ALLEANZA

 

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1.​​ Per una definizione del concetto di A.​​ La parola A. traduce l’ebraico berit, di incerta etimologia. Potrebbe essere derivato dall’accadico biritu = legame e significherebbe quindi accordo vincolante; un’altra derivazione parte da birit = fra, e quindi andrebbe nella direzione di una mediazione; un’ulteriore spiegazione deriva berit dalla radice ebraica brh I = mangiare, e quindi potrebbe riferirsi alla cena cultica che accompagna la conclusione di un’A.

E. Kutsch et al. partono dalla radice brh II, che significa vedere/scegliere/eleggere; in tal caso berit significherebbe l’elezione, il destino che l’autore dell’A. ha scelto. La Bibbia greca,​​ i​​ LXX, e al loro seguito il NT, traducono berit con diatheke (invece di syntheke, che ci si aspetterebbe), il che significa, come il latino testamentum (e analogamente molte lingue moderne), ultima disposizione della volontà. Il significato di berit non si riferisce primariamente a un accordo reciproco, ma esprime il solenne obbligo che Dio si assume. Secondo N. Lohfink, sarebbe sinonimo di giuramento.

Nella Bibbia berit significa quindi in primo luogo l’accondiscendenza misericordiosa di Dio: non una situazione ma un evento. A. non sottolinea primariamente la prestazione alla quale ambedue i partner sono vincolati, ma l’iniziativa presa da Dio. Secondo M.​​ Buber​​ va comunque tenuto presente l’elemento di “evento dialogico”. Questa A. che Dio dona all’uomo, e che in ultima analisi è indipendente dalle prestazioni da parte dell’uomo, implica comunque un obbligo per colui che la riceve: occorre ascoltarla, corrispondervi, agire in conformità con essa. Perciò, come in​​ Es​​ 34,27, berit può anche avere il seguente significato: una Legge, promulgata da Iahvè in quanto Signore, per la quale aspetta obbedienza. Nell’”antica A.” (2​​ Cor​​ 3,14) diventa manifesto che la risposta da parte dell’uomo non è proporzionata all’accondiscendenza di Dio. Perciò i Profeti aspettano una “nuova A.” (Ger​​ 31,31), in cui gli obiettivi di Dio, cioè la salvezza dell’uomo, vengono di fatto raggiunti. Questo però si realizza soltanto in Cristo, il quale “così adempie ogni giustizia” (Ali 3,15). Il suo comportamento, pienamente conforme all’A., offre a tutti gli uomini, nella fede, la possibilità di conformarsi, e di partecipare in pienezza, per mezzo suo, alla fedeltà dell’A. da parte di Dio.

L’ → AT conosce una serie di A. Il punto di partenza è la realtà della → creazione (Gn​​ 1), che da parte di Dio è irrevocabile, come viene garantito dalle A. con Noè (Gn​​ 9), Àbramo (Gn​​ 15-17), Mosè (Es)​​ e Davide (2​​ Sam​​ 7). Il vincolo con il quale Dio obbliga se stesso, come pure l’accettazione del vincolo da parte del popolo dell’A., vengono celebrati liturgicamente, e in diversi modi vengono codificati per iscritto, per es. nel libro dell’A. (Es​​ 20-23), nel nucleo originario del​​ Dt​​ (cf 2​​ Re​​ 23), e anche in formule brevi liturgiche, per es. nella cosiddetta formula dell’A.: “Io sono il vostro Dio – voi siete il mio popolo!”; una promessa da parte di Dio, che include però la esclusività del culto verso di lui. Il popolo dell’A. conosce anche altri organi dell’A.: re, sacerdote, profeta. Fino a non molto tempo fa si dava grande importanza al fatto che i formulari dell’A. nell’AT mostrano paralleli con i contratti dei vassalli hittiti e di altre culture orientali. Oggi invece si preferisce parlare soltanto di una connessione indiretta, dovuta al contesto culturale comune dell’antico oriente. Il termine tecnico dell’AT per indicare l’A. è karat berit: tagliare un’A.; secondo​​ Gn​​ 15 e altri passi i partner dell’A., con una specie di rito di automaledizione, passano attraverso le due metà degli animali uccisi, per esprimere che così capiterà a chi non osserverà l’A. Anche in questo caso l’accento è messo sull’accettazione solenne del vincolo, e sulla promessa vincolante nei confronti del partner dell’A.

2.​​ Diversi significati di A.​​ Nell’AT a seconda delle epoche e degli strati teologici il termine A. ha significati diversi, anche se rimane sempre presente l’idea che l’A. è un dono di Dio, il quale benevolmente prende la parte dell’uomo. Per descriverla più concretamente si ricorre a concetti quali pace, salvezza, popolo e terra, conoscenza di Dio. Nei testi precedenti all’esilio — risalenti in parte al periodo che precede l’Israele storico e anche più in là, nei racconti di J, E, JE e deuteronomista, che però non è possibile stabilire con esattezza — noi incontriamo autentiche pre-formulazioni del successivo concetto di A., che è stato formulato dalla teologia deuteronomica-deuteronomistica nel periodo dell’esilio e postesilico.

Anche le presentazioni del codice sacerdotale, della legge della santità, di Ezechiele et al., sono da considerarsi parallele al suddetto concetto. Così pure nel tardo giudaismo e nell’epoca del NT, dove A. significa la totalità dell’agire salvifico di Dio e l’insieme delle sue promesse nell’AT, e quindi anche la nuova A. in Gesù Cristo. Anche nel NT è possibile distinguere diversi concetti di A.

Comune a tutti i testi dell’AT e del NT è la promessa da parte di Dio: la promessa che egli opererà la salvezza dell’uomo; come pure il fatto che, in Cristo, anche la controparte umana ha dato una risposta positiva ed è finalmente disposta ad accettare la piena gratificazione da parte di Dio.

3.​​ Rapporto con la C.​​ L’A., decisione sovrana da parte di Dio in favore dell’uomo, deve sempre essere presentata nella C. come parte essenziale del Lieto Annuncio; non come qualcosa di statico, ma come una realtà dinamica e personale. Occorre richiamare l’attenzione sulla affidabilità e sulla fedeltà di Dio, anche in presenza di infedeltà da parte dell’uomo. L’A. va quindi annunciata come l’esperienza gioiosa che Dio non ci dimentica mai e non ci cancella mai. L’A. significa dunque la realizzazione del senso della vita e il compimento dell’esistenza umana.

Nella presentazione cat. dell’A. occorre evitare l’errore quasi inestirpabile di Marcione (a. 160), il quale rifiuta l’AT, perché scorge in esso soltanto il Dio dell’ira, a cui viene contrapposto il Dio dell’amore del NT. In realtà tutte le promesse dell’AT trovano il loro compimento in Cristo. La novità consiste soprattutto nel fatto che Cristo offre ora all’uomo la capacità di aderire all’offerta da parte di Dio, di vivere nella Chiesa di Cristo e nei suoi sacramenti, e nella forza dello Spirito di Cristo, come partner vitale dell’A. con Dio, e di partecipare pienamente alla forza vitale di questa A. con Dio, che non delude mai.

Bibliografia

K.​​ Baltzer,​​ Das Bundesformular,​​ Stuttgart 19642; A.​​ Deissler,​​ L’annuncio dell’Antico Testamento,​​ Brescia,​​ Paideia,​​ 1980;​​ J.​​ Giblet – P. Grelot,​​ Alleanza,​​ in X. Léon-Dufour (ed.),​​ Dizionario di teologia biblica,​​ Torino, Marietti, 1968; E.​​ Kutsch,​​ Berit/impegno,​​ in E. Jenni – C.​​ Westermann,​​ Dizionario di teologia dell’Antico Testamento,​​ vol.​​ I, Torino, Marietti, 1978; N. Lohfink,​​ La promessa della terra come giuramento,​​ Brescia,​​ Paideia,​​ 1973; D.​​ J. McCarthy​​ et al.,​​ Per una teologia del patto nell'Antico Testamento,​​ Torino, Marietti, 1973; G. Quell –​​ J. Behm,​​ Diatheke,​​ in G.​​ Kittel​​ (ed.),​​ Grande Lessico del Nuovo Testamento,​​ Brescia,​​ Paideia,​​ 1966,​​ vol.​​ II, 1017-1094.

Otto​​ Wahl

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ALLEGRIA

 

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L’a. è un sentimento dell’animo lieto, che si rivela vivido nelle molteplici espressioni umane: volto e aspetto, movimenti e gesti... Scaturisce dall’emozione primaria della gioia e si manifesta con vivacità nella​​ ​​ festa. Ciò che rallegra nutre la mente, tonifica il cuore e facilita la comunicazione.

1. Nella prospettica pedagogica l’a. trova la sua collocazione formale nel discorso sull’ambiente educativo. Più che configurare solo il «pädagogischer Bezug», il rapporto educativo (Nohl), trova il suo luogo proprio nel «pädagogisches Feld», il campo pedagogico (Winnefeld), provocando i mondi vitali alla scoperta di significati e alla loro stessa produzione. Di certo il sentimento d’a. incontra solchi fertili nell’animo umano, specie giovanile. Il terreno più fecondo per il​​ ​​ dialogo educativo e la comunicazione dei​​ ​​ valori è senza dubbio un ambiente di a. A tale scopo occorre offrire, nell’età della crescita, ampio spazio alla libera espressione (​​ musica e canto,​​ ​​ sport e gioco, danza e​​ ​​ teatro, gite e pellegrinaggi) e alla manifestazione spontanea (emblema di un esuberante spazio estroverso è il «cortile», la «piazza»). L’hanno intuito educatori capaci, come don​​ ​​ Bosco, che nella giovinezza fondò la «Società dell’a.» e nella sua proposta educativa forgiò il trinomio: a., studio, pietà, in cui lo spazio-cortile e l’espressività giovanile assumono dignità pedagogica. Da qui la rilevanza educativa di creare un clima di a. e la convinzione di garantire un sereno tessuto dei rapporti amichevoli.

2. L’a. rivela così valenze interiori (sua fonte è la gioia) e insieme espressioni manifeste. Ne diventa metafora la festa, scandita dalle varie ricorrenze della vita, ma spesso vissuta nei momenti più quotidiani (esistenza come festa). Nell’età evolutiva il soggetto tende spontaneamente all’a. e alla festa: sa che queste nutrono i suoi sentimenti, creano fiducia e sostengono la crescita. L’a. è contagiosa: attraverso la dinamica empatica, come vissuto affettivo, l’a. coinvolge e trascina, creando una feconda piattaforma di relazioni positive e un ambiente costruttivo. Di certo festa e a. sono soggette all’ambivalenza, o addirittura alla deriva; e tuttavia rimangono sempre seducenti nella loro valenza educativa. Nella società contemporanea prevale una visione esistenziale di festa, vissuta nella realtà quotidiana: si cerca perciò una compresenza di evasione e di ricarica, di divertimento e di condivisione, di rapporti consueti e di relazioni inedite, di gratuità e di distacco. In tal senso l’a. e la festa giocano un ruolo non marginale, oggi. Si tratta però di assumerne le sfide educative come la socialità che si fa partecipazione, il coinvolgimento che rende protagonisti, i gesti simbolici che evocano e celebrano valori. All’educatore spetta creare le condizioni interiori perché si verifichino eventi valoriali: 1’​​ ​​ ottimismo di base che è fiducia in sé e negli altri; il gusto per i valori altruistici che fa scoprire il sapore della gratuità e solidarietà; il senso dell’​​ ​​ amicizia che fa superare la​​ ​​ solitudine e rafforza i legami sociali. La manifestazione dell’a. nella festa si fa così messaggio della gioia di vivere, non solo nei suoi aspetti più antropologici e culturali, ma non meno nelle sue evidenze etiche e religiose.

Bibliografia

Baggio D. A.,​​ Paz,​​ optimismo,​​ alegría,​​ Petrópolis, Vozes, 1988; De Monticelli R.,​​ L’a. della mente, Milano, B. Mondadori, 2004; Sagramola O.,​​ Educazione e pedagogia in Giovanni Bosco, Viterbo, Sette Città, 2005.

G. B. Bosco

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ALLPORT Gordon Willard

 

ALLPORT Gordon Willard

n. a Montezuma (Indiana) nel 1897 - m. ad Harvard nel 1967, psicologo statunitense.

1. Frequentando la Harvard University viene in contatto con il pensiero di​​ ​​ James e di​​ ​​ Dewey. Conseguito il dottorato nel 1922 con W. McDougall e H. Langfeld, vuole perfezionarsi in Europa, con​​ ​​ Spranger a Berlino, W. Stern ad Amburgo e F. C. Bartlett a Londra, nella ricerca di un complemento fra la tradizione nordamericana e quella europea. Dal 1924 alla morte, eccetto una parentesi di 4 anni, dal 1926 al 1930 trascorsi al Dortmund College, svolge la sua intensa attività accademica alla Harvard University. Nel 1937 diventa direttore del Department of Psychology e inizia contemporaneamente la pubblicazione del «Journal of Abnormal and Social Psychology», che dirigerà fino al 1949. Nel 1946 fonda il nuovo Department of Social Relations, che coordina e promuove le ricerche nell’ambito dei dinamismi personali e sociali. Nel 1939 è eletto presidente dell’American Psychological Association, e nel 1944 della Society for the Psychological Study of Social Issues. Insignito con due lauree​​ honoris causa,​​ è stato membro delle principali società nazionali di psicologia scientifica.

2. La prima sintesi del suo approccio alla psicologia si trova nel volume del 1937​​ Personality: a psychological interpretation.​​ Si tratta di uno dei primissimi manuali che riguardano la personalità normale, che, fin d’allora, esprime i principali tratti della sua psicologia: la preoccupazione per ciò che è tipicamente umano, sano, e caratterizza il singolo individuo, reagendo ad una psicologia attenta principalmente agli aspetti istintivi o patologici, o comuni agli animali, o protesa più a definire leggi universali che a comprendere la persona. In conformità con queste scelte, A. ha dovuto affrontare problemi epistemologici (come sia possibile una scienza dell’individuo) e metodologici: in un clima dove la scienza era equiparata alla quantificazione. A. ha scelto un metodo eclettico, che gli permette di raggiungere con sufficiente oggettività componenti umanamente importanti eppure sfuggenti al controllo quantitativo, come le intenzioni, i sentimenti, i valori e le decisioni a lunga portata, il senso di identità e di responsabilità.

3. Nel quadro di questa opzione «umanistica» si comprendono le sue pubblicazioni: dodici volumi di trattazioni varie, due monografie, due test, circa 150 articoli e numerose recensioni. I principali temi trattati riguardano la religione, il pregiudizio e la personalità. Nella sua opera maggiore sulla personalità (trad. it. 1977), che riprende e rielabora completamente la pubblicazione del 1937, A. ha raccolto il frutto maturo della sua riflessione e della sua ricerca: si ritrovano riconciliate le antinomie dell’unicità della persona e della sua socialità, del peso dell’inconscio e della ricerca di valori, della molteplicità di tratti ed abiti e dell’integrazione in un’intenzione centrale, della religiosità strumentalizzata nel pregiudizio o ricercata e vissuta come valore intrinseco. L’opera stessa si raccomanda come un accostamento sereno e imparziale ai problemi più urgenti per la comprensione della personalità. A. ha esercitato un notevole influsso sugli studiosi suoi contemporanei (Murphy, Maslow, Bertocci, Nuttin, Frankl), e continua ed esercitarlo attraverso gli sviluppi della corrente umanista.

Bibliografia

principali opere di A. tradotte in it.:​​ Divenire. Fondamenti di una psicologia della personalità,​​ Firenze, Editrice Universitaria, 1963;​​ L’individuo e la sua religione. Interpretazione psicologica.​​ Introduzione e traduzione a cura di N. Galli, Brescia, La Scuola, 1972;​​ La natura del pregiudizio,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1973;​​ Psicologia della personalità.​​ Introduzione e bibliografia delle opere di A. a cura di A. Ronco, Roma, LAS, 1977.

A. Ronco

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