CRISTOCENTRISMO
Nell’uso cat. CR è una formula per esprimere non tanto la centralità del mistero di Gesù Cristo (cosa per sé ovvia), quanto il ruolo determinante di esso nella presentazione e spiegazione dell’intero messaggio rivelato. “Si tratta di una onnipresenza del Cristo, di una irradiazione della sua personalità, che getta luce fin nei minimi dettagli della dottrina, fino ai tempi più occasionali della predicazione”: è un’affermazione di → J. A. Jungmann (1952, 573) che proprio per la sua pregnanza esige che la categoria così sistematizzante del CR sia ben compresa alla luce della storia del concetto e della scienza cat. sorretta dal Magistero.
1. Si è soliti — e giustamente — attribuire allo Jungmann un ruolo decisivo nell’attuale CR della C. Ma è proprio di questo autore aver messo in luce — raggiungendo così il più ampio e corretto quadro del CR in teologia, in liturgia e anche nella spiritualità — la struttura cristocentrica del messaggio cristiano fin dalle origini (cf 1 Cor 2,2; 1 Gv l,lss). Tale caratteristica fu mantenuta dalla visione storico-salvifica dei Padri (→ Ireneo, Origene). Durante il medioevo, mentre da una parte si assiste a una diminuita attenzione allo schema storico-salvifico nella teologia scolastica, dall’altra emerge una nuova forma di CR devozionale che enfatizza l’esistenza umana di Gesù. Di esso sono improntate C. e predicazione. Un certo naturalismo cristologico si diffuse poi nel periodo rinascimentale. La Riforma ripropone il CR in termini piuttosto soggettivi (pietismo), accentuando Gesù Cristo come centro della devozione personale. Con l’Illuminismo assistiamo a una razionalizzazione della teologia la cui conseguenza più clamorosa, per quanto riguarda la C., è stata — salvo l’eccezione delle cosiddette C. bibliche (→ Fleury, Hirscher) — l’appiattimento della figura di Gesù Cristo, esaltato del resto ormai più come uomo sublime, campione di morale nell’ambito della teologia liberale. È nel sec. XX, sullo sfondo della teologia dialettica (fra i protestanti) e quella → kerygmatica (fra i cattolici), che alcuni catecheti, segnatamente lo Jungmann, ripropongono con forza la tradizionale concezione storico-salvifica dei Padri e quindi la centralità unificante e in certo modo sistematizzante del mistero di Cristo nel cammino catechistico. Dal Vaticano II, che riafferma il CR nel pensiero e nella vita di fede specialmente nel documento sulla Chiesa e sulla liturgia, e anche nelle relazioni della Chiesa con il mondo, partono quegli impulsi che recepiti da Paolo VI (DCG; EN) e da Giovanni Paolo II (CT) determinano il CR della C. odierna, ormai affermato in tutti i progetti cat. nazionali.
2. Il DCG (1971) sottolineando l’impossibilità di andare a Dio senza Cristo, dice al n. 40: “Cristo Gesù costituisce all’interno della storia della salvezza il centro del messaggio evangelico ... A lui fa capo ogni realtà ... Pertanto la C. deve essere necessariamente cristocentrica”. CT (1979) riprende al n. 5 lo stesso motivo affermando: “Al centro stesso della C. noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù di Nazaret ... L’oggetto essenziale e primordiale della C. è il mistero di Cristo ... Lo scopo definitivo della C. è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo”. È facile notare che il CR nella C. assume qui valenza oggettiva e soggettiva, nel senso di configurare il mistero di Cristo come il compito della C., nell’educare sia alla fides quae, sia alla fides qua. La stessa Esortazione al n. 6 evidenzia un aspetto inedito del CR catechistico, allorquando esorta l’operatore catechistico ad essere lui per primo fedele a Gesù Cristo, attento a trasmettere la dottrina e la vita di Gesù e non le opinioni e opzioni personali (spiritualità del catechista). Merita segnalare il modello cristocentrico proposto in Italia dal RdC (1970) e attuato con diversa fortuna ma con indiscutibile coerenza nei cinque catechismi nazionali. Tre sono i motivi addotti: teologico, con evidente richiamo alla singolare, unica e decisiva collocazione di Cristo nell’economia della salvezza (nn. 57, 59, 61, 62, 82); pastorale, in quanto il richiamo a Gesù permette una personalizzazione del messaggio al quale gli uomini del nostro tempo sono particolarmente sensibili (n. 58); didattico, giacché intorno all’evento Gesù si concentra organicamente tutta la grande cattedrale della fede.
3. Come tutte le categorie sistematizzanti, anche il CR è esposto a gravi fraintendimenti. Dipende dalla concezione teologica che si ha di Cristo. Lo Jungmann trent’anni orsono, alla vigilia della sua morte, denunciava la “pietà ignorante di tipo monofisita” operante in tanti catechisti, predicatori e semplici cristiani. Oscurando cioè la piena realtà umana di Gesù, in qualche modo si identifica Dio con Gesù, per cui basta parlare di Gesù per dire il tutto del cristianesimo, con evidenti contraccolpi sulla verità della fede: in primis questo cristomonismo emargina come irrilevante la C. trinitaria; evacua il significato dell’AT, bastando, come si afferma non di rado, la conoscenza dei Vangeli; privilegia eccessivamente l’approccio kerygmatico, sottraendo il cammino alla necessaria investigazione razionale e apologetica; rischia di emarginare, per insufficienza di campo, i germi di verità delle altre religioni e culture non cristiane. Non si dovrebbe dimenticare, di fronte a certi itinerari cat., quasi ossessivamente dedicati a parlare del solo Gesù, il pericolo di un deduttivismo integristico, riscontrabile in certi modelli di educazione cristiana degli anni fra il ’40 e il ’60, secondo cui Gesù veniva presentato come sommo educatore e il suo modo di agire come pedagogia, anzi come metodologia rivelata pronta per il buon catechista (→ pedagogia di Dio); ma soprattutto si ricorderà la traiettoria di un CR teologico falsato: dall’esaltazione del solo Gesù Cristo della teologia liberale, si è passati al Cristo senza Gesù del radicalismo bultmanniano, per approdare al Gesù senza Cristo e senza Dio del cosiddetto ateismo cristiano.
4. In effetti i documenti citati del Magistero richiamano immediatamente il teocentrismo trinitario nella C. quando, come fa il DCG (n. 41), si afferma: «Come Cristo è il centro della storia della salvezza, così il mistero di Dio è il centro da cui questa storia trae la sua origine e a cui è orientata come a suo fine” (v. pure CT 5). I catecheti nei loro manuali richiamano alla globalità del discorso cat. secondo tutte le dimensioni del messaggio, chiarendo come si deve attuare la rilettura e presentazione cristoc. dei diversi contenuti, in termini oggettivi (o di verità) e soggettivi (o di formazione interiore): così il mistero di Dio, dell’uomo, della Chiesa, dell’escatologia, della creazione, della vita morale (cf RdC, cc. IV e V). Ancor più in concreto, si tratta — come annota lo Jungmann — di ridire in termini cristocentrici l’abituale terminologia religiosa (es. la grazia santificante da intendersi come vita di amicizia e di unione con Gesù Cristo); di valorizzare il valore di credibilità che la figura di Gesù porta alla Chiesa; di nutrire la vita spirituale partendo da Gesù dei Vangeli (es. le parabole) (Jungmann 1952, 577-581).
Ben più ardua è la realizzazione di catechismi che rispettino tutte le esigenze in gioco.
Oggi, e non a caso, si assiste ad una ripresa più attenta della formula trinitaria nella compaginazione del testo cat. Con molta più cura si mette in guardia dal ridurre il CR “in un universalismo cristologico che faccia di Cristo la categoria comprensiva del reale, dissolvendone la individualità e la storicità” (G. Moioli 1977, 221), anche impoverendo pericolosamente la ricchezza umana e religiosa della realtà, entro cui Cristo è al centro come alfa ed omega (Ap 21,6), ma senza che si possa dire che Cristo è tutta la realtà. In questa prospettiva, mentre si mantiene come inalienabile verità il CR nella C., e quindi la persona, anzi il mistero di Cristo come pilastro, angolo di visuale di tutta la dottrina rivelata e dell’esperienza di essa, si terrà aperto ogni modello cristocentrico concreto (come testo e come cammino vivente) verso un miglioramento sempre maggiore, in una misura che antropocentrismo, teocentrismo e cristocentrismo possano interagire nella pienezza dei loro significati.
Bibliografia
J. A. Jungmann, Christus als Mittelpunkt religiöser Erziehung, Freiburg, Herder, 1939; Id., La place de Jésus-Christ dans la catéchèse et la prédication, in “Lumen Vitae” 7 (1952) 573-582; Id., Catechetica, Alba, Ed. Paoline, 19633; J. Millet, Lieu ou le Christ? Les conséquences de l’expansion du christocentrisme dans l’Église catholique du XVIIime siècle à nos jours, Paris, Ed. de Trévise, 1980; G. Moioli, Cristoccntrismo, in Nuovo Dizionario di Teologia, Roma, Ed. Paoline, 1977; G. Nosengo, L'arte educativa di Gesù Maestro, 2 vol., Roma, AVE, 1967 (cf C. Bissoli, Bibbia e educazione, Roma, LAS, 1981, 42ss); G. Re, Il cristoccntrismo della vita cristiana, Brescia, Morcelliana, 1968; G. Roatta, L’orientamento cristocentrico della nuova catechesi, in “Via Verità e Vita” 19 (1970) 26, 81-90 (commento al RdC).
Cesare Bissoli