CATECHESI

Emilio Alberich

 

1. Catechesi e condizione giovanile; alcuni punti problematici

1.1. Predominio della catechesi infantile

1.2. La separazione fede-vita e fede-cultura

1.3. Crisi del processo di iniziazione

1.4. Crisi di credibilità della Chiesa

1.5. Crisi degli ambienti tradizionali della catechesi giovanile

1.6. La catechesi giovanile oggi: pregi e rischi

2. Precisazioni terminologiche

3. Il volto rinnovato della catechesi postconciliare

3.1. Nuova impostazione del contenuto della catechesi

3.2. Nuova identificazione dei soggetti e obiettivi della catechesi

3.3. Una nuova prospettiva pedagogica

3.4. Un nuovo significato nel contesto ecclesiale

4. Urgenze e prospettive

4.1. Ripensare obiettivi mete e contenuti della catechesi giovanile

4.2. Ripensare il processo globale dell'iniziazione cristiana

4.3. Impostare una pastorale aperta ai giovani e ai problemi giovanili

4.4. Giovani in dialogo con gli adulti

4.5. Catechesi per la vita e catechesi del senso della vita

 

1. Catechesi e condizione giovanile: alcuni punti problematici

Nella sua lunga tradizione, la comunità cristiana ha saputo sviluppare e dare vita a forme molto varie di attività catechistica coi giovani, e anche oggi sono svariate e ricche le esperienze che in questo ambito vengono offerte: cicli di iniziazione sacramentale, insegnamento religioso, iniziative di formazione religiosa, gruppi di riflessione e di impegno, ecc. In modo del tutto particolare, la catechesi giovanile trova come luogo privilegiato il mondo delle associazioni e dei movimenti, nonché l’insieme degli istituti e ordini religiosi dediti all’educazione, strutture e luoghi che in questo settore hanno sempre dimostrato particolare vitalità ed efficacia.

Non è il caso di presentare qui un quadro più o meno completo di queste iniziative ed esperienze, per il quale rimandiamo alla nota bibliografica finale. Interessa invece cogliere in questo vasto panorama quei nodi problematici che creano spesso perplessità e scoraggiamento. Sono in qualche modo i punti deboli di una realtà che obbliga operatori e responsabili a riflettere e a cercare vie di rinnovamento. Ne evochiamo alcuni tra i più rilevanti.

 

1.1. Predominio della catechesi infantile

Parlando in termini generali, si sa che la catechesi odierna appare ancora rivolta in forma preponderante ai fanciulli (si potrebbe dire nella misura dell’80%), molto di meno ai preadolescenti, e soltanto in proporzione minima ai giovani e adulti. Ne risulta anche, come conseguenza logica, una generale e proverbiale «infantilizzazione» della catechesi, che ha le sue conseguenze anche nell’ambito della catechesi giovanile.

Due fatti in speciale possono far vedere la gravità della situazione. 11 primo: per molti ragazzi finisce del tutto ogni attività catechistica alle soglie dell’adolescenza, proprio quando stanno per vivere un momento tanto decisivo per la strutturazione definitiva della loro personalità. Secondo: la successiva attività catechistica post infantile, là dove ha luogo, rischia di venire concepita in chiave di continuazione e mantenimento di quella precedente («catechismo di perseveranza» si chiamava una volta), quando invece la transizione adolescenziale richiede un ripensamento della fede in prospettiva di futuro, polarizzata quindi non dall’infanzia passata ma dalla vita adulta che sta alle porte.

 

1.2. La separazione fede-vita e fede-cultura

Il dualismo esistente tra fede e vita e la separazione tra fede e cultura (il dramma della nostra epoca, in parole di Paolo VI, EN20) sono due nodi problematici e proverbiali banchi di prova per l’esercizio della catechesi. La catechesi tende disperatamente verso 1’ «integrazione tra fede e vita» (RdC 52) e verso il dialogo tra fede e cultura, per fare in modo che, effettivamente, ci sia una correlazione tra la parola di Dio e i problemi dell’uomo, tra le domande che emergono dalla vita e le risposte offerte dalla fede. Purtroppo spesso non è così: troppe volte il mondo della fede è visto distaccato dai problemi reali dell’esistenza, presentato dalla catechesi come una realtà e un messaggio privi di significatività e di rilevanza per la vita.

Troppo spesso la catechesi trasmette delle «verità» che non dicono nulla oppure offre «risposte» a domande inesistenti o non formulate.

Questa mancanza di significatività diventa veramente mortale nella catechesi dei giovani, che possono aprirsi soltanto a un messaggio che risponda alla ricerca di senso e ai molteplici perché dell’esistenza. Ma anche la separazione tra fede e cultura diventa fatale per la vita di fede dei giovani, soprattutto nell’ambito della morale. Ne è testimone la diffusa distanza giovanile dalle posizioni ufficiali della Chiesa in campo etico, percepite come incompatibili con la cultura di oggi e con alcuni valori giustamente accettati e onorati nel mondo attuale.

 

1.3. Crisi del processo di iniziazione

Partendo dalla convinzione che «cristiani non si nasce, ma si diventa» (Tertulliano), esiste nella Chiesa tutto un dispositivo, strutturato in tappe sacramentali e catechistiche, per accompagnare le nuove generazioni nel processo di interiorizzazione della fede e dell’incorporazione alla Chiesa. Ora, questo processo, che per molti ragazzi si conclude già alle soglie dell’adolescenza, si presenta gravemente deficitario. Per molti è più un processo di «conclusione» che di «iniziazione», più un dispositivo per «smettere» di essere cristiani che per «diventare» tali. È nota la situazione: in alcuni luoghi la «prima comunione» dovrebbe essere chiamata più propriamente «l’ultima comunione», e tanti dicono che la confermazione dovrebbe essere chiamata «il sacramento dell’addio», «il sacramento del congedo», «l’ultimo sacramento».

Fanno eccezione non poche lodevoli esperienze di catechesi rinnovata, specialmente col rimando della confermazione all’età giovanile e un adeguato ripensamento della catechesi in chiave catecumenale. Ma per tanti giovani le tappe della loro iniziazione cristiana rimangono un fatto legato all’infanzia, privo ormai di significato, e l’età giovanile rappresenta per molti il distacco, spesso definitivo, dal mondo della fede.

 

1.4. Crisi di credibilità della Chiesa

La Chiesa costituisce certamente il luogo per eccellenza e una dimensione essenziale della catechesi.

Ora, di fatto la Chiesa è percepita e giudicata da parte di molti — e specialmente dai giovani — come un​​ ostacolo,​​ uno​​ schermo,​​ un fattore di controtestimonianza nei confronti del messaggio della fede. Le testimonianze in proposito sono numerose.

La catechesi giovanile trova un grave condizionamento nel fatto che di fronte alla Chiesa, e in particolare alla Chiesa​​ istituzione,​​ sono frequenti atteggiamenti di contestazione, di critica, di dissenso, oppure semplicemente di indifferenza, di disaffezione, di mancanza di interesse.

Le accuse sono note: pesantezza istituzionale, clericalismo, dogmatismo, connivenze ambigue, antifemminismo, autoritarismo, ecc. Anche se alcune di queste accuse possono essere inficiate di superficialità e di indebita generalizzazione, resta il fatto che la Chiesa istituzionale appare spesso agli occhi dei giovani come un fattore negativo che toglie credibilità al messaggio proclamato nella catechesi.

 

1.5. Crisi degli ambienti tradizionali della catechesi giovanile

I luoghi tradizionali per la trasmissione della fede ai giovani sono entrati in crisi. Si pensi anzitutto alla​​ famiglia,​​ primo nucleo decisivo per l’educazione cristiana delle nuove generazioni, incapace molto spesso di influsso educativo, sia per la sua generale crisi nella società di oggi, sia in particolare per l’inveterata ritrosia ad entrare nell’ambito del religioso, in nome di un’abitudine alla «delega» che lascia ad altri il compito della educazione religiosa dei propri figli. Si pensi anche alla​​ scuola,​​ sede tradizionale di trasmissione del patrimonio religioso, dove però la presenza della religione, oltre alla situazione ben nota di precarietà, ha preso giustamente connotati più propriamente scolastici e non catechistici, nel quadro delle finalità della scuola. In questo senso, risulta molto problematico e in ogni caso insufficiente l’eventuale contributo della scuola nella catechizzazione dei giovani. E qualcosa di simile vale anche per la​​ comunità cristiana​​ come luogo di catechesi giovanile. Per motivi diversi, spesso il mondo giovanile è trascurato o quasi dimenticato nel quadro della vita parrocchiale, anche se non mancano iniziative di gruppi e associazioni che vi provvedono.

A tutto questo si aggiunga la mancanza di appoggio, per ciò che riguarda la crescita nella fede, dell’ambiente socio-culturale​​ generale, non più impregnato come una volta di religiosità e carico di tradizioni significative di tipo religioso cristiano.

 

1.6. La catechesi giovanile oggi: pregi e rischi

Come è già stato notato, questo non significa che non esistano forme svariate di catechesi nel mondo dei giovani, specialmente attraverso gruppi, movimenti e associazioni. Né va dimenticato lo sforzo notevole che, soprattutto dopo il Concilio, la catechesi giovanile ha fatto per rinnovarsi e rispondere adeguatamente alle esigenze particolari della condizione giovanile. Ma anche di fronte a queste innegabili realizzazioni, una valutazione globale trova tanti motivi di perplessità. Spesso, infatti, esperienze giovanili in gruppi e movimenti cadono nel rischio dell’integrismo o in forme diverse di settarismo e di indottrinamento. Non mancano esperienze di per sé gratificanti, ma a prezzo di bloccare la maturazione equilibrata della fede dei giovani. Oppure ci si ferma a attività interessanti e piacevoli, ma inficiate di «giovanilismo», prive perciò di vera aderenza ai problemi reali della vita e sprovviste di futuro.

 

2. Precisazioni terminologiche

Un primo passo importante per una adeguata considerazione del tema della catechesi oggi in rapporto ai giovani consiste in una previa chiarificazione dei termini implicati. Ciò permetterà di cogliere il compito specifico dell’azione catechetica senza però assolutizzarne la portata. La catechesi è certamente un momento centrale dell’azione pastorale della Chiesa, ma non ne esaurisce il contenuto.

Nella coscienza ecclesiale di oggi si intende per catechesi la «ordinata e progressiva educazione della fede unita ad un continuo processo di maturazione della fede medesima» (Messaggio del Sinodo del 1977, n. 1). La catechesi​​ «è​​ quell’azione ecclesiale che conduce le comunità e i singoli cristiani alla maturità della fede» (DCG 21). In altre parole, la catechesi è quella particolare forma del ministero della parola ecclesiale che ha come finalità l’approfondimento e maturazione della fede delle persone e delle comunità.

Cosi intesa, la catechesi appare come molto affine, anche se non identificabile, col compito di per sé più ampio dell’educazione religiosa in generale o dell’educazione della fede in particolare (che può avvenire attraverso momenti e azioni diverse). Né s’identifica la catechesi, nonostante certi usi recenti del termine, coll’opera​​ dell’evangelizzazione,​​ di portata più ampia.

Nella visione oggi dominante, specialmente dopo il Sinodo del 1974 e l’esortazione​​ Evangelii nuntiandi​​ di Paolo VI (1975), l’evangelizzazione comprende l’annuncio e testimonianza resi al Vangelo da parte della Chiesa attraverso tutta la sua azione e tutta la sua vita. In questa prospettiva, la catechesi si presenta come un momento o parte, pur molto significativa, del processo globale di evangelizzazione (cf CT​​ 18).

Anche tra catechesi e​​ pastorale​​ vige il rapporto tra la parte e il tutto. La pastorale comprende tutti i momenti dell’agire della Chiesa nell’attuazione della sua missione salvifica: annuncio e testimonianza della parola (martyria),​​ servizio e impegno di carità​​ (diaconia),​​ comunione e comunità (koinonia), culto e celebrazione (liturgia).​​ La catechesi — in quanto mediazione ecclesiale per l’educazione della fede — si trova, come una delle sue forme caratteristiche, all’interno del compito o missione​​ profetica​​ (ministero della parola,​​ martyria).

Queste precisazioni sono importanti per non perdere di vista la «specificità» della catechesi, la sua identità all’interno del quadro globale dell’agire pastorale della Chiesa. Questo non vuol dire però che la catechesi possa procedere in forma quasi indipendente e slegata da questo contesto. Anzi, oggi appare urgente non perdere di vista la necessaria​​ dimensione evangelizzatrice​​ dell’azione catechetica, che non può più limitarsi a conservare o sviluppare una fede supposta presente, ma deve proporsi decisamente in chiave di annuncio e di proposta credibile, capace cioè di suscitare o risvegliare l’adesione di fede. E lo stesso si dica della apertura alla​​ dimensione pastorale​​ nella sua globalità.

La catechesi oggi non può assolutamente camminare per conto proprio, ma va progettata e vissuta come momento o parte di una esperienza cristiana integrale che include in sé anche l’esercizio dell’impegno, della fraternità, della celebrazione, della preghiera, ecc.

 

3. Il volto rinnovato della catechesi postconciliare

Qualsiasi impostazione del problema catechetico oggi suppone anzitutto il prendere atto delle notevoli acquisizioni che, in ordine al suo rinnovamento, la catechesi ha accumulato nell’ultimo secolo e soprattutto nel periodo postconciliare.

Se per molto tempo la catechesi è stata concepita prevalentemente come insegnamento della dottrina cristiana per mezzo del «catechismo», le riflessioni e sforzi del movimento catechistico del nostro secolo, e specialmente l’impulso conciliare di rinnovamento hanno dato alla catechesi un volto nuovo, notevolmente cambiato, caratterizzato da nuove istanze e da profonde innovazioni. In seguito ne offriamo un quadro riassuntivo, alquanto schematico, per sottolinearne la novità nei confronti della catechesi preconciliare, e con una particolare accentuazione di quei punti o istanze che maggiormente incidono sulla catechesi dei giovani.

 

3.1. Nuova impostazione del contenuto della catechesi

— Dall’«indottrinamento religioso» al​​ servizio della parola di Dio.​​ Il primato della Parola di Dio e della S. Scrittura, dopo tanti anni di «esilio» pastorale ed ecclesiale, rappresenta certamente una delle più incisive riforme conciliari. In campo catechetico si traduce l’istanza nella riaffermazione della centralità indiscutibile della Bibbia, «anima e “libro” della catechesi» (RdC VI-II). Anche la catechesi giovanile si deve alimentare in forma sostanziale della S. Scrittura e sentirsi in dovere di iniziare alla lettura credente della Bibbia.

— Dalla catechesi come «trasmissione di una dottrina» alla catechesi come​​ comunicazione di una esperienza.​​ Alla luce di una concezione rinnovata della rivelazione e della fede, emerge la centralità dell’esperienza religiosa come luogo dell’ascolto della parola e come contenuto primordiale della comunicazione religiosa cristiana. La catechesi, in speciale in ambito giovanile, deve trasmettere, non tanto una dottrina quanto una esperienza, quindi una lettura in profondità della vita e dell’esperienza alla luce della Parola di Dio. In questo senso, l’educatore della fede deve anzitutto essere qualcuno capace di vivere, interpretare e comunicare esperienze convincenti di fede.

— Dalla catechesi della verità «data» alla catechesi della verità​​ data e promessa.​​ In questo modo può essere espressa la necessità che la catechesi rifletta e rispetti il carattere escatologico (la tensione tra il «già» e il «non ancora») della parola rivelata. In questa prospettiva, una catechesi rinnovata non può limitarsi alla trasmissione di certezze di fede, né presentarsi sempre col piglio sicuro dell’insegnamento magistrale, ma deve rimanere anche aperta alla ricerca e all’approfondimento, superare ogni forma di facile trionfalismo e offrirsi, soprattutto ai giovani, quale cammino condiviso di umile ricerca della verità totale. Potrà essere accettata perciò una catechesi che non si presenti come esposizione monolitica e compatta di un patrimonio dottrinale e etico da accettare senza discutere, ma piuttosto come presentazione differenziata e onesta del messaggio cristiano, nel rispetto della differenza tra ciò che è centrale e ciò che è periferico, tra l’essenziale e il secondario, tra il sicuro e il problematico. Sarà così una educazione al discernimento cristiano che, lungi dallo sconcertare, aiuterà i giovani a maturare nella fede.

— Dalla catechesi della «verità» alla catechesi della​​ significatività.​​ Si può esprimere così il passaggio da una preoccupazione centrata nella «verità» a un’altra più sensibile al valore della «significatività», vale a dire, alla valenza esistenziale e vitale della verità annunciata e creduta. È il passaggio dalla «catechesi della verità» alla «verità della catechesi». È l’attenzione al principio, espresso in forma insuperabile dal documento di base della catechesi italiana e mai sufficientemente meditato, secondo cui «la Parola di Dio deve apparire ad ognuno “come una apertura ai propri problemi, una risposta alle proprie domande, un allargamento ai propri valori ed insieme, una soddisfazione alle proprie aspirazioni”» (RdC 52).

— Dalla catechesi dell’«ortodossia» alla catechesi della​​ credibilità.​​ Non si tratta di diminuire in modo alcuno l’importanza dell’ortodossia nel retto esercizio della catechesi, ma di concentrare l’attenzione su qualcosa che, dal punto di vista pastorale e catechetico, è più importante e decisivo della stessa ortodossia: la credibilità del messaggio trasmesso. Si sa quanto i giovani siano sensibili al valore della credibilità e quanto urgente sia ricuperare questo valore in una prassi di annuncio che a molti non appare più credibile. Al di fuori di questa preoccupazione, l’insistenza sulla ortodossia può rappresentare di fatto un alibi o nascondere persino desideri, più o meno consapevoli, di controllo e strumentalizzazione ideologica.

 

3.2.​​ Nuova identificazione dei soggetti e obiettivi della catechesi

— Dalla catechesi dei fanciulli, infantile, alla catechesi degli​​ adulti​​ e​​ adulta.​​ Il periodo postconciliare ha visto consolidarsi con forza il primato della catechesi degli adulti. E questo non già, come prima del Concilio, quasi come estensione agli adulti della catechesi fatta ai fanciulli, ma in un senso qualitativamente diverso, proprio come catechesi fatta con gli adulti in modo «adulto», cioè, con la debita attenzione alle caratteristiche ed esigenze degli adulti di oggi.

Questa istanza non soltanto sposta il centro gravitazionale della catechesi, ma illumina anche il significato della catechesi rivolta a fanciulli e giovani, che appare necessariamente relativizzata e condizionata dal riferimento dinamico essenziale alla catechesi della comunità adulta. Senza esperienza di fede adulta rimane senza prospettiva la catechesi giovanile: «può essere oggetto di trasmissione catechistica ai giovani soltanto ciò che è vissuto nella comunità degli adulti» (B. Dreher). È un principio che l’esperienza conferma. E se una volta si era soliti ripetere: «chi ha la gioventù ha il futuro», oggi si rivela molto più incisiva l’affermazione di E. Bloch: «chi ha il futuro ha la gioventù».

— Dalla catechesi «individualistica» alla catechesi​​ comunitaria.

Se per molto tempo la catechesi è stata concepita prevalentemente in termini di rapporto individuale tra un catechista e un catechizzando, oggi viene messa in primo piano la dimensione ecclesiale comunitaria, con l’affermazione che la comunità è condizione, luogo, soggetto, oggetto e meta della catechesi. Più in concreto, si insiste sull’importanza della «piccola» comunità (comunità di base, comunità «a livello umano», ecc.) e del​​ gruppo​​ come luoghi e strumenti privilegiati di catechesi. Il​​ gruppo​​ infatti, specialmente a livello giovanile e adulto, permette esperienze significative di partecipazione, coinvolgimento e condivisione della fede, nonché il maturare di processi di identificazione e l’interiorizzazione di valori, cose tutte di fondamentale importanza nel cammino di maturazione della fede.

Certo, bisogna anche riconoscere che questa opzione​​ comunitaria​​ e di​​ gruppo​​ non è priva di aspetti problematici, sia perché spesso non esiste realmente la comunità cristiana di riferimento, sia perché non poche esperienze di gruppi e comunità offrono tratti preoccupanti di immaturità e di settarismo. Questo però nulla toglie all’urgenza e alla provvidenzialità dell’opzione comunitaria, di grande applicazione nell’ambito della catechesi giovanile.

— Dalla catechesi del «buon cristiano» e del «fedele praticante» alla promozione di​​ credenti impegnati.​​ Per molto tempo la catechesi, anzi tutta l’azione pastorale tradizionale, erano orientate alla promozione del «buon cristiano», del «cattolico praticante», vale a dire, del cristiano fedele alle pratiche tradizionali della vita cristiana (sacramenti, messa domenicale, culti e devozioni religiose) e osservante delle norme morali. Nella situazione attuale, tutta una serie di trasformazioni culturali e religiose invita a uno spostamento di accento, verso la promozione di un nuovo tipo di cristiano, che può essere caratterizzato come «credente impegnato»: più «credente» che «praticante», più sensibile alle esigenze dell’impegno trasformatore che alla semplice osservanza delle norme morali individuali. Un cristiano quindi che vive la sua fede più nel mondo che nel tempio, più come impegno responsabile che come pratica devozionale. Ed è questa una prospettiva capace di attirare soprattutto i giovani, che amano porre l’impegno al centro del proprio progetto di vita.

— Dalla catechesi in funzione della «liturgia dei riti» alla catechesi per la​​ liturgia della vita.​​ La catechesi tradizionale è stata prevalentemente ordinata, come si sa, alla pratica sacramentale e liturgica, soprattutto nella forma di preparazione ai sacramenti di iniziazione (prima comunione, penitenza, confermazione). Questa catechesi ha mostrato palesemente i suoi limiti, in quanto spesso la celebrazione dei sacramenti costituisce di fatto il punto finale del processo, senza prospettive di futuro. È urgente perciò ricollocare al centro della vita cristiana la vera liturgia dei cristiani, che è «liturgia della vita», culto spirituale (Rm 12,1), testimonianza di vita vissuta nell’amore e come compimento della volontà di Dio. Senza questo riferimento essenziale alla «liturgia della vita» non ha significato la liturgia delle celebrazioni e delle feste, pur così importanti nel cammino di maturazione della fede. È un’indicazione basilare, da non dimenticare nella catechesi dei giovani, così sensibili al mondo dei simboli celebrativi e al senso della festa.

 

3.3. Una nuova prospettiva pedagogica

— Dall’insegnamento di «conoscenze» all’educazione di​​ atteggiamenti.​​ Se una volta la catechesi si autodefiniva soprattutto come istruzione religiosa, come comunicazione di conoscenze e di verità religiose, il rinnovamento catechetico si orienta oggi verso un obiettivo più ambizioso e più impegnativo: l’interiorizzazione e l’approfondimento di atteggiamenti di fede. L’atteggiamento, è risaputo, è più complesso della credenza o della conoscenza, in quanto implica una strutturazione dinamica di tutta la persona in riferimento a un progetto globale di vita, con coinvolgimento delle dimensioni cognitivo-motivazionale, affettivo-emotiva e attivo-comportamentale. La catechesi acquista in questo modo una decisa connotazione pedagogica, e diventa una forma eminente di educazione.

— Dalla catechesi del «catechismo» e del linguaggio verbale alla catechesi dei diversi​​ linguaggi e mezzi di comunicazione.​​ La nostra epoca vede il fenomeno della comunicazione in termini essenzialmente diversi del passato, aperta a forme nuove e insospettate di linguaggi e di tecnologie comunicative. La catechesi, in quanto azione ecclesiale di comunicazione dell’esperienza di fede, non rimane al margine di questo fenomeno, ma è chiamata a ripensare la propria prassi in rapporto alle nuove possibilità comunicative, attenta agli aspetti positivi ma anche alle ambiguità di cui sono portatrici. In senso positivo, si aprono qui possibilità inedite per la catechesi giovanile, che può trovare tanti linguaggi espressivi nel suono, nell’immagine, nella rappresentazione, nella «expression corporelle», nel linguaggio simbolico, nell’uso dei mass-media e dei group-media, ecc.

— Dalla catechesi dell’«assimilazione» alla catechesi della​​ creatività.​​ Lo stimolo della creatività appare oggi come un valore educativo dalle grandi possibilità e applicazioni, meritevole anche di venire introdotto, pur con dei limiti richiesti dalla natura teologica della catechesi, nell’esercizio della catechesi stessa. Si deve passare in questo modo da una pedagogia dell’assimilazione, come appropriazione di un patrimonio religioso prestabilito, a una mediazione educativa che, oltre al compito irrinunciabile di trasmissione dei linguaggi costituiti della fede, invita d’altra parte alla produzione di un nuovo linguaggio di fede, vale a dire, allo sforzo per riesprimere e incarnare l’esperienza cristiana nelle concrete coordinate di ogni situazione vissuta.

L’attivazione ordinata della creatività costituisce oggi un valore che, soprattutto nella catechesi giovanile, occorre sviluppare e guidare.

 

3.4. Un nuovo significato nel contesto ecclesiale

— Dalla catechesi «di conservazione» alla catechesi di​​ trasformazione.​​ È forte oggi la tentazione di concepire la prassi catechistica in funzione di conservazione o, peggio ancora, di restaurazione, di recupero di una presenza cristiana ed ecclesiale in processo di perdita di potere. È sempre incombente il rischio di fare della catechesi un semplice strumento di socializzazione religiosa, al servizio dell’istituzione, in chiave di perpetuazione dell’esperienza cristiana tradizionale, invece di orientarla decisamente come opera di educazione e di costruzione, in vista della promozione di un nuovo tipo di cristiano e di un progetto rinnovato di Chiesa. In particolare, in rapporto ai giovani, soltanto una catechesi di innovazione, protesa verso un futuro di novità nella fedeltà al Vangelo, potrà attirare l’attenzione e l’interesse delle nuove generazioni.

— Dalla catechesi «devozionale» alla catechesi​​ liberatrice.​​ Nelle circostanze del nostro tempo, la catechesi è chiamata a comunicare «un messaggio particolarmente vigoroso nei nostri giorni, sulla liberazione» (EN29). Come hanno sottolineato in forma particolare i documenti latinoamericani di Medellin e Puebla, la catechesi attuale, come in generale tutto l’insieme dell’agire pastorale dei cristiani, deve porsi decisamente al servizio di un progetto umanizzante e promozionale di liberazione integrale, superando tradizionali concezioni dualistiche e spiritualistiche della salvezza e della vita cristiana. Anche questa istanza della catechesi rinnovata sembra decisiva in ordine a una catechesi capace di venire accettata nel mondo giovanile.

— Dalla catechesi «chiusa e intollerante» alla catechesi​​ aperta e dialogante.​​ È la dimensione «ecumenica», in senso largo, della catechesi rinnovata. Se tante volte nel passato la catechesi è stata di fatto un fattore di divisione, di difesa degli steccati divisori, uno strumento di separazione e perfino di odio religioso, oggi deve diventare un mezzo di comprensione reciproca e di educazione alla convivenza e alla pace. In questo senso, essa può svolgere un compito di grande importanza a servizio della causa ecumenica e per l’avvicinamento tra i popoli. Sono questi valori ai quali i giovani di oggi si mostrano particolarmente sensibili.

— Dalla catechesi della «Cristianità» alla catechesi​​ evangelizzatrice.​​ In questo modo può essere espresso e quasi riassunto il significato globale del rinnovamento postconciliare della catechesi. Non è impresa da poco, in quanto suppone, oltre all’accettazione e assimilazione degli orientamenti conciliari, una buona dose di coraggio e di fede. Ma è un’impresa che vale la pena affrontare decisamente e senza rimpianti: ne va di mezzo, probabilmente, il futuro della Chiesa, la credibilità del cristianesimo e sicuramente anche la speranza, da non deludere, di tanti giovani del nostro tempo.

Il quadro qui presentato, pur nella sua schematicità, permette di cogliere nelle sue linee principali i tratti caratteristici di una catechesi che voglia rispondere alle sfide del nostro tempo. E sono state sottolineate alcune istanze che valgono in particolare per il mondo giovanile. È possibile in questo modo delineare, almeno in alcuni suoi nodi risolutivi, l’identità e le dimensioni di una catechesi per i giovani e con i giovani, capace di cogliere e valorizzare i fermenti e i valori emergenti nel mondo giovanile.

 

4.​​ Urgenze e prospettive

Se, tenendo presente questo quadro riassuntivo della catechesi rinnovata, guardiamo ora di nuovo al panorama reale del mondo giovanile e ai nodi problematici più sentiti nel lavoro pastorale coi giovani, forse possiamo concludere formulando alcune urgenze e prospettive che in qualche modo si impongono oggi alla riflessione e all’impegno dei responsabili in campo catechistico.

 

4.1. Ripensare obiettivi mete e contenuti della catechesi giovanile

Sembra decisivo, oggi, orientare lo sforzo catechistico, soprattutto con i giovani, verso orizzonti stimolanti capaci di entusiasmare e di trascinare, ma senza d’altra parte compromettere la maturazione della fede con proposte infantilizzanti o falsamente securizzanti. Occorre formulare bene il​​ tipo di cristiano,​​ il​​ modello di comunità​​ e il​​ progetto di Chiesa​​ che con coraggio e pazienza si vuole promuovere e perseguire, al di là di chiusure integriste o progetti nostalgici di restaurazione. Bisogna riconoscere che, a questo riguardo, non c’è consenso nella Chiesa di oggi, e che appare importante un’opera coordinata di riflessione e di dialogo per chiarificare obiettivi e proposte.

Il ripensamento degli obiettivi comporta anche una revisione in profondità dei contenuti. Ed è urgente ripensare la proposta cristiana in modo da superare l’attuale crisi di credibilità e di significatività del cristianesimo, attraverso un dialogo coraggioso tra fede e cultura contemporanea.

 

4.2. Ripensare il processo globale dell’iniziazione cristiana

È, come sappiamo, uno dei problemi più urgenti della pastorale oggi. Ed è un problema che richiede una considerazione organica, globale, non riconducibile a qualche cambiamento di dettaglio, come l’età di un sacramento o la durata di un ciclo catechistico. Più in concreto, pur ammettendo una pluralità di formule pastorali in ordine all’iniziazione cristiana, non sembra possibile immaginare oggi un processo adeguato di iniziazione alla fede e alla vita cristiana che possa finire prima dell’età giovanile. Questo significa che la catechesi degli adolescenti e dei giovani dovrà concepire la sua funzione in gran parte con finalità evangelizzatrice ed iniziatica, al servizio di un processo organico di interiorizzazione della fede e di inserimento progressivo nella vita della comunità cristiana. Vanno ripensati in questo senso, e in forma radicale, la pastorale dei sacramenti di iniziazione e il ruolo della comunità adulta come punto di arrivo del cammino iniziatico. Se si continua coi criteri abituali di oggi, tutto lo sforzo della catechesi servirà soltanto a nascondere momentaneamente il fallimento sostanziale di un processo che in realtà non apre, ma chiude, non «inizia» ma «conclude».

 

4.3.​​ Impostare una pastorale aperta ai giovani e ai problemi giovanili

Il lavoro pastorale coi giovani trova ancora sempre delle difficoltà che vanno superate. Va superata anzitutto la paura di tanti pastori verso i giovani, la paura di entrare nel loro mondo e di accogliere con coraggio le loro aspettative. Si è potuto dire che molti giovani si sentono nella Chiesa «senza patria e senza casa» («Heimatlos»: vedi bibliografia), proprio per la difficoltà che essi provano a vedere accettato e preso sul serio il loro mondo di problemi e di promesse. E d’altra parte va anche superato il tono spesso paternalistico con cui nella catechesi e nella pastorale ci si rivolge ai giovani: non si tratta di chinarsi benevolmente verso di loro per fare loro del bene. Non si tratta semplicemente di fare catechesi​​ ai​​ giovani, ma piuttosto di fare catechesi​​ con​​ i giovani. Si tratta in fondo di riconoscersi, come comunità cristiana, in loro e di promuovere con gioia e con fantasia il loro protagonismo e la loro creatività, lasciandosi anche interpellare da loro.

 

4.4. Giovani in dialogo con gli adulti

La catechesi giovanile non può svolgersi slegata dal dialogo con gli adulti. Almeno per due motivi:

— Perché il lavoro catechetico con i giovani potrà avere un futuro se lo sbocco naturale è la comunità adulta di fede, verso la quale si orienta tutto il processo della maturazione della fede.

— Perché la catechesi giovanile, come del resto anche quella degli adulti, ha bisogno del dialogo intergenerazionale. Gli adulti hanno bisogno del dialogo coi giovani per non cristallizzarsi in formule e comportamenti legati solamente al passato; e i giovani hanno bisogno degli adulti per non cadere nel «giovanilisimo» che manca di realismo e di aderenza ai problemi concreti della vita.

In questa prospettiva, il proclamato primato della catechesi degli adulti non deve recare danno allo sviluppo della catechesi giovanile ma ne costituisce un importante polo di riferimento. Se è giusto che il gruppo giovanile abbia i suoi momenti di vita e di riflessione, a livello giovanile, sarà anche necessario che vengano programmate e realizzate esperienze di dialogo e di interrelazione con gli adulti, pena la superficialità e l’inefficacia degli sforzi realizzati.

 

4.5. Catechesi per la vita e catechesi del senso della vita

Non si insisterà mai abbastanza sul pericolo sempre incombente di una catechesi di «verità» e di «prescrizioni» slegate dalla vita e dalla problematica esistenziale del mondo giovanile. «Integrazione tra fede e vita», «illuminazione dell’esistenza», «significatività», «correlazione» tra messaggio cristiano e domande esistenziali dell’uomo, catechesi «per la riuscita della vita»: ecco alcune istanze e parole-chiave di uno sforzo catechetico che non deve trovare pace finché i contenuti e le esigenze della fede non vengono percepiti e vissuti nella loro potente capacità interpretativa e trasformatrice dell’esistenza e della storia.

Quando si trovano formule riuscite di integrazione tra fede e vita non c’è da aver paura di una gioventù apparentemente lontana o apatica di fronte al problema religioso: sappiamo infatti che il problema della vita e del senso della vita si trova, magari in forma nascosta, nel cuore di ogni esistenza umana desiderosa di realizzarsi.

 

Bibliografia

Amato A. - Zevini G. (edd.),​​ Annunciare Cristo ai giovani,​​ LAS, Roma 1980; Babin P.,​​ I giovani e la fede,​​ Paoline, Roma 1965; Id.,​​ Metodologia,​​ LDC, Leumann 1967; Braido P. (ed.),​​ Educare,​​ voi. Ili, PAS Verlag, Ztirich 1962, cap. IV: Catechesi giovanile; Bucciarelli C.,​​ Realtà giovanile e catechesi,​​ LDC, Leumann 1973; Dinger W. - Volk R. (edd.),​​ Heimatlos in der Kirche? Probleme heutiger Jugend pastoral,​​ Ròsei, München 1980; Grom B.,​​ Metodi per l’insegnamento della religione, la pastorale giovanile e la formazione degli adulti, LDC, Leumann 1981; Piveteau D., Aprire i giovani alla fede, LDC, Leumann 1979; Sauvetre M., I giovani scoprono la catechesi, LDC, Leumann 1970; Six J.-F., Les jeunes, l’avenir et la fot, Desclée de Br., Paris 1976; Trenti Z., Giovani e proposta cristiana, LDC, Leumann 1985.

 

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CATECHESI

1.​​ Significato etimologico e storico.​​ Il termine “catechesi” (xaTr)X'n<T<4) non si trova nel NT, dove invece appare il verbo xaxTix^ (Ietterai.; risuonare, far risuonare) col significato di: istruire, insegnare oralmente, raccontare (cf​​ Lc​​ 1,4;​​ At​​ 18,25; 21,21;​​ Rm​​ 2,18;​​ 1 Cor​​ 14,19;​​ Gai​​ 6,6). In questo senso, la “catechesi” appare nel NT in forma ancora alquanto indifferenziata, insieme ad altre espressioni che indicano le varie manifestazioni del ministero della parola: evangelizzazione, istruzione, profezia, testimonianza, esortazione, ecc. (cf B. Maggioni,​​ Le funzioni di parola nell’esperienza delle comunità neotestamentarie,​​ in “Servizio della Parola”, 1976, n. 81, 33-44). Tra queste diverse espressioni però, è possibile già percepire una distinzione di base: tra un primo momento di​​ lancio o proclamazione​​ del messaggio cristiano (con verbi come: esclamare, xpà^etv; predicare, xiipóccrEiv; evangelizzare, annunciare, EÓayYEXi^Etv, EÙaYY£Xi^Ea8ai; rendere testimonianza, p.apT'jprìv) e un secondo momento di​​ esplicitazione e approfondimento,​​ all’interno del quale si trova la “catechesi” (con verbi come: insegnare, SiSàtrxEW; conversare, òpQ.EÌv; consegnare, rcapaStSóvat; e quello già menzionato di zaTTixciv). .

Nell’epoca postapostolica e patristica, la “catechesi” riceverà un significato più preciso di​​ insegnamento fondamentale​​ della fede cristiana all’interno e nel contesto dell’istituzione del catecumenato, e quindi per coloro che fanno un tirocinio di vita cristiana in vista del battesimo. È in questo senso che si hanno le grandi e note “catechesi” dei Padri: catechesi​​ battesimali​​ (prima del battesimo) e catechesi​​ mistagogiche​​ (sui sacramenti, per i neofiti).

Con la caduta del catecumenato, a partire dal sec. V, e per tutto il medioevo, si assiste anche alla scomparsa del termine “catechesi”. Subentrerà il termine “catechismus” e il verbo “catechizzare”, riferiti all’istruzione iniziale precedente il battesimo, che spesso — con la generalizzazione del battesimo dei bambini — si riduce di fatto alle domande e risposte previste all’inizio del rito battesimale (cf S. Tommaso,​​ Stimma Theol.​​ III, q. 71, 4). Per altre forme di istruzione o insegnamento si usano altri termini (come “instructio”: cf S. Tommaso,​​ ibid.,​​ ad 3um).

Nell’età moderna (sec. XVI-XIX) l’esercizio dell’attività cat. riceve nuovi impulsi e una grande varietà di denominazioni. È l’epoca anzitutto del → “catechismo”, inteso sia come forma di istruzione religiosa elementare e sistematica, sia come libro o compendio della dottrina (cf i famosi “catechismi” di

Lutero, → Canisio, → Bellarmino, → Ripalda, → Deharbe, ecc.). Ma si parla anche di “instructio”, di “institutio”, di insegnamento, di istruzione, di dottrina. Nell’ultimo secolo di vita della Chiesa, a partire dall’ultimo quarto del sec. XIX, nasce e si sviluppa un vasto movimento di rinnovamento dell’opera cat. (→ movimento cat.), che però resta sempre caratterizzato con termini tradizionali, quali: catechismo, istruzione religiosa, insegnamento della dottrina cristiana, insegnamento religioso o della religione, istruzione cat., educazione religiosa, ecc. Nel contesto di questo movimento rinnovatore, e a secolo già inoltrato, si vedrà riapparire l’antico e dimenticato termine “catechesi”, in un intento di ritorno alla ricchezza delle origini, soprattutto dell’epoca apostolica e patristica, e col desiderio di superare i limiti di una concezione prevalentemente intellettualistica e nozionistica dell’opera cat. In questo senso, e con la spinta prevalente del movimento cat. francese degli anni ’50 (cf A. Liégé 1968), si arriverà poco per volta, almeno nei paesi di lingua francese, spagnola e italiana, a soppiantare in parte coi termini “catechesi” e “catechetico” gli abituali “catechismo” e “catechistico”. Naturalmente, più che un cambiamento di terminologia,​​ interessa rilevare la riscoperta e la riformulazione, in termini più pregnanti e soddisfacenti, del significato e compito della C. nella Chiesa.

2.​​ Catechesi: chiarificazione del termine.​​ La necessità di un chiarimento terminologico, a proposito della C., si ripropone quasi ad ogni epoca, sia perché si parla di C. in riferimento ad attività molto diverse, sia perché vengono adoperati altri termini per indicare la stessa funzione cat., sia finalmente perché la C. si trova in rapporto e collegamento con altre funzioni ecclesiali affini, nei confronti delle quali non è sempre facile tracciare linee divisorie. Si impone perciò un tentativo di chiarificazione.

— Chiarificazione anzitutto​​ all’interno del ministero della → parola,​​ nel cui ambito si trova la C. Come è già stato accennato, risulta difficile — a livello di NT — precisare i contorni della C. in rapporto ad altre espressioni classiche del ministero della parola, quali: kerygma, didaché, didascalia, omelia. Qualcuno (cf A. Rétif 1958) riconduce la C. alla “didaché”, quale primo insegnamento elementare, dottrinale e morale, da collocare dopo il primo annuncio (kerygma) e prima dell’approfondimento (didascalia). Più tradizionale, in sede teologico-pastorale, è la distinzione fra tre forme di ministero della parola: 1’→​​ evangelizzazione​​ (o kerygma, o predicazione missionaria), la​​ catechesi​​ (esplicitazione e approfondimento della fede per i già convertiti) e​​ predicazione liturgica​​ (o → omelia, o predicazione di comunità).

Questa divisione si riconduce ordinariamente sia alla diversità dei destinatari della parola (non cristiani; convertiti e catecumeni; comunità cristiana), sia al progressivo inserimento nell’economia sacramentale (conversione; battesimo; eucaristia), sia soprattutto a tre tappe fondamentali del processo interno di adesione alla fede (aderire​​ alla fede;​​ approfondire​​ la fede;​​ vivere​​ la fede) (cf D. Grasso,​​ L’annuncio della salvezza,​​ Napoli, D’Auria, 1965, 325-328). Va osservato però che questa distinzione ha una validità limitata, sia per motivi di realismo pastorale che per la natura stessa dell’esercizio della parola ecclesiale. Così, per es., la distinzione tra C. e liturgia, in sé legittima, non esclude che molte funzioni di parola nella liturgia — anzi, la liturgia stessa come “parola di fede” — possano essere considerate e chiamate autentica “catechesi”, in quanto ordinate all’approfondimento e maturazione della fede.

— La C. appare, di per sé, come momento distinto e successivo​​ annuncio​​ o​​ evangelizzazione.​​ Ma anche qui la distinzione non va esasperata, soprattutto se si tiene presente la concezione ampia di evangelizzazione che è stata consacrata nel Sinodo del 1974 e in EN (cf EN 24). Se per evangelizzazione si intende l’annuncio e la testimonianza resi al vangelo dalla Chiesa attraverso tutta la sua azione e tutta la sua vita, allora la C. va giustamente considerata come una​​ parte o momento dell’evangelizzazione​​ (cf CT 18). E giustamente si sottolinea oggi la necessità che la C. abbia, in ogni caso, una​​ valenza​​ o​​ dimensione​​ evangelizzatrice, data la concreta situazione degli uomini del nostro tempo (cf DCG 18).

— Non è infrequente oggi, presso autori o documenti della C., ricorrere alla distinzione tra​​ C. in senso ampio​​ e​​ C. in senso ristretto,​​ non sempre però con lo stesso criterio e lo stesso significato. CT 25 distingue, per es., tra un senso ristretto di C. come “semplice insegnamento delle formule che esprimono la fede” e un senso più ampio, propugnato nel documento, che considera la C. come iniziazione globale alla vita di fede cristiana (cf anche​​ La catcquesis de la comunidad,​​ 78-80). Altre volte invece si invoca la distinzione tra senso ampio e senso ristretto per escludere il primo (C. in senso ampio sarebbero le svariate forme di educazione della fede per mezzo della parola) e difendere il secondo (C. in senso proprio o ristretto, intesa come insegnamento elementare e sistematico della fede, o come processo di iniziazione cristiana: cf​​ La catcquesis de la comunidad,​​ 101; U. Hemel 1984, 330-333). È per questo che alcuni difendono la limitazione nel tempo della C. e si oppongono​​ all’idea, oggi generalmente accettata, del​​ carattere permanente​​ della C., cioè di una “C. permanente” destinata ad accompagnare tutta la vita del credente. Se si tiene presente la testimonianza della storia e la coscienza ecclesiale, sembra si debba concludere che, accanto a forme più sistematiche e istituzionalizzate di C., meritino il nome di C. anche altre forme meno sistematiche di servizio della parola, in ambienti diversi e lungo l’arco dell’esistenza, purché rispondano davvero alla natura della comunicazione cat., come si vedrà più sotto.

— Per evitare un uso indiscriminato del termine C. e quindi la perdita della sua identità, conviene distinguere bene tra la​​ C. propriamente detta,​​ pur nella grande varietà delle sue realizzazioni, e​​ l’aspetto o dimensione cat.​​ che hanno molte altre funzioni ecclesiali (anzi, di per sé,​​ tutte​​ le funzioni ecclesiali): impegno, testimonianza, celebrazione, apostolato, ecc. (cf CT 18).

— In alcuni contesti culturali, insieme o al posto del termine “catechesi”, vengono usate altre espressioni di significato uguale o analogo: educazione della fede, insegnamento religioso, educazione religiosa, ecc. Solo l’analisi attenta di ognuna di esse, situate nel loro contesto storico e culturale, permette di individuare i veri sinonimi di “catechesi”. Il movimento cat. contemporaneo ha molto rivalutato e adoperato la terminologia legata al concetto di → “fede”: educazione della fede (o​​ alla​​ fede, o​​ nella​​ fede), trasmissione della fede, itinerari di fede, e simili. Sono espressioni generalmente identificabili col concetto di C., di cui vogliono sottolineare il compito e la natura, specialmente nell’espressione, oramai consacrata, di →​​ educazione della fede​​ (cf CT 18;​​ Messaggio Sinodo ’77,​​ n. 1). Alcuni vorrebbero distinguere chiaramente tra C. ed educazione della fede, ritenendo questa molto più ampia della prima (cf​​ La catcquesis de la comunidad,​​ 5667). La distinzione può avere fondamento, se si dà tutta la sua ampiezza al concetto di educazione della fede, ma può anche apparire ingiustificata, se viene di fatto legata, come spesso risulta, a una limitazione indebita del significato del termine “catechesi”, come si è accennato sopra.

Per ciò che concerne la terminologia legata al termine “religione”, l’orizzonte semantico è ampio e svariato. In certe epoche, e in alcuni contesti culturali, l’espressione “insegnamento religioso” o “educazione religiosa” ha ricoperto praticamente l’ambito della C. (come il francese “enseignement religieux”, o il tedesco “Religionsunterricht”, o l’inglese “Religious Education”). A volte, queste espressioni indicano di preferenza, o esclusivamente, l’insegnamento​​ scolastico​​ della religione, sia che venga considerato come C. in senso proprio o no (così l’italiano “insegnamento religioso”, o lo spagnolo “enseñanza religiosa”, o i già menzionati “Religionsunterricht” e “Religious Education”). Ma ci sono altri casi, da considerare volta per volta, in cui si parla di → insegnamento​​ religioso​​ o di educazione​​ religiosa​​ in un senso palesemente differenziato o addirittura contrapposto al concetto di C., in quanto si sottolinea il carattere non confessionale, o pre-cat., o non ecclesiale, di tale approccio religioso. D’altra parte l’espressione “formazione religiosa” (“formation religieuse”) viene usata a volte per indicare qualcosa che va al di là del catechetico, come approfondimento ulteriore della propria esperienza religiosa o di fede.

3.​​ Catechesi, definizioni.​​ Per un ulteriore chiarimento del compito e natura della C. risulta illuminante esaminare almeno alcune delle definizioni o descrizioni della C. presenti nei documenti e nella letteratura cat. contemporanea.

— Particolare rilievo e autorevolezza hanno alcune definizioni presenti nei documenti ufficiali del magistero ecclesiastico. Così, per es., l’espressione conciliare, poi ripresa in altri documenti (cf DCG 17; RdC 37), di CD 14, dove si parla della “catechetica institutio”, “che ha lo scopo di ravvivare tra gli uomini la fede e di renderla cosciente ed operosa, per mezzo di un’opportuna istruzione”. Oppure l’espressione sinodale, anch’essa molto citata, secondo​​ la quale la C. “consiste nell’ordinata e progressiva educazione della fede unita ad un continuo processo di → maturazione della fede medesima” (Messaggio Sinodo ’77,​​ n. 1; cf​​ Puebla​​ 977). Ugualmente significativa, anche per il suo respiro comunitario, è la definizione presente in DCG 21: «Nell’ambito dell’attività pastorale la catechesi è quell’azione ecclesiale che conduce le comunità e i singoli cristiani alla maturità della fede” (cf anche CT 18; RdC 30).

— Sono molti gli autori che propongono definizioni della C. Alcuni ne hanno raccolte diverse, a scopo illustrativo e documentario (cf J. J. Rodriguez Medina 1972, 119-125; F. Coudreau 1978, 157-158; E. Alberich 1982, 65-66; E. Germain 1983, 162-163). Alcune in particolare appaiono molto curate e complete. Come per es.:

“Si intende per C. una​​ forma di evangelizzazione​​ dei cristiani, un’azione della comunità ecclesiale, un’azione della Chiesa che accompagna tutta la vita ed è sempre in rapporto con la situazione concreta degli uomini, per mezzo della quale i suoi membri vengono abilitati a capire, celebrare e vivere il messaggio evangelico, e a partecipare attivamente nella realizzazione di questa comunità e nella propagazione del vangelo. La C. è intesa come​​ via alla conoscenza della fede​​ e iniziazione nella​​ sequela di Cristo.​​ Essa deve stimolare una coscienza critica, affinché i cristiani siano in grado di collaborare nel rinnovamento della Chiesa e nella trasformazione della società in senso evangelico. La C. si presenta quindi come atto di educazione a una​​ fede matura” (A. Exeler,​​ Zur Freude des Glaubens hinfiìhren,​​ Freiburg, Herder, 1980, 137-138).

“Catechesi è quell’azione​​ ecclesiale,​​ inserita nella pastorale​​ profetica,​​ che, attraverso​​ L’insegnamento​​ del mistero rivelato, conduce il catechizzando,​​ bambino o adulto,​​ alla​​ fede viva​​ e agli​​ impegni ecclesiali​​ richiesti dalla fede” (J. J. Rodríguez Medina 1972, 125). — Altre definizioni, anch’esse molto note, hanno presentato la natura e il compito della catechesi sottolineandone la dimensione esperienziale e antropologica:

“Per C. intendiamo il processo di illuminazione dell’esistenza umana come intervento salvifico di Dio in cui il mistero di Cristo viene testimoniato nella forma dell’annuncio della parola al fine di destare e di alimentare la fede e indurre alla sua attuazione nella vita” (Linee fondamentali per una nuova catechesi​​ [direttorio olandese], Leumann-Torino, LDC, 1969, 40).

“La C., da questo punto di vista, può essere definita così: l’azione per la quale un gruppo umano interpreta la sua situazione, la vive e la esprime alla luce del vangelo” ( J. Audinet, in​​ Catcquesis y promoción humana​​ [Settimana Intern. di C. di Medellin, 1968], Salamanca, Sígueme, 1969, 35).

— I testi riportati esprimono in forma significativa quello che si può chiamare il​​ consenso​​ ecclesiale sui tratti distintivi della C. In sintesi, si può dire che l’essenza della funzione cat. appare legata a un triplice riferimento: alla parola di Dio, alla fede, alla Chiesa:

​​ La C. è anzitutto​​ ministero della parola,​​ e quindi servizio del vangelo, comunicazione del messaggio cristiano e annuncio di Gesù Cristo, centro del messaggio ed espressione suprema della parola. La parola di Dio costituisce pertanto un polo di riferimento essenziale della C., e questo in tutta la sua ricchezza e densità, non solo come rivelazione di verità, ma anche come illuminazione, interpretazione, ammonimento, promessa, messaggio liberatore.

​​ La C. è​​ educazione della fede,​​ mediazione ecclesiale per favorire la nascita e crescita della fede, nelle comunità e nelle persone, fino alla sua maturità. E anche in questo suo riferimento essenziale, la C. deve tener presente la pregnanza e globalità della fede come atteggiamento esistenziale che, includendo nel suo dinamismo la speranza e l’amore,​​ costituisce l’asse portante della vita cristiana: adesione a Cristo, identificazione con la causa del Regno, appartenenza ecclesiale, impegno nel mondo, ecc.

​​ La C. si qualifica anche, in forma essenziale, come​​ azione di Chiesa,​​ espressione della realtà ecclesiale e momento indispensabile della missione della Chiesa. La dimensione ecclesiale appartiene all’essenza dell’azione cat. e ne configura gli elementi costitutivi: contenuto, soggetto, metodo, modalità, orizzonte operativo, ecc.

— Le riflessioni fatte devono anche portare a un superamento di ogni visione angusta, unilaterale del compito cat. considerato spesso semplicisticamente come trasmissione di contenuti religiosi in vista della​​ conoscenza​​ della fede. La C. è, sì,​​ insegnamento,​​ ma anche azione​​ educativa e​​ processo di​​ iniziazione.​​ La C. trasmette una​​ dottrina​​ e un​​ sapere​​ (conoscenza della​​ fides quae),​​ ma è anche e soprattutto maturazione di​​ atteggiamenti e​​ assunzione di un​​ progetto di vita​​ (interiorizzazione della​​ fides qua).​​ Come ha ribadito il Sinodo della C., la C. è allo stesso tempo​​ parola, memoria​​ e​​ testimonianza​​ (Messaggio Sinodo ’77,​​ n. 7): essa deve includere indissolubilmente “la conoscenza della parola di Dio, la celebrazione della fede nei sacramenti, la confessione della fede nella vita quotidiana” (ibid.,​​ n. 11).

4.​​ Forme ed espressioni della C.​​ La C. della Chiesa si realizza in forme molto varie: private e pubbliche, spontanee e istituzionalizzate, occasionali e sistematiche. Essa può prendere, a seconda delle circostanze, la forma di insegnamento, di esortazione, di riflessione, di testimonianza, di dialogo, e molte altre. Può essere realizzata in una grande varietà di attività concrete: itinerari catecumenali, cicli di preparazione ai sacramenti, corsi di formazione religiosa, riflessione di gruppo, celebrazioni, drammatizzazioni, programmi di radio o televisione, ecc. (cf DCG 19).

Le tipologie della C. sono anch’esse molto varie, e rispondono a criteri diversi di classificazione. Alcuni criteri più frequenti sono quelli relativi alferá (C. dei bambini, dei fanciulli, degli adolescenti, dei giovani, degli adulti);​​ ambiente​​ o struttura della C. (C. familiare, parrocchiale, scolastica, associativa, ecc.); ai​​ contenuti​​ o​​ fonti​​ privilegiati (C. biblica, liturgica, dottrinale, antropologica, ecc.); al​​ grado​​ di sviluppo e approfondimento (C. di iniziazione, C. fondamentale, C. permanente o di approfondimento: cf A. Liégé 1968).

5.​​ Catechesi e missione della Chiesa.​​ Per l’intelligenza e realizzazione dell’opera cat. è importante non solo coglierne l’essenza, ma anche valutarne la collocazione e il significato nel contesto globale della missione della Chiesa. Ciò dovrebbe impedire alcuni abituali difetti dell’esercizio dell’attività cat., quali l’isolamento, la routine, la polarizzazione sui fanciulli, l’assolutizzazione unilaterale, ecc. La C. va inserita e coordinata nell’insieme dell’azione pastorale della Chiesa, e quindi vitalmente collegata con l’attività missionaria, la liturgia, l’esercizio della carità e della diaconia, il rinnovamento comunitario, ecc.

Non va sottovalutata la​​ centralità​​ della C. nell’orizzonte del compito ecclesiale. Se è vero che l’evangelizzazione va oggi considerata come “la missione essenziale della Chiesa”, “la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (EN 14), la C.​​ partecipa della stessa dignità e importanza,​​ perché momento essenzialmente implicato nel dinamismo dell’evangelizzazione. La C., in quanto annuncio e approfondimento del messaggio evangelico per la maturazione della fede e della vita cristiana, si trova perciò nel cuore stesso della missione ecclesiale. Se una adeguata politica educativa è molla essenziale del rinnovamento e trasformazione di ogni società, lo svolgimento dell’opera cat., in quanto educazione e promozione di maturità di fede, è anche​​ elemento fondamentale del rinnovamento della Chiesa,​​ e come tale va stimolata e potenziata.

La centralità e importanza della funzione cat. nella missione della Chiesa spiega la recente solenne affermazione del suo primato nel contesto della prassi pastorale:

“La Chiesa, in questo XX secolo che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti — i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio — a rinnovare la sua fiducia nell’azione cat. come in un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato. Non si tratta di un semplice calcolo umano, ma di un atteggiamento di fede” (CT 15; cf​​ Messaggio Sinodo '77,​​ nn. 4 e 18).

Bibliografia

1.​​ Fonti

RdC; DCG; Messaggio Sinodo ’77; CT;​​ Direttorio di pastorale catechistica ad uso delle diocesi di Francia,​​ Leumann-Torino, LDC, 1965;​​ Das katechetische Wirken der Kirche.​​ Ein Arbeitspapier der Sachkommission I der Gemeinsamen Synode, in: L. Bertsch et al. (ed.),​​ Gemeinsame Synode der Bistümer in der Bundesrepublik Deutschland,​​ Ergänzungsband, Freiburg, Herder, 1978, 31-97; Comisión Episcopal de Enseñanza y Catequesis,​​ La catcquesis de la comunidad,​​ Madrid, EDICE, 1983;​​ Condividere la luce della fede.​​ Direttorio catechistico nazionale dei cattolici degli Stati Uniti, Leumann-Torino, LDC, 1981;​​ Catequese renovada. Orientações e conteúdo​​ (direttorio brasiliano), São Paulo, Paulinas, 1983.

2.​​ Studi

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Emilio Alberich

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CATECHESI

La c. (dal gr.​​ katechéin:​​ far risuonare) è l’insegnamento fondamentale della fede cristiana per l’interiorizzazione e maturazione della stessa fede. Essa si trova così nel cuore del processo di​​ ​​ socializzazione religiosa e di trasmissione del patrimonio culturale e religioso del cristianesimo alle nuove generazioni e a quanti vogliono diventare cristiani. Oggi questa attività si rivolge ancora prevalentemente a soggetti in età di sviluppo (fanciulli, adolescenti, giovani), ma si sente l’esigenza di mettere al centro dell’attenzione il mondo degli​​ ​​ adulti.

1.​​ La c.: termini e forme.​​ La c. ha ricevuto denominazioni diverse a seconda dei tempi e dei luoghi: educazione religiosa, insegnamento religioso, dottrina cristiana, catechismo, c., formazione religiosa, educazione della fede, trasmissione della fede, ecc. Il significato preciso di questi termini dipende dai diversi contesti e tradizioni culturali. Per es. nel mondo anglosassone si preferisce parlare di​​ Religious Education​​ o​​ Religious Instruction;​​ nell’area francofona di​​ enseignement religieux​​ o​​ formation religieuse.​​ Attualmente si tende a distinguere chiaramente, pur nella loro complementarità, tra c. e​​ insegnamento della​​ ​​ religione​​ nella scuola, con obiettivi e modalità diverse di attuazione. Le considerazioni che seguono si riferiscono esclusivamente alla c. Negli ultimi decenni vi è stato tutto un movimento di rinnovamento catechetico, soprattutto sotto la spinta del Concilio Vaticano II e di fronte alle nuove sfide della società. Oggi va considerata conclusa la concezione dell’«epoca del catechismo» o del «paradigma tridentino», secondo cui la c. – legata al compendio chiamato «catechismo» – appariva soprattutto come insegnamento dottrinale e trasmissione di conoscenze religiose. Oggi la c. si apre a una visione più personalistica, integrale e incarnata della fede e della sua crescita e quindi assume un’identità più ricca e pluridimensionale, in quanto opera di​​ ​​ iniziazione, di​​ ​​ insegnamento, di​​ ​​ educazione e socializzazione religiosa.

2.​​ La c. «educazione della fede».​​ La caratterizzazione della c. come «educazione della fede» è diventata proverbiale nella Chiesa, e come tale accolta nei documenti ufficiali. Anzi, si può dire che, nello sviluppo del rinnovamento catechistico, l’espressione «educazione della fede» riassume in qualche modo il passaggio dal «catechismo» alla «c.», dalla tradizionale educazione religiosa ad un’azione catechetica più attenta alla densità esistenziale del messaggio cristiano e della relativa risposta credente. Nell’epoca moderna, la riflessione sulla c. ha portato all’accentuazione della sua​​ dimensione pedagogica,​​ anche sotto l’influsso delle​​ ​​ scienze dell’educazione Di fatto, la «catechetica» come riflessione sistematica sulla c., è sempre stata fortemente collegata alla pedagogia e dominata in un certo senso da una duplice anima: quella «teologica», che ne determina soprattutto i contenuti e le finalità ultime, e quella «pedagogica», che presiede all’individuazione di obiettivi, processi e metodologie (Alberich, 2001). L’espressione «educazione della fede» va intesa correttamente, dal momento che non è possibile influire direttamente dall’esterno su una realtà così «indisponibile» e inafferrabile come la fede cristiana, che teologicamente rimanda alla gratuità del dono divino e alla imprevedibilità della libera risposta umana. Ha senso perciò parlare di «educazione della fede» soltanto in modo indiretto e strumentale, in riferimento alle mediazioni umane che possono facilitare, aiutare e rimuovere ostacoli nel processo di maturazione religiosa. Rimane esclusa qualsiasi forma di intervento diretto sulla fede stessa. Nell’attuazione del suo compito di educazione, la c. deve avere sempre davanti l’orizzonte della​​ ​​ maturità religiosa, evitando possibili forme di indottrinamento e di intervento infantilizzante, col pericolo di bloccare il processo di crescita religiosa. Bisogna riconoscere che non poche volte la c. ha favorito forme di immaturità, di religiosità funzionale e compensatoria, di espressioni inadeguate di fede, sotto la spinta di atteggiamenti clericali e paternalistici o di facili accomodamenti securizzanti da parte di persone che hanno paura della maturità.

3.​​ La c. fatto educativo.​​ Alla c. – nelle sue diverse forme – va riconosciuta una notevole​​ valenza educativa,​​ sia come elemento significativo dell’​​ ​​ educazione cristiana e religiosa, sia anche per la sua​​ dimensione educativa globale,​​ in quanto fattore di socializzazione, di​​ ​​ alfabetizzazione, di crescita culturale e morale, ecc. È un dato che emerge con chiarezza alla luce della storia e in sede di riflessione teoretica sulla natura della c.

3.1.​​ La c. nella storia: opera di educazione.​​ Uno sguardo alla storia permette di cogliere il peso certamente significativo dell’azione catechistica nei processi di educazione e di promozione, soprattutto a livello popolare e in particolare nell’epoca moderna, attraverso la diffusione dei​​ catechismi​​ e le svariate forme di​​ insegnamento​​ religioso e di​​ predicazione​​ al popolo cristiano (Braido, 1991). Anzi, in diversi Paesi, la c. è stata spesso uno strumento privilegiato, a volte unico, di alfabetizzazione e di promozione culturale. L’opera della c. appare legata tradizionalmente alle​​ ​​ istituzioni educative e ai luoghi e ambiti della prima socializzazione (famiglia, scuola, chiesa, comunità), assumendo le forme tipiche dell’​​ ​​ azione educativa: insegnamento, educazione, iniziazione, apprendistato, formazione, alfabetizzazione. Essa ha costituito di fatto, per molte generazioni, uno strumento efficace di socializzazione religiosa, e ha contribuito a plasmare l’identità umana e cristiana di molti credenti. Certo, è vero che non sempre la c. è stata all’altezza della sua vocazione educativa. Essa è apparsa a volte disincarnata, ghettizzata, intenta a una finalità che sembrava lasciar da parte i problemi fondamentali dell’uomo e della sua crescita. Non solo: la storia e l’esperienza ricordano tante forme inautentiche di c. che ne hanno compromesso la valenza educativa, come in certe forme di​​ ​​ indottrinamento e di strumentalizzazione ideologica (​​ ideologia) al servizio dell’autorità dominante o di interessi di parte; oppure sotto forma di chiusura confessionale e settaria che è stata di fatto una vera educazione al pregiudizio e all’intolleranza.

3.2.​​ La c. in chiave educativa.​​ Oggi la riflessione catechetica insiste sul fatto che la c. deve essere​​ in funzione della riuscita totale dell’uomo.​​ In quanto trasmissione della parola liberante di Dio, la c. non si deve mai restringere a un settore «religioso» dell’esistenza, ma deve investire la totalità del progetto umano di vita, configurandosi perciò come «aiuto per la vita attraverso l’aiuto della fede» e avendo come scopo di fondo aiutare l’uomo a riuscire nella propria vita. È importante perciò mobilitare e valorizzare le molteplici valenze educative e promozionali dell’azione catechistica, sottolinearne la portata pedagogica e concepirla come un vero​​ processo educativo permanente​​ che deve accompagnare lo sviluppo integrale delle persone e dei gruppi. Tra gli obiettivi catechistici vanno perciò inclusi i grandi traguardi di ogni educazione umana: sviluppo della​​ ​​ personalità, apertura alla socialità, maturità psicologica e affettiva, senso critico, capacità di partecipazione e corresponsabilità. In riferimento alla c. possono essere segnalati diversi​​ fattori e istanze di rilevanza educativa:​​ a) A livello di​​ conoscenze,​​ la c. trasmette informazioni, arricchisce il patrimonio culturale, fornisce punti di riferimento per la ricerca di senso. b) Appartiene anche al compito della c. permettere la maturazione di​​ esperienze umane basilari,​​ che sono presupposto di ogni autentica crescita cristiana. Per es., senza l’esperienza della fiducia e del perdono è molto difficile capire il significato della penitenza e della riconciliazione; e senza maturità affettiva è impossibile cogliere in profondità il senso dell’amore cristiano. c) La c. è chiamata a dare grande importanza all’educazione morale e all’interiorizzazione​​ dei​​ ​​ valori, indissolubilmente connessi col processo di maturazione nella fede. Vanno promossi perciò valori quali: la fraternità, la​​ ​​ solidarietà, la giustizia, la pace, il coraggio, la veracità, la fedeltà, la gratitudine, la responsabilità sociale, il rispetto del creato, l’apertura alla mondialità, ecc. La c. è anche impegnata nel dialogo e interazione​​ tra fede e cultura​​ e questo, nella situazione attuale, costituisce un problema quanto mai urgente e impegnativo, data la distanza oggi esistente tra fede cristiana e cultura moderna. La c. si trova qui di fronte a una vera​​ sfida culturale,​​ ma anche messa in condizione di svolgere un compito di notevole rilevanza educativa: interpretare la cultura alla luce delle esigenze evangeliche e ripensare il patrimonio della fede cristiana alla luce delle istanze e dei valori della cultura contemporanea.

4.​​ In conclusione: non è concepibile un processo di maturazione della fede, e dunque un esercizio adeguato dell’attività catechistica, senza un innesto mirato sul processo globale di​​ maturazione della personalità.​​ Nell’attuazione di una c. inserita nel processo educativo sarà dunque necessario curare l’integrazione unitaria​​ delle diverse componenti educative, in modo da salvaguardare e portare a maturazione l’unità interiore della persona. Va evitato il rischio di​​ strumentalizzare​​ l’opera educativa in nome degli obiettivi superiori dell’educazione della fede. Ridurre i momenti fondamentali della maturazione umana (crescita culturale, educazione fisica, intellettuale, sociale, ecc.) a semplice​​ mezzo​​ per puntare a obiettivi esplicitamente religiosi (vita di fede, sacramenti, impegno ecclesiale) rivela una concezione inadeguata della maturazione stessa della fede e mancanza di rispetto per la qualità umanizzante di ogni autentica educazione. È una considerazione che invita a superare ogni dualismo antropologico e pedagogico e ogni malinteso primato della missione spirituale nell’azione dei cristiani.

Bibliografia

Bissoli C.,​​ C. ed educazione,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 27 (1980) 55-62;​​ Germain E.,​​ 2000 ans d’éducation de la foi,​​ Paris, Desclée,​​ 1983; Exeler A.,​​ L’educazione religiosa. Un itinerario alla maturazione dell’uomo,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1990;​​ Fossion A.,​​ La catéchèse dans le champ de la communication. Ses enjeux pour l’inculturation de la foi,​​ Paris, Cerf,​​ 1990; Braido P.,​​ Lineamenti di storia della c. e dei catechismi,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1991; Groppo G.,​​ Teologia dell’educazione. Origine,​​ identità,​​ compiti,​​ Roma, LAS, 1991; Alberich E.,​​ La c. oggi.​​ Manuale di catechetica fondamentale,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 2001;​​ Giguère P.-A.,​​ Catéchèse et maturité de la foi, Montréal / Bruxelles,​​ Novalis / Lumen Vitae, 2002; Derroitte H.,​​ La c. liberata, Leumann (TO), Elle Di Ci, 2002; Gevaert J.,​​ Il dialogo difficile: problemi dell’uomo e c., Ibid., 2005.

E. Alberich

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