescindendo dai quattro stili, i genitori e gli educatori possono compromettere la formazione dell’a. dei figli o degli alunni prefiggendo loro degli obiettivi troppo elevati, criticandoli frequentemente, rilevando spesso i loro errori e sostituendosi alle loro scelte e decisioni. Nella formazione dell’a. risulta fondamentale la capacità del bambino di dilazionare la soddisfazione dei suoi​​ ​​ bisogni. È stato constatato che tale capacità, rilevata all’età di 4-5 anni, è correlata con la capacità di autoregolazione nell’adolescenza; tali bambini inoltre risultano collaborativi da adolescenti, al contrario dei bambini privi di questa capacità, che risultano inquieti e aggressivi. L’a. è una delle componenti fondamentali nei progetti di prevenzione del rischio giovanile e contribuisce alla formazione di alcuni importanti costrutti psicosociali come​​ ​​ autoefficacia,​​ ​​ stima di sé e​​ ​​ resilienza.

Bibliografia

Baumeister R. T. - T. F. Heatherton - D. M. Tice,​​ Losing control: How and why people fail at self-regulation,​​ San Diego, Academic Press, 1994.

K. Poláček

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AUTOCONTROLLO

AUTOEFFICACIA

 

AUTOEFFICACIA

L’a. è un​​ ​​ costrutto psicologico elaborato da A. Bandura (1987) nell’ambito della sua teoria sociale cognitiva. Essa si riferisce alla stima globale che il soggetto fa delle sue abilità in vista di un determinato compito e la convinzione di riuscirci. Da tale stima dipenderà se il soggetto sceglierà o meno una determinata attività e quanto sforzo svilupperà per superare gli eventuali ostacoli, quanto sarà perseverante nel raggiungimento del risultato.

1. Bandura distingue nel costrutto tre aspetti:​​ livello,​​ forza​​ e​​ ampiezza.​​ Il livello si riferisce alla difficoltà del compito da affrontare e alla previsione di conseguire in esso un esito positivo; la forza rappresenta il grado di fiducia che il soggetto possiede nelle proprie abilità per poter svolgere un determinato compito; l’ampiezza si riferisce all’estensione del settore di cui il compito fa parte. Oltre a questi tre aspetti, Bandura indica anche quattro «sorgenti» dell’a.: previa esperienza positiva nel compito (successo), esperienza vicaria (osservazione e imitazione di persone di successo), persuasione verbale (esortazione da parte di terzi), stati affettivi costruttivi (rilassamento e buon umore). La previsione del successo e la possibilità di poterlo raggiungere sono i fattori principali nel processo e nella formazione dell’a. Il successo non solo potenzia l’a., ma incoraggia il soggetto a prefiggersi degli obiettivi ancora più elevati rispetto a quelli già raggiunti. In questo processo è importante non solo la stima delle abilità ma anche la convinzione del soggetto che esse siano malleabili e non determinate geneticamente o socialmente. In questa prospettiva egli considera le sue abilità come delle potenzialità cognitive, sociali, motivazionali e comportamentali da organizzare per raggiungere specifiche finalità.

2. L’a. avviene in un contesto sociale e perciò implica da parte del soggetto il controllo sull’ambiente che può avvenire per ragioni personali e sociali. Il primo tipo di controllo si riferisce alla convinzione del soggetto di poter ottenere un determinato risultato con lo sforzo personale; il secondo riguarda la sua convinzione di poter intervenire invece sull’ambiente sociale e in questo caso si tratta di a. collettiva. Bandura (2000) sostiene che l’a. è presente, con le debite variazioni, in tutte le culture. Siu, Lu e Spector (2007) ne hanno offerto una conferma nel continente asiatico riscontrando l’effetto positivo dell’a. sul benessere psichico e fisico nella gestione dello stress lavorativo degli operatori del settore manageriale in Cina.

3. L’a. trova una vasta applicazione in vari settori della psicologia, della sociologia e dell’educazione: rendimento (scolastico, accademico, sportivo e professionale), dominio dello stress, delle fobie, gestione delle malattie croniche, potenziamento della salute, controllo delle abitudini nocive come abuso di alcolici e uso di droghe (Maddux, 1995). Numerose conferme sperimentali ed empiriche sull’utilità del costrutto in tali aree si trovano in Bandura (2000), Schwarzer (1992) e Poláček (1995). L’a. che può essere rilevata con alcuni brevi questionari, può risultare particolarmente utile in campo educativo. Choi, Fuqua e Griffin (2001) hanno confermato la validità di una scala di Bandura destinata agli studenti universitari. Nota e Soresi (2000) hanno applicato l’a. nell’orientamento, particolarmente al processo delle scelte offrendo una solida trattazione teorica e ricco materiale per potenziarle. L’a., situata in una teoria del comportamento basata sulla convinzione che l’agire umano è intenzionale e finalizzato, si trova in armonia con gli obiettivi educativi più elevati. Anche l’interattività del costrutto che consiste nell’intensa comunicazione tra il soggetto e il suo ambiente può contribuire al suo uso nel processo educativo. Le tre sorgenti dell’a. indicate da Bandura (esperienza positiva, esperienza vicaria e persuasione verbale) offrono dei validi procedimenti per potenziare l’a. dei soggetti in crescita.

Bibliografia

Bandura A.,​​ Social foundation of thought and action: a social cognitive theory,​​ Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1986; Schwarzer R. (Ed.),​​ Self-efficacy: thought control of action,​​ Washington, Hemisphere Publishing Corporation, 1992; Poláček K.,​​ A.: costrutto e utilizzazione,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 42 (1995) 927-957; Maddux J. E. (Ed),​​ Self-efficacy,​​ adaptation,​​ and adjustment: Theory,​​ research,​​ and application,​​ New York, Plenum Press, 1995; Bandura A.,​​ A.: Teoria e applicazioni,​​ Trento, Erickson, 2000; Nota L. - S. Soresi,​​ A. nelle scelte. La visione sociocognitiva dell’orientamento,​​ Firenze, Iter, 2000; Choi N. - D. R. Fuqua - B. W. Griffin,​​ Exploratory analysis of the structure of scores from the multidimensional scales of perceived self-efficacy,​​ in «Educational and Psychological Measurement» 61 (2001) 475-489; Siu O. - C. Lu - P. E. Spector,​​ Employees’ well-being in Greater China: The direct and moderating effects of general self-efficacy,​​ in «Applied Psychology: An International Review» 56 (2007) 288-301.

K. Poláček

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AUTOEFFICACIA

AUTOILLUSIONE

 

AUTOILLUSIONE

L’a. consiste nella strategia efficace che il soggetto adotta per potenziare il suo​​ ​​ benessere fisico o psichico. In vista di tale finalità egli usa alcuni​​ ​​ meccanismi di difesa per sfuggire o almeno per mitigare gli effetti di una dura realtà.

1. La strategia dell’a. è stata ampiamente elaborata da Taylor e Brown (1988) e successivamente ancora da Taylor (1991). Nella prima pubblicazione, che ha avuto una straordinaria risonanza, le due autrici hanno sostenuto che la moderata sopravvalutazione di se stessi, l’illusoria convinzione di padroneggiare le cause del proprio comportamento e un non del tutto fondato ottimismo, aumentano il benessere psichico e spesso anche la​​ ​​ creatività. Le ipotesi delle due autrici sono state confermate in studi successivi: i soggetti psichicamente sani e socialmente adattati avevano un concetto di sé distorto in direzione positiva, mentre i soggetti con il concetto di sé realistico avevano una bassa stima di se stessi ed erano inclini alla​​ ​​ depressione. È stato quindi concluso che le illusioni potenziano la salute delle persone e infondono ottimismo sul loro futuro. Qualche autore ha invece rilevato che Taylor e Brown non hanno chiarito i confini tra la valutazione distorta e quella oggettiva, ed hanno sostenuto che l’a. può produrre solo un effetto transitorio e che su una realtà distorta non è possibile effettuare un valido adattamento. Taylor e Brown (1994) hanno replicato che non è facile nella​​ ​​ autovalutazione distinguere tra l’illusione e la realtà. Altri autori ancora hanno sottolineato i rischi dell’a.: i soggetti che lo adottano diventano insensibili alle giuste critiche e spesso negano l’esistenza dei loro limiti; si attribuiscono i meriti puramente casuali mentre attribuiscono ai fattori esterni i fallimenti, ed in tal modo si convincono di padroneggiare il proprio ambiente sociale.

2. I pregi e i rischi dell’a. sono stati documentati sugli ammalati terminali. Alcuni autori, pur riconoscendo l’effetto positivo dell’a. sul benessere di tali soggetti, hanno notato che essi tendevano a trascurare le cure efficaci aggravando in tal modo la propria salute. L’a. viene adottata dalle persone per proteggere o per potenziare la​​ ​​ stima di sé. A tale scopo vengono usati i noti meccanismi di difesa (Poláček, 2001) come la repressione (evitare i pensieri disturbanti), la negazione (non riconoscere problemi evidenti), la rimozione (allontanare desideri, sentimenti, pensieri ed esperienze disturbanti), la razionalizzazione (fare ragionamenti infondati), l’intellettualizzazione (discutere sui problemi senza risolverli). Da quando la psicologia dinamica ha ammesso che lo scopo della terapia non è più quello di far accettare al paziente la realtà, anche l’a. è considerata una strategia utile per la promozione della salute mentale delle persone. Nell’educazione l’a. trova la sua utilizzazione nella considerazione positiva delle risorse dei giovani, nel coltivare l’ottimismo sul loro futuro e nel proporre obiettivi superiori alle loro «reali» possibilità.

Bibliografia

Taylor S. E. - J. D. Brown,​​ Illusion and well-being: a social psychological perspective on mental health,​​ in «Psychological Bulletin» 103 (1988) 193-210; Taylor S. E.,​​ Illusioni: Quando e perché l’autoinganno diventa la strategia più giusta,​​ Firenze, Giunti, 1991; Taylor S. E. - J. D. Brown,​​ Positive illusions and well-being revisited: Separating fact from fiction,​​ in «Psychological Bulletin» 116 (1994) 21-27; Poláček K.,​​ I meccanismi di difesa nell’ambito educativo: un aggiornamento,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 48 (2001) 997-1008.

K. Poláček

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