MESSAGGIO
I teologi e catecheti della corrente → kerygmatica hanno sostenuto con forza che la rivelazione cristiana “non è soltanto, né in primo luogo, la manifestazione di una verità, o di una serie di verità, o di un sistema” (D. Grasso). La rivelazione è anzitutto un fatto, un avvenimento, l’intervento di Dio nella storia per salvare l’uomo. Naturalmente la rivelazione è anche dottrina; anzitutto perché Dio non può intervenire nella storia senza dirci il perché del suo intervento, e mostrarci il significato dei fatti attraverso cui si rivela; e poi perché i dati della rivelazione possono essere sviluppati e organizzati, dando luogo a un sistema coerente di verità. Ma ciò non è il dato principale. Il cristianesimo è un complesso di fatti, i quali costituiscono la storia degli interventi di Dio per mostrare all’uomo il suo amore e chiamarlo alla partecipazione della sua natura divina. Esso non è quindi una “visione del mondo”, ma un Vangelo, una buona novella. In termini più tecnici si direbbe: il cristianesimo non è un sistema, ma un messaggio.
Un sistema è, per sua natura, impersonale. Chi lo comunica ad altri si chiama professore, e la forma con la quale lo si comunica è l’insegnamento. Il messaggio, al contrario, “pur supponendo e fondandosi su una interpretazione della realtà, su un sistema, non si ferma a questa interpretazione”. Il messaggio non espone soltanto la realtà. È talora una rivolta contro la realtà, il tentativo di trasformarla, è dinamico, è rivoluzionario, tende a creare una nuova situazione. “Il sistema crea la rassegnazione, il messaggio la speranza. Esso è, esattamente, un Vangelo, una Buona Novella, la Buona Novella che la realtà delle cose può cambiare in meglio” (D. Grasso).
Bibliografia
D. Grasso, L’annuncio della salvezza. Teologia della predicazione, Napoli, D’Auria, 1965.
Ubaldo Gianetto
METE (della catechesi)
Col termine mete della C., cui vengono associati spesso altri simili, come fine, finalità, obiettivi, si vogliono indicare i traguardi, i punti di arrivo, i risultati che con la C. si vorrebbero ottenere. Qualche volta le M. vengono equiparate ai compiti della C., impropriamente, in quanto questi ultimi designano piuttosto le azioni o operazioni che la C. deve svolgere in vista del raggiungimento delle M.
Da un punto di vista formale, le MdC vengono formulate e classificate generalmente secondo criteri diversificati: la lunghezza del percorso (M. o finalità ultime, intermedie, prossime); l’ambito raggiunto (M. individuali, comunitarie, ecclesiali); i settori della personalità interessati (M. o obiettivi cognitivi, affettivi, operativi o comportamentali).
1. Un tema centrale, in riferimento alle MdC, riguarda la formulazione della M. o finalità ultima della C. La letteratura cat. adopera a questo riguardo espressioni o categorie diverse, come per es. → maturità di fede (cf CT 25), → mentalità di fede (cf RdC 36-38), integrazione tra fede e vita (RdC 52-55), → professione di fede (cf Messaggio del Sinodo 1977, n. 8), articolazione della fede (cf G. Adler – G. Vogeleisen, 1981, 362-416), riuscita della vita nella prospettiva della fede (Dar katechetische Wirken, 1978, A.3), ccc. Come si vede, le diverse formulazioni mettono sempre al centro la fede come atteggiamento di base dell’esistenza cristiana (in un senso globale che include anche la speranza e l’amore), vissuta in un dinamismo di crescita verso la maturità e in collegamento vitale con la vita, che nella fede deve trovare senso, pienezza, riuscita. È facile osservare come questa concezione densa e ambiziosa della M. principale della C. vada al di là di una visione più ristretta — presente spesso nell’età moderna — che insisteva di più sulla dimensione cognitiva o noetica della fede (il sapere della fede, la conoscenza della dottrina) come M. principale della C.
2. In senso esistenziale e nell’orizzonte della prassi ecclesiale cui appartiene la C., la domanda sulle MdC si risolve in ultima analisi nelle questioni: quale tipo di cristiano, di credente deve promuovere la C.? Quale tipo di comunità cristiana deve apparire come traguardo della C.? Quale modello o progetto di Chiesa deve perseguire? Sono prospettive di grande importanza e attualità che qualificano la C. e ne mettono a prova la genuinità.
— È importante anzitutto precisare il modello di credente che deve prefiggersi la C. come meta. Se nel passato la C. puntava alla promozione del “buon cristiano” o del “fedele praticante”, con caratteristiche tipiche secondo le regioni e le epoche, oggi l’attenzione appare rivolta alla formazione di credenti sinceri e convinti (di qui l’importanza della → conversione tra le MdC) in processo di crescita verso la → maturità della fede e della vita cristiana. Nel precisare poi le esigenze di tale maturità, ne vengono giustamente sottolineati i presupposti umani: personalità equilibrata, maturità affettiva, senso sociale, ecc. (che perciò diventano pure MdC), e i tratti oggi richiesti dalle condizioni socio-culturali e storiche: adesione personale convinta, senso comunitario ed ecclesiale, impegno e partecipazione nell’ambito socio-culturale e politico, ecc.
— Anche la comunità è MdC. Tra i suoi obiettivi, la C. tende anche alla creazione, promozione e strutturazione di autentiche comunità cristiane (cf Sinodo del 1977, prop. 25; Puebla 992). Di qui l’importanza di una adeguata concezione e descrizione della comunità cristiana, dei suoi tratti costitutivi, delle sue esigenze di maturazione, e quindi la necessità — in sede pastorale catechetica — di fissare i criteri di discernimento di una autentica comunità, in modo da poter superare alcuni non infrequenti segni patologici: integralismo, chiusura autosufficiente, spirito di setta, formalismo, devozionalismo, polarizzazioni “spiritualistiche” o “temporalistiche”, ecc.
— La C. ha anche un orizzonte ecclesiologico, in quanto presuppone sempre una certa concezione di Chiesa e tende sempre, in forma più o meno consapevole, alla realizzazione di un certo progetto di Chiesa. La costruzione della Chiesa, o — meglio — la promozione di un convincente progetto di Chiesa si colloca oggi tra le principali MdC. Ne deriva la convenienza che tale progetto venga esplicitato, e soprattutto che se ne possa offrire uno avvincente, rinnovato, nella linea dell’ecclesiologia di comunione e di servizio del Vaticano IL
Le considerazioni fatte sull’ideale di credente, di comunità e di Chiesa che la C. deve perseguire portano a una conclusione importante: la C. non deve avere un compito di restaurazione o conservazione (al servizio cioè di uno status quo cristiano ed ecclesiale da perpetuare) ma deve dimostrare capacità innovatrice e svolgere una funzione critica (cf Das katechetische Wirken, cit.) all’interno della Chiesa.
3. Per ciò che concerne la determinazione più analitica e particolareggiata delle M. o obiettivi della C., le formulazioni sono molto ricche e svariate. Vengono proposte M. o obiettivi di natura prevalentemente cognitiva (quali ad es. conoscenza del mistero cristiano, iniziazione alla S. Scrittura, mentalità di fede); nell’ambito affettivo o attitudinale (quali conversione al Vangelo, atteggiamenti di fede, mentalità universale, senso di appartenenza); e obiettivi a livello operativo o comportamentale (le svariate iniziazioni alle forme diverse di vita e azione cristiana: alla preghiera, alla liturgia, alla vita ecclesiale, all’impegno nel mondo, all’azione ecumenica, alla responsabilità apostolica e missionaria, ecc.). All’interno di questa esplicitazione delle MdC emergono oggi alcune particolari istanze e problemi:
— Ci si domanda per esempio se tra i diversi obiettivi della C. qualcuno debba essere considerato centrale, fondamentale. Una posizione più conservatrice vorrebbe mettere al primo posto la conoscenza della fede, l’acquisto e l’approfondimento delle conoscenze religiose (in collegamento con una visione prevalentemente noetica della C. e della fede). Altri propendono per una accentuazione del momento di conversione o dell’aspetto operativo del compito cat. Sembra più oggettivo e convincente insistere sulla centralità della fede come → atteggiamento di base della crescita cristiana, e quindi come mobilitazione dinamica di tutta la personalità nella sequela di Cristo, comprendente sia lo sviluppo armonico della dimensione conoscitiva sia la disposizione operativa verso le diverse espressioni dell’agire cristiano: preghiera, celebrazione, ascolto, partecipazione, impegno, missione.
— Un rischio spesso presente nelle formulazioni delle MdC è quello di presentare queste con tale varietà e ampiezza da far pensare che lo scopo della C. coincida con quello dell’azione pastorale nella sua globalità. In questo senso è importante richiamare la specificità e i limiti dell’impegno cat.: la C. è sempre un ministero di parola (pur in senso largo) con carattere di esplicitazione, approfondimento e iniziazione nel dinamismo della crescita nella fede e nella vita cristiana.
— Un altro aspetto problematico riguarda la domanda se le MdC siano raggiungibili o meno in un momento determinato dell’esistenza, e quindi se la C. vada considerata come un processo limitato nel tempo oppure (secondo una concezione oggi frequente) come C. permanente o educazione permanente alla fede, coestensiva perciò a tutta la durata della vita. Il problema riguarda pure il tema dei → destinatari della C. e ad esso rimandiamo per un esame sintetico dello stato della questione.
Bibliografia
G. Adler – G. Vogeleisen, Un siècle de catéchèse en France 1893-1980, Paris, Beauchesne, 1981, 362416; E. Alberich, Catechesi e prassi ecclesiale, Leumann-Torino, LDC, 1982, 90-131; A. Aparisi, Invitación a la fe, Madrid, ICCE, 1972, 5-54; J. Colomb, Al servizio della fede, vol. I, Leumann-Torino, LDC, 1969, libro I, parte II; F. Coudreau, Si può insegnare la fede?, ivi, 1978; D. Emeis – K. H. Schmitt, Grundkurs Gemeindekatechese, Freiburg, Herder, 1977, 30-43; A. Exeler, Wesen und Aufgabe der Katechese, Freiburg, Herder, 1966, 47128; E. Feifel, Glaube und Bildung, in Handbuch der Religionspädagogik, vol. III, Zürich, Benziger, 1975, 25-41; Das katechetische Wirken der Kirche, in L. Bertsch et al. (ed.), Gemeinsame Synode der Bistümer in der Bundesrepublik Deutschland. Ergänzungsband, Freiburg, Herder, 1978, A.3; Le mete della catechesi. Atti del 2° Convegno Amici di Catechesi, Torino-Leumann, LDC, 1961; V. M. Pedrosa, La catcquesis, hoy, Madrid, PPC, 1983 , 87-103; M. Van Caster, Le strutture della catechesi, Roma, Ed. Paoline, 1971.
Emilio Alberich