ORATORIO

1.​​ Il termine O. compare in Roma nel 1500 con san Filippo Neri, che inizia questo tipo di servizio pastorale “per avvicinare giovani e adulti lontani dalla pratica della vita cristiana, unendo all’insegnamento della dottrina momenti di svago, di canto e passeggiate” (P.​​ Pecchia!,​​ Roma nel cinquecento,​​ Bologna,​​ 1948, 393).​​ Nel 1537 a Roma Ignazio di Loyola e i compagni Lainez e Fabro “comenzaron​​ a​​ enseñar​​ la​​ doctrina​​ cristiana a​​ los niños”, riscuotendo grande successo tra la gente, e servendosi dell’insegnamento gratuito della grammatica e delle lettere per meglio raggiungere i ragazzi e istruirli nelle verità della fede (L. Battoli,​​ Vita di S. Ignazio,​​ Roma, 1650, 274). Nel 1592 è san Giuseppe Calasanzio che, a Roma, mostra il suo zelo per i fanciulli poveri e abbandonati raccogliendoli in luoghi di educazione detti “scuole pie”. Mentre a Milano sorgono le scuole della dottrina cristiana e gli​​ O.​​ di san Carlo, nel corso dei secoli seguenti altri cercarono di integrare l’insegnamento della dottrina cristiana con attività care ai fanciulli come il gioco, la vita di gruppo, il servizio di carità ai compagni... giungendo fino all’attuale formula degli O. che, se ha in D. Bosco l’ideatore per eccellenza, è però presente sotto diverse e svariate formule di attuazione (come la FOM [Federazione Oratori Milanesi], il COR [Centro Oratori Romani], l’ANSPI [Associazione Nazionale S. Paolo per gli Oratori], gli O. salesiani, orionini, guanelliani...) in Italia, i patronages in Francia e nel Belgio, ecc.

2.​​ Nella forma attuale 1’0. è spazio di accoglienza, di pastorale e di formazione dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani che, nella sua tipica popolarità crea una tensione dinamica tra dimensione personale e comunitaria, e attraverso una ben dosata azione pedagogico-pastorale ne sostiene la crescita integrale.

3.​​ La C. è nell’O. allo stesso tempo annuncio di un messaggio di salvezza liberante, risposta a un interrogativo di senso della vita e di fede, testimonianza degli adulti nella fede, iniziazione alla preghiera, alla vita sacramentale, al servizio di carità. I contenuti proposti, essendo la metodologia degli O. caratterizzata dalla spontaneità, dalla sincerità e dalla gioia, divengono motivazione delle scelte e sostegno ad una educazione concreta e globale. Nelle attività tipiche della vita oratoriana (teatro, canto, gioco, sport, musica, turismo...) il ragazzo incarnerà la propria esperienza di crescita nella fede, e nella vita comunitaria vissuta quotidianamente apprenderà ad essere “onesto cittadino e buon cristiano” (D. Bosco).

4.​​ Questo metodo di C. che privilegia l’esperienza di vita, non sempre fu sostenuto e apprezzato da coloro che ritenevano la C. come pura trasmissione di contenuti dottrinali. Sembrò per lungo tempo, ad alcuni, che il carattere popolare dell’ambiente oratoriano, il clima di spontaneità nelle relazioni facesse perdere credibilità e profondità all’insegnamento della dottrina cristiana, per cui gli stessi parroci trascurarono, o bandirono addirittura, gli O. dalle loro strutture di pastorale, con il conseguente abbandono da parte dei ragazzi e dei giovani dell’ambiente della parrocchia. La pastorale rimaneva limitata ai fanciulli in occasione della recezione dei sacramenti della prima comunione e cresima; prima e dopo, vuoto di presenze, o piccoli gruppi viventi in associazioni specifiche.

5.​​ Il provvidenziale movimento cat. postconciliare, l’assunzione dei principi delle scienze umane in ordine all’età evolutiva, l’affermazione (CT 51) che “la varietà nei metodi è segno di vita e di ricchezza”, hanno confermato e consacrato la formula della C. oratoriana fatta di trasmissione di solidi contenuti di fede in un ambiente vivo e vitale dove, attraverso interessi e impegni, vita di socialità e di comunione ecclesiale, si matura alla riflessione, all’incontro con Dio e con i fratelli, alla celebrazione della fede. Nell’O. tutto diviene spazio e occasione di evangelizzazione e di C. e rivela la sacramentalità del vissuto quotidiano. Assumendo nelle espressioni migliori la cultura dei giovani, si porta in essa la forza del Vangelo e la sua ricchezza in clima di fede e di carità, in proiezione di speranza, perché siano lucidi e coerenti nella loro fede (CT 57). La diversità delle programmazioni, la varietà dei metodi, la ricchezza delle attività che continuamente vengono proposte caratterizzano in modo peculiare la C. dell’O. e ne fanno la sua forza di attrattiva.

Bibliografia

P. Braido.​​ Esperienze di pedagogia cristiana nella storia,​​ Roma, LAS, 1981; G.​​ Franza,​​ Il Catechismo a Roma,​​ Roma, Ed. Paoline, 1958; G. Gatti,​​ La catechesi dei fanciulli,​​ Leumann-Torino, LDC, 1975; U. Gianetto – R. Giannatelli,​​ La catechesi dei ragazzi,​​ ivi, 1976; F. Pascucci,​​ L’insegnamento religioso in Roma dal Concilio di Trento ad oggi,​​ Roma, 1938; P. Ricaldone,​​ Oratorio festivo, catechismo...,​​ Torino, SEI, 1940; S. Riva,​​ La contestazione nella catechesi,​​ Brescia, La Scuola, 1971.

Lorenzina Golosi

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