BATTESIMO

 

BATTESIMO

Fedele alla missione ricevuta da Cristo (Mt​​ 28,19-20;​​ Mc​​ 16,16) la Chiesa ha sempre considerato il B. come “il primo dei sacramenti”: non soltanto perché cronologicamente viene per primo, ma soprattutto perché segna “l’ingresso alla vita e al regno”, inizio di quel processo di conformazione a Cristo che verrà perfezionato negli altri sacramenti (cf Introduzione al rito nell’Ordo​​ Baptismi Parvulorum​​ [OBP] 1-3; LG 10; AA 3; AG 15).

Ma lungo i secoli tale primarietà del B. è stata percepita e vissuta in modo diverso, sia nella prassi pastorale che nella riflessione teologica.

I. La pastorale del B. lungo i secoli

1.​​ Nella Chiesa dei primi secoli,​​ l’azione pastorale è rivolta prevalentemente a suscitare e a nutrire la fede, come fondamento e inizio della salvezza. Il B. verrà dopo, come complemento e sigillo della salvezza che la fede ha già operato in chi ha accolto la Parola. Tanto che Paolo può dire: “Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il vangelo” (1 Cor​​ 1,17). Di qui la nascita del catecumenato come strumento di iniziazione alla fede e ai sacramenti, che perciò prevede anzitutto l’annuncio della Parola, la conversione e la professione di fede, e soltanto successivamente il B. e l’iniziazione mistagogica.

2.​​ Ai tempi di sant’Agostino​​ la prassi pastorale è ancora sostanzialmente identica a quella dei primi secoli. Ma c’è un elemento nuovo. L’eresia pelagiana (che riduceva il peccato originale nei discendenti di Adamo ad un semplice cattivo esempio) costringe la Chiesa a giustificare l’uso tradizionale di battezzare i bambini. La risposta del vescovo di Ippona rimarrà classica: la tradizione di battezzare i bambini conferma l’esistenza del peccato originale non soltanto come cattivo esempio (impossibile per i bambini) ma quale vero e proprio stato di privazione della grazia. Ma come è possibile battezzare i bambini, dal momento che non hanno la fede richiesta come disposizione personale? Facendo un parallelo con la fede della vedova di Nain che ha meritato la risurrezione del figlio (Lc​​ 7,12-15), Agostino conclude: La fede altrui (= fides aliena) può venire in aiuto al bambino che non può avere la fede personale. “I bambini sono portati a ricevere la grazia spirituale, non tanto da coloro che li tengono in braccio (anche se non ne sono esclusi, specialmente quando sono buoni fedeli) quanto piuttosto da tutta la comunità dei santi e dei fedeli” (Ep.​​ 98,5; PL 33,561).

3.​​ Nel medioevo,​​ la società in cui la Chiesa opera è ormai strutturalmente cristiana. La fede è pacificamente presupposta. Non occorre più accentuarne la necessità come inizio della salvezza, anche perché il B. è conferito prevalentemente ai bambini. Pur non mancando richiami significativi alla tradizione patristica (soprattutto da parte delle grandi scuole teologiche) l’interesse delle scuole minori e del clero è ormai rivolto agli aspetti moralistici e speculativi del B. (come di tutti i sacramenti): materia, forma, ministro, condizioni per il conferimento, spiegazione dell’efficacia. La preziosa riflessione di sant’Agostino sulla “fides aliena” è ormai utilizzata nel suo aspetto meno significativo: la relazione tra B. e peccato originale. Di qui il prevalere della concezione del B. come purificazione (favorita anche dall’evoluzione del rito), che doveva poi portare alla regola pastorale del conferimento “al più presto” (1442).

4.​​ La riforma protestante​​ contesta proprio questa situazione di accentuata importanza data alla pratica sacramentale a scapito della fede. Il principio di Lutero è perentorio: la sola fede basta alla salvezza. Perciò, almeno in un primo momento, rigetta tutti i sacramenti: l’unico strumento della salvezza è la Parola in quanto suscita e alimenta la fede. Anche se in seguito verrà riconosciuto il valore di alcuni sacramenti, specialmente del B. (compreso quello dei bambini), la primarietà esclusiva data alla fede come strumento di salvezza non potrà non avere conseguenze sulla prassi pastorale.

5.​​ La controriforma cattolica​​ tentò di ricomporre l’equilibrio. Il Concilio di Trento riaffermò solennemente la dottrina tradizionale: “La fede è l’inizio, il fondamento e la radice di ogni giustificazione” (Sess. VI, c. 8). Ma i tredici canoni posti dallo stesso Concilio a difesa dell’efficacia sacramentale “ex opere operato” (Sess. VII) finirono per attirare l’attenzione quasi esclusiva dei teologi e dei pastori: sua necessità (anche per i bambini), sua efficacia, condizioni per una buona amministrazione. In questa prospettiva, la “fides​​ aliena” richiesta per il B. dei bambini non è più integrata nell’organismo sacramentale della “Chiesa credente”, ma è vista quasi soltanto come garanzia esteriore per il valido conferimento del sacramento: “I bambini hanno la fede giustificante infusa dall’opus operatum del sacramento e non dall’opus operantis del ministro o della Chiesa” (Bellarmino).

6.​​ La Chiesa oggi​​ vive in un diverso contesto socio-culturale. L’ambiente (un tempo strutturalmente cristiano) tende sempre più a una sua autonomia di pensiero e di azione. La fede non è più un dato sociologico che identifica la comunità ecclesiale con quella civile. È una situazione nuova che pone la Chiesa di fronte a problemi nuovi di azione pastorale: in primo luogo proprio per la pastorale del B.

II. La riflessione teologica

L’azione pastorale non dipende soltanto dalla situazione socio-culturale in cui la Chiesa viene a trovarsi. Più o meno riflessamente, la pastorale è sempre la traduzione in termini operativi di una particolare visione teologica.

Sicché, una pastorale del B. attenta principalmente alle disposizioni personali dei battezzandi è sì condizionata dalla situazione di minoranza o di diaspora della comunità ecclesiale, ma trova la sua giustificazione teologica nello stretto rapporto tra fede e sacramenti, tanto da considerare il B. prevalentemente come “sacramento della fede” (SC 59; OBP 3). Viceversa, la prassi del B. conferito “al più presto” e al maggior numero di persone, pur dipendendo dalla condizione storica di “fede evidente”, affonda le sue radici in una visione del B. come “strumento di salvezza” che agisce “ex opere operato” (Concilio di Trento, sess. VII). Per comprendere il significato profondo delle istanze che oggi urgono un rinnovamento della pastorale del B., è quindi necessario tenere presenti alcuni punti essenziali della riflessione teologica che è venuta maturando sotto la spinta del Vaticano IL

1.​​ Mediante il battesimo,​​ gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati, ricevono lo Spirito dei figli adottivi che li fa esclamare: Abbà, Padre» (SC 6; cf LG 7; UR 22; AG 14).

2.​​ Con il battesimo​​ gli uomini vengono introdotti nella Chiesa, di cui diventano membri, partecipando alla dignità e alla funzione sacerdotale, profetica e regale che il suo capo, Cristo Signore, comunica al suo Corpo in modi diversi (cf LG 10, 11, 14, 31; SC 14; AA 3; AG 6, 15; PO 5).

3.​​ Il battesimo è inizio e fondamento​​ di una vita nello Spirito, tesa alla santità, deputata al culto e impegnata nella testimonianza (cf SC 14; LG 10, 11, 33, 40, 44; AA 3).

Come si vede, siamo ben lontani da una visione teologica apologetica, quale poteva essere quella dei Concili di Cartagine (contro i Pelagiani) e di Trento (contro i Riformatori). Qui non si tratta più di difendere aspetti dottrinali messi in discussione dagli eretici, bensì di andare a fondo dei problemi per scoprire la natura e il fine a cui tende l’attività sacramentale della Chiesa, anzi la natura e il fine della Chiesa stessa come “sacramento universale di salvezza” (SC 5). E il fondamento di tutta l’attività sacramentale della Chiesa è visto dal Vaticano II proprio nel B. come:

—​​ partecipazione al mistero pasquale di Cristo (= dimensione misterica);

—​​ incorporazione alla Chiesa, nuovo popolo di Dio (= dimensione ecclesiale);

—​​ inizio della vita nuova nello Spirito (= dimensione escatologica);

—​​ impegno di coerenza con la realtà nuova in cui Dio ci ha posti (= dimensione morale).

Il che vuol dire che non si tratterà più di giustificare il B. di un bambino o di un adulto come fatto isolato, né di affermarne la necessità per la purificazione dal peccato originale (nemmeno nominato a questo proposito), bensì di chiarire il senso stesso del B. in rapporto alla missione della Chiesa come strumento di salvezza.

Sarà proprio da questa nuova prospettiva teologica che nasceranno e si svilupperanno le nuove esigenze della pastorale del B. che stanno felicemente fermentando la comunità ecclesiale, anche se sono ben lungi dal trovare soluzioni adeguate.

III. Prospettive pastorali

Se l’indagine storica ha permesso di ricuperare aspetti importanti che la prassi pastorale del passato aveva acquisito e consolidato (ma anche perduto o deformato), la riflessione teologica ha permesso di collocare tale ricupero in una prospettiva pastorale attenta alle attuali esigenze della comunità cristiana (cf SC 23).

1.​​ Anzitutto si è riconosciuta la diversa situazione che caratterizza il B. dei bambini e quello degli adulti (cf​​ Orda initiationis christianae adultorum),​​ per le quali non soltanto è stato redatto un diverso “rito” per la celebrazione, ma soprattutto viene raccomandato un diverso itinerario di preparazione e di iniziazione. La realtà significata è la stessa (nascita a vita nuova nello Spirito e incorporazione alla Chiesa), ma diverso è il rapporto tra il dono di Dio e la risposta umana, anche se il modello-tipo di tale rapporto resta quello che si realizza nel B. degli adulti, essendo il B. “anzitutto il sacramento di quella fede con la quale gli uomini, illuminati dalla grazia dello Spirito Santo, rispondono al vangelo di Cristo” (praen. OBP 3).

2.​​ In secondo luogo, è sempre più avvertita l’esigenza della dimensione comunitaria del B: non soltanto nel momento della celebrazione, ma in tutto l’itinerario di preparazione e della successiva formazione cristiana. Nel caso del B. dei bambini, ciò comporta soprattutto il coinvolgimento dei genitori il cui ufficio “deve avere la preminenza rispetto a quello dei padrini” (OBP 5). Nel caso del B. degli adulti è più direttamente coinvolta l’intera comunità locale, che con gesti di evangelizzazione e di coerenza di vita deve aiutare “i candidati e i catecumeni in tutto il corso dell’iniziazione: dal precatecumenato al catecumenato, al tempo della mistagogia” (RICA 41).

3.​​ L’istanza pastorale di un itinerario di → iniziazione cristiana che faccia del B. non un evento isolato nella vita del singolo credente e dell’intera comunità, ma una dimensione costante della progressiva conformazione a Cristo, non deriva soltanto da un’esigenza pedagogica, ma prima di tutto dalla riscoperta dell’importante principio teologico del B. come “sacramento della fede”, della quale non è soltanto “inizio” (= fede come dono di Dio) ma anche “ratifica” da parte del singolo chiamato e di tutta la comunità ( — fede come risposta al dono di Dio). Una risposta impegnativa e mai perfetta, che perciò esige precise condizioni spirituali per la celebrazione del sacramento, ma soprattutto un impegno costante di approfondimento e di sviluppo.

4.​​ Di qui, appunto, il fiorire di quella varietà di iniziative pastorali che in modo diverso caratterizzano l’attuale impegno delle comunità cristiane di tutto il mondo: da forme più o meno organiche di → catecumenato e di iniziazione cristiana, a impegni più vasti di evangelizzazione che coinvolgono non soltanto i candidati al B. ma l’intera comunità cristiana a tutti i livelli: fanciulli, giovani, adulti; battezzandi, battezzati, persone in ricerca, indifferenti.

5.​​ Iniziative spesso improvvisate, non sempre fondate su motivazioni teologiche e pastorali approfondite, ma che indicano in modo inequivocabile le nuove prospettive di una pastorale del B. che voglia tradurre in termini operativi la ricchezza inesauribile di questo sacramento “porta della salvezza”, perché “segna l’ingresso alla vita e al Regno” (praen. OBP 3). Il che non potrà realizzarsi senza un impegno molto più vasto di evangelizzazione e di iniziazione cristiana, di cui la pastorale del B. non sia che un momento importante, ma non isolato.

Bibliografia

1.​​ Aspetti generali​​ (teologico-pastorali)'

Adulti e iniziazione al battesimo,​​ in “Via Verità e Vita» 22 (1973) n. 42; B. Baroffio – M. Magrassi,​​ Battesimo,​​ in​​ Dizionario teologico interdisciplinare,​​ vol. I, Torino, Marietti, 1977;​​ Battesimo. Teologia e pastorale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1970;​​ Battesimo,​​ in​​ Dizionario di pastorale,​​ Brescia, Queriniana, 1979; D. Bourreau,​​ Il battesimo-, mediazione o scelta?,​​ Roma, Coinès, 1972;​​ La comunità cristiana e l’iniziazione al battesimo,​​ Roma, Ed. Paoline, 1975;​​ Crisi delle strutture di iniziazione,​​ in “Concilium” 15 (1979) n. 2; P. Dacquino,​​ Battesimo e cresima. La loro teologia e la loro catechesi alla luce della Bibbia,​​ Leumann-Torino, LDC, 1970; C. Di Sante,​​ Divenire uomini nuovi,​​ Brescia, Queriniana, 1977; D. Mosso,​​ Preparazione pastorale e celebrazione del battesimo,​​ in​​ 11 Battesimo. Teologia e pastorale,​​ Leumann-Torino, LDC, 1971, 184-192; E. Ruffini,​​ Il battesimo nello Spirito,​​ Torino, Marietti, 1975; M. Stedile,​​ Battesimo. Note pastorali,​​ Roma, CAL, 1970; S. Pancheri,​​ Battesimo. Introduzione storico-teologica,​​ ivi, 1970.

2.​​ Aspetti particolari

catecumenato, iniziazione cristiana et al.

Luciano Borello

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