ATTIVISMO

1.​​ Il termine​​ attivismo​​ è utilizzato frequentemente per indicare il complesso e comprensivo movimento di riforma pedagogico-didattica iniziato nelle ultime decadi del sec. XIX, che ebbe le manifestazioni più significative nella prima parte del sec. XX. Si è detto, enfaticamente, che esso rappresenta una “rivoluzione copernicana” nell’insegnamento: passaggio dal magistrocentrismo al puerocentrismo; dalla scuola centrata sul programma alla scuola centrata sull’alunno.

2.​​ All’origine di questo fenomeno ci sono alcuni fattori socio-politici e culturali: industrializzazione, nascita delle nuove nazionalità, regimi più democratici e liberali, mutamenti della vita collettiva (movimento operaio, giovanile, femminile), progresso delle scienze (in particolare della psicologia, sociologia, pedagogia), maturazione di determinate istanze e fermenti presenti in periodi e autori precedenti (Comenio, Rousseau...). In questo contesto storico si generalizza una critica severa (a volte poco serena, ingenua e persino ingiusta) della cosiddetta “scuola tradizionale” (come scuola dello sforzo, del castigo, adultistica, autoritaria, passiva, distaccata dalla vita reale). Educatori e uomini di cultura postulano, come alternativa, una “educazione nuova”. Un po’ ovunque (Europa, India, USA...) sorgono esperienze di “scuole nuove”.

3.​​ Il termine​​ attivismo​​ ha avuto particolare fortuna in Italia, in un secondo momento anche nell’ambito dell’IR e della C. Furono molto vivaci, negli anni centrali del secolo, le polemiche tra gli assertori di un “attivismo cristiano” (Casotti, Stefanini) e di un “attivismo laico” (Coen, De Bartolomeis), escludentisi a vicenda. Nell’area di lingua francese, sulla scia degli innovatori più conosciuti (Bovet, Ferrière, Cousinet) si parla piuttosto di “école​​ active”, “école nouvelle”, o di “éducation nouvelle”. In Germania, di “Arbeitsschule” o, in generale, di “Reformpadagogik”. Negli USA si parla di “progressive school”. Sovente questi termini vengono usati promiscuamente, senza adeguate sfumature. Da una prospettiva globale, si potrebbe meglio parlare (mettendo l’accento sugli aspetti metodologico-didattici) di movimento delle “scuole nuove”.

4.​​ Lasciate da parte contrapposizioni polemiche, e superata una concezione forzatamente unitaria dell’A. (come sistema e corpo di dottrine chiuso), sono prevalse fra i cattolici posizioni più aperte. Ebbe un particolare influsso l’opera di mons. E. Dévaud. Questi, pur rilevando i limiti e le ambiguità delle concezioni naturalistico-pragmatiste di gran parte delle esperienze di “scuola attiva”, difese la possibilità di assumerne le tesi più interessanti da parte di una concezione schiettamente cristiana. Con gli attivisti più convinti, il pedagogista svizzero asserisce la centralità del bambino nell’educazione. Integra però la prospettiva, e cerca di comporre le istanze caratteristiche della pedagogia nuova (attenzione al​​ soggetto​​ e ai suoi interessi spontanei) con​​ P oggettività​​ del messaggio cristiano. Da tale ottica vede l’attività del maestro ordinata all’alunno e l’attività di questi “ordinata al vero”. L’appello all’esperienza (un altro motivo ricorrente nelle “scuole nuove”) si traduce, sotto una luce nuova, nell’affermazione: “Vivere il vero”. In sintesi, la proposta di Dévaud appare formulata nel titolo di uno degli scritti più conosciuti:​​ Pour​​ une​​ école​​ active​​ selon l’ordre chrétien​​ (1934).

L’impostazione teoretica dévaudiana, ispirata all’antropologia tomista, ebbe ampia risonanza. D’altra parte, l’esperienza pratica dell’École​​ des Roches​​ contribuì pure a chiarire malintesi e a vincere riserve e perplessità. Precisamente nella “école nouvelle” fondata in Francia da E. Demolins (1899) e diretta poi da Bertier, svolse la sua attività come insegnante (dal 1914) → M. Fargues, pioniera dei metodi attivi nell’insegnamento religioso. Attenta agli sviluppi della psicologia e delle tendenze contemporanee in campo educ. essa seppe cogliere e attuare orientamenti validi nell’ambito dell’educazione religiosa; approfondì e diffuse il pensiero di autorevoli rappresentanti del movimento attivista, individuandone linee di applicazione alla pedagogia cat.: → Montessori (“periodi sensitivi”), Cousinet (lavoro di gruppo). Significativa fu inoltre l’opera di → Lubienska de Lenval con lo studio del senso religioso del bambino (Montessori) e quella di → A. Boyer con l’applicazione del metodo dei progetti (Kilpatrick) all’IR.

5.​​ In Italia i motivi e le proposte dell’A. tardano a farsi strada nella C. L’affermazione del “protagonismo” del fanciullo come agente della propria educazione contrastava con una prassi cat. preoccupata di assicurare la trasmissione fedele dei contenuti (dottrina) già elaborati e fissati in formule precise e rigorose. La pubblicazione del →​​ Catechismo della dottrina cristiana​​ (1912) di Pio X contribuì a privilegiare una metodologia troppo “chiusa nella morsa della ripetizione mnemonica” (G. Gariselli). Lentamente andò maturando però l’esigenza di un rinnovamento dei metodi. Va sottolineata soprattutto l’opera di → G. Nosengo e → S. Riva. Partendo dalle “soluzioni teoriche proposte dal Casotti”, Nosengo auspica negli anni ’30 l’apertura dei catechisti e degli educatori cristiani a “un sano ed equilibrato A.”, che superi un astratto memorismo​​ verbalista​​ e favorisca la partecipazione attiva degli alunni, la collaborazione, il dialogo e la discussione vivace, gli esercizi di ogni tipo... Al di là delle affermazioni di principio, Nosengo attuò e presentò nei suoi scritti esperienze di applicazione all’IR di orientamenti fecondi dell’A.: il lavoro manuale (Kerschensteiner), i centri di interesse (Decroly), il lavoro a squadre (Cousinet).

6.​​ Nei recenti documenti ecclesiali italiani si accenna ai rischi di “un A. scomposto e fine a se stesso”, ma si mette pure l’accento sull’attività, l’esperienza, l’attenzione a tutte le facoltà del ragazzo e sulla “libera partecipazione di ciascuno al proprio progresso spirituale” (RdC 172).

Bibliografia

M. Casotti,​​ Scuola attiva,​​ Brescia, La Scuola, 1937; R. Coen,​​ Attivismo contro attivismo,​​ in “Scuola e Città» 5 (1954) 2, 41-42; F. De Bartolomeis,​​ Le origini dell’educazione nuova,​​ ibid., 4 (1953) 111-119; 139-150; E. Dévaud,​​ Per una scuola attiva secondo l’ordine cristiano,​​ Brescia, La Scuola, 1940; M. Fargues,​​ Les méthodes actives dans l’enseignement religieux,​​ Juvisy, Ceri, 1934; Id.,​​ Catéchisme pour notre temps. Principes et techniques,​​ Paris, Spes, 1951; G. Nosengo,​​ L'attivismo nell’insegnamento religioso della scuola media,​​ Milano, Istituto di Propaganda Libraria, 1937; Id.,​​ Sette lezioni di attivismo catechistico,​​ Milano, Istituto di Propaganda Libraria, 1940; S. Riva,​​ La pedagogia religiosa del novecento in Italia. Uomini-idee-opere,​​ Roma-Brescia, Antonianum-La Scuola, 1972; L. Stefanini,​​ Il vaglio umanistico della scuola attiva,​​ in “La Scuola secondaria e i suoi problemi» 2 (1953) 4-5, 169-192.

José Manuel Prellezo

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