EDUCAZIONE CRISTIANA

 

EDUCAZIONE CRISTIANA

EC è il termine corrente per indicare l’educazione che si pratica all’interno delle comunità cristiane. Esaminato accuratamente, manifesta una vasta gamma di significati, dipendenti da precomprensioni di natura teologica o antropologica. Oggi esige di essere ripensato seriamente, tenendo presenti da una parte gli orientamenti attuali delle scienze dell’educazione, dall’altra le nuove prospettive con cui il Concilio Vaticano II ha considerato i problemi educativi.

L’inserimento della Chiesa lungo i secoli in culture differenti ha posto alla coscienza cristiana numerosi problemi, teorici e pratici, circa il settore educativo, problemi riguardanti i fini, i metodi, i mezzi e le istituzioni educative. Le soluzioni “inventate” alla luce della fede, pur avendo alcuni denominatori comuni, appaiono molteplici e differenti, non offrendo la Bibbia — essa pure incarnata in una determinata cultura — una risposta già precostituita a tutte le domande sull’educazione.

Una concezione dell’EC, per essere valida nell’attuale contesto culturale, non può essere astratta e astorica, accontentandosi di formule generiche, quali “formare Cristo nei giovani” o “ricostruire l’immagine di Dio nell’uomo”; deve invece incarnarsi nelle attese e nelle esigenze del nostro tempo. Perciò non può essere ricavata per via di semplice deduzione dalla Bibbia o dai documenti della Chiesa, ma deve essere costruita, alla luce della fede, con l’ausilio delle scienze dell’educazione.

Nell’orizzonte di queste premesse crediamo di poter definire l’EC come: a) un’educazione​​ autenticamente umana​​ e​​ attuale,​​ cioè rispondente al tipo di cultura del nostro tempo; b) che formula i suoi obiettivi e le sue strategie​​ mediante le scienze dell’educazione alla luce della fede;​​ c)​​ ordinata​​ ultimamente​​ al raggiungimento di finalità specificamente cristiane​​ mediante processi di crescita, differenziati secondo l’età e le condizioni dei soggetti.

L’EC deve essere anzitutto autenticamente umana e nello stesso tempo attuale, deve cioè essere un’educazione per gli uomini del nostro tempo, però secondo un progetto autenticamente umano. Essa perciò, pur inserendosi necessariamente nei processi di inculturazione e di socializzazione, non vi si identifica né vi si riduce. Differisce sia dal punto di vista degli obiettivi che delle strategie. Va intesa come processo critico di promozione umana; come sforzo di liberazione da tutte le oppressioni in funzione di una progressiva umanizzazione e maturazione personale e comunitaria. Compiti di un’educazione così intesa sono: lo sviluppo nei giovani di una crescente capacità critica di fronte ai “valori” imposti dalle forze egemoni dei diversi sistemi dominanti mediante le agenzie socializzatrici e i mass-media; la graduale costruzione in questi giovani di un progetto di vita autenticamente umano e l’acquisizione delle attitudini e delle disposizioni corrispondenti, anche quando l’uno e le altre siano in contrasto con il quadro dei valori e i progetti di vita, veicolati dai sistemi dominanti; lo sviluppo infine di quel senso del realismo, che costituisce la mediazione tra le aspirazioni utopiche dei giovani verso un mondo più umano e più libero dalle oppressioni e la tragica situazione in cui milioni di uomini d’oggi sono costretti a vivere, impegnando seriamente questi giovani in progetti realistici di liberazione, di umanizzazione e di pace.

L’EC deve in secondo luogo formulare questi suoi obiettivi e progettare le sue strategie, tenendo presenti le acquisizioni, i risultati delle scienze dell’educazione, letti però in un orizzonte di fede. La nuova situazione in cui si trova l’educazione oggi, il nuovo modo di concepirla da parte delle scienze dell’educazione con le tensioni che provoca e le attese utopiche che suscita, tutto questo costituisce in qualche modo quel “segno dei tempi” che il cristiano deve interpretare alla luce della Parola di Dio, confrontando questo nuovo contesto culturale — che sfida la coscienza del credente — con l’immagine totale dell’economia della salvezza, per scoprirne “nuovi significati”, atti ad orientare i suoi comportamenti in questo campo. La fede del cristiano eserciterà nei confronti delle prassi e delle teorie pedagogiche contemporanee una funzione critica, stimolatrice e integratrice. La prassi educativa che ne risulterà, le teorie pedagogiche che i cristiani inventeranno, potranno giustamente dirsi “cristiane”, perché la fede ha offerto ad esse orizzonti di significato, motivi, suggestioni e impulsi alla criticità e alla creatività. Però né l’una né le altre avranno la pretesa dell’assolutezza; si accontenteranno di essere tentativi “riformabili” di incarnazione delle esigenze della fede nel mondo dell’educazione e della pedagogia.

Finalmente l’EC, oltre ad essere un’educazione autenticamente umana e attuale in un orizzonte di fede, deve essere ordinata a finalità specificamente cristiane. La GE (n. 2) ne rammenta cinque:

— deve essere graduale​​ iniziazione al mistero della salvezza,​​ soprattutto mediante la catechesi, il cui scopo fondamentale è quello di far maturare l’esperienza di fede iniziale; — deve essere graduale​​ iniziazione alla vita liturgico-sacramentale​​ mediante l’acquisizione di quell’autentica religiosità interiore che nell’atteggiamento del Cristo verso il Padre ha il suo modello;

— deve essere graduale​​ apprendimento e tirocinio di vita morale cristiana,​​ che ha come meta il radicalismo delle beatitudini, nella quale inserire un progetto di vita autenticamente umano, animandolo interiormente;

— deve essere graduale​​ iniziazione all’apostolato ecclesiale,​​ inteso non come proselitismo, ma come testimonianza gioiosa di una liberazione ricevuta in dono, che impegna a testimoniarla nel mondo, in attesa di quella definitiva (testimoniare con l’amore la speranza che portiamo);

— deve essere infine una graduale​​ iniziazione alla diaconia dei valori umani autentici,​​ in collaborazione con tutti gli uomini per un mondo più umano, più libero, più pacifico. Qui l’EC investe e anima interamente quella umana, intesa come processo di liberazione e promozione integrale dei valori umani.

Bibliografia

E. Feifel,​​ Educazione cristiana o educazione di cristiani?,​​ in “Orientamenti Pedagogici” 19 (1972)​​ 541566;​​ In.,​​ Der Weg christlicher Erziehung in die Zukunft,​​ in G. Stachel – W. G. Esser (ed.),​​ Was ist Religionspadagogik?,​​ Einsiedeln, Benziger, 1971, 150-190; E. Giammanchem (ed.),​​ L'educazione cristiana dopo il Concilio,​​ Brescia, La Scuola, 1966; G. Groppo,​​ Educazione cristiana e catechesi,​​ Leumann-Torino, LDC, 1972; V. Sinistrero,​​ Il Vaticano II e l’educazione,​​ Leumann-Torino, LDC, 1970;​​ Insegnamenti Pontifici. 3. L'educazione,​​ Roma, Ed. Paoline, 1957.

Giuseppe Groppo

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EDUCAZIONE CRISTIANA

Le espressioni e.c. e «e. dei cristiani» sono due modi corretti per indicare l’azione educativo-formativa, esercitata dalle comunità cristiane e dal singolo cristiano, lungo la storia, sulle nuove generazioni in funzione di una loro maturazione umano-cristiana nei differenti contesti culturali (​​ Cristianesimo,​​ ​​ Chiesa,​​ ​​ educatore cristiano).

1.​​ Parola di Dio,​​ tradizione ecclesiale ed e.​​ La Parola di Dio, contenuta nella​​ ​​ Bibbia e trasmessa dalla Chiesa, non contiene una​​ pedagogia rivelata​​ valida per tutti i tempi, i luoghi e le culture, ma solo alcune esigenze fondamentali, a partire dalle quali e ispirandosi ad esse, le comunità cristiane sono chiamate ad impostare la loro prassi educativa nei differenti contesti culturali in cui devono vivere. La determinazione della natura, dei contenuti e della meta dell’e., cioè della​​ ​​ maturità, la scoperta dei metodi e dei mezzi adatti per raggiungerla, la configurazione delle istituzioni educative, sia di quelle naturali, come la famiglia, sia delle altre prodotte dalla cultura, come la scuola, sono lasciate all’inventiva delle generazioni cristiane operanti nelle diverse culture. Questo spiega perché nell’ambito dell’unica fede cristiana, di fatto e di diritto esistano prassi e istituzioni educative e scolastiche plurime, differenti tra loro e tuttavia compatibili con la suprema saggezza contenuta nella Parola di Dio, quindi tali da potersi legittimamente qualificare come​​ cristiane​​ (​​ pedagogia cristiana). La Chiesa, lungo la sua storia bimillenaria, pur occupandosi di e. e di pedagogia, non l’ha fatto attraverso interventi dottrinali del magistero quanto piuttosto mediante esortazioni e direttive di tipo pastorale oppure mediante la promozione di esperienze educative e di istituzioni scolastiche, ispirate dalla Parola di Dio. Solo nell’epoca contemporanea la Chiesa ha affrontato il problema dell’e.c., in due importanti documenti: l’Enc.​​ Divini Illius Magistri​​ (1929-1930) di Pio XI e la Dichiarazione​​ Gravissimum Educationis​​ (= GE) (1965) del Conc. Vaticano II.

2.​​ Dimensioni e obiettivi dell’e.c. oggi.​​ L’e.c. deve essere intesa come un processo unitario di maturazione umana e di crescita cristiana. In esso le due componenti o dimensioni, quella umana e quella specificamente cristiana, pur essendo distinte a livello concettuale, non possono essere separate nella realtà concreta del processo educativo, il quale, a sua volta, riguarda non solo le persone singole ma anche le comunità ecclesiali, perché solo all’interno di queste ultime e mediante la loro capacità educativo-formativa, le persone singole possono crescere e maturare a livello umano e cristiano.

2.1.​​ Prima e fondamentale componente​​ dell’e.c. è la sua dimensione autenticamente umana e attuale. Deve essere un’e. la quale, pur differenziandosi all’interno delle diverse culture, miri a formare uomini maturi. «Tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona hanno il diritto inalienabile ad una e. che risponda al proprio fine, convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro paese, e insieme aperta ad una fraterna convivenza con gli altri popoli al fine di garantire una vera unità e la vera pace sulla terra» (GE, 1). Non va dimenticato, però, che oggi i processi educativo-formativi devono realizzarsi in contesti culturali, caratterizzati da un pluralismo esasperato a tutti i livelli, da una conflittualità ideologica e religiosa che giustifica l’uso della violenza; da forme di sincretismo alla​​ New Age,​​ nelle quali l’identità della fede cristiana tende gradualmente a dissolversi. Per conseguenza l’e. dovrà essere concepita come un processo di crescente maturazione delle persone singole e delle comunità, orientato ad una migliore «qualità della vita» e a tipi di promozione e liberazione umana, definiti razionalmente nell’orizzonte delle supreme finalità cristiane.​​ Primo obiettivo​​ di un’e. così intesa è quello di sviluppare, nei giovani e negli adulti, una​​ crescente capacità critica​​ di fronte alle attese, alle aspirazioni e ai progetti di vita, che le agenzie di socializzazione e inculturazione diffondono largamente a tutti i livelli attraverso i mass-media, particolarmente la TV, per la sua diffusione capillare e la sua efficacia persuasiva. Tale obiettivo si raggiunge solo se si riesce a suscitare, particolarmente nel mondo giovanile, un tale amore per la verità da essere disposti a porla al di sopra di tutti gli altri interessi. Occorre aiutare i giovani a convincersi che la certezza sul vero senso della vita e l’impegno definitivo a servizio della verità e del bene sono raggiungibili, nonostante il diffuso scetticismo al riguardo. Il​​ secondo obiettivo​​ è quello di aiutare la generazione in crescita a costruirsi un progetto di vita autenticamente umano e ad acquisire quelle disposizioni psichiche che ne rendono possibile la realizzazione, anche quando il primo e le seconde risultino in contrasto con il quadro dei valori, dei progetti di vita e dei comportamenti, veicolati dal sistema culturale dominante.​​ Terzo obiettivo​​ infine di un’e. autenticamente umana e attuale è quello di coltivare nei giovani aspirazioni verso un mondo più umano, libero dalle oppressioni, che escluda i metodi della violenza, rispetti le persone, eviti le emarginazioni dei poveri, per poi orientarli verso un impegno serio e realistico a favore di qualche processo concreto di umanizzazione del mondo. Questi tre obiettivi dovrebbero essere attuati secondo una progettazione pedagogica che trovi la sua giustificazione nelle Scienze dell’e. in dialogo interdisciplinare tra loro e con la teologia (​​ epistemologia pedagogica).

2.2. La​​ seconda componente​​ dell’e.c. è data da ciò che, a livello ontologico e teleologico, la specifica in quanto «cristiana». Ora il cristiano è la persona che, mediante la fede e il battesimo, è diventata una nuova creatura in Cristo, un figlio di Dio, però allo stato germinale, per cui è impegnato ad attuare un continuo processo di​​ ​​ conversione e di crescita nella fede, speranza e carità, avendo come meta la perfezione in Cristo o santità (Ef 4,13), concepita però in modo tale da includere al suo interno le finalità e gli obiettivi propri della maturazione umana. Gli obiettivi pertanto dell’e.c., in quanto tale, devono mirare al raggiungimento di una autentica maturazione umana all’interno di una crescita continua verso la perfezione cristiana o santità. Potremmo riassumerli nei seguenti quattro.​​ Primo obiettivo​​ che l’educatore cristiano deve prefiggersi è un annuncio efficace dei contenuti del kerygma cristiano (​​ catechesi) alla generazione in crescita, per provocare, con l’aiuto della grazia, un vero processo di conversione, fondamento di ogni crescita cristiana. Si tratta di iniziare soprattutto adolescenti e giovani, gradualmente ma costantemente, ad una comprensione sempre più completa della visione cristiana della vita e del mondo e ad una accettazione sempre più matura della Parola salvifica di Dio in Cristo, mediante una fede viva e operosa, che tende a diventare sempre più matura. Il​​ secondo obiettivo​​ dell’e.c. è una vera iniziazione dei giovani alla vita liturgico-sacramentale delle comunità ecclesiali, che porti con gradualità le nuove generazioni a comprendere e a vivere coscientemente la dimensione cultuale e misterica della vita cristiana attraverso i segni liturgici (​​ preghiera,​​ ​​ sacramenti). I giovani devono essere aiutati ad acquisire una religiosità sempre più matura e a superare la dissociazione perniciosa tra l’aspetto cultuale e gli aspetti profani della vita.​​ Terzo obiettivo​​ è l’apprendimento di una vita morale autenticamente cristiana mediante un vero tirocinio di pratica cristiana e, contemporaneamente a tale pratica, l’acquisizione di una conoscenza corretta delle dimensioni profonde del comportamento cristiano e un convincimento personale del suo valore, fondato su motivazioni non solo oggettivamente valide, ma anche percepite soggettivamente come tali (​​ e. religiosa). Infine il​​ quarto obiettivo​​ specificamente cristiano dell’e. è l’iniziazione dei giovani all’apostolato ecclesiale, finalizzato alla crescita delle comunità cristiane nella loro dimensione «misterica», all’attuazione del loro fondamentale compito missionario agli uomini d’oggi (= la nuova evangelizzazione) e alla promozione di continui processi di liberazione dalle molteplici oppressioni cui le persone singole e le varie comunità umane sono soggette (​​ Chiesa). È evidente che alla realizzazione di questi obiettivi devono partecipare tutte le componenti delle comunità cristiane, dalla famiglia alla scuola, dai gruppi giovanili alle associazioni e ai movimenti ecclesiali.

3.​​ Il processo unitario di maturazione umano-cristiana.​​ Il processo di maturazione umano-cristiana che dovrebbe caratterizzare l’e. dei cristiani, differenziandola dalle altre, va concepito come una realtà complessa, profondamente unitaria, all’interno della quale tuttavia sono distinguibili (ma non separabili) componenti personali e componenti comunitarie. Riteniamo che le componenti personali di un tale processo siano l’opzione globale di fede, il progetto di vita umano-cristiano e l’acquisizione di quei dinamismi permanenti che rendono possibile una vita umano-cristiana. Ciò che invece abilita le comunità ecclesiali ad essere l’ambiente adatto per la maturazione delle persone va ricercato nella loro dimensione a misura d’uomo, nella presenza in esse di una forte tensione evangelizzatrice non disgiunta da un autentico sforzo di promozione umana e in un clima di dialogo come atteggiamento, comunicazione e comunione collaborativa. L’opzione globale di fede con cui ci si converte al Cristo nella Chiesa, a causa del suo carattere radicale e totalizzante, viene ad essere di fatto un vero progetto di vita ed ha una funzione unificante di tutta la personalità. Proprio per questo possiede una valenza educativa, nel senso che può contribuire efficacemente alla maturazione della persona, purché il processo di conversione e crescita cristiana non sia a scapito della maturazione umana. Infatti il nuovo progetto di vita, incluso nella scelta di fede, provoca generalmente nel convertito un profondo sconvolgimento sul piano del pensiero e dell’azione, esigendo nuovi modi di vedere e giudicare la realtà e nuovi comportamenti. Si crea in lui una situazione conflittuale tra ciò che era prima («l’uomo vecchio», di cui parla S. Paolo) e ciò che è diventato ora («l’uomo nuovo») convertendosi. È una situazione che va superata, ma non a spese dell’umano, nell’accettazione sincera delle aspirazioni autenticamente umane del nostro tempo, nel rispetto di quei valori umani che l’umanità di tutti i tempi ha sempre stimato come mete dello sforzo etico della persona. Convertirsi significa iniziare un cammino di fede, speranza e amore-agape, mediante il quale il convertito si sforza di tradurre nella concretezza esistenziale della sua vita gli impegni che nascono dalla sua scelta radicale e totalizzante. Però, anche quando l’opzione globale di fede si è trasformata gradualmente in progetto cristiano di vita, non per questo si è già arrivati a colmare il vuoto che esiste tra ciò che si vuole essere (la nuova creatura in Cristo) e ciò che di fatto si è ancora; tra la mentalità di fede che si vorrebbe possedere e il modo di pensare e giudicare, che si aveva prima; tra la condotta ideale che ci si propone e quella effettiva, messa in opera nel grigiore della quotidianità. L’itinerario di maturazione cristiana implica ancora un lungo e faticoso lavoro di acquisizione di quelle strutture dinamiche o disposizioni permanenti, che nel linguaggio cristiano sono dette virtù, che orientano il cristiano a valutare e ad agire costantemente secondo gli obiettivi, remoti o prossimi, contenuti nel progetto di vita, ispirato alla fede. Si tratta di un vero «apprendistato» della vita cristiana. Perché il processo di maturazione umano-cristiana del convertito possa realizzarsi, deve avvenire all’interno di famiglie autenticamente cristiane, nelle quali i genitori hanno raggiunto una sufficiente maturità umana; famiglie, coadiuvate da gruppi ecclesiali a misura d’uomo, nei quali l’elemento «comunione» tra i membri sia reale ed evidente, senza escludere una piena apertura all’intera comunità cristiana e al mondo. Si esige inoltre, all’interno di questi gruppi, la presenza di un certo numero di persone umanamente mature, che abbiano già fatto un cammino di crescita della loro esperienza di fede e siano impegnate in un’azione di testimonianza evangelizzatrice e di promozione umana. Sono appunto queste persone quelle che realizzano la figura del vero educatore cristiano. Esse, con la loro autorevolezza, umana e cristiana, possono donare, ai giovani, un efficace aiuto educativo, offrendo loro le condizioni ideali per una conversione e crescita in Cristo, che contenga, al suo interno, un vero processo di maturazione umana.

Bibliografia

Nipkow K. E., «Erziehung», in​​ Theologische Realenzyklopädie,​​ X (1982) 232-253; Abbà G.,​​ Una filosofia morale per l’e. alla vita buona,​​ in «Salesianum» 53 (1991) 273-314; Groppo G.,​​ Teologia dell’e. Origine identità compiti,​​ Roma, LAS, 1991; Groppo G. - G. A. Ubertalli, «L’e.c.: natura e fine», in N. Galli (Ed.),​​ L’e.c. negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Da Pio XI a Giovanni Paolo II, Milano, Vita e Pensiero, 1992, 25-62; Scholé (Ed.),​​ L’e.c. alle soglie del nuovo millennio, Brescia, La Scuola, 2001; Scholé (Ed.),​​ E. c. e trasformazioni religiose, Ibid., 2004; Malizia G. et al.,​​ A. 40 anni dalla Gravissimum Educationis, in «Orientamenti Pedagogici» 54 (2007) 189-450.

G. Groppo

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